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©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Attraverso mappe di posizionamento mentale è possibile determinare quale sia la collocazione del prodotto nello spazio mentale del singolo cliente.

Effettuando valutazioni su più clienti, su campioni rappresentativi del target, la tecnica permette di ricostruire lo spazio mentale del mercato e capire in questo spazio dove si colloca uno specifico marchio o uno specifico prodotto.

Tramite il perceptual mapping possiamo analizzare e capire cosa si nasconde dietro alle mosse strategiche di un concorrente. Visualizziamo in questo caso il riposizionamento attuato da Mercedes a livello di immagine.

Il riposizionamento avviene attraverso l’esposizione mediatica, prodotta accostando il marchio alla partecipazione alle gare di Formula 1, con la maggiore evidenza del marchio sulle monoposto, tramite nuove associazioni pubblicitarie che utilizzano auto di serie (berline) in circuiti da corsa, cercando di aggredire un segmento meno addensato da marchi concorrenti.

Le tecniche di positioning permettono di identificare eventuali spazi di mercato liberi e capire quali potranno essere gli sviluppi del prodotto.

Capire la percezione del consumatore in riferimento a questo contesto è necessario, sia per creare differenziazione, che per identificare i tentativi di aggressione dei propri spazi di mercato. Tramite le tecniche di perceptual mapping è possibile capire inoltre il grado e le aree di dinamismo del mercato.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Mappe mentali

Posizionamento

Spazio mentale del mercato

Mappa percettiva

Mosse strategiche

Spazi di mercato

Sviluppi di prodotto

Aree di differenziazione

Dinamismo del mercato

Posizionamento del brand

Analisi competitiva

Differenziazione del prodotto

Segmentazione del mercato

Valore percepito

Attributi del prodotto

Posizione di mercato

Brand equity

Punto di parità

Punto di differenza

Insight dei consumatori

Targeting

Reputazione del marchio

Vantaggio competitivo

Comunicazione di marca

Immagine di marca

Posizionamento relativo

Fattori decisionali

Strategia di marketing

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Ogni prodotto assume connotazioni culturali e valoriali, che ne riempiono di contenuti simbolici l’immagine. I valori culturali del prodotto emergono in diversi campi: ad esempio nel mercato musicale il genere ascoltato da una persona o gruppo arriva persino a connotarne l’ideologia, come durante gli anni della beat generation, o per la musica reggae nella religione Rasta.

I generi musicali vengono utilizzati anche come strumento di affermazione di un’identità. Non solo la musica, ma anche il tipo di abbigliamento può esprimere l’adesione, almeno temporanea, ad una cultura più o meno borghese, più o meno conservatrice, o ad uno stile di vita più o meno sportivo. Il fatto che alcuni prodotti vengano utilizzati proprio per dissimulare, per fingere di essere ciò che non si è, è una riprova del potenziale di carico valoriale che il prodotto assume. Perché mai si dovrebbe consigliare ad un ragazzo di presentarsi ad un colloquio di lavoro presso una banca con giacca e cravatta, se questi non assumessero il valore di segnali di adesione alla cultura del gruppo al quale si chiede di entrare?

Esistono chiaramente associazioni culturali tra prodotti e valori.

Ad esempio, un ascoltatore di musica punk viene considerato, mediamente, anticonformista e deviante, un ascoltatore di musica “disco” allegro e spensierato, (o non impegnato nel sociale, dal frame valutativo dell’anarchico).

Grazie a regole stereotipiche, l’associazione funziona anche in modalità inversa: i comportamenti di un gruppo particolare di persone – inclusi i comportamenti di consumo e i prodotti “tipici” da essi utilizzati – divengono simboli della cultura del gruppo e “si incollano” semanticamente al prodotto.

Riportiamo a titolo esemplificativo gli esiti di una indagine qualitativa realizzata tramite focus-group, con lo scopo di identificare i valori sottostanti in diverse tipologie musicali, nell’opinione di alcuni studenti.

L’indagine è stata realizzata chiedendo ai soggetti di esplicitare quali valori “venissero in mente” pensando ai diversi tipi di musica.

Le associazioni determinano l’esistenza di un principio di equilibrio stereotipico. Questo principio, sostanzialmente, trasferisce sull’utilizzatore di un prodotto i valori socioculturali dei possessori tipici di quel prodotto.

Per questo motivo, l’utilizzo di un certo tipo di prodotto o classe di prodotti acquista valore predittivo persino sul gradimento futuro di persone che non conosciamo.

Alcuni esperimenti attuati dall’autore evidenziano persino come sia possibile tracciare una sorta di profilo individuale di un soggetto non conosciuto, mai incontrato prima, unicamente sulla base degli indizi derivanti dai prodotti da esso preferiti o utilizzati.

I motivi per cui tali associazioni predittive esistono provengono dalle regole stereotipiche ed euristiche di base del processo valutativo. Del resto, nel buio decisionale, meglio qualche flebile luce, che nessuna luce. Il problema che questa luce possa creare abbagli esiste, ma poiché le regole euristiche spesso funzionano, le persone vengono premiate nell’utilizzarle, e lo fanno senza troppi problemi, anche per mantenere un equilibrio interno.

Come sottolineano Darley, Glucksberg, Kamin e Kinchla (1986),[1]

… l’effetto del principio dell’equilibrio è così forte che la gente lo usa spesso con valore predittivo. Se io (P) trovo simpatica la persona O, e quella trova simpatico un terzo (X), ritengo che anche a me sarà simpatico X.

(vedi figura a).


[1] Darley, J.M., Glucksberg, S., Kamin, L.J, Kinchla, R.A., (1984). Psicologia. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Psychology. Englewood Cliffs: Prentice-Hall, 1984.

Se, come illustrato nel riquadro b, trovo simpatico O, e O trova antipatico X, quale sarà il mio atteggiamento nei confronti di questa persona? La teoria dell’equilibrio dimostra, e la ricerca lo conferma, che tenderò a trovare X antipatico.

Lo stesso procedimento di associazione cognitiva viene realizzato in relazione al processo di consumo. Ad esempio, se noto che un certo tipo di persone apprezza un particolare marchio di abbigliamento, e sono personalmente contrario al lifestyle di quel gruppo sociale, sarò portato ad attribuire valori negativi al marchio. Lo stesso accade sul mercato dell’auto, in cui alcuni modelli vengono presi semioticamente come punti di riferimento dell’appartenenza ad una classe sociale o possesso di un certo stile valoriale.

Questo fenomeno associativo tra stili di vita (o valori) e prodotti determina un fenomeno di polarizzazione sociovaloriale dei prodotti: alcuni prodotti diventano simboli di un modo di essere, di una filosofia di vita, diventano deputati a comunicare l’appartenenza ad un gruppo, o l’adesione ad un sistema di valori. Al solo presentarsi del prodotto altamente polarizzato dal punto di vista valoriale, scattano nella controparte tutta una serie di associazioni che anticipano l’identità del suo possessore.

La presenza di atteggiamenti positivi comuni verso lo stesso tipo di prodotto può divenire motivo di unione tra persone. Si pensi a comunità come quelle dei possessori di Harley Davidson o altri club di prodotto quali i fans di un gruppo musicale.

Nella ricerca psicologica troviamo ulteriori conferme e spiegazioni per questo tipo di comportamento. Newcomb (1953, 1971)[1] ad esempio ha studiato alcuni aspetti particolari della vita di gruppo e le relazioni di attrazione tra persone.

Tra i risultati delle sue ricerche si evince che l’attrazione tra persone può essere tanto più forte quanto più elevata è l’attrazione verso un oggetto comune. L’oggetto comune può essere dato sia da un prodotto che da una particolare filosofia di vita o pratica culturale, o altro interesse condiviso. Nel mondo personale dei due soggetti questo costituisce infatti motivo di unione.

In questo ambito rientrano i tentativi aziendali di creare le mitologie dei marchi e le culture dei marchi, situazioni di alto coinvolgimento emotivo del consumatore con i valori affettivi e culturali espressi dal marchio, sino al punto di creare comunità di fans del prodotto.


[1] Newcomb, T. (1953). An approach to the study of communicative acts. Psychological Review, 60, 393-404.

Newcomb, T. (1971). Dyadic balance as a source of clues about interpersonal attraction. In Murstein, B.I. (editor): Theories of attraction and love. New York: Springer.

In questa direzione vanno le strategie di Community Building, le quali cercano di costruire gruppi sociali attorno all’azienda (club di prodotto, fans club, circoli, comunità scientifiche o religiose). Se non esiste collante valoriale, queste comunità saranno destinate comunque a sparire non appena i vari benefit erogati dall’azienda vengono meno.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Simbologia del prodotto

Valori culturali

Affermazione di identità

Associazioni culturali

Comportamenti di consumo

Simboli culturali

Valore sociale del prodotto

Principio di equilibrio

Valore predittivo degli stili di consumo

Profilo del soggetto

Regole euristiche

Cultura del marchio
Identità del marchio

Fedeltà al brand

Brand perception

Immagine aziendale

Esperienza del consumatore

Comunicazione del marchio

Storia del brand

Valori aziendali

Innovazione di prodotto

Strategia di marketing

Community del marchio

Emotional branding

Engagement del cliente

Differenziazione del marchio

Reputazione del brand

Mission aziendale

Marketing relazionale

Loyalty programs

Cultura organizzativa

Coerenza del marchio

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

L’immagine dell’impresa nasce dalla somma delle impressioni che un soggetto (ad esempio un cliente) sviluppa nei riguardi di essa, ogniqualvolta viene a contatto con qualcosa (un prodotto, una persona, un simbolo) ad essa collegato o da essa prodotto. Ogni marchio, ed ogni azienda, sono in grado di generare impressioni nei clienti (positive o negative che siano).

Così come l’azienda assume un’immagine agli occhi dei suoi pubblici, i prodotti acquistano una connotazione, e persino una personalità (debole o forte, definita o vaga, gradita o sgradita).

Un prodotto forte è dotato di una personalità ben definita che lo fa fuoriuscire dalla concorrenza di prezzo. L’immagine del prodotto, del marchio e dell’azienda può essere misurata scientificamente. La sua costruzione attiva è uno degli obiettivi primari di qualsiasi strategia competitiva.

Quando esiste una connessione tra il prodotto, il marchio e l’immagine proiettata dall’individuo, il prodotto diventa strumento di impressions management.

Il prodotto d’immagine assume valenze comunicazionali nella proiezione di un’identità, facilitando il passaggio del cliente da un’identità attuale ad un’identità desiderata (identità target o immagine target). Non importa che ciò sia realmente vero, è sufficiente che questo sia vero nella psicologia individuale dell’acquirente.

In altre parole, l’immagine del marchio e l’immagine del prodotto diventano strumenti espressivi di un modo di essere, o di un modo di pensare.

Trasmettono un’identità del possessore, o almeno, il più delle volte, questo è ciò che vorrebbe l’acquirente.

Il prodotto non è solo un assemblaggio di componenti. Una visione puramente merceologica e ingegneristica impedisce di capirne il valore affettivo.

Quando i prodotti si rivolgono a bisogni di ordine superiore – bisogni sociali, autorealizzazione, costruzione d’immagine della persona – essi assumono valenze soprattutto psicologiche, ancor prima che tecnico-funzionali.

I prodotti/servizi (non tutti, naturalmente, ma buona parte di essi) si trasformano da beni asettici a oggetti dotati di anima, e con essi si instaura un rapporto che fuoriesce dalla pura fruizione per entrare nel campo della comunicazione e della psicologia. Diventano, in altre parole, strumenti espressivi con i quali il soggetto cerca di modificare la propria identità, verso un’immagine più vicina al proprio sè ideale.

Nella psicologia del consumo il prodotto assume valenze emotive, quale porzione del vissuto di un individuo. L’acquisto di un viaggio può avere alla base la ricerca di un semplice momento di svago o ricreazione. Ma un viaggio può essere anche il momento di svolta di una vita, nel quale ricercare la propria identità smarrita, e ritrovare un senso nella propria esistenza.

Osserviamo questa trascrizione di una turista che visita un parco naturale, alle foci del fiume.

Quando sono laggiù mi sembra di essere lontana dal mondo. Dall’argine si vedono solo dei casolari di campagna, il fiume, gli aironi. Poi non so come spiegarlo, ma c’è qualcosa nel cielo di diverso. L’aria è più chiara, c’è una luce più bianca, più intensa, ti senti fuori dal mondo, forse sarà perché il mare è vicino. Quando sono da quelle parti, per me è come osservare il mondo dall’alto. La frenesia della città ti sembra una cosa assurda. Quelli della città ti sembrano tutte formiche, che corrono senza senso. Ma dove vanno? Il bello è che ieri ero anch’io una formica, e domani torno formica. Ma quando sono qui, divento qualcos’altro. Come qualcuno che guarda dall’alto, che osserva le persone da un altro punto di vista. Per certe persone qui non c’è niente, per me c’è tutto. Mi piace qui perché la strada è sterrata. Quei deficienti vogliono asfaltare anche qui. Come se l’argine dovesse diventare un’autostrada. Non hanno capito che qui ci deve essere la strada sterrata, è il paesaggio che lo richiede. Se potessero asfaltare tutto lo farebbero. Vengo qui per stare fuori dal mondo, per cercare anche di riflettere. Quando vedo i cartelli stradali, i divieti di accesso, il filo spinato, da queste parti, è come una pugnalata. Ma perché non lo capiscono? Pensa che ci vengono persino a caccia. Questo è un luogo di riflessione, non lo devono rovinare così. Qui non ci devono stare.

Sviluppare sensibilità verso la motivazione d’acquisto sottostante, capire le valenze emotive attribuite dal consumatore è un prerequisito per la comunicazione aziendale e la costruzione del prodotto. Come si può notare, elementi estranei al prodotto (in questo caso un prodotto turistico) possono distruggere o rovinare l’esperienza del fruitore e distruggere il tentativo di costruzione attiva dell’immagine.

La presenza di elementi di disturbo, difformi e disomogenei (ad esempio un cesto dei rifiuti di plastica, anziché ricoperto di legno, in un agriturismo) elimina la consonanza tra gli elementi, necessaria per costruire un profilo d’immagine omogeneo e fluido.

Il profilo d’immagine di un marchio o di un prodotto è analizzabile ricorrendo, tra l’altro, a concetti sviluppati dalla psicologia sociale degli atteggiamenti, che esploreremo di seguito.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Immagine dell’impresa

Impressione del soggetto

Personalità del prodotto

Immagine del prodotto

Impressions management

Prodotto d’immagine

Identità desiderata

Psicologia dell’acquirente

Modo di essere

Il Sé ideale

Prodotto emotivo

Costruzione attiva dell’immagine

Valenza emotiva

Emozioni

Percezione

Costruzione

Marchio

Identità

Coinvolgimento emotivo

Esperienza del consumatore

Branding emotivo

Comunicazione visiva

Psicologia del consumatore

Attributi del prodotto

Connessione emotiva

Strategia di marketing

Empatia del marchio

Sensazioni

Reputazione del marchio

Aspetti emotivi nell’acquisto

Leva emotiva

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Le valutazioni che il cliente sviluppa sul prodotto avvengono in base ad una sequenza temporale di “avvicinamento” al prodotto, una sequenza di steps. Come abbiamo sottolineato in precedenza, nell’ambito del rapporto psicologico con un prodotto, non tutte le componenti dello stesso possiedono uguale gradiente di importanza. Alcuni steps sono più critici di altri.

Alcuni elementi, che denomineremo first above perceptivity line (FAPL, primi in linea rispetto alla percezione umana) possiedono un elevato carico comunicazionale di prodotto, ovvero incidono molto più fortemente di altri sulla percezione del consumatore – sia per la frequenza con cui vi entrano a contatto che per l’ordine di contatto a livello di step di utilizzo.

Se analizziamo il momento di prova di un’autovettura all’interno di un salone, noteremo che il primo elemento valutativo è dato dall’esterno della stessa (carrozzeria, colori, forme). Il secondo elemento proviene dall’apertura della porta, il terzo elemento dalla visione dell’interno. Avremo in seguito l’atto di entrata e quindi l’atto di seduta al posto di guida.

In un campo diverso, ad esempio quello turistico, la sequenza di azioni del turista intento a cercare un albergo, potrà seguire steps quali un tour della cittadina turistica, una veloce occhiata ai diversi alberghi, per poi ritornare a chiedere informazioni su quelli che hanno destato interesse e sembrano alla portata del budget, per poi passare ad una visita della camera, ecc..

A seconda di quanto in profondità si voglia giungere nell’analisi dell’azione valutativa del cliente, è possibile analizzare diversi stadi:

Uno dei risultati della tecnica consiste nel determinare le componenti del prodotto situate in posizione first above the line, per giungere ad una programmazione del prodotto (in fase ideativa o migliorativa) che massimizzi gli investimenti dell’azienda.

In questa trattazione forniremo una breve descrizione di un’analisi di frame realizzato con livello di dettaglio MESO-PSA. Analizzeremo una breve sequenza di durata approssimativa di pochi minuti, relativa alla “prova di seduta” su un autovettura da parte di un potenziale acquirente, all’interno di un autosalone. In questo setting entrano in scena diverse porzioni del sistema di marketing del prodotto:

Nel caso esposto, in pochi minuti entrano in azione una molteplicità di sistemi valutativi e percettivi. Nulla è ancora conosciuto a livello di prestazione dell’autovettura (tenuta di strada, ripresa, consumi, velocità, comfort di guida) e tuttavia gli elementi FAPL (first above perceptivity line) hanno già determinato, in buona parte, il gradimento del prodotto. Hanno quindi predisposto il consumatore in senso positivo o negativo in termini di intenzione di acquisto (fenomeno di imprinting di prodotto).

Difficilmente la prova del prodotto potrà modificare sensazioni iniziali negative, e comunque si tratterà di un percorso in salita, che richiede l’inversione degli atteggiamenti iniziali, con conseguente dispersione di risorse.

Una analisi delle micro-azioni con il metodo MICRO-PSA (micro-azioni), incentrato su frame di analisi minimali, avrebbe potuto evidenziare particolari di livello quasi subliminale, come ad esempio l’istante di ricerca di feedback che l’attore genera con il contatto visivo nei riguardi dei presenti (moglie o amico), i quali l’accompagnano nell’esperienza, per verificare il livello di accettazione da parte dei gruppi di riferimento (gli “altri rilevanti”) e quindi orientare le proprie reazioni successive.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Valutazioni del prodottoInizio modulo

Steps di avvicinamento al prodotto

Carico comunicazionale del prodotto

Percezione del consumatore

Ordine di contatto

Programmazione del prodotto

Sistemi valutativi e percettivi

Imprinting di prodotto

Posizionamento di mercato

Differenziazione competitiva

Penetrazione del mercato

Segmentazione del mercato

Branding

Riconoscimento del marchio

Promozione del prodotto

Lancio di prodotto

Strategia di marketing

Coinvolgimento del consumatore

Consapevolezza del prodotto

Comunicazione di marca

Visibilità del prodotto

Penetrazione del mercato

Strategia di posizionamento

Efficacia pubblicitaria

Brand equity

Comunicazione persuasiva

Sensibilizzazione del consumatore

Successo del lancio prodotto

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Proseguiamo il nostro esempio sul marketing culturale, anche se le implicazioni di quanto esponiamo valgono in ogni settore. Quello che un manager deve capire, rispetto a queste dinamiche, è la necessità di “caricare” l’offerta costruendo un pacchetto che soddisfi sia il BSS primario che i BSS secondari. Se nella biblioteca ciò che conta è la possibilità di interazione offerta dagli ambienti circostanti, un intervento di “pulizia” (o meglio di “polizia”) che liberi gli spazi di incontro dai frequentatori distruggerebbe uno dei più forti moventi reali per cui quelle persone vi si recano.

Un intervento di marketing culturale dovrebbe cercare di costruire un ambiente di fruizione (un punto di vendita, per dirla in termini di marketing), che massimizzi la possibilità di interazione. Questa tecnica ad imbuto utilizza i BSS secondari per aumentare la domanda complessiva e superare i limiti del BSS primario.

Il concetto stesso di mission viene stravolto da questo ragionamento. Il manager della biblioteca il quale veda nella sua organizzazione unicamente un luogo di studio (mission essenziale), perderà tutte le opportunità legate al corollario di BSS secondari. Un manager culturale più attento al marketing vedrà invece in queste dinamiche una forte opportunità per trasformare la biblioteca in luogo di studio e contemporaneamente di incontro, svago, ricreazione, aggregazione, e persino di divertimento (mission allargata).

Questo significa massimizzare l’estensione della mission organizzativa. Il principio di base, in termini di marketing, è che (1) se le persone vengono attratte dai BSS secondari offerti dalla biblioteca, diversi di questi finiranno per usufruire anche della biblioteca stessa, producendo un effetto acquisitivo verso i nuovi clienti, e (2) chi abitualmente usufruisce della biblioteca vi troverà nuove opportunità (un bar, punti gratuiti di consultazione internet, salotti, bacheche di annunci, sino ad un centro fitness), sviluppando effetto di ritenzione del cliente esistente e crescita della customer satisfaction.

Possedere una visione allargata di marketing è un requisito indispensabile per conseguire obiettivi importanti. Questa visione allargata permette di fuoriuscire dagli stereotipi e dalle limitazioni autoimposte.

Passando al settore meccanico, ad esempio, un produttore di spazzole industriali che si consideri solo come “produttore di spazzole” perderà enormi opportunità se non realizza che il cliente non cerca realmente spazzole ma “soluzioni per il trattamento di superfici”, ad esempio, sistemi per levigare sbavature, o per pulire incrostazioni (il bisogno di base). Il prodotto che risolve meglio questo bisogno reale, avrà successo di mercato (es: prodotti chimici, o utensili dedicati).

Quando l’azienda perde il contatto con il vero movente di acquisto, e si concentra solo sul proprio prodotto, si apre un baratro, una caduta libera in cui le vendite possono precipitare. Inoltre, i concorrenti riusciranno presto a fornire un servizio o prodotto in grado di risolvere il bisogno di base meglio e più efficacemente. Il focus manageriale sul prodotto fa spesso perdere di vista il bisogno sottostante del cliente, che costituisce il vero movente di acquisto. Su questo bisogno sottostante deve concentrarsi il nuovo marketing.

La visione allargata di marketing ha effetti anche sul marketing sociale e culturale. Ritorniamo al nostro esempio sul marketing di una biblioteca.

A cosa serve una biblioteca? A conservare libri o a diffondere cultura? Se il movente è conservare libri allora non si tratta di una biblioteca ma di un archivio. Se il movente è diffondere cultura e fornire strumenti adeguati, allora la biblioteca si deve trasformare in centro di sviluppo di iniziative. Da qui la propositività verso altre forme di arricchimento culturale per i propri utenti (stage internazionali, stage aziendali, stage in organizzazioni, ricerca e divulgazione di materiali in realtà virtuale, eventi, seminari, iniziative).

Di certo, l’obiettivo di allargare l’orizzonte di marketing non può essere posseduto dal burocrate aziendale, dal brontosauro dell’organizzazione, colui che – arroccato sulle proprie posizioni e timoroso del cambiamento – vede nella ri-focalizzazione della mission una perdita di potere, abitudini, e orizzonti certi.

La competitività, in questo senso, richiede l’esplorazione profonda del senso di esistere dell’impresa, e un’apertura totale a nuove modalità di soddisfazione di bisogni primari e secondari, espressi e latenti. Questo approccio produce un ripensamento del rapporto tra mission e marketing.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Mission

Marketing sociale

Marketing culturale

Bisogno primario

Bisogno secondario

Effetto di ritenzione

Mission allargata

Focus manageriale

Nuovo marketing

Senso di esistere

Obiettivi aziendali

Strategia di marketing

Visione aziendale

Segmentazione di mercato

Brand positioning

Valori aziendali

Differenziazione competitiva

Marketing mix

Coinvolgimento dei clienti

Consapevolezza del marchio

Fidelizzazione dei clienti

Sostenibilità aziendale

Innovazione e adattamento

Partnership strategiche

Responsabilità sociale d’impresa

Cambiamento comportamentale

Marketing etico

Misurazione dell’impatto sociale

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Analisi del processo di marketing per la vendita

Possiamo distinguere le fasi principali in tre livelli sequenziali:

  • fase della strategia di marketing;
  • fase della strategia di contatto (personal selling); 
  • fase della strategia di fidelizzazione e sviluppo della relazione.

Le tre fasi sono accompagnate da momenti trasversali quali:

  • attività di fissazione e sviluppo della leadership e people management;
  • attività di training e coaching per lo sviluppo del venditore consulenziale;
  • attività di monitoraggio dei risultati, dei comportamenti ed atteggiamenti.

I punti salienti del piano di sviluppo-cliente sono : 

Fase di pre-contatto – Strategie di Marketing :

  • la segmentazione del mercato (capire gli “strati” e tipologie di clienti esistenti),
  • la scelta dei segmenti di mercato su cui operare,
  • la selezione di specifici prospects (clienti ad alto tasso di interesse),
  • lo scouting di tali clienti (ricercare, identificare),
  • l’analisi del tipo di priorità da dare ai diversi prospects.

Fase di contatto e vendita:

  • i primi contatti personali o mediati, nei quali superare le barriere in ingresso e iniziare a costruire la fiducia, sia interpersonale che aziendale;
  • le fasi empatiche, di analisi e ascolto della situazione del cliente,
  • lo sviluppo di una attività consulenziale e migliorativa dal punto di vista delle forniture di cui dispone,
  • la ricerca di soluzioni (Solutions Selling) su cui chiudere e concludere una trattativa.

Fase di post-vendita – Sviluppo personale :

  • il consolidamento del cliente,
  • il cross-selling (ampliamento del tipo di prodotti),
  • assicurarsi che sia soddisfatto, sino a portarlo ad essere un nostro sostenitore e partner vero.

La vendita consulenziale si differenzia dalla vendita tradizionale per l’alto grado di valore aggiunto generato dal venditore stesso. 

Il valore aggiunto consiste soprattutto:

  • nella localizzazione dei segmenti di mercato su cui agire;
  • nelle scelte di posizionamento: come vogliamo posizionarci e differenziarci rispetto ai tanti competitor?
  • nella capacità di ascolto praticato dal venditore nei riguardi del cliente, 
  • nella ricerca di soluzioni personalizzate, frutto di negoziazione;
  • nella consulenza d’acquisto;
  • nel contributo culturale che si porta al cliente;
  • nel problem-solving e post-vendita, in grado di portare il cliente dallo stato di cliente occasionale a cliente fidelizzato e sostenitore.

Il consulente offre al cliente aiuto con la propria attenzione focalizzata

La vendita consulenziale parte dalla volontà del venditore di divenire partecipe di un processo evolutivo del cliente, configurandosi quindi come una forma di consulenza di processo.

La vendita consulenziale si inserisce all’interno di una filosofia di marketing aziendale “centrata sul cliente”.

Come evidenzia Kotler:

Il concetto di marketing è emerso a metà degli anni ’50 e ha messo a dura prova i concetti precedenti. Invece di adottare una filosofia centrata sul prodotto, “produci-e-vendi”, si adotta una filosofia centrata sul cliente, “ascolta-e-rispondi”.[1]

Per poter dare concretezza a questa filosofia servono però venditori consulenziali all’altezza del compito e leader preparati.

I principi del CVBU : Caratteristiche, Vantaggi, Benefici, Unicità

I principi di marketing per la vendita consulenziale:

  1. dare priorità alla ricerca di una soluzione efficace e positiva per il cliente (vendita consulenziale);
  2. costruire piani di vendita strutturata anziché azioni di vendita “alla giornata”;
  3. agire tramite campagne anziché con azioni spot;
  4. formare i venditori e sviluppare il loro potenziale;
  5. assicurarsi che i venditori dispongano di una conoscenza perfetta delle reali motivazioni di valore su ogni elemento del value mix: quali sono le caratteristiche, i vantaggi, i benefici, le eventuali unicità (CVBU), della nostra offerta e come queste si declinano per il singolo cliente.

L’analisi CVBU si applica non solo al prodotto ma all’intero marketing mix, includendo almeno CVBU del prodotto/servizio, del pricing, della distribuzione e della comunicazione/informazione.

Al centro di ogni analisi CVBU si colloca il potenziale cliente. Nessun ciclo CVBU può svolgersi in astratto: la percezione di valore ha luogo solamente nella mente del cliente.

I cinque punti primari per inquadrare le attività di vendita

Secondo la metodologia dell’Action Line Management (ALM) va posta attenzione:

  1. agli scenari: cosa succede nella domanda, nella concorrenza, nelle tecnologie, in che ambiente mi muovo?
  2. alla missione e alla consapevolezza dei suoi confini (analisi esistenziale, domande esistenziali): a chi diamo risposte, chi siamo, cosa facciamo realmente, cosa un cliente deve sapere di noi, perché non serviamo alcuni clienti, chi serviamo e chi no, dove si collocano esattamente i confini della nostra missione; all’organizzazione: come ci organizziamo per dare corpo alla missione e alla nostra visione/aspirazioni;
  3. al marketing mix / value mix: consapevolezze dei prodotti/servizi, delle loro caratteristiche, e del valore intrinseco posseduto;
  4. alle linee di azione e tattiche personalizzate: come declinare la strategia cliente per cliente, quali “strategie di interazione” adottare;
  5. al front-line, ai momenti di contatto di ogni natura, ogni momento della verità in cui il sistema azienda impatta il cliente (e non solo il cliente, anche fornitori e altri portatori di interessi);

La visita mirata all’interno di un’azione commerciale

Una visita mirata si differenzia da una visita generica in base al grado di preparazione precedente la visita stessa. 

In una visita mirata, sono stati già esplorati a priori i possibili problemi, le possibili obiezioni primarie, gli ostacoli prevalenti alla conclusione di vendita. 

In una visita mirata, il venditore è pienamente consapevole del “cosa sto entrando a fare”, distinguendo tra:

  • valutare se esistono spazi per…
  • valutare se esistono le condizioni per…
  • approfondire la situazione del cliente riguardo ….
  • concludere una negoziazione avviata entro …
  • capire la serietà del cliente e le intenzioni reali di acquisto, offrendo le seguenti alternative e scadenze…

Una visita mirata si prefigge di comprendere lo scenario del cliente aggiungendo dati e informazioni a quelle già disponibili, per poi poter puntare ad una conclusione consulenziale favorevole, che riduca i costi psicologici di acquisto e faccia leva sugli aspetti motivazionali del bisogno sottostante del cliente.

Rendere mirata una visita significa quindi:

  • anticipare gli scenari aziendali e psicologici che possiamo fronteggiare: studiare il sistema-cliente prima di entrare, sulla base dei dati disponibili;
  • chiedersi quali dati servono ancora per poter offrire una soluzione realmente consulenziale (Information Gap Analysis), e preparare una scaletta di informazioni e punti di interesse da approfondire con il cliente stesso;
  • anticipare i livelli di possibile bisogno;
  • posizionare una tipologia di fornitura desiderata (target negoziale strategico): es: distinguere tra diventare fornitori ufficiali, fare un ordinativo di prova, e altri tipi di relazioni commerciali;
  • dare ampio spazio ai momenti di ascolto del cliente;
  • entrare soprattutto per ascoltare, dare enfasi alla fase di analisi ed ascolto.
  • concludere su ipotesi di possibile interesse e soppesare con il cliente valore differenziale di ciascuna;
  • porre il cliente di fronte alla responsabilità di prendere una decisione.

La partnership strategica e il comakership (fare assieme)

Lo sforzo consulenziale viene premiato non tanto da una singola vendita ma soprattutto dalla capacità di ingresso nel sistema cliente.

Una partnership strategica è l’obiettivo sottostante la vendita consulenziale.

La partnership strategica è caratterizzata da:

  • rapporto intenso,
  • co-progettazione,
  • ricerca e sviluppo svolta su ambiti di interesse comune (Joint Research & Development),
  • contatti frequenti,
  • studi congiunti sul mercato di destinazione.

La forza contrattuale e negoziale

La negoziazione competitiva richiede la creazione di forza contrattuale. 

La forza contrattuale dipende dal livello di unicità dell’offerta (o dalla mancanza di alternative valide o succedanee) e dal livello di bisogno esistente nella controparte, mediati dalle abilità comunicative.

Le competenze negoziali competitive richiedono training alla negoziazione e alla gestione delle mosse strategiche dell’interazione. 

In particolare, il training deve focalizzarsi :

  • sulla capacità di analisi dei segnali non verbali,
  • sul controllo dei propri segnali,
  • sugli stili comunicativi verbali,
  • sull’analisi transazionale del dialogo (AT),
  • sulle tecniche di convergenza verso il risultato e di gestione strategica dell’obiezione. 

Le tecniche negoziale divengono ancora più complesse quando le trattative avvengono tra gruppi (es.: gruppi di acquisto contro gruppi di vendita) poiché la dimensione comunicativa si allarga, richiedendo competenze nell’affiatamento tra i partner e coordinamento nelle mosse dell’interazione tra i membri dell’equipe[2]. Gestire la trattativa richiede preparazione e role-playing. Una singola parola può rovinare un incontro.

Principio 2 – Del potere contrattuale e negoziale

Il vantaggio competitivo dipende dalla forza contrattuale nella trattativa.

Per il venditore o proponente, la forza dipende:

  1. dall’unicità dell’offerta: un’offerta non comparabile con altre offerte ha più valore;
  2. dalla mancanza di alternative presenti o creabili : l’impossibilità di trovare con ragionevole sforzo soddisfazione altrove;
  3. dalla mancanza di beni succedanei (beni diversi che possono svolgere una funzione simile, es: treno al posto dell’aereo);
  4. dall’impellenza del bisogno nel destinatario: un bisogno importante genera minori freni e incertezze;
  5. dal prestigio di cui gode il proponente: un proponente credibile e prestigioso crea minori barriere legate alla valutazione a priori del partner;
  6. dalla forza dei fattori oggettivi dell’offerta: le caratteristiche della prestazione – la sua tecnologia, il servizio reale.

Ciascuna di queste leve anche se presente in misura elevata non si dispiega automaticamente ma richiede abilità di valorizzazione e comunicazione.

Il dispiego ottimale della forza contrattuale (per chi offre) si correla positivamente con il livello di competenze comunicative specifiche del negoziatore (abilità negoziale del venditore) e negativamente con le competenze dell’acquirente (abilità del buyer).

Possiamo riassumere i punti salienti di una strategia negoziale individuando tre specifiche Macro-fasi:

Fase di preparazione : Briefing, analisi a priori Role-playing, preparazione delle action lines

Fase di contatto : Ricerca dei canali di ingresso, Face-to-face, Mediato

Fase di debriefing : Debriefing osservazionale (dati+emozioni), Debriefing strategico

Tutte le fasi evidenziate sono critiche, e per ciascuna esistono strumenti e metodologie appropriate. 

La nostra attenzione sarà dedicata alla fase di contatto front-line, utilizzando soprattutto alcuni spunti metodologici offerti dalla Conversation Analysis (CA), o Analisi della conversazione (AC). 

Al centro di tutto, nel contatto umano, si colloca la capacità di ascolto, senza la quali gli sforzi precedenti per “entrare” in un sistema cliente diventerebbero vani.


[1] Kotler. Dal cap. 1 “La comprensione del processo di marketing management”, in “Il marketing secondo Kotler”

[2]  Vedi Goffman (1959) per l’analisi dei comportamenti pubblici delle equipe.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching