Entriamo, a questo punto, nella sfera della percezione del prodotto e nella psicologia della fruizione. Tratteremo in particolare del concetto di prodotto psicologico e di come il prodotto sia da considerare, in realtà, una pura entità percettiva, la cui natura fisica viene analizzata da innumerevoli filtri mentali.
Capire l’aspetto percettivo è indispensabile per acquisire vantaggio competitivo nella progettazione. Nella psicologia del consumo non esiste un prodotto, ma tanti prodotti quanti sono i soggetti che lo valutano. In altre parole, il vissuto di ciascuno in riferimento al prodotto è estremamente personale. Per qualcuno un marchio quale Rolls Royce può significare prestigio, per altri decadenza. Per qualcuno la pelliccia è eleganza e signorilità, per altri arroganza e ignobile tentativo di affermare uno status a spese di creature innocenti.
A parte gli aspetti culturali, vi sono altri elementi che modificano la percezione e valutazione del prodotto. Tra questi, gli aspetti biologici e fisiologici dell’essere umano – i limiti che essi impongono – condizionano fortemente la percezione dei prodotti e la loro valutazione.
Continuando a parlare del teatro delle maschere nella comunicazione, oggi ci concentreremo su 3 argomenti differenti, seppur concatenati: la negoziazione dei ruoli, le regole del colloquio e la costruzione della credibilità per l’ascoltatore.
La negoziazione dei ruoli
L’incrocio tra le due rappresentazioni di sé crea un setting di interazione, un teatro di rappresentazioni, una serie di giochi attivi durante l’ascolto nel quale le due parti devono sapersi muovere.
Alcuni tipi di incrocio possono risultate efficaci: ad esempio, l’incrocio tra consulente-medico e cliente-paziente è simmetrico. Al contrario, l’incrocio tra un cliente-nobile e un venditore problem-solver non è di facile risoluzione e richiede un ribilanciamento del rapporto, una vera e propria negoziazione del rapporto tra le parti.
Interpretare l’autenticità significa invece uscire da questi giochi e stare su un piano di non-bisogno di dimostrazione, ed evitare lunghi e fastidiosi giochi di ruolo che rischiano solo di confondere la verità e togliere il palcoscenico all’empatia e all’ascolto attivo.
Le regole del colloquio
Per dare vita ad buon colloquio:
inquadra le “maschere” che gli attori stanno interpretando;
esamina e comprendi i “giochi di relazione” che si stanno avviando;
rispetta le regole di cortesia, deferenza e contegno;
sii consapevole della presenza di spazi psicologici, dei confini dei territori psicologici, dei rischi di un’invasione prematura e aggressiva dei territori altrui, e della necessità di entrarvi gradualmente e con tatto;
rispetta una sequenzialità di confini della conversazione all’interno del colloquio stesso, cercando di seguire uno schema conversazionale adeguato;
fissa soglie precise di “tolleranza per l’ambiguità” all’interno del range negoziale fissato e della mission conversazionale in corso;
fissa precise soglie di tolleranza per le invasioni di ruolo, definendo strategicamente i tempi e i momenti in cui la persona può e deve riposizionare il proprio ruolo.
La costruzione della credibilità
Ogni messaggio, ogni presentazione, ogni momento d’interazione, ha un effetto di imprinting, cioè fissa un’immagine verso chi ci sta osservando o ascoltando. Cambiare quell’immagine iniziale, poi, è difficile.
L’ascolto è una di quelle attività che vengono bene solo se come ascoltatori veniamo considerati degni di fiducia, onesti, competenti.
Basta solo che vi sia anche solo una vaga percezione che le nostre intenzioni siano nascoste o che stiamo mentendo, per ottenere un blocco immediato della conversazione o del rapporto.
Dobbiamo quindi esaminare numerosi elementi in grado di generare fiducia o sfiducia tra cui:
lo stile di movimento (velocità del passo, camminata);
le posture e il body language;
le gestualità e l’espressività;
il modo di stringere la mano;
la mimica facciale;
l’abbigliamento e gli accessori personali e professionali
tono e timbro della voce.
Tutti questi fenomeni sono centrali nella comunicazione, soprattutto nella fase di ascolto, in quanto, se non riusciamo ad emergere come persone “sicuramente affidabili” e competenti, nessuno ci dirà niente.
La creazione dell’immagine e della credibilità, o la sua distruzione, non avvengono “di colpo” o per effetto di singole evenienze (se non estremamente forti), ma si compongono per sommatoria di:
micro-osservazione;
analisi di incongruenze e dissonanza;
rilevazione di segnali deboli.
Come evidenziato in “Psicologia di Marketing e Comunicazione“:
“Le informazioni che possono essere colte durante la visita di un’azienda, nello scrutare una persona o un prodotto, si categorizzano in due classi importanti: i segnali generatori di fiducia (trust signals) e i segnali generatori di sfiducia (distrust signals)”.
Trust signals: elementi colti nel campo percettivo, che generano fiducia e rassicurazione.
Distrust signals: elementi colti nel campo percettivo, che generano preoccupazione o sfiducia.
Il percorso valutativo della nostra persona, di noi come interlocutori affidabili o meno, è costellato, in altre parole, dal ricevimento di tanti segnali e di tante informazioni.
Se questi segnali e informazioni sono positive e congruenti tra loro, nasce fiducia, se sono negative oppure emergono incongruenze e dissonanze, la fiducia cala.
Lo stesso vale quando esaminiamo chi parla con noi.
I trust signals svolgono il ruolo di elementi di rafforzamento della fiducia e dell’immagine. I distrust signals sono invece elementi di detrazione, negativi rispetto alla formazione della fiducia.
L’azienda e il professionista orientati alla crescita devono analizzare attentamente quali elementi della propria comunicazione stiano funzionando da trust signals e quali da distrust signals.
Spesso, essere supportati da consulenti nel campo della comunicazione aiuta. Un feedback onesto è, infatti, sempre prezioso e le critiche non vanno considerate come un attacco, ma come un impulso per continuare a crescere e migliorarsi.
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