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© Articolo estratto con il permesso dell’autore, Dott. Daniele Trevisani dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Milano, Franco Angeli

Concetti cardine: densità ed estensione della prospettiva temporale

Il T-Chart può essere di enorme aiuto per risolvere problemi e ancora, prima per inquadrarli bene o togliere la nebbia che li copre.

Il T-Chart si pone come sistema di focalizzazione dei problemi (problem setting): quali sono i veri problemi da affrontare?, e di risoluzione dei problemi (problem solving): come risolviamo i problemi?

La base manageriale del T-Chart è il meccanismo di Backward-Planning (pianificazione a ritroso).

Backward-Planning: Fissare un obbiettivo e da questo dedurre tutte le singole tattiche finalizzate a quell’obbiettivo, fissare eventuali scadenze e tappe intermedie, e definire le condizioni necessarie al suo raggiungimento.

Il primo focus, tuttavia, deve essere la fase di problem-setting, senza la quale ogni tentativo di problem-solving risulta vano. In altre parole, perché mettersi a risolvere problemi affannosamente, se sono i problemi sbagliati? Non è meglio forse capire quali sono i veri problemi? Questo è un orientamento di ascolto attivo.

La preoccupazione principale del professionista che usa l’ascolto attivo è la seguente: Stiamo cercando di risolvere i problemi sbagliati? Perché investire il proprio tempo e quello del cliente su problemi irrilevanti? Posso essere produttivo e veramente utile?

Il T-Chart si prefigge di dare un contributo alla risoluzione di problemi, passando dall’indefinizione alla definizione, dall’oscurità alla presa di coscienza, dalla foschia alla luce nitida. E le domande sono lo strumento primario.

Il passaggio di Tullio-Altan che offriamo di seguito è utile per capire le possibilità che il problem-setting è in grado di fornire alla qualità di vita dell’uomo e delle aziende:

Se noi viviamo in una certa situazione avvertendo in essa delle oscure esigenze, che non riusciamo ancora a chiarire a noi stessi, ma solo a sentire angosciosamente, in tal caso possiamo dire che stiamo soffrendo le contraddizioni che la caratterizzano, senza avere una visione razionale dei reali problemi che la distinguono. Dal momento nel quale noi riusciamo ad iniziare un processo di problematizzazione di tali contraddizioni sofferte, il processo di una conoscenza nuova ha preso il suo corso. Quando un dubbio angoscioso prende la forma di un preciso problema, la sua soluzione è vicina.

Le domande sono proprio uno strumento base, lo strumento base assoluto, per passare al processo di “problematizzazione” (individuare problemi concreti) in situazioni che prima non erano chiare.

Il tempo entra prepotentemente nella fase di ascolto.

In azienda, questo si traduce in una prospettiva temporale caratterizzata da densità (quanti goals, quanti obiettivi pianificati, quante azioni reali da svolgere collocate nel tempo futuro) ed estensione (quanto in profondità arriva il pensiero, con che lungimiranza, con quale visione?).

Mentre la densità si occupa della quantità di eventi, la prospettiva si occupa della lunghezza nel tempo del percorso.

Le domande: abbiamo un  orientamento al lungo periodo, abbiamo capacità di fissare obiettivi e traguardi che vadano oltre i prossimi giorni e settimane?

In via semplificata i due concetti (densità ed estensione) sono così rappresentabili graficamente.

Quando ascoltiamo qualcuno, iniziamo a chiederci se ci sta parlando di eventi passati, eventi presenti, o futuri, e che densità c’è nel suo  discorso.

Se siamo in azienda, questo avrà ripercussioni forti.

Se non esistono eventi nella prospettiva temporale aziendale, se non esiste estensione, l’azienda sostanzialmente “vive alla giornata”, e questo può incidere sul grado di motivazione dei dipendenti e dei manager.

Questo ci fa sostenere che la capacità di comunicazione interna (o qualsiasi altra forma in grado di far fuoriuscire messaggi) deve occuparsi di comunicare ai dipendenti e a tutta la struttura (manager, quadri, produzione) l’estensione e la densità dei progetti aziendali. Senza questa capacità viene meno la motivazione al lavoro.

Sapere di lavorare in una struttura che ha un futuro è estremamente importante per la motivazione, e questo si correla alla produttività, alla capacità di vendita, all’empowerment (assunzione del ruolo, “sentire” il ruolo), e ai risultati economici aziendali.

L’evoluzione di questo approccio applica gli stessi concetti di base (densità ed estensione della prospettiva temporale) per esplorare gli spazi psicologici del cliente.

Il T-Chart può essere utilizzato (a) per analizzare e costruire una raffigurazione o mappa dell’orizzonte temporale soggettivo, o (b) per l’analisi e raffigurazione (ma anche revisione e ricostruzione) dell’orizzonte temporale personale.

Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:

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L’ascolto in azienda come risorsa pregiata

L’ascolto in azienda tocca un’enorme quantità di situazioni. Ecco un decalogo di casistiche reali e concrete:

  1. ascoltare un collega che ci espone un problema e capirlo fino in fondo;
  2. ascoltare un cliente per capirne le esigenze, far emergere ciò che è veramente meglio per lui, fare un lavoro consulenziale;
  3. ascoltare più persone, più ruoli aziendali, mentre si è da un cliente in una riunione o meeting, o mentre il cliente è da noi, per capire un quadro di esigenze variegato e complesso dove subentrano più decisori, non sempre in accordo tra loro;
  4. ascoltare un collaboratore che ci espone un problema, o vuole un consiglio da noi, ed evitare di cadere nel tranello del “consiglio rapido” ma ascoltarlo per bene prima di esprimersi;
  5. ascoltare un collega che ci espone un progetto, e farlo senza preconcetti e preclusioni;
  6. ascoltare un “capo”, capirne gli input, chiarificarli se necessario;
  7. ascoltare i climi aziendali, capire “che aria tira” in un certo reparto o nell’intera azienda;
  8. ascoltare in una riunione, essere presenti mentalmente, notare cosa accade “oltre le parole”;
  9. ascoltare il “word of mouth” (passaparola) e lo “small talk” (il chiacchiericcio), le conversazioni informali che si creano alla macchina del caffè piuttosto che nei corridoi, spesso portatrici di informazioni molto preziose che non entrano nei tavoli ufficiali di discussione;
  10. saper ascoltare noi stessi, il nostro corpo, la nostra mente, come stiamo, come è il nostro umore.

Per ciascuna di queste aree, l’ascolto è fondamentale.

E come vediamo, lo diventa anche quando vogliamo ascoltare noi stessi a fondo. Buhler ci offre una serie di ottime domande:

“Che cosa ti rende prezioso per le altre persone? Sono forse le tue esperienze, il tuo sapere, la fiducia che tu ispiri, la comprensione che tu dimostri? Quali sono le qualità che apprezzi di più in te stesso? Quali sono le esperienze da te già vissute che possono ritornare utili, a te e forse ad altre persone?”

In un’azienda dove non si ascolta si commettono errori, si creano climi tossici, si sbagliano progetti. In un’azienda dove si ascolta, regna un clima collaborativo e le procedure funzionano, i progetti avanzano, i clienti sono soddisfatti.

L’ascolto non è mai vago ma si concentra in un campo situazionale della persona, ovvero il panorama psicologico del cliente/interlocutore, sia esso persona individuale, o individuo che ricopre un ruolo all’interno di un’organizzazione.

Il campo situazionale è l’insieme degli oggetti mentali cui stiamo prestando attenzione in un determinato momento.

Ogni persona è contornata da una moltitudine di situazioni, di messaggi e stimoli, ma solo pochi di questi entrano nel sistema percettivo, nella sua attenzione consapevole.

Nel caso sopra visualizzato, solo gli elementi E ed F sono percepiti chiaramente dal cliente, mentre gli altri rimangono latenti, come invisibili – seppur presenti.

Bene, l’ascolto è una pratica dalla potenza tale, da far spostare il campo situazionale, portando l’attenzione verso altre zone, con domande giuste e pertinenti.

Capire il panorama psicologico di una persona, il “sistema cliente” che un ascoltatore si trova a fronteggiare, cosa vi è incluso, cosa il cliente pensa, cosa non pensa, è uno dei compiti più impegnativi.

La riflessione aiutata da un ascoltatore professionale ha effetti positivi sul campo psicologico:

  1. capire meglio chi siamo e dove vogliamo arrivare,
  2. esplorare e costruire il proprio futuro,
  3. costruire attivamente i propri obiettivi,
  4. identificare nel campo psicologico i veri problemi,
  5. eliminare dal proprio orizzonte le soluzioni/spazzatura, saperle finalmente riconoscere,
  6. ridurre l’ansietà ed il senso di smarrimento che qualsiasi persona oggi manifesta data l’enormità delle opzioni e alternative esistenti.

In questo capitolo, evidenzieremo quindi come esista una continuità tra (a) relazione professionale che utilizza il modello T-Chart, (b) consulenza basata sull’ascolto e (c) coaching e/o counseling.

L’operatore professionale che utilizza il T-Chart è tale se riesce a capire, costruire o ricostruire l’orizzonte psicologico del soggetto, se è in grado di aiutare il cliente o collaboratore a ridurre le proprie tensioni, le proprie ansie o persino a ri-orientare e ri-centrare il campo psicologico in una direzione più produttiva e pulita.

Nel caso sopra evidenziato, il professionista riesce

1 – ad eliminare il focus (l’attenzione del cliente) da elementi inutili o controproducenti che ingombravano il campo (E ed F);

2 – a spostare l’attenzione verso nuovi elementi, A, B, D, che erano presenti ma scarsamente percepiti o non percepiti del tutto, creando nuove priorità.

Per farlo, deve porre “domande potenti”, domande che inneschino una forte dose di introspezione.

E non pensiamo che spostare l’attenzione di qualcuno sia semplice, non lo è affatto, ma se esiste uno strumento, questo è dato dalle domande potenti.

Le domande devono interessarsi profondamente ai problemi del cliente, in un rapporto che diventa consulenziale. L’effetto collaterale, indiretto e positivo, delle attività di problemsolving che utilizzano il metodo T-Chart è dato dal potere terapeutico di cui esso dispone

La chiarificazione del quadro psicologico, il reperimento di soluzioni efficaci, generano l’effetto di ridurre la tensione e lo stato di dissonanza cognitiva del cliente o collaboratore.

Il T-Chart si basa su tecniche di intervista che sollecitano e fanno emergere i bisogni. Esponiamo un primo caso di studio (semplificato) che evidenzia la valenza della tecnica di intervista. Nel caso esposto di seguito, vengono utilizzate solo alcune piccole porzioni della tecnica T-Chart, in quanto il bagaglio della tecnica è in realtà molto più complesso. Tuttavia, riteniamo utile esporre un primo brano di esperienza per poi arricchirlo lungo il percorso del capitolo.

Caso di studio: “domande potenti

Un avvocato interpella un consulente informatico per aumentare la capacità di memoria del PC. L’opinione dell’avvocato è che così facendo il computer avrà maggiori prestazioni.

Il consulente informatico ritiene necessario svolgere un’analisi del sistema software e hardware del cliente. Grazie alla sua esperienza nell’analisi emerge un altro problema molto forte: la sicurezza dei dati. I backup sono su un solo disco supplementare situato sempre all’interno dello studio. Alcune domande di stimolazione: Che dati ha nel computer? Sono importanti? Quanto tempo di produzione le hanno richiesto?

Il consulente informatico sposta l’attenzione al nuovo campo situazionale con domande indirizzanti: Dove altro sono presenti i suoi files al di fuori di questo locale? Cosa rischiamo se perdiamo questi dati? Quanto tempo occorrerebbe per ricostruirli?

La riflessione guidata sposta l’attenzione dell’avvocato sul nuovo campo situazionale: la perdita dei dati, e la convinzione che i dati ora non siano affatto sicuri. Un incendio nello studio dell’avvocato potrebbe determinare la perdita del lavoro di una vita.

La soluzione finale proposta (upgrade del computer + creazione di un sistema di backup professionale su server esterni) riduce l’ansia latente del cliente, producendo effetti positivi immediati. “Perdere tutto il lavoro di una vita. Come ho fatto finora a convivere con questa possibilità?” – si chiede ora l’avvocato.

Il consulente ha quindi risposto all’esigenza di migliorare le prestazioni (velocità) ma si è posto un problema molto maggiore: Cosa serve davvero al mio cliente, di cui egli ora non si rende nemmeno conto? Perché preoccuparsi solo di velocità del PC se poi i documenti sono alla mercé di qualsiasi hacker o di un incendio?

La relazione consulenziale ha risposto ad esigenze importanti, eticamente ineccepibili, ma per farlo il consulente informatico ha dovuto esplorare, ha dovuto fare “domande potenti”, non si è limitato a fornire “memoria per il PC” come richiesto inizialmente dal cliente.

L’esperienza di acquisto tramite il metodo T-Chart è per il cliente un momento di riorganizzazione della realtà, la presa di possesso del proprio orizzonte psicologico che a volte è smarrito o offuscato dalle preoccupazioni quotidiane, dall’ansia, o semplicemente dalla carenza di informazioni.

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Il T-Chart come strumento di analisi nel Coaching, Counseling, Terapia, Leadership

La valenza del T-Chart è sia avere uno strumento pratico per indirizzare l’ascolto che, come vedremo, uno strumento che si presta ad azioni precise di coaching, counseling, leadership, motivazione, sviluppo personale e professionale.

La nostra filosofia di ascolto intende esplorare come ed in quali situazioni il rapporto tra ascoltatore e ascoltato possa subire una radicale trasformazione.

Ci interessa arrivare una condizione che permetta all’ascoltatore di fare “domande potenti” per arrivare a divenire “illuminatore di percorsi risolutivi” – all’interno del T-Chart – percorsi che portano il cliente o interlocutore verso una maggiore consapevolezza dei propri pensieri ed un miglioramento sostanziale della propria prospettiva temporale.

L’ascolto assume connotati molto diversi in funzione dello scopo.

Se voglio sapere come è andata una vacanza di un amico o familiare, non andrò mai nel futuro positivo e nel futuro negativo, ma starò possibilmente sull’ascolto attivo dei momenti del passato recente. Come è andata la vacanza? Cosa avete visto di bello? Cosa hai mangiato di buono? E tra di voi come è andata? Ci sono stati degli episodi che mi vuoi raccontare? E via così.

Sarà quindi un ascolto concentrato sul passato, dove io applicherò un atteggiamento di empatia per capire non solo i nomi dei luoghi visitati ma anche e soprattutto gli stati d’animo, le emozioni, i vissuti, e le storie.

Esaminiamo invece il colloquio di coaching: Quali sono i tuoi obiettivi? Che goal vorresti raggiungere? Quando li vorresti raggiungere? Con l’aiuto di chi li potresti raggiungere? E via così. generalmente un colloquio tutto spostato al quadrante a destra in alto, orientato agli obiettivi futuri partendo dall’”ora”, e all’inquadramento delle prossime sfide e strategie migliori per esse.

Che si tratti di sfide aziendali, sportive o esistenziali, saremo in un T-Chart che parte sostanzialmente dal presente e si prolunga in un futuro positivo. Questo futuro può essere persino “aspirazionale”, lontano, per poi arrivare a trovare i primissimi “step praticabili, le azioni che possiamo fare, da subito, per dare corpo alla strategia.

Se parliamo invece di un colloquio psicoterapeutico, esso probabilmente partirà dal “Come ti senti ora? Cosa non va nella tua vita? Cosa ti porta a sentirti insoddisfatto, o infelice? Di cosa vorresti parlarmi? (in genere domande che traguardano il lato negativo).

I dati emergenti sono soprattutto legati ad un vissuto negativo, il cliente medio non va da uno psicoterapeuta per raccontare i suoi successi e vittorie, ma in genere, ha bisogno di esaminare un trauma, una fobia, uno stato di ansia o di panico, o un disagio esistenziale.

Il T-Chart partirà quindi dal “qui ed ora” per andare indietro nella zona del passato negativo, a caccia di eventi e modelli di pensiero di cui però la persona dovrebbe liberarsi, e che si stanno probabilmente trascinando nell’oggi.

Distinguere che tipo di ascolto stiamo praticando, con il T-Chart, è anche visivamente molto chiaro.

Grazie a questa  rappresentazione grafica, siamo ora in grado di comprendere meglio quali sono le specificità di un certo tipo di ascolto.

E se pratichiamo un approccio di tipo olistico, possiamo anche visualizzare il fatto che, risolti alcuni aspetti legati al passato, ora compreso ed esaminato, possiamo poi spostarci verso il futuro, per non stare solo in un “angolo del lamento” ma entrare in un “laboratorio di costruzione del futuro positivo.

Ogni professionista, in base alla Scuola di appartenenza, utilizza un modello più o meno centrato su uno dei quadranti, e persino su più quadranti.

L’importante è sapere che cosa vogliamo ascoltare, che cosa vogliamo esplorare, e che fine abbiamo. Se il fine è curare, o aiutare ad elaborare una strategia di gara, o lavorare su una relazione matrimoniale, o sullo stile di leadership. La chiarezza è tutto.

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Il T-Chart (o Time-Chart, diagramma dei tempi) è uno dei modelli fondamentali per il metodo HPM (sviluppo del Potenziale Umano) e ALM (sviluppo del Potenziale Aziendale).

Centrato sul tema dell’ascolto, la forma di base di un T-Chart è molto semplice, assomiglia ad una T rovesciata, che contiene due assi: 1) asse dei tempi, e 2) asse della positività/negatività di un evento.

Il modello può essere usato per estrarre e catalogare eventi e informazioni durante un colloquio di ascolto, per collocare eventi e situazioni nel tempo, per ricordarle e rivederle, o come modello di analisi per cercare le connessioni  tra diversi eventi.

Le tipologie di informazioni si possono classificare in vari modi, come vediamo nel modello grafico di seguito.

Come vediamo, non esiste un solo futuro ma diversi futuri, e non esiste un solo passato, ma diversi passati. E questa è solo una mappa semplificata rispetto ad una realtà molto più articolata.

Lo stesso vale per il presente: possiamo avere un presente neutro, felice, o infelice, o ancora,  felice per un aspetto ma infelice per un altro.

Quando esaminiamo un evento, possiamo collocarlo innanzitutto nel T-Chart, usandolo come semplice spazio di annotazione.

In esso avremo modo di inserire:

  • Informazioni Diagnostiche: capire meglio un evento, uno stato emotivo, un sogno o aspirazione, o il presente della persona.
  • Informazioni Prognostiche: capire come potrebbe essere l’evoluzione della persona, se non vi fosse alcun intervento, alcuna forma di cambiamento, di formazione, coaching, counseling, apprendimento, o qualsiasi altro intervento suggeribile.

Il T-Chart ha uno scopo preciso: ascoltare eventi e situazioni e collocarle nei tempi e negli spazi psicologici della persona.

L’estrema sintesi del modello è questa:

  • il passato negativo, gli episodi passati, gli eventi critici negativi, le questioni accadute che egli giudica negative;
  • il passato positivo, gli episodi positivi, i successi, ciò che lo ha gratificato;
  • il presente positivo, cosa “va” e crea felicità o positività, ora nella sua vita o in questo preciso istante;
  • il presente negativo, cosa non “va”, cosa crea malcontento, emozioni negative, delusione o malcontento, nella sua vita, o in questo preciso istante;
  • il futuro positivo, verso dove desidera dirigersi, quali sono i suoi sogni e progetti, dai più vicini ai più lontani e visionari;
  • il futuro negativo, cosa gli fa paura, cosa non vuole che gli accada?

Questa è una sintesi estrema, perché in realtà il modello è molto più ricco di sfumature, per cui invito chiunque sia interessato a usare l’ascolto nella propria professione, ad approfondirlo, nei seminari specifici di certificazione ad esso dedicati[1].

Secondo scopo fondamentale del T-Chart: estrarre le modalità di pensiero e strategie euristiche (insiemi di convinzioni e belief system, sistemi ricorrenti o “pattern”) che la persona ha usato (nel passato), sta usando (nel presente) o intende usare (nel futuro).

Questo secondo aspetto è fondamentale sia in un ascolto tra amici, che in un ascolto professionale, come avviene nel coaching, counseling, leadership, terapia.

Possiamo immaginare una persona vista per la prima volta, sia per noi un T-Chart completamente vuoto.

Della persona non so assolutamente nulla, non so successi, fallimenti, non so come sta, non so i sogni né le paure, le sue ansie e le sue speranze.

E ora veniamo ad una constatazione fondamentale di cui prendere atto per poi attivarsi. Tutti quei punti interrogativi sono in realtà degli Information Gap, delle lacune informative, dei “non so” rispetto alla storia, al presente, e al futuro di questa persona. E possono essere colmati con un ascolto attivo ed empatico.

Gli Information Gap sono lacune informative, da colmare con l’ascolto e le domande.

Ancora più tecnicamente, avremo:

  1. Degli Info Gap di natura strettamente informativa (dati, numeri, persone, orari, luoghi e altri dati tangibili) e
  2. Degli Emo-Gap™ (label sviluppato nel metodo HPM- ALM), dei gap sugli stati emotivi, sul come stai, o come stavi, o come ti senti, o come ti sei sentito, in una certa situazione. Come volevi sentirti, che differenza c’è tra come stai ora e come vorresti stare? Che emozioni provi? Che emozioni miste troviamo se chiudiamo gli occhi e ci mettiamo in ascolto, e via così. Tutto ciò che non sappiamo della vita emotiva di una persona fa parte dell’Emo-Gap™.

Mettendo i due dati in linea, in caso di vuoto, avremo la nostra completa ignoranza rispetto ad una persona. Non male!

Ma in caso di una buona densità per ogni quadrante, avremo una persona della quale abbiamo compreso quasi tutto, e a fondo. Non male ancora!

I punti interrogativi sulle persone iniziano a colmarsi di significati appena entriamo in presenza fisica della persona, o leggiamo un suo scritto o una sua mail, e notiamo come cammina, o vediamo una sua foto, o qualsiasi degli elementi che abbiamo mostrato nello schema della comunicazione umana “canali di emissione e canali di ricezione nella comunicazione umana” (vedi schema nei capitoli precedenti).

Con questo schema, e i dati che cominciano a fluire dalla persona, cominceranno a riempirsi i tasselli di un profilo personale con importanti informazioni. I tasselli del puzzle umano cominciano a comporsi. Andremo a caccia di segni, parole, simboli, fatti, conferme, dissonanze, lo faremo con l’osservazione, la percezione aumentata, domande semplici e domande potenti, esame delle Action Lines (come la persona agisce o ha agito in un caso specifico, e se questo agire o “pattern” si ripete in altri casi), e tanto altro. Quando si ascolta, è importante non solo “come” si ascolta, ma anche cosa si ascolta, ovvero i contenuti della comunicazione.

Trattare la comunicazione come un insieme di canali comunicativi, di “condotte d’acqua”, è assolutamente riduttivo se non ci si pone il problema di quale materia fluisca attraverso le condotte, se sia acqua, alcool, o invece fango. In altre parole, il T-Chart pone al centro della questione il “contenuto” della comunicazione e definisce una modalità per collocarlo nel tempo, nello spazio e soprattutto nello spazio psicologico della persona che stiamo ascoltando.


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https://youtu.be/xW9-Ivhwb1E

Il T-chart (Time-Chart) è una tecnica di coaching e consulenza, uno strumento di ricerca che si presta ad analisi per azioni di formazione, di coaching, ma anche di terapia, consulenza aziendale e professionale, sportiva o life, e analisi di temi di sviluppo personale e organizzativo.

Tra le azioni praticabili con il t-chart:

  • Mappare la propria storia e i suoi punti critici e focali
  • Strutturare obiettivi futuri con consapevolezza superiore rispetto al proprio “Life Purpose” o scopo di vita
  • Apprendere dal proprio passato positivo, fare “lessons learned” positive
  • Apprendere dal proprio passato negativo, e rielaborarlo, fare “lessons learned” dagli errori del passato e stati negativi esperiti in passato nella propria “storia di vita”
  • Capire come la persona si orienta rispetto al proprio tempo e come lo percepisce, come lo struttura, come lo vive

Per le aziende

  • Rstrutturare e ricentrare i tempi personali con maggiore soddisfazione, essere più efficaci nel decidere “cosa è bene fare ora”
  • Capire la traiettoria del “da dove veniamo, attraverso cosa siamo passati, cosa ci ha reso chi siamo, verso dove ci stiamo dirigendo”
  • Attivare azioni di “consulenza di processo” ben centrate su episodi del proprio “viaggio imprenditoriale”.
  • Capire la dimensione del “clima del gruppo”, fare coesione sul “dove vogliamo dirigerci” e “da cosa vogliamo stare lontani”, individuare differenze e similarità sui “futuri possibili” tra i membri di un team, coerenze e incoerenze, far emergere il “non detto”.

 

Gli obiettivi futuri possono rimanere per sempre entro un vago “sfondo aspirazionale” e “sfondo pulsionale”, senza mai essere davvero bene focalizzati in termini di tempi, azioni, step congruenti.

Lo sfondo aspirazionale e lo sfondo pulsionale fanno riferimento al nostro “tendere a, tendere verso”, ma ancora senza una precisa e netta definizione del cosa, come, quando, perché, e strategie.

La valenza del modello è sia in termini di coaching che nelle operazioni psicologiche di cambiamento e persuasione.

È necessario a questo punto introdurre il concetto di campo situazionale della persona, ovvero il panorama psicologico individuale, in cui compaiono idee, pensieri, progetti, ansie, paure, sogni, aspirazioni.

La nostra attenzione consente di immettere nel campo situazionale di volta in volta solo una limitata serie di elementi.

Figura 1 – Inclusione ed esclusione dal campo situazionale

 

Ogni persona è contornata da una moltitudine di situazioni, di messaggi e stimoli, ma solo pochi di questi entrano nel sistema percettivo. Nel caso sopra visualizzato, solo gli elementi E ed F sono percepiti chiaramente dalla persona, mentre gli altri rimangono latenti, come invisibili – seppur presenti.

Capire il panorama psicologico di una persona, il “sistema cliente” che un counselor, coach o formatore si trova a fronteggiare, cosa vi è incluso, cosa la persona pensa, cosa non pensa, è uno dei compiti più impegnativi della regia di cambiamento.

L’analisi della psicologia dei tempi individuali ha effetti positivi sul campo psicologico:

  1. capire meglio chi siamo e dove vogliamo arrivare;
  2. esplorare e costruire il proprio futuro;
  3. costruire attivamente i propri obiettivi;
  4. identificare nel campo psicologico i veri problemi e i falsi problemi;
  5. eliminare dal proprio orizzonte i tempi/spazzatura e le soluzioni/spazzatura, saperle finalmente riconoscere;
  6. trovare ancoraggi forti per le proprie azioni e per il proprio sforzo quotidiano;
  7. ridurre l’ansietà ed il senso di smarrimento, i sentimenti di confusione e incertezza che qualsiasi persona oggi manifesta, data l’enormità delle scelte e alternative esistenti in ogni campo, incluso l’utilizzo del proprio tempo e su quali fronti, siano essi sogni o progetti.

 

L’analisi dal punto di vista della psicologia strategica permette invece di:

  1. capire quali sono gli “ancoraggi” che possono smuovere la volontà e la motivazione di un soggetto o di un target audience;
  2. esplorare gli spazi psicologici e scoprire vulnerabilità, resistenze, spazi aperti, nervi scoperti, desideri, sogni, aspirazioni, paure;
  3. costruire attivamente un messaggio persuasivo che sia ancorato alle strutture mentali del ricevente;
  4. identificare nel campo psicologico i veri motivatori (leve efficaci) e i falsi motivatori (leve persuasive inefficaci), considerando che ogni soggetto ha una propria psicologia e ogni cultura ha una propria psicologia, tale che il messaggio che funziona nella cultura o soggetto A può essere del tutto inefficace per la cultura o soggetto B.

 

Esiste una continuità tra (a) consulenza professionale che utilizza il modello t-chart, (b) consulenza aziendale e (c) terapia cognitiva e/o counseling.

Il consulente professionale che utilizza il t-chart è tale se riesce a capire, costruire o ricostruire l’orizzonte psicologico del soggetto, se è in grado di aiutare il cliente a ridurre le proprie tensioni, le proprie ansie e a ri-orientare il campo psicologico che manifesti delle distorsioni o incongruità.

 

tecniche di coaching

Nel caso sopra evidenziato, la persona riesce

1 – a ridurre imprecisioni di focusing, l’attenzione concentrata su elementi inutili o controproducenti che ingombravano il campo;

2 – a spostare l’attenzione verso nuovi elementi, che erano presenti ma scarsamente percepiti o non percepiti del tutto, creando nuove priorità.

L’effetto collaterale, indiretto e positivo, delle attività di problemsolving che utilizzano il metodo t-chart, è dato dal potere rigenerativo e terapeutico di cui esso dispone, nel momento stesso in cui la chiarificazione del quadro psicologico, il reperimento di soluzioni efficaci, produce l’effetto di ridurre la tensione e lo stato di dissonanza cognitiva del cliente.

Il t-chart orientato al futuro si basa su tecniche di intervista che sollecitano e fanno emergere i bisogni della persona. Come tale, l’esperienza del t-chart è per il cliente un momento di riorganizzazione della realtà, la presa di possesso del proprio orizzonte psicologico che a volte è smarrito o offuscato dalle preoccupazioni quotidiane, dall’ansia, o semplicemente dalla carenza o dall’eccesso di informazioni

Il T-chart come sistema di focalizzazione dei problemi e fissazione di obiettivi

Il T-chart si pone come sistema di focalizzazione dei problemi (problem setting: quali sono i veri problemi da affrontare?) e di risoluzione dei problemi (problem solving: come risolviamo i problemi?), così come di goals setting (fissazione di goals e obiettivi). Per farlo, si ritiene indispensabile partire da un principio di ancoraggio: i problemi o obiettivi devono essere ancorati a proiezioni future, ad aspirazioni forti, a stati di vision, ad un senso di missione.

La base manageriale del T-chart è il meccanismo di Backward-Planning (pianificazione a ritroso).

Backward-Planning: Fissare dei valori e ideali, ricavarne un obbiettivo e da questo dedurre tutte le singole tattiche finalizzate a quell’obbiettivo, fissare tappe intermedie, e definire le condizioni necessarie al suo raggiungimento.

Il primo focus è nella fase di problem-setting, senza la quale ogni tentativo di problem-solving risulta vano. La preoccupazione principale del consulente è la seguente: Stiamo cercando di risolvere i problemi sbagliati? Perché investire il proprio tempo e quello del cliente su problemi irrilevanti? Posso essere produttivo e veramente utile?

Il T-chart si prefigge di dare un contributo alla risoluzione di problemi, passando dalla non-definizione alla definizione, dalla oscurità alla presa di coscienza.

Il passaggio di Tullio-Altan è qui estremamente chiarificatore della valenza che un approccio di problem-setting è in grado di fornire alla qualità di vita dell’uomo e delle aziende:

Se noi viviamo in una certa situazione avvertendo in essa delle oscure esigenze, che non riusciamo ancora a chiarire a noi stessi, ma solo a sentire angosciosamente, in tal caso possiamo dire che stiamo soffrendo le contraddizioni che la caratterizzano, senza avere una visione razionale dei reali problemi che la distinguono. Dal momento nel quale noi riusciamo ad iniziare un processo di problematizzazione di tali contraddizioni sofferte, il processo di una conoscenza nuova ha preso il suo corso. Quando un dubbio angoscioso prende la forma di un preciso problema, la sua soluzione è vicina.[1]

Non si tratta di fissare per sempre il futuro con il cemento armato e irrigidirlo. E’ impossibile. Si può invece capire anche solo un micro-brano di una soluzione vicina o fare un passo concreto verso uno stato migliore, e questo è già un ottimo traguardo.

“Quando ti dai obiettivi troppo elevati e non sei in grado di raggiungerli, il tuo entusiasmo si trasforma in amarezza. Cerca una meta più ragionevole e poi gradualmente sorpassala. È il solo modo per arrivare in vetta.”

(Emil Zatopek)

[1] Tullio-Altan, C. (1983). Antropologia. Milano: Feltrinelli. P. 206-207.


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