Gli atteggiamenti sono un concetto fondamentale della psicologia sociale. Il loro utilizzo nelle ricerche psicologiche e nel marketing è ampio e permea diverse funzioni: comunicazione, ricerca di mercato, test dei prodotti, segmentazione del mercato, risorse umane e formazione aziendale.
Forniamo innanzitutto una prima definizione di Thurstone e di Allport.
Come sottolineano Eiser e van der Pligt (1991)[1], gli atteggiamenti non sono vaghi stati d’animo o sensazioni, ma forme di esperienza che (a) si riferiscono a specifici oggetti, eventi, persone o problemi, e (b) sono di natura essenzialmente valutativa, cioè implicano dei giudizi di buono-cattivo, positivo-negativo, giusto-sbagliato.
La relazione tra atteggiamento e obiettivi aziendali è forte e immediata. Gli atteggiamenti verso il prodotto, verso il marchio o impresa, e verso il venditore, generano o eliminano la propensione all’acquisto. Darley, Gluksberg, Kamin e Kinchla (1986)[2] collegano direttamente il concetto di atteggiamento alla problematica della persuasione:
“Si spendono miliardi per tentare di convincere le persone che la marca X è migliore, meno cara, e più efficace della marca Y o Z”, e questo porta immediatamente a chiedersi “quali sono i fattori della comunicazione che fanno cambiare gli atteggiamenti?”
La psicologia degli atteggiamenti applicata al marketing è in grado di fornire numerosi contributi di grande rilevanza per la comprensione di come le persone valutano i prodotti. L’importanza del concetto di atteggiamento proviene dalla sua stretta correlazione con il comportamento. Gli atteggiamenti sono precursori dei comportamenti. In altre parole, la creazione di atteggiamenti positivi (1) verso il prodotto, (2) verso il venditore e (3) verso il marchio, è indispensabile per conseguire successo di vendita.
La ricerca evidenzia che l’atteggiamento individuale non è l’unica causa del comportamento, altri fattori situazionali (ad esempio la pressione degli amici o della famiglia, o tagli alla disponibilità economica, tanto per fornire un dato concreto) possono bloccare l’azione, o dirigerla verso altre mete.
[1] Eiser, J.R., & van der Pligt, J. (1991). Atteggiamenti e decisioni. Bologna, Il Mulino. Edizione originale: Attitudes and Decisions. London, Routledge, 1988.
In generale, possiamo affermare che nel marketing l’atteggiamento individuale verso un prodotto o un comportamento è il risultato di una serie di valutazioni specifiche, e si forma come sommatoria delle opinioni e credenze (convinzioni) relative alle componenti del prodotto. L’atteggiamento verso un comportamento emerge come risultato delle varie credenze riguardanti l’esito del comportamento stesso.
L’atteggiamento può avere una valenza positiva o negativa. Inoltre, ciascun atteggiamento avrà una certa “forza”, cioè un livello più o meno alto di radicamento nel soggetto. Perciò potremo identificare atteggiamenti fortemente positivi o fortemente negativi, moderatamente positivi o moderatamente negativi, oppure atteggiamenti neutri o inesistenti, verso qualsiasi tipo di prodotto.
La forza di un atteggiamento verso il prodotto si determina grazie ad un ragionamento moltiplicatorio: è il risultato delle credenze soggettive sul fatto che il prodotto possegga una certa proprietà per la valutazione (positiva o negativa) di quella proprietà.
Ad esempio, il mio atteggiamento verso l’ “oggetto mentale” Internet sarà dato (1) dalle proprietà positive che io vi attribuisco (ritengo che Internet renda possibile una ricerca veloce di informazioni; considero anche indispensabile, oggi, poter scambiare dati con altre persone senza spostarmi fisicamente) e (2) da quanto risulta per me importante quella proprietà (per me la velocità nelle ricerche di informazioni è molto importante, così come poter risparmiare tempo negli spostamenti). Queste valutazioni spingeranno il soggetto ad avere un atteggiamento complessivamente positivo.
In ogni prodotto è possibile percepire sia componenti positive che negative, le quali vengono soppesate secondo un sistema di bilanciamento che è estremamente individuale e soggettivo. Posso personalmente ritenere che Internet contenga anche informazioni errate ed inutili, e questo possa generare dispersività, ma questo fatto è per me poco incisivo, in quanto sento di padroneggiare bene lo strumento e di poter gestire facilmente il problema. Tutto sommato, quindi, il mio atteggiamento complessivo verso Internet sarà positivo (sommatoria di forti valutazioni positive, con qualche debole valutazione negativa).
Nell’individuo, le diverse informazioni e valutazioni (positive e negative) compongono un quadro di atteggiamento verso il prodotto. Questo sistema complesso di valutazioni deve essere capito se si vuole sperare di ottenere una buona probabilità di successo di mercato. Il quadro, inoltre, può variare da persona a persona. Ad esempio, verso Internet un soggetto diverso (es: un imprenditore) può aver formulato il seguente quadro (negativo).
In questo caso, il soggetto (l’imprenditore) formula il suo atteggiamento sulla base di quattro credenze, di cui tre fortemente negative (per lui): (1) la possibilità che il personale perda tempo in siti inutili, (2) il fatto di vedere il sistema internet come qualcosa di complicato che egli non capisce (e quindi diminuisce il suo potere in azienda), e (3) un aggravio di costi. Tra le sue credenze vi è anche un elemento valutativo positivo, (4) la possibilità di ricercare velocemente informazioni. Tuttavia il soggetto ritiene che vi siano tante altre fonti alternative, e perciò questo dato influisce solo debolmente. Il valore complessivo dell’atteggiamento che emerge dal quadro, è negativo.
In termini numerici, l’atteggiamento può essere ridotto e sintetizzato ad un singolo punteggio (ad esempio, 65 su una scala da 1 a 100), ma le dimensioni sottostanti devono essere comunque sviscerate. Per un’azienda, non è sufficiente sapere che la valutazione del proprio marchio su una scala di atteggiamento, da parte di un campione di clienti, sia di 65/100, ma occorre comprendere in base a quali criteri sottostanti avviene la valutazione (perché, ad esempio, è 65 e non 90, quali elementi hanno “tirato giù” la valutazione, quali l’hanno spinta in alto). Solo così sarà possibile capire i propri punti di forza e di debolezza. Questo consente di migliorare la propria offerta, la progettazione di prodotto, e la comunicazione al cliente.
Le nostre ipotesi vanno alla ricerca delle pulsioni e dei moventi profondi, oltre la pura espressione verbale e consapevole. Se considerassimo sufficienti le prime spiegazioni verbali fornite dai consumatori, per capire le dinamiche reali del loro comportamento, ci accontenteremo davvero di poco. Non è facile per nessuno dare risposte a domande del tipo: “Quanto ha influito il personaggio di Superman nella costruzione del tuo modello di Sé ideale” (ad un ragazzo, ma specularmente questo vale per la Barbie in una ragazza). L’influenza può essere avvenuta, e molto forte, ma a livello inconscio, senza una chiara percezione del fenomeno.
La letteratura psicosociale è sin troppo ricca di studi che dimostrano quanta distanza esiste tra ciò che le persone dicono di fare e ciò che fanno veramente, tra l’immagine che proiettano all’esterno e la propria vera identità, tra quello che sono e quello che vorrebbero essere.
Un primo momento di analisi riguarda la distanza tra ciò che le persone proiettano, tra ciò che dichiarano, e i veri comportamenti e pensieri posseduti. In genere la collimazione tra queste sfere non è totale, ma esistono aree del Sè che non emergono (area 1), ed aree del Sè puramente proiettate (area 3).
La ricerca di marketing ha evidenziato il fenomeno del Socially Desirable Responding (SDR) che riguarda la tendenza degli individui a proiettare di se stessi, quando intervistati formalmente o nella comunicazione interpersonale, un’immagine accettabile, positiva, rispetto alle norme culturali correnti, o alle norme dei gruppi di appartenenza.
David Mick (1996)[1] ad esempio ha evidenziato le difficoltà insite nell’esplorazione del “dark side” del comportamento del consumatore, su temi quali il materialismo, l’uso di alcool e di droghe, l’acquisto compulsivo, i piccoli furti nei negozi, le scommesse, il fumo di sigaretta, e la prostituzione.
Il Socially Desirable Responding avviene sia per incapacità di focalizzare le proprie motivazioni, che per volontà precisa di nascondere fatti, comportamenti e opinioni, di consumo, culturali e politiche.
[1] Mick, D.G. (1996). Are studies of dark side variables confounded by socially desirable responding? The case of materialism. Journal of Consumer Research, 23.
Titolo: Saper Leggere le Persone e Cogliere Segnali: Un’Workshop sull’Importanza dell’Intelligenza Emotiva nella Comunicazione Interpersonale
Introduzione: La capacità di leggere le persone e cogliere i segnali è fondamentale per una comunicazione efficace e per la creazione di relazioni significative. Questo workshop esplorerà l’importanza dell’intelligenza emotiva nel contesto della comunicazione interpersonale, analizzando come questa abilità possa influenzare il modo in cui interpretiamo il comportamento degli altri e come possiamo utilizzarla per migliorare le nostre interazioni sociali.
Sezione 1: Fondamenti dell’Intelligenza Emotiva In questa sezione, esamineremo i concetti chiave dell’intelligenza emotiva, come definiti da Daniel Goleman nel suo libro del 1995. Discuteremo delle componenti dell’intelligenza emotiva, che includono la consapevolezza di sé, la gestione delle emozioni, l’empatia e le abilità sociali. Inoltre, esploreremo come queste componenti si intersecano con la capacità di leggere le persone e cogliere i segnali durante le interazioni quotidiane.
Sezione 2: Comprendere la Comunicazione Non Verbale La comunicazione non verbale gioca un ruolo significativo nel modo in cui le persone si esprimono e si relazionano tra loro. In questa sezione, esamineremo i diversi modi in cui le persone trasmettono messaggi attraverso il linguaggio del corpo, le espressioni facciali, il tono della voce e altri segnali non verbali. Analizzeremo anche come l’interpretazione accurata della comunicazione non verbale possa aiutarci a comprendere meglio le emozioni e le intenzioni degli altri.
Sezione 3: Empatia e Connessione Emotiva L’empatia è un elemento chiave nell’interazione umana e svolge un ruolo fondamentale nella capacità di leggere le persone e cogliere i segnali. In questa sezione, esamineremo come l’empatia ci permetta di metterci nei panni degli altri e di comprendere le loro esperienze emotive. Discuteremo anche di come la connessione emotiva possa facilitare la comunicazione e favorire relazioni più autentiche e significative.
Sezione 4: Tecniche per Migliorare la Capacità di Leggere le Persone Per migliorare la capacità di leggere le persone e cogliere i segnali, è possibile adottare diverse tecniche e strategie. In questa sezione, esploreremo alcune di queste tecniche, tra cui l’ascolto attivo, l’osservazione consapevole e la pratica dell’empatia. Discuteremo anche di come l’autoconsapevolezza e lo sviluppo personale possano contribuire a migliorare le nostre abilità nell’interpretare il comportamento degli altri.
Sezione 5: Applicazioni Pratiche nell’ambito Professionale e Personale Infine, esamineremo le applicazioni pratiche di saper leggere le persone e cogliere i segnali nei contesti professionale e personale. Discuteremo di come queste abilità possano essere utilizzate per migliorare la leadership, la negoziazione, la risoluzione dei conflitti e la creazione di relazioni collaborative e di fiducia. Esploreremo anche come queste competenze possano essere applicate nella vita quotidiana per migliorare le nostre interazioni con amici, familiari e colleghi.
Conclusioni: In conclusione, saper leggere le persone e cogliere i segnali richiede un’interazione complessa tra intelligenza emotiva, capacità di interpretare la comunicazione non verbale e empatia. Queste abilità sono fondamentali per la comunicazione efficace e per la creazione di relazioni significative. Investire nello sviluppo di queste competenze può portare a una maggiore consapevolezza di sé e degli altri, nonché a relazioni più soddisfacenti e gratificanti sia nel contesto professionale che personale.
Le aree di interesse connesse al saper leggere le persone
Clienti di tipo (1): ottimi. Sono clienti e situazioni che meritano sforzo e attenzione, impegno e dedizione, e possono portare benessere e valore. Su di essi, l’investimento in tempo e risorse di vendita e in tempo e risorse di negoziazione ha senso.
Clienti di tipo (2): inutili. Sono pure perdite di tempo. Non hanno reale interesse o capacità, sono solo curiosi o il tempo da dedicare ad essi supera abbondantemente i rientri di breve, medio e lungo periodo.
Clienti di tipo (3): dannosi. Costituiscono veri e propri danni, producono assorbimento di risorse e tempo senza restituire alcunché, furto di idee o lavoro non pagato, o danneggiano l’immagine aziendale contaminandola con scarsa reputazione. La loro acquisizione è una tragedia e non certo un successo.
Se non capiamo la realtà del cliente, oltre le sue apparenze, non sapremo mai con chi stiamo veramente trattando.
Capire la realtà del cliente richiede:
la raccolta di dati e informazioni preliminari (prima della visita), anche tramite attività di Business Intelligence;
l’utilizzo dell’empatia strategica, delle tecniche di domanda, intervista e ascolto attivo (durante la visita).
Dai dati disponibili, è possibile compiere una valutazione del potenziale, una misura del grado di possibile interesse del cliente.
Il potenziale si può distinguere in :
potenziale economico, misura il fatturato generabile dal cliente : volumi di acquisto x LTV (Life-Time Value: valore del ciclo di vita del cliente) – costi progettuali, tecnici e logistici di ingresso.
potenziale relazionale, misura i benefici che quel cliente può portare alla nostra rete di conoscenze, al nostro know-how, alla nostra entratura in settori che ci interessano : ampiezza e qualità del network relazionale in cui è inserito + immagine e prestigio – costi relazionali di ingresso.
Analisi e raccolta di dati preliminari di Business Intelligence sul cliente B2B
Fonti principali per raccogliere dati:
sito internet dell’azienda: prestare attenzione sia ai contenuti che allo stile comunicativo;
contatti con soggetti informati (altri clienti, fornitori, consulenti);
raccolta di dati da informatori:
schede aziendali disponibili su database online;
ricerche informative mirate in internet (es: articoli giornalistici), consultazione di siti specializzati in ricerche aziendali;
ricerche in internet tramite “frase esatta”;
ricerche in internet tramite analisi di chi “punta” (inserisce links) verso l’azienda in questione: analisi delle reti di collegamenti;
indagini presso i clienti dell’azienda (per capire forze e debolezze);
visite ghost customer o contatti telefonici di simulazione d’acquisto, per raccogliere dati e informazioni non filtrate, tramite sistemi diretti ad osservare le risposte comportamentali reali dell’azienda.
Analisi del cliente durante le fasi di contatto e colloquio
Oltre ai dati reperibili da fonte umana e su internet, larga parte delle informazioni veramente rilevanti del cliente sono insite nel cliente stesso, nella sua psicologia, nelle sue motivazioni.
Per comprendere queste motivazioni d’acquisto e le esigenze sottostanti, è necessario ricorrere a forme di intervista, analisi, interessandosi realmente e cercando di far propria la mission della vendita consulenziale “analizziamo il cliente e offriamo soluzioni adeguate”.
Per capire il cliente in fase di acquisto è necessario saper cogliere le sfumature, interpretare le tensioni sottostanti il movente d’acquisto.
Modello Trevisani Tensione-Impulso-Movente-Azione per un approfondimento relativamente al suo utilizzo nelle fasi di colloquio:
La teoria della motivazione vede come unità motivante di base la tensione. Gli impulsi si innestano su stati di disequilibrio percepito, che creano spinta alla risoluzione del problema. L’impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui si crea un collegamento mentale: la percezione che un prodotto/servizio sia lo strumento risolutivo del problema. L’azione di acquisto ne è il risultato, premesso che l’individuo disponga delle risorse o decida di procurarsele.
Tensione : Percezione di un disequilibrio,
Impulso : Ricerca di un nuovo equilibrio,
Movente : Identificazione strumenti di risposta,
Azione : Acquisto del prodotto/servizio.
Si tratta di inquadrare il fenomeno di acquisto all’interno dei vissuti psicologici dell’individuo. Se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel soggetto, avremo identificato potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione si tramuterà presto in un bisogno di mercato e nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca di mercato sui bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità di marketing.
Anche nel campo delle vendite azienda-azienda, se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel buyer aziendale, avremo identificato le leve motivazionali dell’azienda acquirente, e potremo regolare di seguito (o creare appositamente) la nostra offerta.
L’analisi del cliente, secondo il modello evidenziato, deve permetterci di portare a galla:
le differenze tra lo stato attuale e lo stato desiderato, e la tensione psicologica che questa differenza genera: il disequilibrio che il cliente percepisce, chi lo percepisce esattamente, chi no, e per quali motivi
le idee o soluzioni che il cliente sta cercando di implementare, come il cliente vede un “equilibrio ottimale” nelle aree che vuole trattare, per esempio : quale rete di vendita ottimale vorrebbe avere, come deve essere composta, che caratteristiche deve avere)
gli strumenti di risposta cui il cliente ha pensato, per esempio : formazione, consulenza, affiancamento, acquisto, leasing, outsourcing;
i decisori coinvolti nell’azione di acquistare un corso, o una consulenza o un qualsiasi altro prodotto e servizio, come attivarli, quali sono le barriere o resistenze e procedere verso la chiusura positiva.
Dall’analisi del cliente deve quindi emergere un profilo in grado di dirci:
cosa lo muove verso la ricerca di un acquisto;
che soluzioni ideali sta pensando o elaborando;
chi sono i decisori critici coinvolti.
La scheda cliente
Una scheda cliente si compone in genere di due parti:
quantitativa/descrittiva
qualitativa/osservazionale.
In particolare :
La sezione quantitativa/descrittiva contiene le principali informazioni disponibili, includendo:
fatturato;
numero di dipendenti;
sede centrale e sedi ulteriori;
nomi dei principali decisori aziendali;
principali prodotti trattati e principali mercati di riferimento;
nuovi mercati di interesse, cui l’azienda si sta rivolgendo;
trend aziendali primari (fase recessiva, fase di stabilità, fase di sviluppo);
disponibilità di budget economici per l’acquisto;
apertura dei budget mentali (apertura mentale) verso la tipologia di acquisto e di prodotto da vendere.
Come si può notare, alcune di queste informazioni sono di facile accesso, pubblicamente disponibili, mentre altre richiedono lavoro di Businessintelligence accurato.
La Sezione qualitativa e osservazionale contiene le principali informazioni soprattutto qualitative e meno statistiche (salvo alcuni punti), includendo:
storia ed evoluzione degli acquisti nei riguardi dei nostri tipi di prodotto/servizio;
storia ed evoluzione degli acquisti nei riguardi della nostra tipologia aziendale;
mappa dei poteri e dei decisori rilevata in sede di intervista;
moventi e possibili motivazioni d’acquisto;
tipologia di fornitura possibile e spazi di manovra;
rapporti con i fornitori attuali (ottimi, neutri, pessimi, e altre sfumature);
problemi passati generati dai fornitori di cui l’azienda ha sofferto;
natura dei canali di accesso ai budget economici e budget mentali (finestre temporali, chi e quando può accedervi, chi ne è escluso), chi decide in azienda.
L’intervista di vendita
Ogni intervista di vendita ha scopi strategici.
Prima dell’intervista è necessario realizzare una lista di informazioni da raccogliere, evidenziando tutte le informazioni indispensabili per poter offrire una buona soluzione consulenziale.
Ogni azienda ha esigenze informative specifiche e peculiari, per cui non è possibile ricorrere a modelli standard. L’invito è piuttosto quello di adattare un approccio di vendita consulenziale alle proprie esigenze.
La tecnica da utilizzare è quella del confronto interno tra colleghi (peer coaching, supporto tra pari) o tra venditore e direzione (coaching direzionale, tutoraggio, mentoring).
Ogni settore merceologico ha le proprie esigenze informative. Ad esempio, per una società di formazione che desidera dare risposta ad un bisogno formativo verso un’impresa, in modo mirato, sarà importante sapere:
quanta formazione – rispetto al tema da trattare – è stata fatta sinora presso l’azienda cliente (prospect), e con che esito;
quale e quanta abitudine alla formazione esista in azienda, e a quali metodi formativi sono abituati i soggetti;
quale è il grado di soddisfazione verso i fornitori precedenti;
che modelli di formazione sono stati adottati in precedenza;
quali di questi hanno dato risultati e quali no;
che tipologia di intervento formativo ha in mente l’interlocutore (residenziale, in outdoor, interno all’azienda, affiancamenti, etc);
quali bisogni muovono l’esigenza formativa. Perché nasce e in chi nasce il bisogno di formazione;
se esistono fruitori ostili, che non vorrebbero partecipare alla formazione ma saranno chiamati a farlo, e quale linea tenere in questo caso;
quale sia il grado di ricettività e collaboratività (gli atteggiamenti d’ingresso) nelle persone da formare, sei vi siano dei possibili boicottatori;
se sia stata svolta una analisi dei fabbisogni formativi e se si con metodi e risultati;
se siano state analizzate o valutate altre strade per raggiungere l’obiettivo (es: coaching one-to-one);
quale clima psicologico e aziendale si vive;
se il budget previsto sia adeguato;
se sia in corso una “gara” o “appalto” tra diversi possibili fornitori, o si stia cercando una soluzione basata sulla “prima risposta soddisfacente ricevuta” ;
se la prestazione richiesta è meramente esecutiva o invece prevalentemente consulenziale, o un mix delle due;
quanto sforzo progettuale sia necessario e se il cliente sia disposto a pagarlo;
…. altre informazioni necessarie emergenti dall’analisi.
In seguito alla comprensione di questi fenomeni, sarà possibile offrire una soluzione consulenziale diversificata:
soluzione A…
soluzione B…
soluzione C…
Ciascuna di queste avrà diversi benefici e costi, e potrà essere negoziata basandosi sulle risposte del cliente.
Ogni azienda deve adattare l’approccio consulenziale ai propri bisogni specifici, e questi momenti di focalizzazione devono essere condotti tramite riunioni interne (prima), analisi sul cliente e non lasciati alla buona volontà del venditore.
Focalizzare le energie nella vendita consulenziale
Ogni trattativa aperta o in fase di apertura è un fattore di assorbimento di energia. L’energia prende forma di attenzione mentale, ore di lavoro, telefonate, incontri, trasferte, e altri atti necessari per concludere una vendita.
Le energie personali ed aziendali, tuttavia, sono una risorsa preziosa, non sono illimitate o producibili a piacimento. E pertanto, vanno ben gestite.
Dobbiamo chiederci quante trattative aperte contemporaneamente possiamo avere. Il numero di trattative aperte o progetti-cliente aperti, è uno dei fattori di analisi primario per capire se le energie sono ben canalizzate o si stanno disperdendo.
Dobbiamo focalizzare le energie in particolare sulla chiusura delle linee aperte, procedendo per pochi clienti alla volta (principio di focalizzazione) o (al massimo) lavorare per batch (piccoli gruppi di clienti da acquisire, per poi passare ad altri nuovi clienti da acquisire).
In particolare:
Non dobbiamo sopravvalutare le nostre energie.
Non dobbiamo considerarle illimitate.
Dobbiamo concentrarle dove conta, verso la chiusura di ciò che è avviato. E, prima di tutto, avviare linee su clienti per noi prioritari.
Tramite tecniche di bioenergetica manageriale e psicoenergetica manageriale, ed esercizi di lifestyle training, è possibile decisamente ottenere incrementi significativi nel livello di energie personali, sia biologiche che psicologiche, ma non all’infinito.
Uno dei fattori chiave di successo della vendita consulenziale è quindi saper coltivare le proprie energie e direzionarle con buone priorità.
Fissare i clienti su cui concentrarci
Per fissare le priorità, i clienti su cui concentrarci, possiamo utilizzare una schema che includa:
Flussi economici in ingresso dal cliente,
Flussi in ingresso immateriali: denaro, prestigio, know-how.
Clienti di tipo A : sono quelli da cui si può ricavare fatturato e utili, ma scarso apprendimento o scarse entrature e prestigio.
Clienti di tipo B : sono quelli dai quali si ricava modesto utile o fatturato, ma ci aiutano enormemente ad ampliare il nostro prestigio o le nostre conoscenze ed entrature.
Clienti di tipo C : assommano rientri economici elevati a rientri di immagine e conoscenze elevati.
Clienti di tipo D : sono invece poco profittevoli, o scarsi pagatori, e in più assorbono tempo e risorse senza apportare valori aggiunti di immagine o di conoscenza.
Messaggio: ogni cliente può apportare un valore economico o un valore relazionale (entrature, prestigio, immagine), ed è necessario ricercare la costruzione attiva di un parco clienti che contenga clienti dal valore economico e relazionale elevato.
Il parco-clienti va costruito, e non subìto.
Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
Un principio è come una solida ancora in un mare agitato. Un punto fermo in un oceano di incertezza.
Chi trova un principio trova molto più di una semplice informazione, trova una guida. Trova un riferimento cui guardare tra le nebbie. Un faro di vita.
Moltissimi leader religiosi e spirituali hanno esposto principi. Impossibile selezionarli tutti, molto meglio esporre alcuni sui quali credo si possa lavorare.
Il Dalai Lama Tenzin Gyatso è stato leader politico e spirituale del popolo tibetano, autorità religiosa, voce tra le più ascoltate del mondo spirituale mondiale, nel 1989 è stato insignito del Premio Nobel per la pace.
Vissuto in esilio in India, a Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio.
Questi suoi principi sono, uno dopo l’altro, distillati di saggezza.
Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati comportano un grande rischio.
Quando perdi, non perdere la lezione.
Segui sempre le 3 “R”: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.
Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.
Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato.
Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.
Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente qualcosa per correggerlo.
Trascorri un po’ di tempo da solo ogni giorno.
Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.
Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.
Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.
Un’atmosfera amorevole nella tua casa deve essere il fondamento della tua vita.
Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.
Condividi la tua conoscenza. E’ un modo di raggiungere l’immortalità.
Sii gentile con la Terra.
Almeno una volta l’anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima.
Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l’uno dell’altro.
Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.
Ciascuno di questi principi va preso, esaminato, applicato alla propria vita, e discusso possibilmente con coach o Counselor o compagni di viaggio spirituale e formativo. Ciascuno, uno per uno.
Musashi era un Samurai. In Giappone è considerato il più grande di tutti i Samurai mai vissuti. Ha avuto il suo primo combattimento per la vita e la morte a 13 anni, un Samurai esperto voleva vendicarsi e ucciderlo.
Vendicarsi di cosa, su un 13enne? Vendicarsi, per una disputa avuta con il padre di Musashi, uccidendo il figlio. A lui non rimase che combattere.
Musashi uccise il Samurai esperto con un bastone trovato lungo la strada. Un bastone contro una spada, usato da un ragazzino, contro un Samurai esperto.
Da allora ebbe decine e decine di duelli, tutti per la vita, e mai per gioco, duelli nei quali venne affrontato anche da 10 persone contemporaneamente, che volevano sfidarlo per diventare famose o alle quali la sua presenza dava fastidio. Li uccise sempre tutti, senza nemmeno guardarli, proseguendo per la sua strada.
Questo fatto, di uccidere con un colpo e andarsene senza neanche guardare, è entrato nella filmografia su Musashi ed è diventato un “meme” mondiale.
Prima di ogni combattimento, sapeva, istintivamente e strategicamente, che avrebbe vinto. Sapeva che la sua preparazione non concedeva scampo. Non era spavaldo, solo consapevole. Non era di certo il solo ad avere capito che lo stato d’animo con cui entrava in combattimento avrebbe determinato il suo esito.
Chi ha paura d’essere battuto sia certo della sconfitta.
Napoleone Bonaparte
Accettare di sbagliare, accettare gli errori, ripartire, è essenziale, così come liberarsi dall’ossessione “americana” di dover essere sempre vincenti. Qui si sta dicendo altro: che l’idea di vittoria in una sfida, va affrontata con spirito di preparazione e senza ruminazioni mentali inutili.
Nonostante quello che i benpensanti possono rapidamente pensare e giudicare, non era un violento fine a se stesso, non fu mai né aggressivo né prepotente con nessuno, ma semplicemente, come Ronin (Samurai senza padrone), difendeva la sua libertà da chi lo voleva uccidere, in un momento del Giappone Medioevale nel quale non vi erano scelte: nei combattimenti, o si uccideva o si veniva uccisi. Quelle erano le regole. Fu tra l’altro uno dei più grandi pittori Giapponesi.
Per noi, oggi risulta difficile pensare che un pugile professionista, un kickboxer o un karateka possano essere anche Poeti o filosofi, ma in realtà il “viaggio” vero di ricerca di un praticante Marziale non è mai limitato, se interpretato in modo corretto, e si estende ad ogni campo e disciplina). Musashi ne è un esempio per tutti, e per sempre.
“Io non voglio cancellare il mio passato, perché nel bene o nel male mi ha reso quello che sono oggi. Anzi ringrazio chi mi ha fatto scoprire l’amore e il dolore, chi mi ha amato e usato, chi mi ha detto ti voglio bene credendoci e chi invece l’ha fatto solo per i suoi sporchi comodi. Io ringrazio me stesso per aver trovato sempre la forza di rialzarmi e andare avanti, sempre.”
Oscar Wilde
I 9 precetti di Musashi
Chi voglia intraprendere la via dell’Hejò (strategia)
tenga a mente i seguenti precetti.
Primo: Non coltivare cattivi pensieri.
Secondo: Esercitati con dedizione.
Terzo: Studia tutte le arti.
Quarto: Conosci anche gli altri mestieri.
Quinto: Distingui l’utile dall’inutile.
Sesto: Riconosci il vero dal falso.
Settimo: Percepisci anche quello che non vedi con gli occhi.
Ottavo: Non essere trascurato neppure nelle minuzie.
Oggi di fronte alle sfide e ai problemi veri del pianeta, di fronte alle ingiustizie e prepotenze, alle arroganze, alle cattiverie, molti non reagiscono, come fece Musashi, ma si nascondono da vigliacchi, sperando che qualcun altro, in un futuro non determinato, se ne faccia carico. Non si rendono conto che i problemi non affrontati oggi ricadranno sui nostri figli entro poco tempo.
Allora, è bene parlare di chi si impegna per produrre un contributo nelle attività umane, nello sport e fuori dallo sport, nelle arti marziali ma anche nella vita, nella società, nel dare un futuro ai ragazzi, nell’insegnare qualcosa dentro e fuori le palestre.
L’insegnamento deve assumere un preciso abito mentale.
È l’assetto del guerriero, del Samurai, del combattente, del ricercatore concentrato, del missionario che crede in una causa. Di chi non si lascia distrarre dalle cose futili e dai valori di plastica.
È l’atteggiamento focalizzato di chi desidera ottenere qualcosa che reputa importante e – durante l’esecuzione – non si lascia distrarre da altro. Di chi ha un valore e lotta per esso. Di chi fa della causa una parte di sé.
Non riguarda solo enormi imprese, ma anche e soprattutto la vita di ogni giorno.
Le lezioni di Musashi vengono da un performer che ha passato la vita a sfidare la morte, e hanno un significato odierno assoluto.
È ancora più incredibile notare come già nel 1600 Musashi concentrasse tutta la sua analisi su aspetti di enorme attualità:
sinergia tra corpo e mente durante l’azione,
correlazione tra preparazione fisica e mentale,
il fatto che la preparazione o una vittoria sia una conquista personale e non un diritto da pretendere,
che prima si debba cercare un approccio mentale e strategico valido, e solo dopo vengono i dettegli operativi.
Una lezione che nel terzo millennio moltissimi sportivi e manager devono ancora imparare.
Quando si dedicano assiduamente tutte le proprie energie all’Hejò e si cerca con costanza la verità è possibile battere chiunque e ovviamente raggiungere la supremazia, sia perché si ha il pieno controllo del proprio corpo, grazie all’esercizio fisico, e sia perché si è padroni della mente, per merito della disciplina spirituale. Chi ha raggiunto questo livello di preparazione non può essere sconfitto[3].
Dobbiamo oggi riflettere sul significato profondo che queste parole assumono: dedizione, ricerca della verità, pulizia spirituale, sono il vero messaggio di fondo. La ricerca della supremazia e della vittoria appartengono ad una realtà medioevale, vengono dall’essere nati in un certo momento storico dove questo significava vivere o morire. Se, in una mattina del 1600, qualcuno si fosse presentato a noi con una spada per ucciderci, sarebbero state drammaticamente importanti anche per noi.
Oggi i nemici veri non portano spade ma, là fuori, si aggirano ringhiando.
Si chiamano miseria, ignoranza, ipocrisia, avidità, prepotenza, arroganza, dolore esistenziale, fame, violenza, bambini che soffrono, nepotismi, corruzione, sistemi clientelari – e soprattutto- fonte di ogni male, l’incomunicabilità.
I nemici possono essere anche dentro: presunzione, chiusura mentale, perdita di senso, perdita di stima in sè, perdita di valori, perdita di orizzonti, chiusura verso nuovi concetti, auto-castrazione, smettere di sognare o credere in qualcosa, chiusura della propria prospettiva temporale in orizzonti sempre più brevi e limitati, vivere solo per se stessi.
Contro questi nemici gli insegnamenti di Musashi, e lo spirito guerriero che li anima, hanno ancora enorme senso e validità.
Respirare ogni giorno a pieni polmoni uno spirito guerriero per fini positivi è un abito mentale. Alzarsi con questo spirito, andare a dormire con questo spirito, risvegliare gli archetipi guerrieri e direzionarli per costruire, è una sfida nuova, entusiasmante, che fa onore al dono di esistere.
[1] Testo del sottocapitolo tratto con modifiche dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani
[2] Musashi, Myamoto (1644), Il libro dei cinque anelli(Gorin No Sho), edizione italiana Mediterranee, Roma, 1985, ristampa 2005, p. 61.
Chi si occupa di comunicazione da tempo e per lavoro, sa bene che le persone non acquistano solo oggetti, ma “comprano” idee, concetti, immagini mentali, simbologie da esibire. Comprano per far contento qualcuno in azienda, o per conquistare un credito relazionale.
A volte comprano quello che non gli serve. A volte non comprano ciò che gli servirebbe davvero. Ma dietro ad ogni scelta, per quanto primitiva e irrazionale, si nasconde una logica, che una mente da analista può scoprire.
La Consumer Research (scienza del comportamento di consumo), in alcuni dei suoi esponenti di punta, primo di tutti il Semiologo David Mick, ha analizzato le connessioni tra i significati che attribuiamo ai prodotti e le nostre scelte di acquisto[1]. L’esito fondamentale di una grande mole di ricerche è il valore di “auto-regalo” che i prodotti assumono (self-gifting), una “carezza psicologica” che le persone si fanno concedendosi un certo prodotto, o un certo marchio, e il valore di “simbolico” che connette larga parte degli acquisti: l’acquisto come dimostrazione di potere, o di status, di differenziazione da… o di appartenenza ad un gruppo.
La Psicologia Semiotica del Marketing si occupa di comprendere le connessioni tra “segni” esterni (es. un marchio), significati esistenziali (cosa significa per me quel marchio o simbolo), e comportamenti di acquisto.
È attenta quindi ai simbolismi che le persone associano a un prodotto o un comportamento di acquisto, quali sono i segni e segnali ai quali un cliente presta attenzione, e che valore hanno per lui.
Senza l’analisi semiotica non potremmo mai afferrare, ad esempio, il legame ancestrale che lega moto e motociclista (la moto come mezzo di libertà), e lo vedremmo solo come mezzo di trasporto. Se entriamo nell’analisi di uno specifico marchio – perderemmo di vista il significato di ribellione, potenza e voglia di trasgressione (e tanti altri simbolismi) che un motociclista appassionato associa alla sua Harley Davidson.
Altri studi analizzano il valore dimostrativo o esibitivo che hanno i comportamenti specifici di acquisto, come il recarsi in un casinò a giocare o il gioco d’azzardo, i tanti “perché nascosti, dimostrativi e auto-dimostrativi” che conducono una persona a farlo[2]. Questi studi esaminano soprattutto i bisogni profondi cui risponde questo atto, nonostante si tratti di un comportamento che esce di ogni logica apparente.
Sempre in campo semiotico, si producono analisi interessantissime, quali quelle sulle “costellazioni di consumo”: i “raggruppamenti” nei quali troviamo mescolati marchi, prodotti, tipologie di persone e strati sociali. Uno studio di Chaplin e Lowrey[3] dimostra che i bambini e ragazzi sono in grado di distinguere con precisione queste “costellazioni”, e compiono scelte di acquisto correlate, hanno “fiuto” per il mondo sociale che li circonda, come emerge da questa intervista fatta dai ricercatori:
Il mio vicino di casa, . . . è così “Crunchie” . . .hai presente… vegetariano, ambientalista, superintelligente… ma così svaccato.. si mette le Birkenstocks, guida una Prius, mangia solo cibi organici… ci scommetto che lava i panni con il detersivo Seventh Generation. . . l’”Accarezza Alberi”… non so se mi spiego… “ [ride].
(ragazza 12enne intervistata nello studio di Chaplin e Lowrey, 2010)
Una costellazione di consumo è definita come un gruppo di “prodotti complementari, specifici marchi, e/o attività di consumo utilizzate per costruire, dare significato o assumere uno specifico ruolo sociale” (Englis & Solomon)[4].
I motivi di un acquisto possono essere tanti, ma tutti portano verso il bisogno di comprensione del lato psicologico del cliente, dei comportamento di acquisto, e della correlazione con la strategia di vendita.
Un cerchio giallo all’orecchio, con sopra “qualcosa che luccica” può avere valore di “gioiello” solo se chi lo indossa lo vede come tale, in caso contrario verrebbe trattato come un sovrappeso, qualcosa di inutile.
I Semiologi del marketing hanno segnalato da tempo agli economisti un aspetto fondamentale per chi si occupa di vendita: il bisogno di concentrarsi sul “consumo di simboli”, sull’”acquisto di significati”, il meccanismo che porta una persona a volere non solo il prodotto quanto i simbolismi che quel prodotto porta con sé, per quanto irrazionali essi sembrino.
I premi Nobel Kahneman e Tversky[5] con i loro studi di psicologia economica, dimostrano come i processi decisionali umani non seguono sempre principi di razionalità, e gli umani non sono “consumatori razionali”.
A cosa affidarsi quindi? Ad alcuni valori ancestrali, come il valore della fiducia. Si diventa fornitori primari e si vende non solo per i prodotti che si possono mettere a disposizione ma anche per la capacità di generare fiducia.
La fiducia è un fatto molto personale, richiede attenzioni, sensibilità, avere un’immagine positiva alla quale non sia disdicevole accostarsi.
La distintività, su un mercato affollato di fornitori, arriva oggi dal creare relazioni che possono offrire valori aggiunti: certezza, garanzia di esserci, rassicurazione, problem solving, assumersi dei carichi che il cliente non riesce a gestire da solo o non vuole gestire.
La Psicologia della Fiducia è un intero nuovo settore della psicologia aziendale che si occupa proprio di questo: come generare (non solo a livello esteriore, ma soprattutto nei fatti) un legame di fiducia forte tra azienda e cliente[6], un “filo rosso”, un senso di sicurezza che unisce il cliente all’azienda.
Questo comprende la nostra capacità di generare certezze, e per il cliente sapere di poter contare su persone genuine, autentiche, credibili, esperte, preparate e serie, tenendo alla larga i tanti improvvisatori e disonesti.
Chi opera nelle vendite complesse diventa presto consapevole di quanto sia determinante trasferire al cliente un’immagine di identità chiara, forte, vendere chi siamo, far capire dove si colloca il nostro valore, e vendere soluzioni (Solutions Selling), far seguire alle promesse i fatti.
I clienti non acquistano solo “pezzi” (es, una fornitura di PC) ma vogliono soddisfare dei bisogni psicologici e aziendali, es. velocizzare il lavoro o far sparire il “mal di denti” dei continui malfunzionamenti informatici che li assillano e gli impediscono di concentrarsi su quello che conta, sul loro lavoro.
Per vendere soluzioni, dobbiamo essere abili nel capire i bisogni, il mondo dei problemi così come percepiti ora dal cliente. E non solo quelli evidenti, ma soprattutto quelli nascosti. Quelli che “non si dicono”.
È difficile per chiunque, e soprattutto per un dirigente, un titolare d’azienda o un buyer, affermare o “confessare” di aver scelto in precedenza un fornitore sbagliato.
Avviare il meccanismo della “confessione”, far si che un cliente si apra e “confessi” le proprie esigenze, è un risultato da vero professionista. Un risultato che richiede tempo e abilità.
È umanamente difficile confessare di aver fatto scelte di mercato che si sono rivelate errate nei fatti, o avere buchi organizzativi, personale demotivato o impreparato (con il rischio di emergere come leader poco abili), difettosità nei prodotti e lamentele dei clienti, e far trasparire i problemi reali che rischiano di dare di sé un immagine negativa.
La paura di proiettare un’immagine di sé come manager inadeguato esiste, per cui le verità vengono nascoste.
Ma verità rimangono. E di tali verità di tutti i giorni, nessuna azienda è completamente priva, nemmeno le migliori.
Da queste condizioni di bisogno non dette partono i moventi di acquisto più forti. Anzi, proprio questi elementi di realtà sono i motori della vendita.
I moventi d’acquisto si collegano a tensioni sottostanti, stati di discrepanza tra:
(1) come le cose sono, come vengono percepite ora,
(2) come il cliente le vorrebbe.
In altre parole, stati di “mancanza di omeostasi”, percezione di squilibrio, e desiderio di cambiare questi stati.
Per scoprirli, non sarà sufficiente fare domande aperte o contare sulla trasparenza, ma dovremmo arrivare alla verità con una strategia oculata, o una raccolta di informazioni da più fonti, e una forte abilità nelle tecniche di intervista e ascolto attivo.
È necessario coltivare l’abilità, nel venditore, di produrre un clima comunicazionale o “stato conversazionale” in cui si possa creare questa “confessione”, facendo emergere la verità anziché mascherarla.
Solo così avremo capito come stanno veramente le cose.
Tuttavia, le aziende – come sa benissimo chi le abita – pullulano di bugie, dette sia internamente sia all’esterno, per cui questa attività di scoperta delle verità è un gioco davvero duro, un gioco per professionisti.
Passare la barriera dell’immagine, delle menzogne, e la coltre di reciproche coperture, è un compito arduo, che richiede professionalità.
Vendere in ambienti complessi è possibile solo dopo aver capito dove si situano i gap, le dissonanze, le vulnerabilità, il “non detto”, le molle psicologiche che possono far scattare un acquisto, nella intricata rete di decisori e influenzatori. Ed è un compito che richiede formazione.
Diventano essenziali quindi non soltanto i training per l’espressività (farsi capire, saper presentare con efficacia), ma soprattutto training che coltivano le doti di ascolto attivo, analisi tattica ed empatia strategica.
Tutto questo fa parte della sfera di competenza della psicologia strategica.
La psicologia strategica è la scienza che si occupa di come generare risultati attraverso azioni comunicative e tattiche (e non, come nel caso della psicologia clinica, curare disturbi psicologici).
La psicologia positiva è una branca delle scienze psicologiche che si occupa di come generare un atteggiamento positivo in sé stessi e nel gruppo, motivazione, voglia di vivere, capacità di analisi e costruzione attiva dei fattori che possono portare una persona a raggiungere risultati, stato di benessere interiore, e resilienza (capacità di apprendere dagli errori e rialzarsi dopo un insuccesso).
La vendita consulenziale non è un insieme di procedure, è un modo di essere analisti e strateghi che attinge a piene mani alla psicologia positiva e alla psicologia strategica.
Il metodo cui stiamo lavorando unisce le tecniche della psicologia strategica e della psicologica positiva.
Lo scopo è sviluppare una mente da analista e un modo di essere “stratega positivo”: una persona che utilizza la strategia, compie analisi, apprende dagli errori, considera la sua attività come un grande laboratorio di ricerca, riesce ad immettere energie positive nel suo lavoro, ricavando gratificazione dal modo con cui lavora più che dalle aspettative altrui.
Questo modo di essere si nutre della volontà di capire, di analizzare, di comprendere, anche e persino mentalità diverse, antitetiche, o distorte, strane mappe di potere, personalità razionali e personalità contorte, irrazionali, confusionarie, entrare in sistemi decisionali noti o invece immergersi in sistemi-cliente strambi, inusuali, dissonanti, senza farsi spaventare da questi, ma anzi accettandoli come “oggetto di ricerca” e sfida professionale.
Mettersi il “camice bianco” dell’analista è fondamentale per capire i sistemi-cliente e i varchi che si possono aprire per generare una vendita non solo sporadica, ma continuativa.
La vendita consulenziale è un approccio psicodinamico alle tecniche di vendita, centrato sul concetto di empatia strategica e di counseling d’acquisto (consulenza verso i bisogni, analisi dei bisogni espressi ed inespressi).
Secondo il modello della scuola consulenziale di vendita, l’obiettivo di una vendita è di attivare una forte relazione empatica con il cliente, essere di aiuto verso i bisogni espressi, far emergere il lato inespresso, e far precedere alla vendita vera e propria un’importante fase di analisi, di ascolto attivo, di comprensione, attivando una “percezione aumentata” (Extended Cognition).
Queste capacità provengono dalla psicologia clinica, in particolare dalle tecniche del colloquio clinico, dell’intervista in profondità, dalla “terapia centrata sul cliente” di Carl Rogers, che utilizza gli strumenti fondamentali della riformulazione verbale ed emotiva, senza la quale non potremmo mai sapere se siamo “connessi” o distanti dal vissuto del cliente[7].
Nella vendita consulenziale Business to Business non può esistere conclusione di vendita senza analisi dei processi aziendali o psicologici che rendono un certo prodotto – o soluzione – importante.
Perché qualcosa diventa importante? Perché ora? Perché non ieri? E come ha risolto il problema sinora il cliente? Quanto è soddisfatto? Che differenza esiste tra ciò che dice e ciò che sappiamo? O tra ciò che dice a voce e ciò che traspare dal suo volto o dall’osservazione della sua azienda? Tra quanto si è detto in riunione e quanto si sente dire nei corridoi?
Possiamo entrare in un livello di relazione tale da far “aprire” il cliente e tirar fuori i veri bisogni, anche quelli non detti?
Per farlo servono vere e proprie metodologie e tecnologie di analisi psicologica. Ad esempio, la Consulenza di Processo (Edgar Schein)[8] offre numerosi spunti, ma nessuna scuola in sé è sufficiente. Per affrontare il mondo delle vendite complesse dobbiamo entrare in un territorio di sperimentazione.
La vendita consulenziale non ha alcuna regola prefissata e rigida, non esistono concetti rapidi o giochi ipnotici, o altre scorciatoie comportamentali: esistono solo tante competenze da apprendere, provare sul campo, per poi ritornare ad apprendere, in una palestra professionale che è anche e soprattutto palestra di vita.
Dovremo sempre tenere alto il fronte della Psicologia Positiva, come nuova scienza che può aiutarci a trovare nuove vie della crescita individuale.
La psicologia positiva ambisce alla coltivazione di uno stile di vita e di pensiero positivo, lo sviluppo delle energie mentali, la crescita dell’ottimismo e dell’ottimismo appreso[9], per costruire gli atteggiamenti che ci servono ad affrontare un mestiere duro ma ricco di enormi soddisfazioni.
[1] Gli studi fondamentali che aprono questo dibattito sono: Mick, D. (1991), Giving gifts to ourselves: A greimassian analysis leading to testable propositions. Marketing and semiotics. Selected papers from the Copenhagen Symposium. Copenhagen, Handelshojskolens Forlag.
Mick, D.G. & DeMoss, M. (1990), To Me from Me. A descriptive phenomenology of self-gifts, in Advances in Consumer Research, 17, 677-682.
Mick, D.G. (1986), Consumer research and semiotics: exploring the morphology of signs, symbols, and significante, in Journal of Consumer Research, 12, 196-213.
Mick, D.G. (1989), The semiotic motive in consumer behavior: recent insight from North American research, Paper presented at the 14th Annual Colloquioum of the International Association for Research in Economic Psychology, Sept. 24-27, Poland.
[2] Humphreys, A. (2010), Semiotic Structure and the Legitimation of Consumption Practices: The Case of Casino Gambling, in Journal of Consumer Research, October 2010.
[3] Chaplin, L.N & Lowrey, T.M (2010), The Development of Consumer-Based Consumption Constellations in Children, in Journal of Consumer Research, Vol. 36, February 2010
[4] Englis, B. G. & Michael R. Solomon (1995), To Be and Not to Be: Lifestyle Imagery, Reference Groups, and the Clustering of America, in Journal of Advertising, 24 (Spring), 13–28.
Englis, B. G. & Michael R. Solomon (1996), Using Consumption Constellations to Develop Integrated CommunicationsStrategies, in Journal of Business Research, 37 (3), 183–91.
[5] Kahneman, D. e Tversky, A. (1979), Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk, in Econometrica, 47(2), 263-291.
Kahneman, D. e Tversky, A. (1981), Judgment under Uncertainty. Heuristics and Biases, in Science.
[6] Tra i tanti articoli in merito, citiamo alcuni tra cui:
Karmarkar, U. R., & Tormala, Z. L. (2010), Believe Me, I Have No Idea What I’m Talking About: The Effects of Source Certainty on Consumer Involvement and Persuasion, in Journal Of Consumer Research, Vol. 36, April 2010.
Beverland, M. B. & Farrelly F. J (2010), The Quest for Authenticity in Consumption: Consumers’ Purposive Choice of Authentic Cues to Shape Experienced Outcomes, in Journal Of Consumer Research, Vol. 36, February 2010.
[7] Per alcuni riferimenti bibliografici su Carl Rogers, vedi bibliografia a termine volume.
Rogers, C. R. (1977), Carl Rogers On Personal Power, Delacorte Press, New York. Trad. it: Potere Personale. La forza interiore e il suo effetto rivoluzionario, Roma, Astrolabio, 1978.
Rogers, C. R. (1951), Client-Centered Therapy: Its Current Practice, Implications, and Theory, Houghton Mifflin, Boston
Rogers, C. R. (1961), On becoming a Person, Houghton Mifflin, Boston.
[8] La metodologia della Consulenza di Processo è strettamente derivata dagli studi di Psicologia Umanistica di Carl Rogers, ed è in grado di inquadrare i processi evolutivi che il cliente vive, e le sue dinamiche aziendali da un punto di vista evoluzionistico.
Tuttavia, si tratta di un metodo destinato originariamente alla consulenza di Direzione Aziendale. La sua applicazione alla vendita consulenziale va creata (ed è il nostro compito), va appresa, va studiata, e serve una formazione forte, professionale.
[9] Citiamo le opere di Myers, D. G. (1993), The pursuit of happiness: Discovering the pathway to fulfillment, well-being, and enduring personal joy, Avon, New York.
Seligman, M. E. P. (1998), Learned optimism: How to change your mind and your life (2 nd ed.), Pocket Books, New York.
Seligman, M. E. P., & Csikszentmihalyi, M. (2000), Positive psychology: An introduction. In: American Psychologist, 55, 5-14.
Anolli, Luigi (2005), L’ottimismo, Il Mulino, Bologna.
Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
Alcune domande fondamentali utili nell’autoanalisi e nel colloquio di counseling?
Come funziona la mia motivazione?
Cosa vorrei potermi concedere?
Cosa è ora che mi conceda?
Che cambiamenti positivi vorrei fare?
Qual è la mia vera destinazione?
Che ancoraggi solidi mi servono e quali sono invece catene bloccanti?
In ogni percorso di crescita personale viviamo desideri, sogni, aspirazioni, e possiamo farle diventare volontà. Le domande ci aiutano ad esplorare questi orizzonti.
Cosa pensi che succederebbe se tu aprissi una porta ad una possibilità di cambiamento?
Che barriere sento tra me e alcuni obiettivi che vorrei raggiungere?
Che modelli di relazione vorrei vivere?
Che ruolo vero vorrei interpretare e vivere nella vita?
Sviluppiamo regole comportamentali rigide che teniamo strette a noi, per tutelarci dalla paura del mondo. Altre le costruiamo nel goffo tentativo di ridurre l’incertezza sulla vita.
Molto spesso, invece di cambiare comportamenti esterni, è bene concentrarsi sul cambiare alcune regole interne, alcune priorità forti che possiamo avere assimilato nella vita ma che in alcuni casi non rispondono più alla nostra realtà.
Volere trovare una nuova centratura, una nuova via, uno stato di nuovo equilibrio, è un grande traguardo di crescita personale.
Cosa significa per te raccogliere i frutti del tuo lavoro?
Come trasformare i dubbi in esperimenti di vita che permettono di darsi nuove possibilità?
Che sigilli vogliamo mettere sul passato per aprire nuove strade, nuove prospettive, nuova luce?
Il valore di una persona non si misura nel suo possesso materiale ma nella qualità dei suoi spessori morali, e dei contributi che ha dato e potrà dare.
Possiamo lavorare per fare un salto di qualità nell’atteggiamento, nello stare nella vita in modi nuovi, puliti e ripuliti da inquinamenti mentali, da abitudini e difese nate in contesti dove oggi queste abitudini possono diventare dei limiti e non delle risorse.
Andare verso la costruzione delle risorse che attivano la nostra vita più piena è un’operazione sacra e di grande potenzialità.
I tuoi sogni e aspirazioni, quando soffocati, provocano tensioni esistenziali ma anche nel corpo, le contratture della vita diventano contratture muscolari, articolari, contratture croniche di cui non ti accorgi neanche più.
Un’attività di ascolto e auto-ascolto è fondamentale prima di tutto per sentire il nostro corpo e il flusso della nostra vita e capire cosa c’è da sbloccare.
E’ bene riconoscere le tensioni della vita e come queste si scaricano sul corpo, sulle relazioni, e innescano contrasti interni.
E’ bene capire che blocchi abbiamo, dove si localizzano? Che effetti provocano? E quando queste tensioni se ne vanno come possiamo stare meglio?
La vita è una sequenza a volte fluida, a volte bloccata, in questa vita abitiamo di volta in volta una possibilità di costruire la nostra via, e soffermarci in una stanza. Quando qualcosa chiede una tua attenzione, non far finta di niente. Dagliela.
A volte siamo nella stanza del dolore, altre volte nella stanza della speranza. E’ possibile pensare di abitare per un buon periodo di tempo nella stanza della realizzazione e del fare quello che sentiamo buono.
La nostra stanza più vera e la nostra casa e vogliamo poter essere felici di abitare questa casa, e questo è possibile.
Il tuo corpo è la tua stanza più abituale e certamente imparare a conoscere e ad abitare il tuo corpo in modo diverso è una bellissima occasione per vivere meglio.
Dal corpo, alle relazioni, alla coppia, sino all’azienda, al lavoro e all’intera vita, il messaggio di speranza va sostituito con un messaggio di possibilità concreta e di sperimentazione pratica, attivabile con un vero supporto professionale di coaching e counseling.
Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:
Cos’è la memetica? E perché è importante per noi? Una nuova scienza e le sue implicazioni per il Coaching
Memetica deriva dalla parola meme, assimilabile a traccia mentale, idea o credenza. Il “meme” è la base di ogni cosa che pensiamo, di ogni nostro pensiero.
La memetica si occupa di come idee e tracce mentali passano da individuo a individuo, così come la genetica si occupa di genie informazioni biologiche che si trasmettono da un individuo verso i propri discendenti.
Se guardiamo alle idee, ogni idea, siamo di fronte a qualcosa che è nato, è stato trasmesso, e cerca di trasmettersi a sua volta da individuo ad individuo.
Il problema è la nostra mancanza di filtro, o inadeguatezza di filtro.
Io posso essere Cristiano Cattolico e prendere a riferimento la Bibbia per frasi che mi insegnino qualcosa. Ma vi troverò due “memi” apparentemente simili e in realtà assolutamente diversi
Spuntò la luce e il sole: gli umili furono esaltati e divorarono i superbi. (Libro di Ester)
Il Signore ha abbattuto il trono dei potenti, | al loro posto ha fatto sedere gli umili. (Siracide)
Il primo passaggio è un invito ad essere umili “contro” i superbi, gli arroganti o prepotenti. Ed è, nella logica del Potenziale Umano, totalmente condivisibile, possiamo dire un meme utile.
Il secondo è sempre un invito ad essere umili, ma il “nemico” qui viene individuato nei “potenti”, quelli che oggi possiamo noi, nel 21° secolo, anche percepire come i leader, un capo di un’organizzazione, un imprenditore, qualcuno che crea qualcosa e la dirige.
Quale di questi memi avremo assimilato, quale sarà attivo in noi? Probabilmente nemmeno lo sappiamo, ma in qualche predica domenicale, un prete ha toccato questi temi quando eravamo bambini e qualcosa è passato, dell’uno o dell’altro approccio.
Se ha fatto presa il secondo, il passo verso l’autocastrazione è breve. Dal secondo deriva l’equazione “essere potenti = avere potere = male”, da qui alla paura di comandare sino alla vergogna di diventare ricchi (“beati gli ultimi che saranno i primi”), alla stigmatizzazione di chi chiunque abbia soldi, anche se ha tanto investito su di se per studiare, tanti altri memi andranno a radicarsi.
Come può questo “meme” essere compatibile con concetti di crescita personale veri? Progetti nei quali anche il benessere economico sia incluso, come uno dei riferimenti. Progetti in cui il denaro possa essere percepito come un potentissimo motore per azioni positive di cambiamento nell’umanità?
La memetica determina la tua vita.
È evidente come une genetica potente e sana sia in grado di generare figli e discendenti potenti e sani. E i portatori di buoni geni, belli, forti, alti, robusti, maschi o femmine che siano, vengo molto ricercati. Anzi, in botanica, in agricoltura, in tantissimi altri campi, si cerca di ottenere un miglioramento genetico e mai un peggioramento, per far si che le piante resistano se attaccate da parassiti e possano prosperare anche in climi difficili.
Se una genetica buona fa bene, e una malata crea organismi sofferenti, perché un bagaglio di idee e tracce mentali dovrebbe mai fare il contrario?
E quando un Coach incontra il cliente, durante un colloquio, non dovrebbe forse fare il tentativo di capire la sua memetica prima di elargire consigli?
La cattiva notizia è che la presenza di un bagaglio memetico malato genera disastri nella persona, nelle aziende e in intere nazioni, e non è sufficiente cercare di cambiare un comportamento se i memi sottostanti continuano a lavorare indisturbati. Al contrario, un bagaglio memetico sano fa da amplificatore del potenziale personale.
La buona notizia è che, mentre la genetica umana, in vita, per ora non è modificabile, la memetica lo è. Con impegno, ma lo è. Un buon Coach o Counselor diventa quindi come un chirurgo, agendo su un terreno delicatissimo, lavorando delicatamente o con forza sulle idee che una persona ha su di Sé sè e sul mondo, applicando inoltre “innesti di memi” su come poter meglio raggiungere obiettivi e risultati, partendo dal miglioramento di sè.
Come se non bastasse per capire l’importanza della memetica, vediamo una differenza tra memetica e genetica: la memetica è in grado di propagarsi quasi istantaneamente. In pochi minuti un’idea può fare il giro del globo. In pochi giorni o mesi un’azienda può essere “invasa” da un meme buono o cattivo, utile (“progettiamo il nostro futuro e diventiamo il riferimento di serietà per tutti i clienti”) o distruttivo (es., “qui si lavora e basa, poche teorie e correre, il futuro sarà quel che sarà”).
Alcuni memi aziendali, come il Just in Time, e altre “mode” manageriali, sono bolle provenienti da “virus” nati in magari sotto effetto di sostanze stupefacenti e alcool, e seminano scompiglio, hanno grande diffusione per poi morire e svanire nel nulla.
Altri permangono e resistono a ogni attacco esterno e interno.
Antichi memi, ed esempio della cultura latina, sono lì, dormienti, in attesa di essere riscoperti, come è accaduto di recente al “termalismo” e alla diffusione delle SPA (centri termali alberghieri) in tutto il mondo.
Arcaici memi recuperati, ad esempio lo slow food – non fanno altro che ripristinare idee vigenti prima – nel caso, nella realtà contadina rurale, i suoi tempi e un maggiore contatto con la natura via dalla frenesia. La New Age riprende lo spiritualismo che troviamo in ogni antica religione, unendolo a memi di forma più tecnologica (supplementi alimentari, integratori, tecniche mentali) e pratiche fisiche, arti marziali, bioenergetica, tecniche olistiche di ogni tipo.
Il meme, secondo Dawkins[1], è un replicator di informazioni culturali analogo al gene. Nelle sue parole: “Proprio come i geni si propagano da corpo a corpo attraverso sperma o uova, così fanno i memi trasmettendosi da cervello a cervello”.
Alcune analisi rese possibile dalla memetica:
nel LifeCoaching. Quali sono le tue convinzioni profonde sul concetto di “essere una brava persona” o un “bravo professionista” e come tu lo stai seguendo ora? Quali di queste ti stanno facendo del male? Quali vogliamo tenere? Di cosa vorresti liberarti? Quali nuove idee dobbiamo assorbire per stare meglio (es., su alimentazione, relazioni umane, tempo per se stessi, tornare a vivere a pieno)? Come fare a far sì che queste idee non rimangano solo idee, ma diventino poi abitudini e si radichino in te e diventino veramente tue?
nelle società: come si è diffuso l’odio verso gli ebrei durante il nazismo. Da dove è nato e come ha fatto a diffondersi, propagandosi da persona a persona?
in azienda: quali sono le tue convinzioni profonde su come ci si comporta con i collaboratori? E con i superiori? E con i colleghi di pari livello? E con i fornitori? E con i clienti? E su quando ci sta bene una litigata e quando no? E sul limite della sopportazione? E Sugli equilibri vita/lavoro? Come faccio a inserire un concetto, es “rispetto del cliente interno” in ogni membro, dai reparti produttivi sino al top management?
nello sport. Per un atleta: come faccio a dissociare le sue gare dal concetto di “ansia” e di “prestazione forzata” e associarli al concetto di “gioia di vivere”?
La natura fa enormi sforzi per trasmettere i propri geni. Ogni essere vivente è impegnato in una battaglia costante per trasmettersi e replicarsi. Lo stesso vale per le idee. Chi porta con se convinzioni, opinioni, Visioni del mondo, cerca costantemente di influenzare gli altri e trasmettere i propri memi.
Nel Coaching è essenziale esaminare lo sfondo memetico della persona. Lo sfondo riguarda la mappa delle credenze del soggetto (Belief System), la sua cultura e i suoi valori, la Visione della vita (Weltanschauung, in filosofia) e le credenze sul mondo. Come tale, ha un’influenza determinante su quello che facciamo e come lo facciamo.
E siccome il Coaching vuole modificare in meglio quello che facciamo e come lo facciamo la memetica diventa una scienza per noi cruciale.
Lo sfondo memetico
Lo sfondo memetico (sfondo di credenze) può essere inoltre analizzato in alcune aree di dettaglio. Nel sistema HPM che fa da base al mio approccio al Coaching[2] ho distinto varie fasi:
Sfondo memetico per l’area bioenergetica: Tu come pensi si possa avere un corpo sano, forte, che non ti dia problemi ma anzi ti porti dove vuoi, e ti aiuti nella vita? Questa area comprende esame di credenze e mappe mentali sul funzionamento del corpo e del rapporto corpo-mente. Questo sfondo è spesso viziato da enormità di errori e informazioni dissonanti assorbite dalle fonti più disparate, riviste, media, amici, parenti, per cui andiamo dai vegani che rifiutano ogni fonte di cibo legata agli animali (definendo il latte sangue bianco), ai fanatici delle proteine ad ogni pasto (mangio ogni cosa che abbia due occhi e un naso), dai fautori dello yoga del respiro in ogni istante della vita, ai praticanti di Mixed Martial Arts e dell’allenamento estremo. Mai dare per scontato niente. Un buon Coach deve verificare eventuali squilibri sul piano corporeo e biologico che impediscono all’individuo di avere un corpo sano e uno stile di vita sano. Nel Coaching manageriale questo è generalmente un tratto sottovalutato. Nel Coaching sportivoquesto diventa addirittura determinante.
Sfondo memetico per l’area psicoenergetica: Tu come pensi che una persona diventi forte di carattere, sana mentalmente, motivata, emotivamente matura e solida? Questo esame credenze e belief system sul funzionamento della propria motivazione e delle energie mentali. Purtroppo, ogni persona vivente ritiene di poter erogare consigli psicologici, e le fonti di assorbimento di credenze sono enormi, variegate, dissonanti. Agiscono come diffusori memetici la scuola, famiglia, amici, media, conoscenti, i messaggi religiosi, i gruppi politici, la cultura di appartenenza, il diritto, e ognuno lotta per affermare e diffondere la sua Visione delle cose. Se non impariamo a filtrare i messaggi in ingresso, ad ancorarci a nostri valori di riferimento chiari e forti, rischiamo di venire sbattuti da ogni onda, strattonati da ogni possibile persona che vuole influenzarci, vittime di ogni possibile gruppo o messaggio, sino ad ingolfare la mente ed entrare in dissonanza totale.
Sfondo memetico per l’area macro-skills: Quali aree del sapere ti farebbe bene coltivare? Quali conoscenze nuove ti servono davvero per il futuro verso il quale vuoi dirigerti? O per gli scenari che stanno arrivando? Questo sfondo di credenze e belief system è centrato sul proprio ruolo e sul funzionamento delle proprie competenze di ruolo; credenze su come “si fa carriera”, o “si migliora”, su cosa significa progredire, avanzare, su quello che dovrei conoscere e quello che posso fare a meno di conoscere, idee su quanto si possa o non si possa incidere attivamente sul proprio futuro, su dove esso è o non può essere diretto. In questo campo il Coaching è fondamentale per assistere la persona nel dotarsi di competenze indispensabili per costruire il proprio futuro anziché lasciarlo in mano al destino o alle volontà di altri. Vivere la propria vita a pieno significa anche acquisire i saperi, saper fare, e saper essere, che lo rendono possibile.
Sfondo memetico per l’area micro-skills: come pensi di poter migliorare le tue performance, nelle aree a cui tieni, e soprattutto su quali dettagli dovresti lavorare per farlo? Quest’area riguarda credenze, belief system, e consapevolezze attuali, sul grado di abilità nei dettagli di esecuzione, i possibili miglioramenti a livello micro rispetto ad attività che la persona compie e in cui vuole migliorarsi; ad esempio, migliorare l’atto respiratorio durante un gesto sportivo è una micro-competenze, un Coaching sulla respirazione durante il gesto sportivo ha pienamente senso. In campo manageriale, migliorare le tecniche di apertura di un public speaking, imparare a riconoscere le micro-espressioni, sono altrettanti esempi. Un buon Coach sa capire e far emergere quali sono i dettagli lavorabili che possono aumentare l’efficacia della persona.
Sfondo memetico per l’area progettualità e goals: come pensi si possa passare da un’idea a un progetto concreto? Quest’area riguarda credenze e belief system sul tema della propria capacità progettuale, e su come si concretizza un ideale entro un progetto; il Coaching qui è veramente fondamentale per far passare un sogno da qualcosa di utopico a un progetto realizzabile. Se sogno di dimagrire, un “progetto in tappe per dimagrire” mi sarà di enorme aiuto, e qualcuno che mi segue diventa un mio compagno di viaggio. Se voglio esplorare i mercati asiatici, devo identificare gli step da compiere, e iniziare con step praticabili molto pratici. Non posso solo sognare di farlo e fermarmi li. Se voglio pubblicare in inglese, tedesco, arabo e cinese, sarà bene che inizi a formulare un progetto specifico per ciascuna lingua, non posso sperare che un giorno per miracolo i miei libri si materializzino in uno scaffale di Pechino o di Damasco.
Sfondo memetico per l’area Valori e Visione: cosa pensi rispetto al valore vero della vita, cosa rende la vita qualcosa per cui vale la pena vivere, per cosa daresti la vita, cosa significa per te esprimere te stesso? L’area comprende esame dei valori e orizzonti di lungo periodo attivi nella persona, il sistema di valori ritenuti importanti nella vita, priorità tra valori e eventuali aspettative divergenti. Si tratta di un esame delle ideologie, dei “credo” valoriali, delle scelte di fondo che ci possono rendere un’attività soddisfazione o sacrificio. In cosa credi? Cosa è importante per te? Cosa da senso alla vita? Questo tratto è il più difficile da far emergere, toccando le scelte esistenziali, il significato stesso dell’esistenza. Se riusciamo a far emergere alcuni di questi elementi forti, essi possono costituire l’ancoraggio di qualsiasi motivazione al fare, al crescere al migliorarsi. Un faro che guida la persona nella nebbia. Un motore motivazionale enorme.
Ogni sfondo memetico (sistema di credenze attive o latenti nella persona) è viziato da false credenze e distorsioni. E, tra l’altro, nessuno salvo rare eccezioni può considerarsi in possesso di verità assolute in ogni campo del sapere.
Ciò che vale sempre – come riferimento per il Coach – è di puntare a inserire memi che potenziano la ricerca di una soddisfazione soggettiva verso la vita (life satisfaction soggettiva), rimuovendo la spazzatura mentale che troviamo nella persona, con un’enorme dose di etica professionale e di attenzione.
Memetica. Quando i memi fanno la differenza tra cosa sei e cosa vuoi diventare
I memi fanno la differenza tra attività che l’individuo vorrebbe saper svolgere e quelle che riesce a svolgere, condizionano il senso di efficacia personale, gli obiettivi che vorrebbe raggiungere e dove pensa di potersi effettivamente a spingersi (senso di potere personale). Determinano inoltra la “soglia dell’impossibile”.
Ogni intervento di formazione o di Coaching inerente il potenziale personale deve obbligatoriamente comprendere lo stato attuale delle credenze (sfondo memetico della persona) rispetto alle aree su cui vuole intervenire.
Più specificamente, dovrà inoltre analizzare le credenze attive su specifici quadranti che riguardano la performance (sfondi memetici di dettaglio), rimuovere e modificare credenze dannose rispetto agli obiettivi di Coaching, e costruire un quadro consonante rispetto agli obiettivi desiderati di crescita e sviluppo personale.
Come conseguenza, va ribadito che le azioni di Coaching in profondità e di Coaching analitico non si accontentano di cambiare il comportamento esteriore, ma devono obbligatoriamente incidere sugli sfondi memetici, sulle credenze profonde delle persone, localizzando blocchi e limitazioni, e stimolando stili di pensiero positivi.
Le nostre credenze creano una mappa del mondo che si plasma sulle nostre paure, sulle nostre incertezze, sulle nostre forze e sulle nostre conquiste.
Liberarsi dalle nostre credenze o vederle per ciò che sono, ci permette di accogliere il nuovo e moltiplicare la gioia della scoperta. (Stephen Littleword)
[1] Dawkins, R., (1976), The Selfish Gene, Oxford University Press. Trad. it. Il gene egoista, Mondadori, Milano, 1995.
[2] Per un esame completo del sistema HPM, vedi: Trevisani, Daniele (2009) “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli, Milano; Trevisani, Daniele (2013) “Personal Energy” Franco Angeli, Milano.
Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:
La memetica, la scienza delle idee, e il potere personale
Cos’è la memetica? E perché è importante per noi? Una nuova scienza e le sue implicazioni per il Coaching
Memetica deriva dalla parola meme, assimilabile a traccia mentale, idea o credenza. Il “meme” è la base di ogni cosa che pensiamo, di ogni nostro pensiero.
La memetica si occupa di come idee e tracce mentali passano da individuo a individuo, così come la genetica si occupa di genie informazioni biologiche che si trasmettono da un individuo verso i propri discendenti.
Se guardiamo alle idee, ogni idea, siamo di fronte a qualcosa che è nato, è stato trasmesso, e cerca di trasmettersi a sua volta da individuo ad individuo.
Il problema è la nostra mancanza di filtro, o inadeguatezza di filtro.
Io posso essere Cristiano Cattolico e prendere a riferimento la Bibbia per frasi che mi insegnino qualcosa. Ma vi troverò due “memi” apparentemente simili e in realtà assolutamente diversi
Spuntò la luce e il sole: gli umili furono esaltati e divorarono i superbi. (Libro di Ester)
Il Signore ha abbattuto il trono dei potenti, | al loro posto ha fatto sedere gli umili. (Siracide)
Il primo passaggio è un invito ad essere umili “contro” i superbi, gli arroganti o prepotenti. Ed è, nella logica del Potenziale Umano, totalmente condivisibile, possiamo dire un meme utile.
Il secondo è sempre un invito ad essere umili, ma il “nemico” qui viene individuato nei “potenti”, quelli che oggi possiamo noi, nel 21° secolo, anche percepire come i leader, un capo di un’organizzazione, un imprenditore, qualcuno che crea qualcosa e la dirige.
Quale di questi memi avremo assimilato, quale sarà attivo in noi? Probabilmente nemmeno lo sappiamo, ma in qualche predica domenicale, un prete ha toccato questi temi quando eravamo bambini e qualcosa è passato, dell’uno o dell’altro approccio.
Se ha fatto presa il secondo, il passo verso l’autocastrazione è breve. Dal secondo deriva l’equazione “essere potenti = avere potere = male”, da qui alla paura di comandare sino alla vergogna di diventare ricchi (“beati gli ultimi che saranno i primi”), alla stigmatizzazione di chi chiunque abbia soldi, anche se ha tanto investito su di se per studiare, tanti altri memi andranno a radicarsi.
Come può questo “meme” essere compatibile con concetti di crescita personale veri? Progetti nei quali anche il benessere economico sia incluso, come uno dei riferimenti. Progetti in cui il denaro possa essere percepito come un potentissimo motore per azioni positive di cambiamento nell’umanità?
La memetica determina la tua vita.
È evidente come une genetica potente e sana sia in grado di generare figli e discendenti potenti e sani. E i portatori di buoni geni, belli, forti, alti, robusti, maschi o femmine che siano, vengo molto ricercati. Anzi, in botanica, in agricoltura, in tantissimi altri campi, si cerca di ottenere un miglioramento genetico e mai un peggioramento, per far si che le piante resistano se attaccate da parassiti e possano prosperare anche in climi difficili.
Se una genetica buona fa bene, e una malata crea organismi sofferenti, perché un bagaglio di idee e tracce mentali dovrebbe mai fare il contrario?
E quando un Coach incontra il cliente, durante un colloquio, non dovrebbe forse fare il tentativo di capire la sua memetica prima di elargire consigli?
La cattiva notizia è che la presenza di un bagaglio memetico malato genera disastri nella persona, nelle aziende e in intere nazioni, e non è sufficiente cercare di cambiare un comportamento se i memi sottostanti continuano a lavorare indisturbati. Al contrario, un bagaglio memetico sano fa da amplificatore del potenziale personale.
La buona notizia è che, mentre la genetica umana, in vita, per ora non è modificabile, la memetica lo è. Con impegno, ma lo è. Un buon Coach o Counselor diventa quindi come un chirurgo, agendo su un terreno delicatissimo, lavorando delicatamente o con forza sulle idee che una persona ha su di Sé sè e sul mondo, applicando inoltre “innesti di memi” su come poter meglio raggiungere obiettivi e risultati, partendo dal miglioramento di sè.
Come se non bastasse per capire l’importanza della memetica, vediamo una differenza tra memetica e genetica: la memetica è in grado di propagarsi quasi istantaneamente. In pochi minuti un’idea può fare il giro del globo. In pochi giorni o mesi un’azienda può essere “invasa” da un meme buono o cattivo, utile (“progettiamo il nostro futuro e diventiamo il riferimento di serietà per tutti i clienti”) o distruttivo (es., “qui si lavora e basa, poche teorie e correre, il futuro sarà quel che sarà”).
Alcuni memi aziendali, come il Just in Time, e altre “mode” manageriali, sono bolle provenienti da “virus” nati in magari sotto effetto di sostanze stupefacenti e alcool, e seminano scompiglio, hanno grande diffusione per poi morire e svanire nel nulla.
Altri permangono e resistono a ogni attacco esterno e interno.
Antichi memi, ed esempio della cultura latina, sono lì, dormienti, in attesa di essere riscoperti, come è accaduto di recente al “termalismo” e alla diffusione delle SPA (centri termali alberghieri) in tutto il mondo.
Arcaici memi recuperati, ad esempio lo slow food – non fanno altro che ripristinare idee vigenti prima – nel caso, nella realtà contadina rurale, i suoi tempi e un maggiore contatto con la natura via dalla frenesia. La New Age riprende lo spiritualismo che troviamo in ogni antica religione, unendolo a memi di forma più tecnologica (supplementi alimentari, integratori, tecniche mentali) e pratiche fisiche, arti marziali, bioenergetica, tecniche olistiche di ogni tipo.
Il meme, secondo Dawkins[1], è un replicator di informazioni culturali analogo al gene. Nelle sue parole: “Proprio come i geni si propagano da corpo a corpo attraverso sperma o uova, così fanno i memi trasmettendosi da cervello a cervello”.
Alcune analisi rese possibile dalla memetica:
nel LifeCoaching. Quali sono le tue convinzioni profonde sul concetto di “essere una brava persona” o un “bravo professionista” e come tu lo stai seguendo ora? Quali di queste ti stanno facendo del male? Quali vogliamo tenere? Di cosa vorresti liberarti? Quali nuove idee dobbiamo assorbire per stare meglio (es., su alimentazione, relazioni umane, tempo per se stessi, tornare a vivere a pieno)? Come fare a far sì che queste idee non rimangano solo idee, ma diventino poi abitudini e si radichino in te e diventino veramente tue?
nelle società: come si è diffuso l’odio verso gli ebrei durante il nazismo. Da dove è nato e come ha fatto a diffondersi, propagandosi da persona a persona?
in azienda: quali sono le tue convinzioni profonde su come ci si comporta con i collaboratori? E con i superiori? E con i colleghi di pari livello? E con i fornitori? E con i clienti? E su quando ci sta bene una litigata e quando no? E sul limite della sopportazione? E Sugli equilibri vita/lavoro? Come faccio a inserire un concetto, es “rispetto del cliente interno” in ogni membro, dai reparti produttivi sino al top management?
nello sport. Per un atleta: come faccio a dissociare le sue gare dal concetto di “ansia” e di “prestazione forzata” e associarli al concetto di “gioia di vivere”?
La natura fa enormi sforzi per trasmettere i propri geni. Ogni essere vivente è impegnato in una battaglia costante per trasmettersi e replicarsi. Lo stesso vale per le idee. Chi porta con se convinzioni, opinioni, Visioni del mondo, cerca costantemente di influenzare gli altri e trasmettere i propri memi.
Nel Coaching è essenziale esaminare lo sfondo memetico della persona. Lo sfondo riguarda la mappa delle credenze del soggetto (Belief System), la sua cultura e i suoi valori, la Visione della vita (Weltanschauung, in filosofia) e le credenze sul mondo. Come tale, ha un’influenza determinante su quello che facciamo e come lo facciamo.
E siccome il Coaching vuole modificare in meglio quello che facciamo e come lo facciamo la memetica diventa una scienza per noi cruciale.
Lo sfondo memetico (sfondo di credenze) può essere inoltre analizzato in alcune aree di dettaglio. Nel sistema HPM che fa da base al mio approccio al Coaching[2] ho distinto varie fasi:
Sfondo memetico per l’area bioenergetica: Tu come pensi si possa avere un corpo sano, forte, che non ti dia problemi ma anzi ti porti dove vuoi, e ti aiuti nella vita? Questa area comprende esame di credenze e mappe mentali sul funzionamento del corpo e del rapporto corpo-mente. Questo sfondo è spesso viziato da enormità di errori e informazioni dissonanti assorbite dalle fonti più disparate, riviste, media, amici, parenti, per cui andiamo dai vegani che rifiutano ogni fonte di cibo legata agli animali (definendo il latte sangue bianco), ai fanatici delle proteine ad ogni pasto (mangio ogni cosa che abbia due occhi e un naso), dai fautori dello yoga del respiro in ogni istante della vita, ai praticanti di Mixed Martial Arts e dell’allenamento estremo. Mai dare per scontato niente. Un buon Coach deve verificare eventuali squilibri sul piano corporeo e biologico che impediscono all’individuo di avere un corpo sano e uno stile di vita sano. Nel Coaching manageriale questo è generalmente un tratto sottovalutato. Nel Coaching sportivoquesto diventa addirittura determinante.
Sfondo memetico per l’area psicoenergetica: Tu come pensi che una persona diventi forte di carattere, sana mentalmente, motivata, emotivamente matura e solida? Questo esame credenze e belief system sul funzionamento della propria motivazione e delle energie mentali. Purtroppo, ogni persona vivente ritiene di poter erogare consigli psicologici, e le fonti di assorbimento di credenze sono enormi, variegate, dissonanti. Agiscono come diffusori memetici la scuola, famiglia, amici, media, conoscenti, i messaggi religiosi, i gruppi politici, la cultura di appartenenza, il diritto, e ognuno lotta per affermare e diffondere la sua Visione delle cose. Se non impariamo a filtrare i messaggi in ingresso, ad ancorarci a nostri valori di riferimento chiari e forti, rischiamo di venire sbattuti da ogni onda, strattonati da ogni possibile persona che vuole influenzarci, vittime di ogni possibile gruppo o messaggio, sino ad ingolfare la mente ed entrare in dissonanza totale.
Sfondo memetico per l’area macro-skills: Quali aree del sapere ti farebbe bene coltivare? Quali conoscenze nuove ti servono davvero per il futuro verso il quale vuoi dirigerti? O per gli scenari che stanno arrivando? Questo sfondo di credenze e belief system è centrato sul proprio ruolo e sul funzionamento delle proprie competenze di ruolo; credenze su come “si fa carriera”, o “si migliora”, su cosa significa progredire, avanzare, su quello che dovrei conoscere e quello che posso fare a meno di conoscere, idee su quanto si possa o non si possa incidere attivamente sul proprio futuro, su dove esso è o non può essere diretto. In questo campo il Coaching è fondamentale per assistere la persona nel dotarsi di competenze indispensabili per costruire il proprio futuro anziché lasciarlo in mano al destino o alle volontà di altri. Vivere la propria vita a pieno significa anche acquisire i saperi, saper fare, e saper essere, che lo rendono possibile.
Sfondo memetico per l’area micro-skills: come pensi di poter migliorare le tue performance, nelle aree a cui tieni, e soprattutto su quali dettagli dovresti lavorare per farlo? Quest’area riguarda credenze, belief system, e consapevolezze attuali, sul grado di abilità nei dettagli di esecuzione, i possibili miglioramenti a livello micro rispetto ad attività che la persona compie e in cui vuole migliorarsi; ad esempio, migliorare l’atto respiratorio durante un gesto sportivo è una micro-competenze, un Coaching sulla respirazione durante il gesto sportivo ha pienamente senso. In campo manageriale, migliorare le tecniche di apertura di un public speaking, imparare a riconoscere le micro-espressioni, sono altrettanti esempi. Un buon Coach sa capire e far emergere quali sono i dettagli lavorabili che possono aumentare l’efficacia della persona.
Sfondo memetico per l’area progettualità e goals: come pensi si possa passare da un’idea a un progetto concreto? Quest’area riguarda credenze e belief system sul tema della propria capacità progettuale, e su come si concretizza un ideale entro un progetto; il Coaching qui è veramente fondamentale per far passare un sogno da qualcosa di utopico a un progetto realizzabile. Se sogno di dimagrire, un “progetto in tappe per dimagrire” mi sarà di enorme aiuto, e qualcuno che mi segue diventa un mio compagno di viaggio. Se voglio esplorare i mercati asiatici, devo identificare gli step da compiere, e iniziare con step praticabili molto pratici. Non posso solo sognare di farlo e fermarmi li. Se voglio pubblicare in inglese, tedesco, arabo e cinese, sarà bene che inizi a formulare un progetto specifico per ciascuna lingua, non posso sperare che un giorno per miracolo i miei libri si materializzino in uno scaffale di Pechino o di Damasco.
Sfondo memetico per l’area Valori e Visione: cosa pensi rispetto al valore vero della vita, cosa rende la vita qualcosa per cui vale la pena vivere, per cosa daresti la vita, cosa significa per te esprimere te stesso? L’area comprende esame dei valori e orizzonti di lungo periodo attivi nella persona, il sistema di valori ritenuti importanti nella vita, priorità tra valori e eventuali aspettative divergenti. Si tratta di un esame delle ideologie, dei “credo” valoriali, delle scelte di fondo che ci possono rendere un’attività soddisfazione o sacrificio. In cosa credi? Cosa è importante per te? Cosa da senso alla vita? Questo tratto è il più difficile da far emergere, toccando le scelte esistenziali, il significato stesso dell’esistenza. Se riusciamo a far emergere alcuni di questi elementi forti, essi possono costituire l’ancoraggio di qualsiasi motivazione al fare, al crescere al migliorarsi. Un faro che guida la persona nella nebbia. Un motore motivazionale enorme.
Ogni sfondo memetico (sistema di credenze attive o latenti nella persona) è viziato da false credenze e distorsioni. E, tra l’altro, nessuno salvo rare eccezioni può considerarsi in possesso di verità assolute in ogni campo del sapere.
Ciò che vale sempre – come riferimento per il Coach – è di puntare a inserire memi che potenziano la ricerca di una soddisfazione soggettiva verso la vita (life satisfaction soggettiva), rimuovendo la spazzatura mentale che troviamo nella persona, con un’enorme dose di etica professionale e di attenzione.
I memi fanno la differenza tra attività che l’individuo vorrebbe saper svolgere e quelle che riesce a svolgere, condizionano il senso di efficacia personale, gli obiettivi che vorrebbe raggiungere e dove pensa di potersi effettivamente a spingersi (senso di potere personale). Determinano inoltra la “soglia dell’impossibile”.
Ogni intervento di formazione o di Coaching inerente il potenziale personale deve obbligatoriamente comprendere lo stato attuale delle credenze (sfondo memetico della persona) rispetto alle aree su cui vuole intervenire.
Più specificamente, dovrà inoltre analizzare le credenze attive su specifici quadranti che riguardano la performance (sfondi memetici di dettaglio), rimuovere e modificare credenze dannose rispetto agli obiettivi di Coaching, e costruire un quadro consonante rispetto agli obiettivi desiderati di crescita e sviluppo personale.
Come conseguenza, va ribadito che le azioni di Coaching in profondità e di Coaching analitico non si accontentano di cambiare il comportamento esteriore, ma devono obbligatoriamente incidere sugli sfondi memetici, sulle credenze profonde delle persone, localizzando blocchi e limitazioni, e stimolando stili di pensiero positivi.
Le nostre credenze creano una mappa del mondo che si plasma sulle nostre paure, sulle nostre incertezze, sulle nostre forze e sulle nostre conquiste.
Liberarsi dalle nostre credenze o vederle per ciò che sono, ci permette di accogliere il nuovo e moltiplicare la gioia della scoperta. (Stephen Littleword)
[1] Dawkins, R., (1976), The Selfish Gene, Oxford University Press. Trad. it. Il gene egoista, Mondadori, Milano, 1995.
[2] Per un esame completo del sistema HPM, vedi: Trevisani, Daniele (2009) “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli, Milano; Trevisani, Daniele (2013) “Personal Energy” Franco Angeli, Milano.
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Si deve a Carl R. Rogers il contributo identificato in letteratura come “approccio centrato sulla persona” o “approccio centrato sul cliente”, che ha dato vita alla scuola metodologica del counseling e della psicologia umanistica.
Il potenziale umano secondo Rogers dipende dal raggiungimento di uno stadio di sviluppo personale ottimale.
Lo sviluppo ottimale significa che ogni organismo sano continui a cercare di soddisfare il proprio pieno potenziale, con un atteggiamento fluido di ricerca continua e senza standard fissi.
Rogers in particolare individua sette caratteristiche che permettono lo sviluppo del potenziale umano verso quella che egli definisce una “persona pienamente funzionante” (“fully functioning person“)[1]
Una crescente apertura all’esperienza – le persone pienamente funzionanti si allontanano progressivamente da uno stato di difensività permanente, e non apprezzano gli stati di soggezione.
Un approccio esistenzialmente crescente – vivere ogni momento a pieno – senza il bisogno di distorcere le percezioni per adattarle alla propria personalità o al proprio concetto di sè, ma permettendo alla propria personalità e al proprio concetto di sè (“self-concept“) di vivere quelle esperienze. Il risultato è un crescente livello di energie, di interesse, adattabilità, tolleranza, spontaneità, e riduzione delle rigidità.
Crescente fiducia nell’organismo e fiducia in sè – aumenta la fiducia in sè e nei propri sensi e intuiti, l’abilità di scegliere i comportamenti appropriati per ciascun singolo momento, si riducono le condizioni di ansia decisionale e incertezza. Le persone che sviluppano un buon livello del proprio potenziale personale non hanno l’esigenza di affidarsi incondizionatamente a rigidi codici preesistenti e norme sociali preordinate, ma sono aperti all’esperienza e sanno che potranno fidarsi di sè stessi nel decidere cosa è giusto e sbagliato.
Libertà di scelta – non essendo incatenati dalle prescrizioni che influenzano le persone incongruenti, sono in grado di compiere una grande gamma di scelte con maggiore fluidità. Sono convinti che essi stessi giocano un ruolo importante nel determinare il proprio personale comportamento e si sentono responsabili per i propri comportamenti.
Creatività– il maggiore stato di libertà esistenziale produce maggiore creatività in modo spontaneo. Le persone saranno più creative nel modo in cui si adattano alle proprie personali circostanze senza sentire un bisogno di conformismo.
Affidabilità e costruttività – ci si può fidare sul fatto che queste persone agiranno in modo costruttivo. Un individuo che sia aperto verso tutti i propri bisogni riuscirà a mantenere un equilibrio tra essi. Persino i bisogni aggressivi saranno accompagnati e bilanciati da bisogno di bontà intrinseca che esiste nelle persone congruenti.
Una vita vissuta a pieno (“rich full life“) – Rogers descrive la vita delle persone pienamente funzionanti come moralmente ricca, piena ed eccitante, in cui la persona vive sia esperienze di gioia che di dolore, di amore e di sofferenza, di paura e di coraggio, più intensamente. Si produce in questo modo uno stato di maggiore “capacità di vivere nelle emozioni” opposto ad una “anestesia emotiva costante”. La descrizione di Rogers di “una buona vita” è lontana dalla visione di una vita statica, come osserviamo dalle sue stesse parole: Questo processo di buona vita non è, ne sono convinto, una vita per deboli di cuore. Comprende l’allargamento e la crescita nel divenire più e più aperti alle proprie potenzialità. Riguarda il coraggio di essere. Significa lanciare se stessi pienamente all’interno del “flusso della vita” (stream of life).
Da queste riflessioni derivano alcune competenze pratiche per chi si occupa di formazione, di coaching e counseling:
Saper costruire laboratori esperienziali
Saper individuare le resistenze e obiezioni latenti
Saper sviluppare percorsi di coaching individuali
Sviluppare percorsi di coaching di gruppo
Creare strumenti di monitoraggio dei risultati
Tecniche di colloquio sotto stress
Gestione dello stress
Supervisione di sessioni di coaching e counseling
Coaching destrutturato: abilità di ascolto e sviluppo del “flusso” di quanto accade, senza predisposizione di gabbie metodologiche
Strutturare percorsi di coaching e counseling tramite moduli specifici e denominabili (approccio strutturato)
Individuare le “scale di apprendimento” e gli step di apprendimento
La ricerca di un’organizzazione interiore ancora prima che esterna
Competenze relazionali avanzate per operare in contesti di coaching complessi e aziende o organizzazioni complesse
Autocontrollo in condizioni critiche
Su cosa agire: livelli del Training Mentale per il coaching e counseling aziendale
Attenzione
Memoria
Concentrazione
Su cosa agire: livello avanzato
Attenzione al livello fisico e agli stati fisici
Livello emotivo e rigenerazione emotiva
Livello mentale, capacità di ascolto delle mappe mentali
Sviluppo della pace interiore e stabilità personale
Sviluppo delle aspirazioni alla ricerca continua
Sviluppo delle capacità sensoriali e micro-sensoriali
Abilitazione delle capacità spirituali
Individuare e rimuovere le nevrosi organizzative nei contesti di gruppo
Capire in profondità gli scenari
Saper creare domande che aprono ragionamenti importanti
Mantenere un flusso organizzato e costante di azioni di coaching e counseling
Avere il coraggio di fare e farsi domande crescentemente sfidanti
[1] Carl Rogers (1961), On becoming a person: A therapist’s view of psychotherapy. Constable, London. Isbn=1-84529-057-7
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