Quali sono le domande che un coach, un mentore o un formatore può porre a chi desidera farsi accompagnare e guidare nel percorso di crescita personale ed espressione del proprio potenziale? E quali sono le domande che ciascuno di noi ha la possibilità di fare a se stesso per dare il via all’esplorazione del proprio mondo interiore, dei propri comportamenti automatizzati, delle proprie abitudini da rimettere, eventualmente, in discussione?
Da oggi inauguro un appuntamento ricorrente in cui condivideremo alcune utili domande per chiunque stia intraprendendo il cammino di trasformazione nella versione migliore di sé.
Una delle principali capacità mentali inerenti il potenziale umano è la lucidità tattica: sapere dove sono, cosa sta accadendo realmente dentro di me e attorno a me, prendere coscienza della realtà, delle variabili e dei loro mutamenti, per reagire rapidamente e nella direzione giusta.
La perdita di lucidità tattica è ciò che accade ad una persona in un incendio quando scappa nella direzione sbagliata in preda al panico. È ciò che succede una squadra quando smette di giocare con gli schemi e “perde la testa”. È ciò che capita in azienda quando una crisi fa perdere di vista gli ancoraggi forti e le prospettive di soluzione, impegnando tutte le menti in ragionamenti pessimistici e di riparo, perdendo di vista qualsiasi lucidità.
La centratura personale è l’obiettivo delle attività di “ricentraggio personale”, inteso come miglioramento della coerenza e organizzazione interna, della lucidità, del “sapere cosa si vuole” e fare chiarezza su come arrivarvi.
La centratura personale corrisponde ad un una condizione di allineamento ed equilibrio delle componenti bioenergetiche, psicoenergetiche, motivazionali e pratiche quotidiane.
La condizione opposta corrisponde ad un disequilibrio, alle dissonanze tra stati energetici ed obiettivi, e alle incongruenze tra obiettivi stessi, a perdita del senso di realtà.
Possiamo riconquistare lucidità tattica attraverso la ricerca di un maggiore allineamento tra tutte le componenti e strati della piramide HPM (energie, competenze, obiettivi).
La perdita di lucidità è invece in agguato non appena uno degli elementi di cui si compone una scelta non trova supporto nelle aree corrispondenti: energie biologiche (stato bioenergetico), energie mentali (stato psicoenergetico), desideri, volontà, aspirazioni, goal (obiettivi) e pratiche quotidiane (azioni giornaliere) sono variabili interdipendenti. La caduta di una provoca una frana anche nelle altre, per cui è nostra responsabilità, se desideriamo conquistare buona lucidità tattica, “farci manutenzione” sia sul fronte fisico che mentale e progettuale, e lavorare per ottenerla.
Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:
l’individuo vive una condizione di disallineamento o incongruenza tra energie biologiche (stato bioenergetico), energie mentali (stato psicoenergetico), desideri, volontà, aspirazioni, goal (obiettivi) e pratiche quotidiane (azioni giornaliere);
l’individuo non è consapevole pienamente degli elementi di scenario che lo circondano (scarsa consapevolezza situazionale), vive in una realtà percettiva distorta o impoverita, cogliendo solo alcuni aspetti di essa o solo gli aspetti meno rilevanti, mancando di rilevare alcuni degli aspetti essenziali;
l’azione del soggetto non è coerente con la realtà che lo circonda;
le scelte tattiche (linea d’azione comportamentale) sono distorte e incoerenti con la realtà, o con i propri obiettivi profondi, portano a conseguenze negative, diminuiscono il benessere e/o l’autostima, o il senso di progressione verso le proprie mete.
Le energie mentali aumentano quando:
le energie tra i diversi stati segnalati dalla piramide HPM sono congruenti tra di loro (energie mentali e fisiche, competenze, progettualità e valori, sono ben allineati);
esiste o viene acquisita tramite training una buona consapevolezza situazionale e senso di realtà, con capacità di percezione sia dei singoli elementi che delle interazioni tra i vari piani di realtà, e capacità di cogliere l’insieme in prospettiva (Gestalt);
esiste lucidità tattica rispetto alle decisioni da intraprendere sul proprio futuro, si sviluppa senso di progressione verso una meta, puntuale e/o esistenziale.
La perdita del senso di Gestalt (insieme, quadro complessivo di riferimento) si traduce molto spesso nella concentrazione mentale su pochi dettagli a discapito della visione d’insieme più ampia. Questo genera caduta di lucidità tattica e linee d’azione perdenti.
Non è facile nelle società avanzate essere “centrati” e trovare coerenza con la realtà stessa. La scuola e i genitori cercano di insegnare ai bambini che più si impegnano e studiano e più avranno successo, promuovono il valore della famiglia e dell’impegno, il valore del sacrificio. Dall’altro lato, i personaggi dei serial televisivi occidentali, i modelli che osservano in televisione, sembrano non lavorare mai, impegnati tra una tavola da surf, un party e un’audizione per un balletto, un concerto, i flirt, giochi idioti, battibecchi, litigi, e ogni altra attività purché non lavorativa.
I lavori, se praticati, sono prevalentemente idilliaci, quali attore, attrice, modello, modella, atleta, scenografo, musicista, DJ, campione sportivo, giornalista di successo, creativo pubblicitario, e altre favole.
La dissonanza tra la dura realtà che i giovani incontrano nella vita e le promesse sulla vita vista nei film e nella televisione commerciale è disarmante. Questa dissonanza produce devastanti effetti sulla psiche degli adolescenti, altera la percezione della realtà, crea sensi di inadeguatezza e insoddisfazione permanente.
I mass media pongono come esempi del successo (calciatori, cantanti, attori e star televisive) che non sono certo ricercatori seri o scienziati, e hanno intrapreso altre strade. Il malavitoso di periferia che ha auto lussuose, potere e denaro, confrontati con il laureato a pieni voti costretto ad emigrare per mancanza di lavoro, sono un messaggio dissonante.
Vedere un idiota fare carriera, perché amico o parente di qualcuno, o vicino ad un partito politico, contrasta con chi vive il valore della meritocrazia e della ricerca. Si perde completamente di vista per che cosa si sta lavorando, la missione sembra non contare più nulla. Dobbiamo impegnarsi affinché questo partito non vinca.
Il ricentraggio deve mantenere la forza interiore elevata, e la coscienza che le scorciatoie non sono un valore in sé, che esiste qualcosa per cui vale la pena impegnarsi, e non è per forza patinato, non importa veramente se questo qualcosa non è tra le strade per il successo proposte dai media.
Per questo motivo l’attività di ricentraggio deve andare prima di tutto alla ricerca di alcuni valori cardine in cui l’individuo possa ritrovarsi, indipendentemente da quanto osserva nella realtà vissuta o mediatica.
La costruzione di una realtà interiore solida è la base per cogliere aspetti essenziali della realtà esteriore e posizionarli correttamente. Questa realtà è la piattaforma per nuovi e diversi ragionamenti, ad esempio: il malavitoso può anche avere denaro e potere, ma per quanto tempo ancora? E con che faccia guarderà i propri figli? Voglio veramente questo come modello? La velina e l’attrice sono lì perché hanno un bel culo, e quando gli sarà diventato flaccido, che fine faranno? Su cosa si basa il loro successo, su un culo? Voglio questo anche per me? A me piace studiare per scoprire come funziona il mondo, me ne devo vergognare? Quanti prima di me hanno fatto della scoperta una propria missione? Chi ha detto che la gratificazione per lo studio debba essere immediata o perfettamente corrispondente? Che valore c’è nel guardarmi allo specchio e essere comunque soddisfatto di me, e dei miei valori, piuttosto che dovermi girare dall’altra parte?
Le capacità mentali si fanno preziose anche e soprattutto in condizioni estreme, in casi di crisi, di affanno, di pericolo.
La performance richiede la capacità di gestire gli stati di crisi che spessissimo si accompagnano ad eventi sfidanti e obiettivi ambiziosi.
Una micro-crisi riguarda eventi di durata relativamente ridotta (minuti, ore), mentre una macro-crisi può riguardare eventi di portata più prolungata (una malattia, un fallimento, un periodo di vita, un trauma sportivo).
I fattori che interferiscono con l’essere “situazionalmente consapevole” nelle situazioni di crisi sono soprattutto:
distorsioni emotive: l’ingresso in campo di forti emozioni (rabbia, disgusto, volontà di vendetta, orgoglio ferito, paura e panico) produce annebbiamento della realtà, sopravvalutazione di dati, e sottovalutazioni, chiusura alle diverse alternative realmente possibili, visione ristretta;
stanchezza, attenzione ridotta, affaticamento mentale, affaticamento sensoriale: incapacità di cogliere tutti gli aspetti percettivi e i dati in ingresso.
I segnali (cues) che indicano la perdita dalla consapevolezza situazionale:
fisici: agitazione, respiro affannoso, vertigini o capogiri, disorientamento;
comportamentali: ripetizione di gesti, indecisione, errori (cadute, urti), dimenticanze.
I passaggi principali che favoriscono il recupero di lucidità:
riduzione dell’arousal (attivazione emotiva e sensoriale), ad esempio tramite respirazione lenta e profonda, o concentrazione e rilassamento;
check-up situazionale (cosa sta accadendo realmente a me, agli altri, all’ambiente);
visione dall’alto del problema;
valutazione di almeno 2 alternative e pro-contro correlati, rispetto alla linea di azione istintuale.
Quando una crisi può essere generatrice di un disastro, occorrono inoltre competenze di disaster management, come le seguenti:
assunzione del comando: prendere in carico la situazione;
esame degli eventi e condizioni in base ai dati esistenti, raccolta di nuovi dati;
inquadrare le traiettorie degli eventi che si verificheranno se non si interviene;
chiedersi come spezzare le catene di eventi e quali mosse possiamo attivare;
attivare una rete di risorse (umane, tecniche, psicologiche);
agire con rapidità ma mantenendo il controllo emotivo;
riesaminare periodicamente lo stato e le strategie.
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Saper riconoscere quando è utile essere vigili ed attenti
Le energie mentali sono correlate ad attenzione e vigilanza tramite un doppio legame: da un lato l’attenzione e la vigilanza aumentano le energie mentali e incrementano il numero di input sensoriali, dall’altro lato il permanere di alti livelli di attenzione e vigilanza è stancante e consuma.
Occorre, in sintesi, apprendere ad “accendere” attenzione e vigilanza nei momenti utili e spegnerla per non consumarsi troppo, quando inutili.
L’ansia, ad esempio, viene anche dal mantenere sempre alto il livello di vigilanza, orientarla verso pericoli immaginari o che in non sono nemmeno ben localizzati, creando costante tensione o tensione cronica.
L’attenzione vigile, quando mantenuta elevata anche nei momenti di stacco, recupero e riposo, genera una iperattivazione e impedisce il buon funzionamento del processo di ricarica energetica.
Attenzione e vigilanza sono estremamente correlate agli stati bioenergetici dell’organismo, ad esempio la sonnolenza post-prandiale riduce ampiamente la capacità di attenzione, soprattutto se il pranzo è ad alto livello di carboidrati e zuccheri (dolci) o associato ad alcool. Questo produce un forte declino di energie mentali generali nell’istante.
Anche la stanchezza fisica e la ripetitività (routine) producono calo di vigilanza, per cui è possibile svolgere una prestazione pericolosa (quale guidare l’auto o un aereo) senza accorgersi di scivolare lentamente in uno stato di ipo-vigilanza (attenzione fortemente diminuita), con forti rischi per l’incolumità personale e altrui.
Un’ulteriore problematica forte connette le prestazioni umane alle risorse mentali: la presenza di disturbi provocati da rumori psicologici interni (es: ansia, dolore esistenziale, dispiacere per eventi accaduti, stress emotivi) o rumori fisiologici (es.: mal di testa, dolori articolari, digestione, intestino, palpitazioni cardiache) e il fatto che questi impediscono di concentrarsi sulla performance o sul flusso di esperienza.
In questo punto si può notare l’estrema correlazione tra risorse mentali e wellness bioenergetico, e questo rafforza il nostro voler accelerare la rimozione dei disturbi fisici che impediscono il buon funzionamento dell’organismo e rendono difficile all’essere umano concentrarsi sul proprio obiettivo o gustare a pieno la vita.
Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:
si riduce la capacità di percepire i propri livelli attentivi e di vigilanza (self-monitoring energetico), per poter decidere se si è o meno in grado di svolgere un compito (es.: guidare) o se sia il caso di prendere una pausa di recupero;
viene meno la capacità di staccare nettamente la spina della vigilanza durante i momenti di ricarica e riposo: continuare a pensare ad un problema durante il riposo distrugge il meccanismo stesso del recupero;
il lifestyle personale (alimentazione, attività fisica e lavorativa, carichi di lavoro, momenti di recupero) è disequilibrato e si realizza un disallineamento tra momenti di disponibilità energetica e momenti di richiesta energetica;
le risorse attentive sono distratte dalla performance ai processi interni (rumori psicologici e disturbi fisiologici).
Le energie mentali aumentano quando:
l’individuo apprende a monitorare i propri livelli di capacità di attenzione e vigilanza, e gestisce attivamente le proprie risorse limitate;
le attività di ricarica psicologica e fisica non sono disturbate, interrotte o sequestrate da attività di ruminazione mentale negativa;
si apprende a “staccare la spina” da attenzione e vigilanza quando inutili;
viene conseguito uno stato di tranquillità sia mentale che fisica tale da rimuovere i rumori psicologici e disturbi fisici che possono inibire l’attenzione verso la performance, o impedire alla persona di gustare il flusso di esperienza.
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