Analisi della conversazione e arte della conversazione con il cliente
© Articolo estratto dal Videocorso “Ascolto Attivo ed Empatia” con integrazioni dal libro di Daniele Trevisani “Negoziazione interculturale. Comunicare oltre le barriere culturali. Dalle relazioni interne sino alle trattative internazionali”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore
Atti linguistici e linee d’azione comunicativa
Ogni “emissione dotata di significato”, all’interno di una negoziazione, costituisce un atto linguistico[1].
Gli atti linguistici si inseriscono sempre all’interno di linee d’azione comunicativa e contribuiscono a fissare il tipo di relazione in corso (conflittuale, collaborativa, e altre). Collaborare, tenere toni bassi, oppure scontrarsi, litigare, sono linee d’azione in cui intervengono precisi atti linguistici (quali l’aggredire, o il collaborare).
Anche altri atti comunicativi assumono significato, ad esempio le emissioni che utilizzano sistemi non verbali (movimento del corpo, gesti, sguardi) e paralinguistici (toni, pause, silenzi, intonazioni).
la Formazione Conversazionale
Gli esquimesi hanno oltre 10 parole specifiche per altrettanti tipi di neve, e questo guida la percezione attraverso categorie preimpostate. Ove questa distinzione linguistica non esiste, la neve diviene un oggetto mentale unico, lasciando alla composizione di frasi una descrizione di diversi tipi di neve.
Ma ancora, nella lingua Navajo non esiste la parola equivalente al concetto “tardi” (la percezione del tempo è sempre relativa), così come nelle lingue amazzoniche non esiste la parola “neve”; nel Cinese Mandarino, una singola parola (qing) rappresenta varie tonalità sia di blu che di verde[2].
La precisione linguistica quindi dipende anche dalla disponibilità di categorie e vocabolari specifici.
Emerge quindi una prima opera che consiste nell’educare l’interlocutore a percepire le differenze. Se un esquimese vuole riuscire a far capire all’europeo la differenza tra i dieci tipi di neve, dovrà associare la parola (etichetta verbale) utilizzata a qualche rappresentazione riconoscibile (una fotografia, o la dimostrazione pratica). Allo stesso tempo, per poter negoziare, è necessario far capire all’altro la diversità tra la sua cultura e la nostra cultura.
Ciascuno dei negoziatori interculturali deve essere disponibile ad apprendere, disponibile a formarsi grazie all’incontro con l’altro.
La negoziazione su prodotti nuovi o su progetti mai attuati prima, richiede una fase di acculturazione, che metta la controparte in grado di orientarsi, di capire, e di scegliere consapevolmente all’interno di differenze che prima non poteva percepire.
Potere e conversazione
Come la lingua “segmenta il mondo”, la conversazione “segmenta il gruppo” facendo emergere i rapporti di forza e di leadership.
Se il linguaggio contribuisce a costruire la percezione del mondo, la conversazione contribuisce a creare i rapporti di potere e di leadership all’interno dei gruppi. È sufficiente che un richiamo venga disatteso, per generare una immediata percezione nel gruppo sul tipo di rapporti di forza esistenti e generare una drastica caduta di punti nel leadership score (grado di leadership conversazionale del soggetto).
Immaginiamo il caso di A (dirigente) e B (funzionario), in cui A enuncia “preferisco che non proseguiamo oltre su questo argomento”, mentre B replica “si però…” proseguendo esattamente sull’argomento.
L’atto linguistico di A “preferisco che non proseguiamo oltre su questo argomento” è una mossa conversazionale che si inserisce all’interno della linea d’azione comunicativa di A denominabile “gestione assertiva dei contenuti e fissazione del mio ruolo”.
L’atto linguistico di B “si però…” è una contromossa relazionale inquadrabile nella linea d’azione comunicativa di B “non ti riconosco nel ruolo di gestore dei contenuti e proseguo per la mia strada”. Se questo meccanismo non viene ripreso e sanzionato, A perderà immediatamente la leadership di fatto.
La stratificazione di atti linguistici, mosse conversazionali e relative ripercussioni produce la leadership reale non iscritta nei documenti aziendali o del gruppo, una leadership che si crea nella realtà quotidiana delle conversazioni.
Principio – Gestione degli stati conversazionali
La qualità della vita nei gruppi di lavoro e la performance dei gruppi stessi è correlata:
- alla capacità del leader nel cogliere lo stato conversazionale in corso (riconoscimento generale);
- alla capacità del leader nel cogliere gli stati conversazionali disfunzionali (riconoscimento specifico negativo), e praticare rinforzi negativi, intervenire per ripristinare stati funzionali
- alla capacità del leader nel cogliere gli stati conversazionali positivi (riconoscimento specifico positivo) e rinforzarli.
Il leader funge da coordinatore, animatore interno e controller dei flussi comunicativi e degli stati conversazionali, esplicitando il proprio assenso o dissenso nei momenti topici, per ogni membro del team, ed esercitando un controllo assertivo su di essi.
I Sistemi Motivazionali Interpersonali
In ciascuno dei diversi momenti comunicativi che avvengono nei gruppi si possono attivare diversi sistemi di comunicazione.
Gli scambi di messaggi che osserviamo tra persone o in un gruppo sono solo la punta dell’iceberg di processi relazionali più forti, i Sistemi Interpersonali Motivazionali (SIM)[3]. Alcuni dei SIM più riconosciuti sono:
- attaccamento;
- seduzione;
- agonismo;
- cooperazione.
Il conflitto e i malfunzionamenti dei gruppi partono quindi dal sistema di comunicazione osservabile nella dinamica del gruppo.
La leadership consiste nel prendere le redini degli incontri , e riuscire a dirigerli con consapevolezza e tatto culturale. Non significa assolutamente dominio sull’altro, ma consiste in un tentativo di gestione volontaria dei flussi comunicativi, visti dall’alto di una maggiore consapevolezza.
È possibile ad esempio riconoscere quale dei Sistemi Motivazionali si stia generando nella negoziazione, e cercare di modificarlo.
Il principio di cooperazione agisce come collante principale del gruppo, ma anche altri sistemi possono attivarsi per aumentarne il dinamismo.
L’analisi della conversazione e i climi comunicativi negoziali
Possiamo riconoscere il tipo di comunicazione in corso all’interno di un gruppo, attraverso un’attenta lettura dei segnali.
Con un adeguato addestramento ed elevata sensibilità naturale, è possibile cogliere in poche battute quali siano gli “stati conversazionali” che predominano una comunicazione.
Per “stati conversazionali” intendiamo qui una sequenza di mosse comunicative riconducibile a dei prototipi,
Alcune mosse conversazionali (frutto di nostra ricerca interna) sono:
- affermare,
- anticipare,
- attaccare,
- cedere il turno (Turn Giving),
- conquistare o prendere il turno (Turn Taking),
- chiedere una precisazione, fare domande di puntualizzazione,
- cambiare stile/codice comunicativo (Code Switching)
- chiedere per ampliare, fare domande di apertura,
- decentrare l’argomento della conversazione,
- difendere altri,
- difendersi,
- negare,
- non riconoscere l’altro o una sua emissione/messaggio (disconferma relazionale),
- precisare,
- ricentrare la conversazione su un argomento (ricentraggio),
- evitare un argomento e scivolarne via (Topic-Avoidance),
- riconoscere l’affermazione dell’altro (conferma relazionale),
- disconoscere l’affermazione dell’altro (disconferma relazionale),
- riparare (un errore, un fraintendimento, una mossa precedente),
- ritrattare,
- rivedere quanto detto (aggiustare il tiro),
- scusarsi (mosse di riparazione, Repair)
- sollevare dubbi,
- esemplificare, offrire un esempio,
- metafora (come se…),
- offrire aiuto,
- chiedere aiuto,
- fissare un argomento di conversazione (Topic-Setting),
- spostare l’argomento della conversazione (Topic-Shifting),
- ricapitolazione breve (Recap),
- riformulazione (riformulare quanto capito o parafrasarlo),
- tirare le somme,
- chiudere (concludere la conversazione).
Le mosse conversazionali non sono mai statiche ma evolvono con un tracciato che possiamo anche rendere visivo, come in questo esempio. Le evoluzioni possibili sono numerosissime.Da queste riflessioni e ricerche nasce un principio di analisi della conversazione estremamente concreto per affrontare con coscienza le conversazioni di vendita.
Principio 6 – Gestione strategica della conversazione con il cliente
La comunicazione di vendita efficace richiede:
- L’utilizzo di “mosse conversazionali” consapevoli e positive. Ad esempio una domanda potente come “che caratteristiche ha il suo fornitore ideale di XYZ?”
- Chiarezza e consapevolezza dell’obiettivo strategico del dialogo.
- Chiarificazione e ricapitolazione (recap) degli specifici bisogni del cliente.
- Riformulazione dei passaggi salienti di quanto ascoltato per essere certi di avere compre bene e dare allo stesso tempo un segnale di interesse al cliente.
- Trascorrere almeno il 75% del tempo ad ascoltare e parlare non più del 25% del tempo totale di conversazione.
- Concentrazione dei temi conversazionali sugli ideali e sugli obiettivi e problemi del cliente.
- Utilizzo di mosse che tendono all’apertura del dialogo con il cliente. Non farsi cogliere dalla “frenesia alimentare” del cercare di chiudere la vendita troppo presto.
- Utilizzo di mosse appropriate di deferenza, rispetto, contegno e cortesia, anche considerando le specificità della cultura di provenienza del cliente.
La vendita diventa inefficace quando:
- Non si ha consapevolezza del fatto che ogni affermazione o azione che si fa ha valore di una “mossa conversazionale”.
- Manca chiarezza e consapevolezza dell’obiettivo strategico del dialogo.
- Non si utilizzano tecniche di chiarificazione e ricapitolazione (recap) degli specifici bisogni del cliente.
- Non viene mai attuata la riformulazione dei passaggi salienti di quanto ascoltato per essere certi di avere compre bene e dare allo stesso tempo un segnale di interesse al cliente.
- La conversazione viene centrata più sul “parlare” che sull’ascoltare.
- La conversazione diverge, non si concentra su una sana analisi degli ideali, obiettivi e problemi del cliente.
- Utilizzo di mosse che tendono alla chiusura al dialogo con il cliente.
- Utilizzo di mosse inappropriate, mancanza di deferenza, rispetto, contegno e cortesia, o violazione grave delle specificità della cultura di provenienza del cliente.
Le conversazioni si spostano continuamente da uno stato all’altro, e possiamo avere conversazioni che partono in termini di “confessione” per poi spostarsi in seduzione, e scivolare in autocelebrazione, poi ancora in accusa.
Durante una negoziazione interculturale, il negoziatore deve essere consapevole del fatto che certi formati conversazionali – quali il gioco e lo scherzo – sono difficilmente traducibili tra culture diverse, per cui è facilissimo fare gaffes, essere umoristici o “simpatici” forzatamente.
Ogni conversazione (negoziale e non) procede comunque lungo un format finché un altro e diverso format non prende piede.
Il ruolo della leadership conversazionale è esattamente quello di spostare i format e dirigerli ove sia più produttivo[4].
Ciò che risulta produttivo, per la negoziazione interculturale, è quindi la capacità di capire come la conversazione sta evolvendo lungo il tracciato, e l’abilità di spostare le linee entro spazi comunicativi più produttivi.
Economia cognitiva della comunicazione nei gruppi e prioritization skills
L’economia cognitiva si occupa dell’utilizzo efficiente delle risorse mentali.
Una riunione interculturale pone problemi elevati di utilizzo delle risorse, poiché esse vanno divise e “assorbite” sia dal dibattito sui contenuti, che dalla difficoltà comunicativa generata dalla differenza linguistica e culturale.
I problemi di economia cognitiva diventano quindi ancora più pressanti rispetto alle riunioni intra-culturali.
Possiamo quindi indicare che l’utilizzo del tempo e delle risorse diventa una meta-competenza del negoziatore interculturale. Tra le sue doti si collocano quindi le prioritization skills, le capacità di fissare le priorità, di saper rispondere alla domanda fondamentale: di cosa è bene parlare? Come gestire il tempo scarso e limitato?
Ogni riunione ha un costo elevato. Proviamo semplicemente a calcolare il costo orario di molti dirigenti che impiegano una mattinata, arrivando in aereo da paesi diversi, il costo delle sale e dei materiali, il costo di preparazione.
Ogni gruppo che si riunisce per raggiungere uno scopo può o meno darsi una strategia per ottimizzare le risorse messe in campo durante l’incontro.
Le prioritization skills interculturali prevedono che il negoziatore si impegni attivamente per definire quali priorità trattare, agendo quindi anche sul formato della negoziazione, così come per impostare i termini di base da trattare. Definire quali priorità trattare significa anche fare scelte molto concrete: di cosa parlare prima, di cosa parlare dopo. Come parlarne, con quale approccio, con quale atteggiamento.
Altre priorità riguardano la fissazione di un clima conversazionale positivo: senza il clima adeguato ogni discussione sui contenuti diviene più difficile. Per questo, ad esempio, è necessario capire che esiste una precisa relazione tra climi e stili comunicativi. Alcuni stili comunicativi sono deleteri al raggiungimento di un risultato, risultano diseconomici, disfunzionali, e vanno colti (negli altri), ed evitati (per se stessi).
Il tema dell’economia della comunicazione richiede quindi:
- capacità di riconoscere le risorse attentive (limitate) disponibili per la negoziazione (consapevolezza delle risorse);
- capacità di capire i confini di tempo disponibili (consapevolezza dei tempi);
- capacità di muoversi entro tali confini decidendo i contenuti più appropriati e riconoscendo quelli dispersivi (consapevolezza dei contenuti strategici);
- capacità di gestire le fasi e tempi degli incontri (consapevolezza delle sequenze di interazione)
- capacità di agire sugli stili comunicativi adeguati alle diverse fasi, e sugli atteggiamenti sottostanti gli stili di relazione (consapevolezza contestuale degli stili comunicativi).
I temi principali di economia della comunicazione negoziale sono evidenziati nel seguente principio.
Principio – Economia della comunicazione e centratura della negoziazione
La qualità della negoziazione dipende:
- dalla capacità di centrare i contenuti della conversazione;
- dalla capacità di gestire le proprie risorse attentive (ricarica attentiva e gestione delle energie personali) e cogliere gli stati altrui;
- dalla consapevolezza dei limiti di tempo per la negoziazione;
- dalla capacità di segmentare i tempi negoziali, distinguendo le fasi negoziali e i relativi obiettivi specifici, in particolare separando mentalmente e nei fatti il tempo dell’ascolto (empatia) e il tempo propositivo;
- dalla capacità di modulare i propri stili di comunicazione, rompendo la rigidità comunicativa, sapendo adattare gli stili alle diverse fasi, es: amicale nelle fasi di warming up e small talk (chiacchiere introduttive), psicanalitico nelle fasi empatiche, assertivo nelle fasi propositive, e altri stili adeguati al contesto.
Teorie dei giochi e leadership conversazionale
Il ruolo del leader richiede una forte attenzione ai giochi comunicativi in corso, con la consapevolezza che nelle organizzazioni e nella negoziazione i messaggi non sono prodotti per fini poetici ma soprattutto per gestire il potere.
La leadership del negoziatore comprende la capacità di
- realizzare specifiche offerte di tema: buttare sul tavolo della conversazione argomenti non casuali, per vedere quale sia la reazione degli interlocutori; osservare se raccolgono il tema o lo lasciano andare, e altre possibili mosse dell’interlocutore (sminuire, accentuare, aggrapparsi al tema, valorizzarlo, ignorarlo);
- gestire il formato conversazionale: quale clima predomina durante la negoziazione? Siamo di fronte ad formato di “interrogatorio”, di “ricerca di una soluzione”, di “confessione reciproca”, o cos’altro? Se durante una negoziazione di vendita il venditore si accorge che il buyer sta adottando il formato “interrogatorio”, la leadership conversazionale prevede di farlo notare, con frasi del tipo “questa conversazione assomiglia più ad un interrogatorio che ad una ricerca di soluzioni, noi vorremmo provare a dare al nostro incontro un taglio diverso, forse più produttivo”;
- ribilanciare i rapporti di potere: nella vendita soprattutto si assiste ad un “non detto” nel quale chi acquista detiene il potere della negoziazione. Questo potere viene esercitato tramite atteggiamenti tipici di chi detiene il potere: controllo sui contenuti, decidere chi parla, di cosa si parla, e come si parla. A volte questo sfocia nella arroganza immotivata. La leadership conversazionale prevede la capacità di riformulare i giochi, ribilanciare gli atteggiamenti, riportare i due negoziatori sullo stesso piano, per non essere schiacciati.
Teorie dei ruoli e comunicazione del ruolo di leadership
Essere leader di una famiglia significa riuscire nel ruolo di “guida” della famiglia stessa, e questo si esprime nelle conversazioni di gruppo ed individuali con i familiari. Essere leader di un reparto di produzione significa assumere il ruolo di punto di riferimento per tutti i tecnici, riuscendo a gestire conflitti, riunioni, processi formativi e motivazionali.
Essere leader di una forza di vendita significa assumere il ruolo di mentore e coordinatore di risorse e delle strategie, e applicare il ruolo in ogni comunicazione con i propri collaboratori.
Al di là di quale sia il gruppo di riferimento aziendale o sociale, la leadership deve essere considerato un meta-ruolo che investe trasversalmente un soggetto all’interno di un gruppo di individui.
L’assunzione del ruolo è evidente nella modalità di comunicazione adottata, e la sua mancanza è altrettanto evidente.
Il mancato rispetto delle aspettative e dei comportamenti di ruolo è evidente proprio nella conversazione interindividuale e di gruppo in cui il soggetto non agisce come “individuo privato” ma come “interprete del ruolo di leader”.
La leadership richiede quindi attenzione alle dinamiche comunicative di ascolto in cui si manifestano:
- attacchi al ruolo, da parte di membri del team;
- assunzioni di ruolo improprie, da parte di membri del team o di altri soggetti;
I comportamenti comunicativi correlati sono quindi:
- segnalazione della percezione dell’attacco al ruolo, da parte del leader;
- esplicitazione dei fatti, far emergere che si è capito cosa sta accadendo.
- difesa del ruolo;
- negoziazione dei ruoli reciproci.
Dialogo Cooperativo
Il dialogo cooperativo prevede una forte concentrazione di mosse positive, di apertura, un ricorso a SIM di analisi e condivisione, e l’eliminazione di mosse di attacco al ruolo e all’identità altrui.
Il dialogo cooperativo si compone principalmente di:
- ascolto, evitazione dell’interruzione;
- spostamenti strategici tra macro-finalità dei progetti e dettagli, con preferenza per le macro-finalità e la ricerca di una mission condivisa; considerare le divergenze sui dettagli come passeggere, recuperabili, e andare alla ricerca di una visione comune e di ciò che accomuna;
- ricerca di un approccio win-win;
- atteggiamenti di apertura ed evitazione del giudizio altrui (sospensione del giudizio sino alla comprensione completa).
[1] Capitolo a cura di Daniele Trevisani, con il contributo di Fabrizio Bercelli (Scienze della Comunicazione, Università di Bologna) sul tema della Analisi della Conversazione e dei Sistemi Motivazionali Interpersonali.
[2] Pruitt-Mentle, Davina (2005). Cultural Dimensions to Multimedia Design. Educational Technology Outreach. MEMO Conference, University of Maryland.
[3] Liotti G. (1994) La dimensione interpersonale della coscienza, NIS, Roma.
[4] Il tema della direttività nella conversazione, con specifico riferimento a conversazioni di gruppo (terapia familiare), è trattato in Leonardi P., Viaro M. (1990), Conversazione e terapia. L’intervista circolare. Cortina, Milano, e in Bercelli F., Leonardi P., Viaro M. (1999) Cornici terapeutiche. Applicazioni cliniche di analisi dell’interazione verbale. Cortina, Milano.
Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
Altre risorse online
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