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Gli errori principali che frenano le persone e i team, verso una scienza della condizione ottimale dell’essere umano

Copyright Daniele Trevisani, estratto dal libro “Self Power” , cap . 8,.4.1, p 132-133

Esempi di errori comuni:

l’utilizzo di un archetipo sbagliato; come, per un venditore, considerare se stesso come un “forzatore di acquisti”, anziché un problem-solver. Questo impedisce di attivare il potere della relazione di aiuto che fornisce energie utili per vendere. Il problema vale anche per uno sportivo, che entri in campo con la voce interiore “non posso assolutamente sbagliare”, anziché “voglio giocarmela e dare il meglio”;

il mancato esame dei propri apprendimenti: non sapere perchè penso come penso, perchè mi comporto come mi comporto, da dove vengono le cose che ho appreso e da chi le ho assimilate. Diventano quindi fondamentali domande come: chi mi ha insegnato a fare le cose come le faccio ora? Da chi ho appreso quanto so e cosa penso? I miei comportamenti da chi sono stati influenzati? Siamo sicuri che vada tutto bene così? Cosa devo disimparare se voglio crescere? Cosa devo ancora imparare? Da chi posso apprendere ancora nella vita?

Sé negati: che ruolo vorrei giocare, in campo o nella vita? Sto giocando il ruolo che desidero, o mi sto auto-frenando? Posso provarci? Cosa sto accantonando e invece potrei tentare? Sto rispondendo alle aspettative degli altri o do ascolto anche alle mie?

In Regie di Cambiamento[1] ho evidenziato alcuni punti che qui voglio precisare, rispetto ai “mostri” contro cui lottare. Gli ostacoli possono essere ovunque, ma non ci fermeranno se siamo determinati. Questa è solo una breve e incompleta rassegna delle sfide che ci attendono.

 

Tra queste:

 

  1. l’abitudine, pura abitudine, un meccanismo involontario di autoprotezione che porta le persone a “rintanarsi” e rinchiudersi in riti quotidiani troppo ripetitivi – a volte dannosi;
  2. il “drago” sociale, che prende anche sembianze di “politico”, attua meccanismi volontari quali il boicottaggio attivo del cambiamento (cercare di bloccare il processo e gli input esterni) e frena l’evoluzione di un sistema, per puro interesse personale;
  3. abbiamo ancora le resistenze ideologiche, valoriali, o i blocchi che chiunque mette in atto quando sente che altri cercano di attuare un ingresso nel proprio territorio psicologico;
  4. il fenomeno della “regressione alla temperatura precedente“… lo spiegherò con una metafora. D’estate una casa accaldata ha i muri caldi e l’aria interna è calda. Arriva un temporale e rinfresca l’aria esterna. Apri le finestre ed entra aria fresca. Chiudi le finestre, e dopo poco la temperatura interna risale. Perché? perche i muri stessi hanno incamerato calore, e lo restituiranno. E cosa sono i nostri muri? Sono le nostre abitudini e la nostra personalità, le nostre “incrostazioni antiche”. Cosa possiamo fare? Lasciare che l’aria entri non solo per un’ora ma per giorni e settimane e mesi. Solo così il cambiamento avrà luogo;
  5. ritroviamo ancora il problema delle energie per cambiare, la cui mancanza può frenare anche le migliori intenzioni. Dare energie per cambiare è un primo step fondamentale del coaching serio.
  6. Si presenta inoltre il problema della competenza o incompetenza del consulente, coach o formatore, chiamato ad aiutare il processo evolutivo.

 

Nonostante le avversità che incontriamo, l’evoluzione è – e rimane – un fattore di sopravvivenza. In un certo senso siamo tutti “forzati del cambiamento”, costretti dall’ambiente a non fermarci, ad adattarci, a mutare, poiché il territorio fisico e sociale attorno a noi – e quello psicologico dentro di noi –  cambia, è in costante evoluzione. Il movimento del terreno sul quale una persona poggia permette solo due cose: cadere, o trovare nuovi assetti ed equilibri.

Noi ci rivolgiamo a quelli che vogliono farsi trovare pronti nelle sfide, ricercano il Grounding (radicamento, sentirsi fisicamente e psicologicamente ancorati) e allo stesso tempo possiedono spirito di ricerca e si sentono diretti verso un fronte positivo, un orizzonte, e amano lottare per questo.

[1] Trevisani, Daniele (2005), Regie di Cambiamento. FrancoAngeli, Milano.

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Gli errori principali che frenano le persone e i team, verso una scienza della condizione ottimale dell’essere umano

Copyright Daniele Trevisani, estratto dal libro “Self Power” , cap . 8,.4.1, p 132-133

Personal Energy di Daniele Trevisani - Energie PersonaliUno spirito che non accetta di essere imbrigliato…

Dal libro Personal Energy di Daniele Trevisani

Chiunque può, con sforzo maggiore o minore, bloccare il nostro corpo, ma la mente è diversa.

Se impariamo, nessuno potrà bloccare la nostra felicità, il nostro spirito vitale.Installeremo un “firewall mentale” per proteggerci dai pensieri negativi e agiremo nel mondo come “agenti di crescita e di felicità” per noi stessi e per gli altri.

Per rendere lo spirito indomabile dobbiamo ripetere a noi stessi:

  1. Non accetto una vita a metà e non accetto la stasi, distinguo chiaramente il rilassamento positivo e recupero, dalla stasi e apatia
  2. La mia vita ha senso
  3. Io valgo, al di là di qualsiasi risultato possa emergere
  4. Provo e riprovo senza timore
  5. Errare è umano, il mio fine è più importante e va perseguito
  6. Accetto l’alternanza di momenti positivi e negativi, ma mi dirigo verso la luce
  7. So che se mi impegno verso il mio scopo di crescita arriverà il momento in cui vedrò risultati
  8. So che anche un micro-passo in avanti nella focalizzazione di ciò che voglio è un grande passo per la mia energia complessiva
  9. Niente e nessuno può impedirmi di cercare di dare senso alla mia vita e lasciare un’impronta positiva nel mondo
  10. Le mie capacità ed energie sono allenabili e potenziabili lavorandoci quotidianamente, con formazione, coaching, letture, esperienze, e qualsiasi fonte di apprendimento

Senza questo ragionamento, il disagio esistenziale sale, distrugge progressivamente la fiducia in sè, limita la sensazione di potercela fare, di avere i mezzi e le capacità necessarie per raggiungere un certo obiettivo o affrontare una sfida e rinnovarsi.

È passato tanto tempo, ma i sogni sono sempre quelli di allora. E non è mai troppo tardi per riprovare a realizzarli.
I Sogni dei Bambini, Sergio Bambarén

La mancanza di una buona fiducia in sè, cosciente e consapevole dei propri reali punti di forza e debolezza, manda in cancrena la personalità, distrugge le energie mentali e l’autostima, creando un circolo vizioso.

Una azione sana e rigeneratrice su questi punti è possibile. L’idea di perdere una battaglia sacra non deve spaventarci.

Piuttosto, l’idea di morire in un letto senza avere vissuto la vita – questa si –  deve spaventarci. Così come l’idea di diventare progressivamente codardi, stanchi, senza più spirito vitale.

Dobbiamo respirare e assorbire lo spirito indomabile che ha permeato i Samurai, i Ronin (Samurai senza padrone), i Missionari veri, i profeti, i ricercatori, e tantissimi esseri umani che hanno rischiato – senza pretesa di fama e onore, agendo ogni giorno, per lasciare un mondo migliore.

Lo spirito, l’idea e l’amore non si possono distruggere.

Possiamo cancellare i confini dentro i quali erano racchiusi.

Ma essi rimarranno sempre con noi.

Albert Einstein

e – ripetendomi…  non mi stanco di ripetere questa affermazione… “dobbiamo respirare e assorbire lo spirito indomabile che ha permeato i samurai, i ronin, i missionari veri, i profeti, i ricercatori, e i tantissimi esseri umani che hanno rischiato – senza pretesa di fama e onore, agendo ogni giorno, per lasciare un mondo migliore”

(Trevisani  Daniele., Personal Energy, Milano, Franco Angeli).

Per chi interessa, il volume è in italiano, si trova in qualsiasi libreria o al massimo lo ordinano. se si vuole comprare online su IBS questo è il sito http://www.ibs.it/code/9788820411893/trevisani-daniele/personal-energy-una-mappa.html?shop=4636

Vivere le passioni, vivere con passione, è sentire la vita pulsare.
Non farlo significa castrarsi da soli, amputarsi, darla vinta alla morte prima del tempo. O, cosa peggiore, perdere senza lottare.
Sicuramente, chi porta avanti ideali e progetti con convinzione, sicuro di credere in una causa giusta, ha una vita più densa di contenuti, di problemi ma anche di gioie. È inevitabile che una vita vissuta all’ombra e silenziando le proprie aspirazioni dia poco fastidio, faccia poco rumore, e altrettanto inevitabile è che distrugga il senso stesso di essere umani fino in fondo.
Daniele Trevisani, dal libro in costruzione.

Articolo elaborato dal volume “Il Potenziale Umano” – Autore: dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it 

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Chi si impegna per produrre performance umane deve assumere un preciso abito mentale. È l’assetto del guerriero, del Samurai, del combattente, del ricercatore concentrato, del missionario che crede in una causa.

È l’atteggiamento focalizzato di chi desidera ottenere qualcosa che reputa importante e – durante l’esecuzione – non si lascia distrarre da altro. Di chi ha un valore e lotta per esso. Di chi fa della causa una parte di sé.

Non riguarda solo  enormi imprese, ma anche e soprattutto la vita di ogni giorno. Il più grande Samurai di ogni tempo, Musashi, così descrive l’abito mentale di chi vuole intraprendere la vita del Samurai:

Chi voglia intraprendere la via dell’Hejò (strategia)

tenga a mente i seguenti precetti.

  • Primo: Non coltivare cattivi pensieri.
  • Secondo: Esercitati con dedizione.
  • Terzo: Studia tutte le arti.
  • Quarto: Conosci anche gli altri mestieri.
  • Quinto: Distingui l’utile dall’inutile.
  • Sesto: Riconosci il vero dal falso.
  • Settimo: Percepisci anche quello che non vedi con gli occhi.
  • Ottavo: Non essere trascurato neppure nelle minuzie.
  • Nono: Non abbandonarti in attività futili.

È eccezionale notare come anche oggi questo abito mentale sia dotato di enorme suggestività per chi intende sviluppare il proprio potenziale. Ci parla, infatti, di un atteggiamento di fondo.

È l’atteggiamento di serietà con cui un calciatore professionista rimane persona umile, cura alimentazione e riposo, rispetto al divo del calcio che assume atteggiamenti da star e si presenta tardi agli allenamenti.

È lo spirito di una ragazza che decide di sputare (esatto, sputare) sul modello proposto dai media di cosa sia una ragazza “arrivata” (fotomodella,  star televisiva, protagonista di reality show, anoressica, o bambola da chirurgo plastico) e piuttosto si impegna nello studio, in una professione utile, o in campo sociale, mandando a quel paese il modello che fa coincidere carriera con arcata dentale, natiche e scollatura.

È il coraggio di un ricercatore che intraprende vie di ricerca e sperimentazione inusuali ma dalle quali pensa di poter dare una aiuto al mondo, piccolo o grande, anche andando contro i baroni accademici e lo status quo.

È la saggezza del lottatore che cura attentamente il suo recupero prima di gettarsi in una nuova battaglia, consapevole del fatto che se non avrà riposato abbastanza non potrà sostenere molte battaglie e si brucerà.

È la passione di chi si impegna per una causa, fatica, fa rinunce ma non le rimpiange, e si sacrifica per qualcosa di cui forse non vedrà nemmeno i frutti in vita.

Ma non tutto è solo sacrificio. Le performance sono anche contribuzione, gioia, celebrazione, divertimento, piacere, il gusto di fare qualcosa di importante, essere parte di qualcosa, di lasciare un segno, di compiere imprese assieme a qualcuno e fare team. O la voglia di essere ciò che possiamo essere.

I veri performer sanno anche celebrare i propri risultati e vivere a pieno.

Ciascun precetto di Musashi si riferisce anche oggi ad una o più aree della psicologia delle performance e mantiene una validità assoluta:

Primo: Non coltivare cattivi pensieri. L’esercizio di un atteggiamento mentale positivo, il pensiero positivo, la concentrazione su ciò che di buono e utile vogliamo ottenere, allontanarsi da pensieri negativi o dal male; la ricerca di quello che oggi chiamiamo uno “stile cognitivo” efficace.

Secondo: Esercitati con dedizione. Oggi chiamato training, formazione, tecniche di allenamento e addestramento, e soprattutto, la necessità del performer di applicarsi in un active training, cioè in esercitazioni attive e non solo analisi teorica, e farlo con dedizione, nel tempo, e con continuità.

Terzo: Studia tutte le arti. L’approccio enciclopedico, la contaminazione positiva che deriva dall’andare fuori dai propri recinti e studiare le cose più disparate, interessarsi anche di ciò che altre discipline indagano, il contrario della chiusura in un recinto professionale o disciplinare, male odierno, il contrario delle sette, e della cultura dell’egoismo.

Quarto: Conosci anche gli altri mestieri. La capacità di muoversi ed agire anche in campi esterni, l’allargamento del proprio repertorio professionale, sapersi muovere anche fuori dal proprio campo di azione limitato, essere capaci anche in altre abilità e professioni, spaziare, non chiudersi.

Quinto: Distingui l’utile dall’inutile. Concetto similare a quello che nel sistema HPM chiamiamo Retargeting Mental Energy, o ricentraggio delle energie mentali, ciò che permette alle persone di capire veramente cosa merita il proprio impegno e cosa non lo merita, dove centrarsi o ricentrarsi nel proprio focus di attenzione, e quindi verso cosa direzionare le energie personali.

Sesto: Riconosci il vero dal falso. Coltivare le capacità di analisi, la percezione pura e decontaminata da preconcetti e distorsioni, il bisogno di verità, il bisogno di pulizia psicologica, il bisogno di sviluppare le capacità di riconoscimento (detection) indispensabile ad esempio in chi svolge il mestiere di negoziatore o di comunicatore, o in chi guida le persone (leader) o in chi lavora in gruppo (team working). Ed ancora, il bisogno di distinguere fatti da opinioni, teorie accertate da ipotesi, affermazioni personali da idee condivise.

Settimo: Percepisci anche quello che non vedi con gli occhi. La percezione è il fenomeno oggi più centrale in molte forme di psicologia, e comprende sia la propriocezione (capacità di percepire se stessi), che la percezione ambientale. Il settimo precetto di Musashi indirizza verso abilità di percezione aumentata, disambiguamento dalle illusioni percettive, sviluppo della sensibilità umana e sensoriale, ricerca di significati e quadri di analisi (Gestalt), e il potenziamento delle facoltà di osservazione. Tratta quindi di una “percezione allargata”, opposta ad una chiusura percettiva.

Ottavo: Non essere trascurato neppure nelle minuzie. Il bisogno di entrare nelle micro-competenze, la ricerca dell’eccellenza, l’abbandono di un atteggiamento di pressapochismo e banalizzazione. Attenzione ai dettagli che contano, assunzione di un atteggiamento di amore per quello che si fa e per come lo si fa.

Nono: Non abbandonarti in attività futili. Capire che il tempo è prezioso, e dobbiamo veramente decidere se abbandonarci ad uno squallido clone del modo con cui le persone comuni usano il tempo (copiare il mainstream), lasciarsi andare come bastoni sul corso di un fiume di qualunquismo, assecondare la piattezza di ciò che tutti gli altri fanno, o assertivamente prendere in mano il nostro tempo e decidere di farne qualcosa, allenarci, studiare, intraprendere, esplorare, scrivere, condividere, sperimentare nuove conoscenze; ed ancora, capire che esistono diversi macro-tempi, quello della produttività, dello studio, dell’auto-organizzazione, delle relazioni sociali, e quello del recupero, della meditazione, del relax, ma non esistono i tempi delle relazioni obbligate, lo spreco di tempo con persone piatte o arroganti o prepotenti, e vanno riconosciute e rimosse le attività di pura abulia o distruzione di sé.

Le lezioni di Musashi vengono da un performer che ha passato la vita a sfidare la morte, e hanno un significato odierno assoluto.

È ancora più incredibile notare come già nel 1600 Musashi concentrasse tutta la sua analisi su aspetti di enorme attualità: sinergia tra corpo e mente, correlazione tra preparazione fisica e mentale, il fatto che la preparazione o una vittoria sia una conquista personale e non un diritto da pretendere, e che prima si debba cercare un approccio mentale e strategico valido, e solo dopo vengono i dettegli operativi. Una lezione che nel terzo millennio moltissimi sportivi e manager devono ancora imparare.

Quando si dedicano assiduamente tutte le proprie energie all’Hejò e si cerca con costanza la verità è possibile battere chiunque e ovviamente raggiungere la supremazia, sia perché si ha il pieno controllo del proprio corpo, grazie all’esercizio fisico, e sia perché si è padroni della mente, per merito della disciplina spirituale. Chi ha raggiunto questo livello di preparazione non può essere sconfitto.

Dobbiamo oggi riflettere sul significato profondo che queste parole assumono: dedizione, ricerca della verità, pulizia spirituale, sono il vero messaggio di fondo. La ricerca della supremazia e della vittoria appartengono ad una realtà medioevale, vengono dall’essere nati in un certo momento storico dove questo significava vivere o morire. Se, in una mattina del 1600, qualcuno si fosse presentato a noi con una spada per ucciderci, sarebbero state drammaticamente importanti anche per noi.

Oggi i nemici veri non portano spade ma, là fuori, si aggirano ringhiando.

Si chiamano miseria, ignoranza, ipocrisia, prepotenza, arroganza, dolore esistenziale, fame, violenza, bambini che soffrono, nepotismi, corruzione, sistemi clientelari – e soprattutto- fonte di ogni male, l’incomunicabilità.

I nemici possono essere anche dentro: presunzione, chiusura mentale, perdita di senso, perdita di stima in sè, perdita di valori, perdita di orizzonti, chiusura verso nuovi concetti, auto-castrazione, smettere di sognare o credere in qualcosa, chiusura della propria prospettiva temporale in orizzonti sempre più brevi e limitati, vivere solo per se stessi.

Contro questi nemici gli insegnamenti di Musashi, e lo spirito guerriero che li anima, hanno ancora enorme senso e validità.  Respirare ogni giorno a pieni polmoni uno spirito guerriero per fini positivi è un abito mentale. Alzarsi con questo spirito, andare a dormire con questo spirito, risvegliare gli archetipi guerrieri e direzionarli per costruire, è una sfida nuova, entusiasmante, che fa onore al dono di esistere.


Miyamoto Musashi, 1584-1645, giapponese, considerato nelle arti marziali come il più grande Samurai vissuto in ogni tempo. Ebbe il primo duello mortale a 13 anni, e vinse. Vagò per il Giappone come Ronin (guerriero errante) per anni, battendosi per sessanta volte ottenendo sempre la vittoria, lottando anche contro più avversari contemporaneamente o superando imboscate e duelli con decine di avversari. A 50 anni si ritirò per dedicarsi allo studio, alla letteratura e ad altre discipline artistiche risultando un maestro in molte di esse. Nel­la pittura, nella calligrafia, le sue opere oggi fanno parte del patrimonio artistico giap­po­nese. A 60 anni si ritirò in una grotta per scrivere il suo Manuale. In Giappone oggi è leggenda.

Musashi, Myamoto (1644), Il libro dei cinque anelli (Gorin No Sho), edizione italiana Mediterranee, Roma, 1985, ristampa 2005, p. 61.

Ivi, p. 62.

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Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance