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©Copyright. Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Immersione nelle multisfere

La qualità è quantità delle stimolazioni che riceviamo è elevatissima e se non la filtrassimo diventeremo letteralmente disintegrati.

Siamo immersi in una quantità di “sfere sensoriali” che è bene conoscere: 

  • Audiosfere – le musiche, rumori, suoni che arrivano all’udito, di ogni tipo. Conversazioni, toni di voce, battiti, rumori stradali, i rintocchi di una campana, il sottofondo della ventola del PC, uno che sfoglia un libro nella stanza accanto, una persona che si soffia il naso, un pianto, un chiacchiericcio indistinguibile, uno scricchiolio, un motore, suoni della natura, tutti influiscono sul nostro essere, sfiorano e dirigono le emozioni (a nostra insaputa) e diventano immediatamente “embodied” (incorporati, entrati nel corpo).
  • Aptosfere – sfere di sensazioni tattili, caldo e freddo, aria sul volto o sul corpo, acqua che scorre o in cui ti immergi, vestiti, comodi o scomodi, tessuti naturali o innaturali, arredo che viene toccato (tavoli, tastiere, maniglie, utensili). Implica un laboratorio per costruirsi spazi di vita e ambienti che ti fanno bene, nutrono e non ti soffocano, provocano piacere e non stress. Include l’ergonomia degli oggetti e degli ambienti.
  • Visiosfere – oltre 20 giga di dati entrano in ogni secondo nella nostra mente, quando abbiamo gli occhi aperti. La scelta dei contenuti, data questa mole di dati, diventa essenziale.
  • Mitosfere – i “personaggi” che circondano la nostra vita, anche e soprattetto dal mondo dei media, persone viventi o defunte, vere o finte, personaggi di fantasia (Superman) o giocattoli (la Barbie) che ci vengono proposte come miti da raggiungere, persone che rappresentano il successo così almeno come ce lo vogliono vendere loro, ma anche eroi immaginari dei cartoni animati, o reali personaggi dello sport e dello spettacolo. Se non facciamo pulizia su chi NON vogliamo essere queste mito-ancore rischiano di diventare i nostri “Role Model”. La Barbie è un esempio di corpo deforme, un mostro, non un modello. Ma anche personaggi dello spettacolo, veri o finti, Briatore, Batman, Rambo, il pompiere, l’astronauta, il ladro astuto, la bella, la bestia, il “furbo”, sono intrisi di immaginario patologico. Quali di questi “archetipi” vivono in noi e ci ispirano a nostra insaputa?
  • Semiosfere – le immagini e segni che ricoprono letteralmente i muri delle nostre città, i lati delle nostre strade, le nostre abitazioni, il nostro abbigliamento, sotto forma di marchi, loghi, forme (quadrate, triangolari, naturali, artificiali) “archetipi visivi” che ci circondano e ci influenzano, e persino formano parte delle nostre identità. Il Marlboro Man è un esempio su come l’industria del tabacco sia riuscita a costruire un’icona semiologica in cui la sigaretta non si vede nemmeno più, avvolta da un’aura di mito (il far west, l’uomo con il suo cavallo, la sfida, il coraggio), assorbendo “potere psicologico” dalle associazioni con questi mondi.
  • Sociosfere: le sfere di persone che ci circondano e con cui ci relazioniamo, in modi positivi o negativi, e i momenti in cui la nostra attenzione viene sequestrata dalle dinamiche tra persone e tra gruppi, più che sull’ambiente. Quando predomina una percezione dominata dalle sociosfere, potremmo essere circondati da laghi, montagne o foreste, fiori o arte, ma invece guardiamo le persone. Guardiamo le espressioni, le facce, i gesti, cerchiamo di capirne i significati nascosti, cerchiamo le risposte, cerchiamo di capire chi siamo, cosa valiamo per gli altri, chi piace a chi, chi sta con chi, cosa pensano di noi, e ci preoccupiamo di gestire la nostra identità in questa sfera sociale e la nostra accettazione sociale in cui siamo inglobati. 
  • Sociosfere digitali, la prosecuzione sul piano digitale della nostra identità, su siti, social, piattaforme web. Questo meccanismo, può essere strumento di espressione, ma può essere anche inglobante, sequestrante, di forza talmente grande da riuscire a volte a rapire la persona dal mondo fisico reale e portarla in un pianeta elettronico e virtuale più importante della vita fisica stessa. In questo modo, si perde la parte più significativa di sè. Nelle sociosfere digitali, l’arena di gioco della propria esistenza si trasferisce ed emigra online.

Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online


 

Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime

prima ancora che i corpi si vedano.
(Paulo Coelho)

Anteprima editoriale esclusiva per i lettori del blog, realizzata dall’autore del libro, articolo condivisibile, si prega di citare sempre la fonte. Per ricevere altri articoli appena escono, iscriversi al blog https://studiotrevisani.it sulla destra in alto, inserire la mail e fare clic su “segui il blog”.
© Daniele Trevisani, Volume “L’ascolto Attivo: Metodi e Strumenti per l’ascolto attivo ed empatico”. Anteprima editoriale, Franco Angeli editore Milano, 2019.

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L’estrazione culturale e professionale, unita alla nostra storia personale, al nostro stato d’animo, ai nostri valori, ci rende “sistemi” unici.

Ogni singolo individuo è unico, una “sfera” di significati, di energie, di sogni, di ambizioni, di cellule tangibili e pensieri intangibili.

Ascoltare, significa avvicinarsi a quella sfera. Un ascolto in profondità significa entrare in quella sfera.

Più si attiva l’empatia, e più si entra nel “nucleo” della persona.

Ogni persona può essere assimilata metaforicamente ad un campo di energia, un campo di luce, che in qualche momento arriva in contatto con altri campi di energia, altri campi di luce, trovando o meno possibilità di scambio, di osmosi, di trasmissione di segnali, o rimanendone invece distanti, impermeabili.

Alla fine le anime gemelle si incontrano

poiché hanno lo stesso nascondiglio.

 (Robert Brault)

Se do per scontato che magicamente ci capiremo, non farò un ascolto di qualità. Ascoltare significa essere pronti ad avvicinarsi a mondi che non conosciamo, e non solo far entrare parole dalle orecchie.

Ci troviamo in un mondo in cui ciascuno è all’interno di una propria “sfera” – un insieme di pensieri, segnali, parole, valori, – insieme denominato nel metodo HPM “Semiosfera”.

Ognuno di noi vive in un “mondo”, in una sfera di parole, concetti, ideologie e credenze, riguardanti il mondo e se stesso.

La comunicazione pone la sfida del far passare messaggi tra persone di estrazione diversa.

L’ascolto deve sempre considerare la possibilità che l’altra persona abbia una cultura diversa dalla nostra, anche se fosse solo debolmente diversa, questo comporterebbe necessità di ascoltare senza partire da preconcetti.

Anche la differenza tra una formazione umanistica e una tecnico-ingegneristica può creare un grado di incomunicabilità.

Non capirsi è più frequente di quanto si pensi.

Ogni giorno andiamo in giro in mezzo alla ressa, corriamo di qua e di là, arriviamo quasi a toccarci ma in realtà c’è pochissimo contatto. Tutti quegli scontri mancati. Tutte quelle possibilità perse. È inquietante, a pensarci bene. Forse è meglio non pensarci affatto.
(Jonathan Coe)

Ogni sfondo professionale o familiare ti offre un mondo fatto di parole che usi quotidianamente, fino a che quelle parole diventano il tuo mondo.

Questo mondo diventa la tua sfera quotidiana, la tua sfera di parole, la tua sfera di relazioni, la tua sfera di energie alte o basse, forti o deboli.

In qualche momento, queste sfere hanno occasione di contatto, ma i background diversi rendono la comprensione non automatica o scontata.

Quando succede questo momento di contatto, le due “sfere” possono respingersi “a pelle”, come due palline di carica magnetica uguale si respingono.

L’attrazione o repulsione succede quando elementi arcaici del cervello (archipallio) ci danno segnali di sgradimento o piacevolezza, verso un volto o degli odori che ci offrono segnali di pericolo, o con segnali che provengono anche dal body language, dalla postura, dal sorriso e espressioni facciali. Se i segnali sono negativi, allertano i nostri sistemi di allarme, non favoriscono di sicuro l’ascolto, ma se sappiamo che essi si stanno attivando, possiamo andare oltre quei segnali, ascoltare e percepire con maggiore consapevolezza quanto stia accadendo dentro di noi.

L’ascolto di una persona che ci disturba, è qualcosa che evitiamo al massimo e riduciamo al minimo indispensabile, e questo lo notiamo anche tra persone che si amano ma hanno litigato. Non viene meno il parlare, viene meno l’ascoltarsi.

Ascoltare significa quindi molto più che far entrare parole dall’udito, ma osservare il movimento, il corpo, i gesti, le espressioni facciali, gli oggetti, gli stati d’animo.

Miracolosamente (ma non si tratta di un miracolo, bensì dell’effetto di meccanismi umani ben analizzabili) può anche accadere il contrario, un’attrazione simile a quella magnetica, un contatto umano dove possiamo trovare con qualcuno un’intesa, una modalità per condividere qualcosa tra le nostre sfere di significati. E quasi sempre, in questo caso, l’ascolto diventerà un processo estremamente piacevole.

Sono pronto a incontrare il mio Creatore.

Quanto a sapere se Lui è pronto alla prova di vedermi,

questa è un’altra storia.
(Winston Churchill)

Ascoltare anche persone che non ci piacciono a pelle, è una delle sfide professionali che si devono apprendere in molte professioni, come avvocato, medico, formatore, psicologo, ma anche manager e leader.

Non è obbligatorio nè possibile avere sempre le persone ideali davanti a noi. Imparare ad ascoltare anche persone che a pelle non ci aggradano è qualcosa che va imparato, anche se vogliamo limitare i tempi e spazi di questo contatto.

L’empatia, o arte e scienza del comprendere gli stati d’animo altrui, non è qualcosa di dovuto. La simpatia, o gradimento altrui, non è qualcosa di dovuto.

Ci può invece capitare il “bisogno” di interagire e ascoltare anche persone che non ci aggradano, e in questo i meccanismi di ascolto attivo avanzato diventano una risorsa professionale fondamentale, e una risorsa di vita.

L’empatia, in psicologia, comprende l’immedesimazione con gli stati d’animo di un’altra persona, cioè la capacità di comprenderne i pensieri e, soprattutto, le emozioni. Si differenzia dalla simpatia per l’intenzione nel voler comprendere i sentimenti provati da un altro individuo, non attraverso una spiegazione razionale, ma tramite una condivisione affettiva.

In psicoterapia, con il termine si intende la capacità del terapeuta di pensare e sentire se stesso nella vita interiore del paziente, per comprenderlo in modo più profondo[1].

In modo diverso da quanto già esposto, possiamo distinguere diversi livelli di ascolto:

 

  1. Il non-ascolto, la non volontà di ascoltare, per decisione precisa (“io quello non ho voglia di ascoltarlo”) o la non capacità per motivi di nostra stanchezza (“ero talmente stanco che non riuscivo ad ascoltare”).
  2. Un ascolto in condizioni di apprezzamento reciproco, o ascolto simpatetico.
  3. Un ascolto orientato a capire in profondità la persona, e soprattutto i suoi stati emotivi, o ascolto empatico.
  4. Un ascolto apatico, passivo, o persino distorto, nei casi in cui non l’ascolto ci sia ma la persona da ascoltare ci sia sgradita a pelle o per motivi ideologici e culturali.

Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta.
(Alexandra David-Néel)

La comunicazione umana è uno stato esistenziale, dove le persone si attivano per cercare di uscire dalla propria sfera di energie ed esperienze limitate e entrare in contatto con altre entità umane.

Ci sono tanti mondi quante sono le persone viventi, per cui relazionarsi e praticare ascolto richiede una notevole dose di umiltà e impegno.

Il messaggio positivo è che la scienza, e un approccio scientifico, possono aiutarci moltissimo nel capire i motivi dei fallimenti della comunicazione e gli ingredienti per incrementare le probabilità di successi comunicativi.

Siamo in un mondo dove è possibile creare progetti eccezionali, epocali, e se riusciamo a far convergere le nostre migliori energie, ogni avanzamento nel futuro dell’umanità e del pianeta sarà possibile.

Le nostre “sfere”, chi siamo, come la pensiamo, come siamo fatti, cosa e come viviamo, sono elementi vivi, plastici.

L’ascolto assomiglia molto all’”andare a vedere” cosa ci sia dentro ad una sfera altrui, e a come questa evolve.

Ascoltare può fare anche bene. Esiste un aspetto contagioso delle condizioni affettive. Se impariamo ad ascoltare con maggiore vicinanza emotiva, probabilmente diventeremo persone migliori. E ogni persona migliore contagia gli altri che lo circondano, in positivo. Lo stesso accade in negativo quando incontriamo persone dalle energie deboli e malate. Incontrare anche queste persone, è una sfida professionale.

Come evidenzia Wallon[2], “Kohler ha notato che la gioiosa eccitazione di uno scimpanzé si propagava con gli stessi gesti a tutti gli altri scimpanzé. La paura di un solo montone si trasforma in panico per l’intero gregge. Il grido di un uccello si ripercuote in un’onda crescente nella voliera”.

Noi siamo in una voliera umana, in un branco umano di miliardi di elementi ospitato sulla superficie di una piccola palla blu chiamata Terra, dispersa nello spazio.

Per questo motivo, quando facciamo un intervento atto a migliorare l’ascolto in una singola persona, sino ad un gruppo aziendale o di manager, sappiamo che stiamo portando umanità, competenza e felicità al sistema all’intera impresa e persino a chi interagisce con essa, dai fornitori ai clienti. E avere clienti felici, o famiglie felici, oggi, è un desiderio e obiettivo molto serio.

Esistono molte cose nella vita che catturano lo sguardo, ma solo poche catturano il tuo cuore: segui quelle.
(Winston Churchill)

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[1] Microsoft Encarta, 2018.

[2][2] Wallon, Henri. (1924). L’interrogation chez l’enfànt, in Hournal de Psychologie, XXI, 1-3, p. 176.

Wallon, Henri. (1974). L’origine del carattere nel bambino, Editori Riuniti, Roma, p. 254.

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