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I principi basilari delle Effects-Based Operations

hpm1Copyright, dal volume di Trevisani, Daniele (2007), Regie di Cambiamento. Approcci integrati alle risorse umane, allo sviluppo personale e organizzativo, e al coaching. FrancoAngeli, Milano. Diritti di riproduzione riservati. Sono possibili gli utilizzi per fini formativi, didattici e di ricerca, previa citazione dell’autore e della fonte. Altri materiali inerenti le Regie al sitowww.studiotrevisani.it/hpm1. Vedi inoltre  Scheda sintetica del volume su IBS

Attivare le Effect-Based Operations

Nelle imprese, per agire su problemi critici occorre atteggiamento “militare e militante”, l’esatto contrario del lassismo aziendale imperante.

Per costruire un atteggiamento “militante” verso il cambiamento non sono indispensabili salotti intellettuali, ma vere e proprie war-room, dove i target di variazione e di cambiamento vengono sottoposti ad analisi, e gli interventi a progettazione strategica, e revisione periodica, assidua, impegnata. La discussione intellettuale è importante ma serve per costruire modelli, per svolgere analisi illuminate, e non in sede operativa e tattica.

Nella war-room, o situation-room, i problemi vengono sottoposti ad analisi cercando di identificare le azioni che possono risolverli. Si tratta di un approccio basato sulla gestione delle emergenze, e tuttavia risulta utile appropriarsi del senso di coordinamento interforze che ritroviamo in questi ambienti.

La gestione di problemi critici (attentati, ostaggi, crisi politiche) fa emergere con grande forza la consapevolezza che una sola azione è insufficiente, ma occorre sinergia tra azioni. Di questo principio usato in termini di emergenza dobbiamo appropriarci anche per gestire le non-emergenze e le azioni aziendali.

Sia le emergenze che le operazioni di sviluppo fuori-emergenza fanno leva sulla Information Superiority (IS), la capacità di una Joint Task Force (JTF) di possedere informazioni comprensibili, multidimensionali, in tempo reale, congiunte ai dati di scenario, o ad ogni altro dato sensibile che può modificare la strategia.

La Information Superiority (IS) non è un concetto statico, predeterminato, quantificabile, ma è soprattutto una capacità o abilità. È connessa inestricabilmente con la situazione specifica, e determinata dalla missione, dall’ambiente, e dal bisogno di informazione che ogni progetto e momento aziendale porta con se.

Le war-room e le situation-room servono proprio a fare analisi di scenario, a far convergere le informazioni e a prendere decisioni in modo non improvvisato.

Uno dei principi che si fa strada con maggiore forza nel campo delle operazioni tattiche, militari e politiche, sono le effect-based operations (EBO): operazioni centrate sugli effetti). Nelle EBO, ogni azione di cambiamento viene valutata in termini di effetti o attivazioni che può produrre, da confrontare con gli effetti tattici e strategici che si intendono ottenere.

Esempio di diversi tipi di effetto da produrre: creare, consolidare, rimuovere

Il concetto cardine delle effect-based operations è il cosiddetto end-state o stato finale, una dichiarazione che e riguarda qualche aspetto della realtà e può essere solamente vera o falsa. Ad esempio, la frase “nella provincia di XYZ non si verificheranno più atti di violenza contro la popolazione da parte di bande armate” è uno stato finale di destinazione, i cui presupposti e requisiti richiedono ben più di una singola azione, ma una serie di eventi convergenti, sia militari che soprattutto politici, diplomatici, di sviluppo sociale e commerciale, di educazione e costruzione di infrastrutture.

La consapevolezza che le azioni di per sè non valgono nulla se non comparate agli effetti che produrranno ha cambiato il modo di gestire le operazioni sia militari che politiche, e le crisi correlate. Una singola professionalità non può essere sufficiente, mentre una joint task force (task force interdisciplinare sul cambiamento) può farlo. Questo approccio può e deve entrare anche nella gestione del cambiamento personale e organizzativo.

In termini militari, le EBO risultano un concetto giù ampiamente assimilato dai vertici più consapevoli del bisogno di differenziare strumenti da effetti:

Lo sviluppo di operazioni “effect-based” ha quale fine il conseguimento di un preciso obiettivo strategico mediante l’effettuazione di diversificate attività nel corso di tutte le possibili fasi di una operazione (pre-crisi, “combat”, post-conflittuale, ecc.).

In ciascuna fase, il raggiungimento degli effetti richiesti richiederà l’individuazione dei punti di vulnerabilità chiave avversari ed il loro contrasto con i più idonei strumenti d’impiego, che potrebbero essere anche non militari. In sostanza, le operazioni future saranno focalizzate più sui risultati che si vogliono conseguire che sui sistemi e mezzi disponibili per conseguirli[1].

Questi concetti sono validi in ogni campo del cambiamento organizzativo. Ad esempio, realizzare un Master Aziendale di per sè è una azione, non un effetto. L’effetto desiderato può essere quello di ottenere maggiore coesione e condivisione di concetti tra gli high-potentials dell’azienda, e ridurre il rischio di fuga di cervelli. Se è così è, dovranno essere prodotte altre azioni, oltre al Master, per consolidare l’effetto che si cerca di ottenere.

Potranno essere condotti progetti di scambio tra ruoli (job-rotation) in cui le persone riescano a capire come funzionano altri reparti, possono essere messe in piedi iniziative di tutoraggio (tutoring) e altri progetti motivazionali e finalizzati a sconfiggere il dropout. In ogni caso, aumentare la coesione e ridurre il dropout sono gli effetti, il Master e le iniziative sono operations.

Ogni iniziativa ha ripercussioni, siano esse positive o negative, e queste iniziative hanno maggiore impatto se sono in grado di innescare una cascata di effetti. Le iniziative in grado di generare una cascata di effetti sono più efficaci delle iniziative che limitano la loro portata ad un singolo ambito[2].

Ed inoltre, le iniziative con effetti cumulativi e sinergici sono più efficaci di iniziative che non si connettono l’una con l’altra[3]. Facciamo un esempio pratico: se vogliamo cambiare l’aria di una camera (effetto target: avere aria pulita), possiamo aprire la finestra, e attendere che dalla finestra entri aria fresca ed esca aria stagnante. Oppure possiamo cercare di cambiare aria aprendo la porta. Se però porta e finestra sono su due lati opposti, e apriamo entrambe, si può innescare un flusso d’aria molto più forte, e il ricambio sarà estremamente più rapido dell’apertura di una sola delle due. Gli effetti cumulativi e sinergici sono presenti in ogni processo di cambiamento.

Questo riguarda ad esempio la congiunzione tra iniziative politiche e iniziative militari[4], nella consapevolezza che queste ultime non sono mai sufficienti a risolvere i problemi se manca la consapevolezza di cosa vogliamo ottenere, di quale visione si voglia raggiungere.

La nuova consapevolezza raggiunta da alcuni dei vertici politici e militari è che il successo o fallimento si misurano in termini cognitivi[5] (di risultati psicologici raggiunti), e non di carri armati distrutti o nemici uccisi.

L’uccisione di un nemico poteva (forse) avere senso nel medioevo o nella guerra fredda, ma non in un pianeta che cerca di raggiungere il suo potenziale, e di farlo con il minor numero di vite umane distrutte, quando altre armi ben più potenti (la comunicazione, la negoziazione, l’educazione) possono portare ad effetti superiori. Il fine ultimo non è la morte ma la vita, il benessere di tutti.

Questo è uno dei motivi che hanno portato molti eserciti ad introdurre unità PsyOps (Psychological Operations) accanto alle unità combat tradizionali, per poter determinare effetti non più e non solo con le armi ma per raggiungere i risultati a prescindere dagli strumenti che si è abituati ad usare.

Nelle imprese, troviamo lo stesso problema: la distruzione di un concorrente può non essere più un obiettivo vero (quanti altri concorrenti possono nascere? … e, passeremo la vita a distruggere?). La sola lotta alla concorrenza rischia di far perdere di vista la necessità di innovare da dentro, di fare ricerca e sviluppo, di crescere radicalmente, nella mentalità e nelle capacità manageriali.

Questo passaggio, tuttavia, è delicato ed assolutamente in fase embrionale, sia in campo militare che nelle organizzazioni civili e nelle imprese.

Principio 25 – Effect-Based Operations

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

  • Approccio EBO (Effect-Based Operations): la centratura delle operazioni e delle energie mentali va ri-direzionata sugli effetti finali da produrre (end-state), non sugli strumenti disponibili, evitando di confondere strumenti ed effetti finali desiderati; le azioni devono essere ispirate ad una visione.
  • Cascata di effetti: la preferenza va data ad azioni che sono in grado di produrre altri effetti a cascata e correlati, scatenando una sequenza di cambiamento, rispetto ad azioni che limitano il loro effetto su un solo target.
  • Effetti cumulativi: devono essere inquadrate le stratificazioni di azioni e le sequenze di avvenimenti che sono in grado di portare il sistema verso lo stato finale da raggiungere, consapevoli del fatto che l’effetto finale in molte situazioni si ottiene solo cumulando i micro-effetti di più strategie convergenti.

Materiale Copyright, estratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, Franco Angeli editore, 2007.


[1] Di Paola, G. (2005), The Chief of the Italian Defence Staff Strategic Concept (Il Concetto Strategico del Capo di  Stato Maggiore della Difesa), Roma, Ministero della Difesa.

 

[2] In termini militari, riportiamo la seguente definizione sugli effetti a cascata, nella formulazione originale in inglese: Cascading Nature of Effects – Indirect effects can ripple through an enemy target system, often influencing other target systems as well. Typically this can influence nodes that are critical to multiple target systems. Most often this cascading of indirect effects flows from higher to lower levels of war. As an example, when destroying an enemy central headquarters, the effects cascade down through the enemy echelons to ultimately disrupt numerous tactical units on the battlefield. Da: USJFCOM (2007), Joint Forces Command Glossary. U.S. Joint Forces Command.

[3] Cumulative Nature of Effects – Cumulative effects result from the aggregate of many direct or indirect effects. This may occur at the same or at different levels of war as the contributing lower-order effects are achieved. However, cumulative effects typically occur at higher levels of war. As an example, increased operational-level air superiority would be the cumulative effect of destroying numerous surface-to-air-missile (SAM) sites at the tactical level. Da: USJFCOM (2007). Joint Forces Command Glossary. U.S. Joint Forces Command

[4] Vedi Alberts, David S. e Hayes, Richard E. (2003), Power to the Edge: Command and Control in the Information Age, DoD Command and Control Research Program (CCRP).

[5] Vedi ad esempio la definizione di Smith: Effects-based operations can be described as operations in the cognitive domain because that is where human beings react to stimuli, come to an understanding of a situation, and decide on a response. In Smith, Edward (2002), Effect-Based Operations. Applying Network Centric Warfare in Peace, Crisis and War,  DoD Command and Control Research Program (CCRP).

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Copyright, dal volume di Trevisani, Daniele (2007), Regie di Cambiamento. Approcci integrati alle risorse umane, allo sviluppo personale e organizzativo, e al coaching. FrancoAngeli, Milano. Diritti di riproduzione riservati. Sono possibili gli utilizzi per fini formativi, didattici e di ricerca, previa citazione dell’autore e della fonte. Altri materiali inerenti le Regie al sitowww.studiotrevisani.it/hpm1. Vedi inoltre  Scheda sintetica del volume su IBS


Corsi di Alta Formazione: Tecniche di Negoziazione, Tecniche di Vendita, Psicologia della Negoziazione, Negoziazione Interculturale, Tecniche di Presentazione, Comunicazione Efficace, Comunicazione Persuasiva

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Corsi Best-Seller, attivati sia presso le Imprese che la Pubblica Amministrazione, contengono programmi frutto di oltre 20 anni di ricerca seria e autonoma nelle scienze della comunicazione e management.

I metodi creati generano corsi sviluppati per imprese private, grandi aziende, piccole e medie imprese, ma anche presso l’Esercito, in Cooperative, Società Sportive, e persino singoli individui che desiderano migliorare le loro capacità assertive, di comunicare, negoziare, ottenere ciò che desiderano quando questa “meta” deve essere ottenuta tramite la relazione, negoziata, formalmente o informalmente.

Corso di Alta Formazione in Negoziazione – Psicologia e Tecniche della Negoziazione

  • Sviluppare autorevolezza: tecniche di autorevolezza negoziale
  • Sviluppare credibilità
  • Analizzare la controparte in base ai segnali deboli e inconsapevoli che emana: quali sono, come notarli, come utilizzarli
  • preparare le domande da porsi in base ai risultati che si vogliono ottenere
  • Smascherare bugie e informazioni poco chiare
  • Assertività e comunicazione assertiva nelle diverse fasi della negoziazione. Quando utilizzare stili assertivi, stili di attesa, stili empatici.
  • Empatia Strategica
  • Negoziazioni evidenti e negoziazioni latenti: riconoscere le negoziazioni subdole, striscianti, informali, e i loro pericoli
  • Stakeholders Analysis: capire cosa c’è in gioco nella negoziazione e quali sono i giocatori nascosti
  • Negoziazione formale: le sue strutture, le sue sovrastrutture, il suo cuore reale
  • Principi di Score-Keeping e bilanci immateriali
  • Mosse Negoziali
  • Analisi della Conversazione Negoziale
  • Cicli di Briefing-Azione-Debriefing
  • Percezioni ed errori della percezione
  • Automonitoraggio e analisi del flusso psicofisiologico durante la negoziazione
  • Le fasi di preparazione e di role-playing per negoziazioni particolarmente importanti
  • Le fasi di debrayage e debriefing negoziale
  • Psicologia della Negoziazione
  • Alterazione degli Spazi Percettivi e Posizionamento dell’offerta
  • Communication Gym e Negoziazione: imparare ad auto-dirigere i propri stili e coltivare le proprie competenze comunicative
  • Tipologie di Negoziatore secondo la Psicologia degli Archetipi, con esercitazioni pratiche e test psicologici
  • Test Psicologici di competenza emotiva nella negoziazione (test proprietario EMLEAD sviluppato dallo Studio)

Oltre ai principi innovativi trattati dalle nostre esperienze sul campo, il corso di psicologia e tecniche della negoziazione approfondisce:

  • la negoziazione come fenomeno di incontro/scontro tra culture professionali diverse (riferimento: libro Negoziazione Interculturale, di Daniele Trevisani)
  • i temi della Negoziazione secondo la scuola di Harvard.

Corsi Vendita – Livello avanzato 1 – Psicologica della Vendita e Psicodinamica della Vendita

  • Psicologia della comunicazione di vendita
  • Criteri di deferenza, contegno, cortesia, anche in campo interculturale e internazionale
  • Dal Cliente Direzionale al Progetto Cliente Direzionale
  • Analisi dei modelli di Empatia e Modello di Empatia Multilivello (copyright Studio Trevisani)
  • Comunicazione Assertiva Bidirezionale (CAB) e capacità di riduzione dell’incertezza nella decisione del cliente (intervento sulla Consumer Anxiety, o Buyer Anxiety)
  • Comunicazione delle emozioni (One Way) e ascolto delle emozioni (ricezione emotiva)
  • Comunicazione corporea (Haptic Communication) e ascolto delle dinamiche interiori per il venditore e negoziatore (flusso psicofisiologico e attenzione agli stati corporei, propriocezione, focusing)
  • Comunicazione degli stati esistenziali e ascolto degli stati esistenziali
  • Leadership conversazionale e relazionale
  • Il modello Two-Sided Uncertainty per valorizzare la scoperta delle reali potenzialità del cliente
  • Il modello Double Wheel
  • Scoprire i nuclei decisionali e le aspettative dei gruppi di riferimento –  la Family Influence, la Network Influence

Corsi Vendita – Livello avanzato 2 – Vendita Direzionale in Team

  • La concentrazione sui clienti direzionali
  • Scoprire la realtà dei contatti multipli con i referenti multipli, le comunicazioni quotidiane che rischiano di far saltar il rapporto, e il controllo totale della qualità del rapporto
  • Il Total Quality Selling
  • Scolpire il brand nella mente del Cliente Direzionale tramite una qualità di rapporto che supera le aspettative (Beyond Expectations Modeling)
  • Il presidio della qualità della relazione nei micro-gesti quotidiani sino alle comunicazioni ufficiali
  • Team-Sales, progetti di vendita gestiti da equipe o da un team o gruppo (Sales Team Skills)
  • Tecniche di teamwork per il presidio dei grandi clienti (Clienti Direzionali)
  • Action Line Management – sviluppare linee di vendita tattiche in trattative complesse e vendite complesse
  • Tecniche di analisi conversazionale in gruppo, leadership conversazionale in ambienti difficili, diplomatici, negoziali, e situazioni di alta esposizione – – le tecniche one team, one mission, one style
  • Amplificazione dell’espressività corporea e stilistica con metodi speciali di derivazione attoriale, in applicazione ai colloqui con i clienti direzionali
  • Psicodinamica dell’approccio con il cliente e analisi dei piani di incomunicabilità
  • Sviluppo di campagne di vendita direzionale attraverso la sequenza Action Line Management a 12 punti (Target Audience Analysis System)

Psicologia della negoziazione

Nuove scoperte dalla ricerce:

Nuove scuole di riveferimento: Strategie di Info-Ops per la vendita (derivazione militare)

  • Strategie Psyops nella vendita (derivazione militare)
  • Le tecniche di T-Charting
  • Riconoscimento degli stati emotivi propri e del cliente tramite software sperimentali in grado di riconoscere le espressioni facciali e i segnali deboli
  • Generazione di stati alfagenici durante le trattative e incontri di vendita
  • Tecniche di sollecitazione multipla (Mappa di Fisher) per il sistema simpatico e parasimpatico dell’interlocutore
  • Amplificazione dei repertori stilistici – tecniche di shielding e dis-identificazione
  • Percezione allargata e percezione aumentata (derivazione militare)
  • Tecniche di induzione ipnotica e pre-ipnotica
  • Comunicazione polisensoriale
  • Vendita ad alta immersività
  • CPM – Customer Psychology Management
  • PRM – modello proprietario Studio Trevisani per il monitoraggio della qualità della relazione, divulgato unicamente ai clienti
  • Le operazioni psicologiche, lo hacking della strategia di acquisto, il debrayage relazionale (smontaggio dei giochi)
  • Tecniche avanzate di ascolto multilivello e analisi psicologica degli interlocutori
  • Semiosfere
  • Memetica
  • Psicologia degli Archetipi nella vendita
  • Strategie di vendita centrate sui ragionamenti di acquisto, modelli TRA e TPB (Theory of Reasoned Action, Theory of Planned Behavior)
  • Ricentraggio dei team di collaboratori tramite modello HPM (Human Performance Modeling)
  • Altri temi avanzati di ricerca emergenti dalle continue esplorazioni condotte dallo Studio nei territori di frontiera della ricerca sul potenziale umano, psicologia strategica e scienze della comunicazione

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Altre Schede di Formazione Vendite e Corsi di Vendita sviluppati da Studio Trevisani:

• Formazione Vendite Attiva: come lavoriamo
• La Negoziazione
• Corsi Vendita Base
• Corsi Vendita Avanzati
• Formazione Vendite di derivazione militare
• Vendita Business to Business
• Vendita In-Store
• Corsi Direzione Vendite
• Corsi avanzati di psicologia della vendita
• DVO – Direzione Vendite per Obiettivi
• Teatri di Azione
• Tecniche di Controllo Vendite
• Public Speaking – Comunicazione Efficace
• Comunicazione ai team di vendita
• Team Building e Vendita
• Leadership di Vendita
• Vendite Avanzate – Comunicazione Olistica
• Come condurre i training
• Comunicazione Persuasiva
• Scienze per la Formazione Vendite
• Consulenza Selezione Venditori
• Corsi Vendite Outdoor
• Formazione Formatori
• Riflessioni sulla Formazione Vendite
• Metodologie formazione vendite e comunicazione
• Letture, autori di riferimento e autori da evitare

Cosa significa realmente “fare formazione centrata sugli effetti”

La formazione centrata sugli effetti vuole ottenere cambiamenti ed effetti reali, dimostrabili

Centrarsi sugli effetti significa fare corsi in cui – al termine – deve essersi prodotto un cambiamento vero, sostanziale, positivo. Il nostro metodo privilegia le esercitazioni pratiche di sviluppo delle abilità di analisi, di comunicazione e di progettualità. Questo atteggiamento di fondo va oltre i corsi marketing e la formazione marketing in senso teorico, o la formazione per la leadership o per la comunicazione. Toccano soprattutto aree delicate come la formazione per la negoziazione, la formazione formatori, la decisione, la comunicazione persuasiva e la comunicazione nei team.

Segnali di corsi condotti e mal progettati: da cosa stare alla larga. Proponiamo 3 categorie specifiche, per partire, i cui segnali, anche contrastanti, possono denotare una scarsa centratura sugli effetti:

1.      Abbuffata di slides: esito: “mi sono annoiato”, si tratta di un risultato negativo, in quanto probabilmente il partecipante non avrà vissuto reali situazioni di sfida, sarà rimasto “alla superficie” delle cose, senza mai entrarvi. Non si impara a nuotare con slides sul nuoto, quindi è determinante correlare gli stimoli didattici agli obiettivi da produrre. Poiché gli stimoli didattici e formativi sono stati insufficienti se rimangono sul piano teorico, diminuiscono la motivazione; i corsi devono anche far scoprire ai partecipanti elementi su cui lavorare, creare dubbi, stimolare al cambiamento, far sperimentare.

2.      Diverimentificio. Il partecipante commenta “mi sono divertito”, cui fa seguito un “nulla totale” in termini di cambiamento prodotto dal corso, una ricaduta-zero sulle azioni quotidiane. E’ un risultato tipico di tanta formazione “da giochetti formativi” che puntano al divertimento puro del partecipante e non al cambiamento da indurre, formazione mal progettata, fine a se stessa. L’investimento in formazione non si misura in semplice divertimento o intrattenimento. Creare un buon clima di apprendimento è importante, produrre un clima positivo altrettanto, ma questi sono solo aspetti di facilitazione, non i veri obiettivi finali per cui si investe in formazione.

3.      Accademia snob. Altro caso drammatico è l’intervento degli “accademici che parlano dall’alto”. Questa categoria contiene professori stipendiati dalle università, che combinano entrate in formazione “una tantum” contando sulla base sicura dello stipendio pubblico. Questo produce in genere un atteggiamento di superiorità. Da notare, che in diversi ambienti universitari la consulenza esterna viene amichevolmente denominata “marchetta”, con tono spregiativo, la dove invece in altri paesi (es, USA), è un denotatore fondamentale di capacità applicativa. In Italia il baronato è riuscito ad isolarsi talmente tanto dal mondo reale da generare un appellativo contaminato di “prostituzione” alla consulenza in azienda. Oltretutto, se non bastasse, mancano a molti le esperienze vere, lo “sporcarsi nel fango”, es: senza avere esperienza diretta e continuativa di vendita è difficile capire cosa significa realmente vendere e fare marketing, e insegnare a farlo, e questo vale in tanti altri campi: chi non ha diretto team con il rischio di fallire (non team di cui non paga gli insuccessi in prima persona) ha ben poca esperienza per poter parlare di leadership. Per compensare la scarsa capacità pratica, l’accademia “pompa” il linguaggio, lo rende ostico, lo “ingrassa” e lo complica per darsi un tono, con il risultato di non farsi capire. L’ingresso in azienda di persone specializzate nel parlare senza avere sperimentato, nel propinare slides teoriche, abituate a osservare i problemi da lontano, senza pratica diretta di ciò che propone, porta a teorizzare di massimi sistemi astratti, disinteressandosi allo stesso tempo, completamente, delle applicazioni concrete, delle problematiche pratiche, dell’assorbimento dei concetti, e di chi si ha di fronte.

Qualsiasi sia il tipo di risultato che vogliamo ottenere, questo tipo di formazione non ci interessa.

Quello che serve nella formazione è chiedersi (e chiarire bene con la committenza) (1) quali effetti vogliamo produrre, (2) in chi, (3) in quanto tempo, e (4) costruire una regia di stimoli (formazione, letture, esperienze, e qualsiasi altro stimolo efficace) che generi veramente l’effetto da produrre.

Daniele Trevisani

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Nota

Un approfondimento del metodo delle “Regie di Formazione” è visionabile al link www.studiotrevisani.it/alm1