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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Il coraggio di evolvere. Coaching attivo esperienziale e counseling per lo sviluppo personale e professionale. Il metodo della Neotropia” Bologna, OM Edizioni.

Non sarà mai tardi per cercare un nuovo mondo migliore,

se nell’impegno poniamo coraggio e speranza.

Lord Alfred Tennyson

Ogni persona sente il bisogno di liberarsi da qualche stato negativo e dirigersi verso stati più positivi. Pochi lo fanno.

Il Coaching, il Counseling, la Formazione, la Ricerca, si prefiggono di aiutare le persone e le imprese a fare questo salto di qualità, offrendo uno spazio di ascolto e uno spazio di focalizzazione (focusing) raro e prezioso[1].

Per farlo, bisogna andare alla ricerca degli errori che compiano, analizzarli, e trarne delle lezioni. Ogni fallimento ben esaminato può essere la porta verso una lezione che ci conduce ad un seguente successo.

È il fallimento che guida l’evoluzione; la perfezione non prevede alcun incentivo per il miglioramento.

Colson Whitehead

Oltre ai fallimenti da cui possiamo apprendere (Lessons Learned) è essenziale scoprire i nostri talenti (focusing sui talenti), i nostri punti di forza, ciò che costituisce il motore delle performance e dell’aiuto che possiamo dare alla vita degli altri.

La ricerca del nostro “Sé migliore” è una pulsione neotropica primaria dell’essere umano, ma le persone trovano sempre meno tempo per occuparsene, prese dagli affanni del vivere, impegni quotidiani, e da priorità malate come il “fatturare sempre di più” senza fermarsi a pensare “cosa è veramente per me il successo”? Sono progressi solo le “cose” e i “soldi”, o forse avere più tempo per guardare i goffi e amorevoli passettini che fa mio figlio nel tentare a camminare? È forse un abbraccio di un cliente di un corso che ti dige “grazie!

Le nostre strutture interne fanno fatica a conoscere mappe esatte del “dove siamo” e del “dove voglio dirigermi”.

 Le parti oscure di noi fanno ombra, quelle parti di noi che non conosciamo, che ancora non abbiamo esplorato e sulle quali non abbiamo portato luce.

Dove “sono” io ora? Dove voglio dirigermi? Nella Neotropia si utilizzano mappe che aiutano a focalizzare queste situazioni.

Un esempio di buona mappa di partenza è la mappa degli stati esistenziali.

Se vuoi cambiare il mondo, prova prima a migliorare e a trasformare te stesso.

Dalai Lama

Figura 1 – Una delle diverse mappe della Neotropia, (ns. elaborazioni su modello base Psycholinguistic Research Italia)

Questa mappa parte da alcuni descrittori linguistici, e ci chiede di trovare il “dove siamo” all’interno di uno “spazio psicologico” formato dalla nostra percezione del “come stiamo”.

Quanto più sentiamo che una certa condizione ci appartenga, tanto più la viviamo come nostra. E non è così scontato che basti “volere” cambiare la propria posizione perché il cambiamento avvenga. Occorrono specifiche “mosse”, strategie, e aiuti. Gli aiutanti possono prendere la forma di un Coach, di un Terapeuta, di un Formatore, di un Mentore, di un libro, o persino di una Guida Spirituale o Religiosa.

L’importante è non stare troppo a lungo in una zona dello spazio psicologico che non ci appartiene, senza fare niente per cambiare.

Quello che non ti piace negli altri, miglioralo in te.

(Fabrizio Caramagna)


Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online:

Temi e Keywords dell’articolo:

  • liberarsi
  • mondo migliore
  • emozioni positive
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  • imparare dagli errori
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  • successo

Hai una sola vita da vivere:
sarebbe meglio che fosse la vita che tu ami.

Deborah Brown

Ciao Sono Cristina Turconi e ti do il benvenuto nelle pagine del mio Blog. 

Quello che mi piacerebbe realizzare con questo Blog è un luogo dove condividere contenuti che possano ispirarti ed aiutarti ad evolvere e migliorare, facilitarti a tradurre i tuoi desideri in passi praticabili e azioni che ti arricchiscano e ti avvicinino al persona e al professionista che desideri essere.

Credo fermamente che non tutto sia nelle mani del destino o attribuibile agli eventi, che lavorare su di sé sia possibile come lavorare su un Team o un’intera organizzazione sia possibile.

Il nostro scopo principale è quello di perseguire quel percorso di auto-realizzazione che ci permetta di coltivare la nostra unicità e di esprimere il nostro massimo potenziale per vivere una vita personale e professionale più ricca di soddisfazione e passione.

“Dentro ognuno di noi fin dalla più tenera età, c’è una ghianda, un seme, un daimon, ovvero la possibilità di diventare una quercia un giorno.” 

–  J. Hillman – 

Ognuno di noi ha potenzialità e talenti straordinari. Possiamo scegliere di portarli alla luce svilupparli e indirizzarli nella costruzione attiva del nostro progetto di vita e del nostro percorso evolutivo.

Cristina Turconi
Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE 

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© Copyright, articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Deep Coaching & Personal Training”, in lavorazione

Il nodo centrale: agire sul piano umano per appiattire o per far emergere?

Maestro, mio figlio ha riportato la pagella con un voto basso in matematica e alto in disegno. Vado a cercare un professore esperto in matematica che lo possa aiutare ?

Assolutamente no, vai a cercare il maestro di disegno più bravo che c’è.

Alejandro Jodorowskj

 

Agire sul fattore umano significa alimentare i talenti e i tratti straordinari delle persone, e non mortificare tutto in una “pianura di competenze” immersa nella nebbia del “tutti uguali”.

La mortificazione inizia da piccoli e prosegue da grandi.

Il modello fondamentale della formazione è ancora quello dello “skills gap”: basato sulla domanda latente “che lacune hai rispetto alla media?”.

Lo stesso vale per uno sports coaching in cui la domanda latente sia “quanto sei diverso dalla media?” affinchè con un programma io ti ci possa riportare. Grave errore, che fa dimenticare quali punti di forza e di diversità la persona abbia e che proprio con il coaching possono essere valorizzati.

Se ragioniamo solo di lacune, se le colmiamo, sembra andare tutto bene, ma così rientri nel gregge. Niente a che fare con il modello del “Talent leveraging” (letteralmente, fare leva sul talento), che si chiederebbe “cosa di eccezionale sa, sa fare, o ha nel cassetto, cosa può avere questa persona di splendido da offrire, e come impiegare queste sue doti e talenti, valorizzarle, trasformarle in espressività concreta?”

Il nodo centrale è quindi se puntare ad un appiattimento di competenze, o ad un equilibrio sano sul quale possano svettare alcuni picchi di abilità che rendono la persona unica o straordinariamente utile, efficace, felice.

Modificare e potenziare gli assetti ed equilibri della persona è arte difficile. Aumentare e rivedere le competenze, le energie e motivazioni delle persone è uno dei compiti più delicati. Questo risultato richiede metodi decisamente diversi dallo svolgere lezioni accademiche o ramanzine.

Le tecniche principali da utilizzare ricadono nel repertorio della formazione attiva (active training), del coaching trasformazionale, opposto ad un coaching solamente incrementale, che punta solo ad aggiungere o sovra-stratificare.

Si arriva fino all’experiential learning, l’apprendimento intenzionale derivante da esperienze pratiche, sensoriali, che puntano tutto sul “far sentire”, sul “far vivere” un brano di esperienza, e non solo a raccontarlo.

Fare active training significa letteralmente realizzare formazione attiva, apprendimento basato sull’azione. Questo significa rivoluzionare la modalità di trasmissione di concetti e insegnamenti dal piano del “racconto” (dire, parlare) al piano del far accadere qualcosa (training events, instructional events, training experiences, o altri input esperienziali).

Mentre nella formazione classica è essenziale il testo scritto (lettura) o produzione orale del docente (ascolto di una lezione, in qualsiasi formato sia), nella formazione attiva il fulcro diventa il tipo e modalità di esperienza pratica e successiva assimilazione interiore che riusciremo a produrre nel partecipante.

La rivoluzione comportamentale del formare attivamente consiste nel “parlare” il meno possibile e nel creare il più possibile azione, svolta da chi deve apprendere o essere formato.

Toccare con mano ha decisamente più effetto che “sentir dire”. Far “inciampare” un partecipante su un errore per poi rifletterci sopra, ha più effetto che raccontare l’ipotetica possibilità che esso si verifichi.

Riuscire a valorizzare un talento non è fortuna, non è caso, è scienza applicata alle potenzialità umane. Una nuova scienza dell’espressività della persona, dell’emersione dei suoi lati più affascinanti, unici, ricchi di valore per sè, per gli altri, per le aziende, persino per la razza umana nel suo complesso.

Il Coaching, se fa emergere davvero le potenzialità, è sacro. E si può partire dal piccolo, dal molto piccolo, da ogni singola sessione di coaching, di personal training, o di formazione attiva.

Se qualcuno (o il bisogno economico) avesse costretto Leonardo da Vinci a fare lo Chef, magari avremmo avuto un ottimo Chef, ma tante invenzioni irripetibili perse.

E se Einstein non avesse avuto qualcuno con cui discutere delle sue teorie, senza che lo considerassero “quello strano impiegato dell’Ufficio Brevetti di Berna che si crede un Fisico”[1], probabilmente saremmo ancora in un medioevo della fisica e astrofisica.

Facilitare l’emersione di potenzialità è il vero motivo di esistere di un coaching in profondità, ispirato e immenso nel cuore, di una formazione attiva, di un counseling serio, e di qualsiasi intervento vero sul piano umano.

[1] È noto che Albert Einstein, prima di ricevere onori accademici e incarichi universitari, abbia elaborato le sue principali teorie sulla fisica quando impiegato presso l’Ufficio Brevetti di Berna, in Svizzera.

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© Copyright, articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Deep Coaching & Personal Training”, in lavorazione

Anteprime dal libro in lavorazione “Coaching, Counseling, Personal Training. Gli strumenti per una nuova Formazione Attiva”, di Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it

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Maestro, mio figlio ha riportato la pagella con un voto basso in matematica e alto in disegno. Vado a cercare un professore esperto in matematica che lo possa aiutare ?

Assolutamente no, vai a cercare il maestro di disegno più bravo che c’è.

Alejandro Jodorowskj

 

Agire sul fattore umano significa alimentare i talenti e i tratti straordinari delle persone, e non mortificare tutto in una “pianura di competenze” immersa nella nebbia del “tutti uguali”.

La mortificazione inizia da piccoli e prosegue da grandi.

Il modello fondamentale della formazione è ancora quello dello “skills gap”: basato sulla domanda latente “che lacune hai rispetto alla media?”.

Le colmiamo, così rientri nel gregge. Niente a che fare con il modello del “Talent leveraging” (letteralmente, fare leva sul talento), che si chiederebbe “cosa di eccezionale sa, sa fare, o ha nel cassetto, cosa può avere questa persona di splendido da offrire, e come impiegare queste sue doti e talenti, valorizzarle, trasformarle in espressività concreta?”

Il nodo centrale è quindi se puntare ad un appiattimento di competenze, o ad un equilibrio sano sul quale possano svettare alcuni picchi di abilità che rendono la persona unica o straordinariamente utile, efficace, felice.

Modificare e potenziare gli assetti ed equilibri della persona è arte difficile. Aumentare e rivedere le competenze, le energie e motivazioni delle persone è uno dei compiti più delicati. Questo risultato richiede metodi decisamente diversi dallo svolgere lezioni accademiche.

Le tecniche principali da utilizzare ricadono nel repertorio della formazione attiva (active training), del coaching trasformazionale, opposto ad un coaching solamente incrementale, che punta solo ad aggiungere o sovra-stratificare.

Si arriva fino all’experiential learning, l’apprendimento intenzionale derivante da esperienze.

Fare active training significa letteralmente realizzare formazione attiva, apprendimento basato sull’azione. Questo significa rivoluzionare la modalità di trasmissione di concetti e insegnamenti dal piano del “racconto” (dire, parlare) al piano del far accadere qualcosa (training events, instructional events, training experiences, o altri input esperienziali).

Mentre nella formazione classica è essenziale il testo scritto (lettura) o produzione orale del docente (ascolto della lezione), nella formazione attiva il fulcro diventa il tipo e modalità di esperienza pratica e successiva assimilazione interiore che riusciremo a produrre nel partecipante. La rivoluzione comportamentale del formare attivamente consiste nel “parlare” il meno possibile e nel creare il più possibile azione svolta da chi deve apprendere o essere formato.

Toccare con mano ha decisamente più effetto che “sentir dire”. Far “inciampare” un partecipante su un errore ha più effetto che raccontare l’ipotetica possibilità che esso si verifichi.

Riuscire a valorizzare un talento non è fortuna, non è caso, è scienza applicata alle potenzialità umane. Una nuova scienza dell’espressività umana.

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Copyright. Anteprime dal libro in lavorazione “Coaching, Counseling, Personal Training. Gli strumenti per una nuova Formazione Attiva”, di Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it