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Paura di pensare e senso di colpa nel pensare – la Spirale del Silenzio, in Azienda e non solo

© Daniele TrevisaniStudio Trevisani Human Potential & Communication Research

Le analisi riguardano spesso ciò che si dice, raramente ciò che non si dice.

Ho incontrato il concetto di Spirale del Silenzio nei miei studi sulle comunicazioni di massa già negli anni ’80 (vedi nota per approfondimenti e bibliografia). Ngli anni ’90, nonostante due anni trascorsi negli USA per conseguire il Master in Mass Communication alla University of Florida, questo concetto era già stato rimosso dagli studi ufficiali in molte facoltà. Rimosso, sparito, annullato. Ancora oggi questo tema è oggetto di “censura”. Credo utile quindi dare un contributo con nuove idee e stimoli, per chi opera nelle Risorse Umane, nella Formazione, nella Pedagogia e nella Psicologia:

La sintesi del meccanismo della Spirale del Silenzio (SDS): un’idea non conforme viene repressa, un pensiero che “non ci dovrebbe essere” viene negato, una frase che non è adeguata viene inghiottita, e piano piano avviene una epurazione progressiva di temi dal dibattito pubblico, dalle conversazioni quotidiane, e – all’ultimo stadio – dal pensiero stesso delle persone. Questo, sia in azienda che fuori.

Tutto questo ricorda molto il film Matrix, con la differenza che questo fenomeno avviene, è reale, ed è scientificametne dimostrato. Il danno per le imprese è evidente: se ad essere rimossi o a non entrare sono concetti utili o addirittura fondamentali per il futuro aziendale, cosa succede?

Se sopravvivono in azienda solo ruffiani e integrati, chi si prenderà la briga di dire con coraggio ad un Amministratore Delegato o alto dirigente che una sua strategia è sbagliata e può portare alla rovina dell’azienda stessa? Una impresa sana dovrebbe avere a fianco costantemente dei consulenti che cercano di immettere nuovi concetti utili (iniezione memetica), e localizzano i pensieri dominanti da mettere in discussione o quantomeno confutare (analisi memetica).

Il problema riguarda l’opinione pubblica in generale,  l’economia, le aziende, il pensiero manageriale, e ogni singola famiglia, che si conforma purtroppo a mode, a trend manageriali del momento, o ai reality.

In azienda – chi arriva da fuori lo vede subito – si pensa spesso con il paraocchi della cultura di direzione. In pratica, nelle aziende “si sente parlare” solo di un ristrettissimo ambito di temi, i temi conversazionali sono impoveriti, la vera innovazione non entra mai, espulsa costantemente dal meccanismo della SDS.

Essere “sudditi psicologici” non significa tanto eseguire, ma soprattutto tacere, o meglio parlare solo nei confini degli argomenti e dei temi che sono “ammessi”, e non deviare mai dalle aspettative. Chi devia viene punito. L’inquisizione ne è un esempio storico.

Le conseguenze dannose sono molto pratiche e concrete: ad esempio, in certe aziende, gli alti dirigenti diventano non più criticabili. Alcuni dirigenti finiscono per diventare intoccabili, anche quando il loro pensiero si fa confuso o delinquenziale, dannoso (vedi i casi di Enron, Parmalat, Coop Costruttori, e tanti altri crac prodotti soprattutto dalla impossibilità di criticare le scelte dirigenziali, indotta tramite sudditanza psicologica).

Ma il problema non si limita all’azienda. In università se parli bene dei militari sei un fascista. Tra i militari americani se dici che pratichi yoga dicono che sei gay. Le cose si fanno di nascosto, poi non si fanno nemmeno più, non si dicono, o anzi, meglio, non si devono nemmeno pensare.

Questa spirale del silenzio non è solo esterna e sociale, ma diventa anche un silenzio interiore: e non si tratta del il silenzio della quiete, ma un silenzio analogo al post-atomico, dove ogni cosa che “spuntava” o “emergeva” dal livello zero viene rasa al suolo.

In questo mio percorso di ricerca sulla Spirale del Silenzio, ho condotto un’analisi estesa di ricerca dei pensieri repressi, tramite interviste in profondità ad un campione di 400 italiani, su una vasta categoria di casi, da manager a persone comuni, dai 18 ai 75 anni, in occasione di un progetto di ricerca ancora in corso. E’ opportuno iniziarne a divulgare i risultati.

Vediamo alcuni esempi di pensieri e “ruminazione mentali” ad essa collegata, tratti da questa indagine:

  • Vorrei che ci fosse la pena di morte immediata per chi compie atti di abuso sessuale verso i bambini, o chi rapisce i bambini per fini sessuali. Ma verrò additato come un fanatico?
  • Vorrei dire che ogni tanto mi piace pregare, ma credo in una spiritualità tutta mia, non riconosco la figura del Papa ma credo in qualcosa. Allo stesso tempo mi piace pregare nella Chiesa e ammiro la figura di Cristo, non sono però veramente certo che sia esistito o che sia vero quello che ci dicono sulla sua vita e storia. Diranno che sono un anticattolico?
  • Vorrei che la gente smettesse di guardare la stupida tv commerciale e si dedicasse a letture che nutrono la mente. Penseranno che sono una vecchia rincoglionita?
  • Vorrei essere di destra ma la mia famiglia è di sinistra. Come faccio?
  • Vorrei essere di sinistra ma la mia famiglia è di destra. Cosa diranno?
  • Oddio, tutta la mia famiglia si aspetta da me che io sia il nuovo capitano dell’azienda, raccolta la tradizione del padre e del nonno, e la tramandi, ma io se potessi farei il cuoco, adoro cucinare. Sarà pazzia? Meglio tornare con i piedi per terra.
  • Provo disagio verso l’idea che il mio matrimonio possa diventare come quello dei miei genitori e me ne vergogno. Quindi taccio, taccio anche il pensiero stesso, gli metto un coperchio sopra. Come andranno le cose?
  • Vorrei dire che l’americano medio è molto stupido e ignorante culturalmente, diranno che sono un comunista?
  • Vorrei dire che Mussolini ha fatto anche cose buone per l’Italia, diranno che sono un fascista?
  • Vorrei dire che la sanità e il diritto di essere curati sono inviolabili, diranno che sono un comunista?
  • Credo che l’Università sia un covo di raccomandati, politicizzati, e di nepotismo, ma come faccio a dirlo, se lo scoprono mi cacciano subito!
  • Penso che Maometto sia stata una figura importante e che la cultura araba sia piena di poeti e intellettuali meravigliosi e poco conosciuti, credo che nella religione islamica ci siano tanti elementi culturalmente validi e insegnamenti interessanti, ma andrebbe ripulita da alcuni fondamentalismi. Diranno che sono un terrorista?
  • Penso in cuor mio che chi siano molti lati oscuri e strani negli attentati dell’11 settembre? Diranno che sono uno che si lascia suggestionare da teorie visionarie?
  • Penso che Osho, nel suo delirio mistico, non sia così delirante sempre, e abbia scritto anche cose veramente interessanti e alcuni dei suoi passaggi li condivido. Diranno che sono un fedele di Osho? Oddio, cosa penseranno di me?
  • Sono un intellettuale, di sinistra, e quindi non devo fare palestra, vero?
  • Sento che vorrei fare una settimana da solo di vacanza lontano dalla famiglia, non sono più un buon padre, vero?
  • Dico che Berlusconi è stato un genio della strategia moderna, sono un filoberlusconiano?
  • Vorrei che si ripristinassero i lavori forzati e chi va in galera invece di essere un costo produca denaro per la collettività, vorrei anche che da questi lavori uno uscisse con la schiena spezzata, poca voglia di tornarci, e magari avendo appreso anche un lavoro. Sono un nazifascista?
  • Penso che si paghino troppe tasse perchè abbiamo un sacco di raccomandati che non fanno un cazzo nella pubblica amministrazione e un sacco di imprese mantenute dallo Stato, sarei quasi favorevole a una forma di sciopero fiscale controllato, o altre forme di protesta civile, per mandare a casa tutti i fannulloni che ci sono in giro e fare posto a gente che abbia voglia di lavorare. Cosa sono?
  • Credo che le università siano assediate dagli intellettuali di sinistra che non hanno mai fatto un ora di lavoro vero nella vita, padroni baroni, che lottizzano e monopolizzano tutti i reparti, e fanno entrare solo i loro amici e le puttane, clan tribali in lotta tra di loro. Perchè non c’è mai una pagina web del tipo “assumiano professori con ottime capaciutà comunicative e volonta di ricerca” nelle pagine web delle università Italiane? Perchè si entra solo per concorsi di cui tutto è già deciso prima di farli? Si può dire o sono un populista
  • La TV è il sistema ufficiale con cui il sistema culturale consumista e capitalista lobotomizza i nostri adolescenti e li riconduce nel gregge dei bravi consumatori, che faranno le loro giuste rate per il prossimo abito firmato, telefono firmato, etc… sono un comunista?
  • Penso che la PNL (NLP) sia una enorme operazione di puro marketing, i suoi fondatori – specialmente Bandler – un montato incosciente, un soggetto deprecabile, assolutamente non meritevole di essere definto terapeuta – e che quello che funziona nella PNL sia rubacchiato (ops, meglio ispirato) concettualmente da altri testi e autori, in particolare dalla Psicosintesi dello psichiatra italiano Assagioli e dalla Psicocibernetica di Maltz, e ad altri autori vari. Credo che Robbins e suoi seguaci siamo nella stragrande maggioranza degli uomini di spettacolo e non si  possano e si debbano chiamare e far chiamare formatori, e che pensano alle persone come ad un gregge di clienti.
  • Credo che tanti psicoterapeuti non sappiano assolutamente fare terapia e facciano più danni che altro, mi fa schifo la terapia breve strategica, penso sia una grande puttanata, penso che chi ha la fortuna di trovare un bravo terapeuta sia forse 1 su 100, non importa che sia o meno iscritto ad un albo. L’albo non dice un cazzo, l’iscrizione all’albo non dice proprio niente, è solo carta. Ci sono dei baristi che sono più bravi.
  • Credo che i professori delle scuole dovrebbero passare ogni anno un check-up di capacità didattica e chi non è un buon insegnante (chi non conosce le tecniche della didattica e non sa comunicare) dovrebbe essere sbattuto fuori a calci, perchè fa danni. Sono un fascistone?
  • Credo che dalla scuola superiore dovrebbero essere sbattuti fuori gli studenti che non hanno voglia di studiare, non serve a niente l’obbligo scolastico. Sono un antipedagogista?
  • Credo che quello che credo adesso non sarà quello che credo quando saprò più cose su tutto quello che non so adesso, e che cambiare idea non sia reato. Son un malato di mente dissociato?
  • Credo che dovremmo instaurare un “obbligo sociale di pulizia dalla trasmissione transgenerazionale del disagio psichico” e istituire forme di counseling e terapia obbligatoria e generalizzata, soprattutto per alcune professioni. Sono un promotore dei Gulag?
  • Credo che quello che io credo ora sia il frutto di un sacco di manipolazioni informative cui sono stato sottoposto dalla nascita, volontariamente (da alcuni media, soprattutto la RAI, e dai libri di testo scolastici, quando ero piccolo sino all’adolescenza) e dalla famiglia (involontariamente), e che sia mio compito liberarmene il più possibile e acquisire informazioni dalle fonti più varie possibile, per capire il più possibile per conto mio. La responsabilità adesso è in mano mia, non posso più incolpare nessuno.

Ve ne sono molti altri, che la mia spirale del silenzio personale mi impedisce di inserire, per paura di eccedere in trasparenza, in devianza, in sovraesposizione di quanto possano essere vasti e diversi dalla norma i pensieri umani.  In altre sedi si potrà fare.

Desidero aggiungere qualche mia riflessione personale, associandomi a questo tipo di analisi e offrendomi come soggetto:

  • Dico che Obama ha vinto anche perchè non è veramente nero, ha una nonna bianca, e il viso leggermente più da mulatto che da nero, ed è anche un bell’uomo, un buon comunicatore, ha vinto sia per le sue idee che per il volto piacevole da “nero ma non troppo nero”… sono un antidemocratico?
  • Credo che si dovrebbero proibire i film del terrore, la loro produzione e distribuzione, applicare la censura verso materiali audio e video che innescano processi di degenerazione mentale e coltivano menti deboli verso il lato più distruttivo anzichè farli crescere. Voglio la censura, e forte, su molti media. Sono un fascista?
  • Vorrei che eroina, cocaina e altre droghe fossero prescrivibili su ricetta medica, per sradicare i business sottostanti, sono un figlio dei fiori, hippy, uno favorevole alle droghe?

© Daniele TrevisaniStudio Trevisani Human Potential & Communication Research

___Nota di approfondimento e bibliografia. Fonte Wikipedia

La teoria della spirale del silenzio venne sviluppata negli anni 1970 da Elisabeth Noelle-Neumann. Questa afferma che i media, ma soprattutto la televisione, possono avere un notevole effetto di persuasione sui riceventi e quindi più in generale sull’opinione pubblica.

Questa teoria ebbe una notevole importanza nella scienza della comunicazione per la rinascita del dibattito sui poteri di persuasioni forti dei mezzi di comunicazione, in contrasto con la scuola di pensiero di un effetto debole dei mass media sul pubblico.

Definizione

La tesi centrale della spirale del silenzio è la seguente: il costante, contemporaneo, ridondante e contorto afflusso di notizie da parte dei media può col passare del tempo causare un’incapacità nel pubblico di selezionare e comprendere i processi di percezione e di influenza dei media; in questo modo verrebbe a formarsi la cosiddetta spirale del silenzio.

In questa situazione la persona singola ha il timore costante di essere una minoranza rispetto all’opinione pubblica generale. Per non rimanere isolata, la persona anche se con un’idea diversa rispetto alla massa non la mostra e cerca di conformarsi con il resto dell’opinione generale.

Nella sua ricerca, Noelle-Neumann ha dimostrato che le persone posseggono una specie di senso statistico innato, grazie al quale riescono a capire quale è l’opinione della massa e in questo modo a conformarsi con quella dominante.

I mezzi di comunicazione di massa non fanno emergere da soli la spirale del silenzio (in quanto fenomeni simili sono stati riscontrati anche in società dove non esistono i mass media) ma accentuano la paura dell’isolamento nell’uomo e quindi il processo di adattamento all’opinione generale.

Bibliografia

  • Noelle-Neumann, Elisabeth, La spirale del silenzio – Per una teoria dell’opinione pubblica. 2002 Meltemi Editore


Altri contributi ai seguenti blog:

Blog di formazione aziendale

  • Blog sul Potenziale Umano
  • Studiotrevisani’s Weblog: Blog di psicologia e comunicazione, management
  • Altre risorse:

    Psicologia della persuasione, psicologia strategica, e senso di colpa

    © Daniele TrevisaniStudio Trevisani Human Potential & Communication Research

    Un ragazzo può viaggiare ai 180 kmh in una strada provinciale, di sera, con altri innocenti ragazzi nell’ auto, senza sentire alcun senso di colpa. Moriranno probabilmente tutti. Una ragazza può invece sentire un senso di colpa per non essere magra e praticamente anoressica come i modelli femminili che osserva nei film e in tv. In entrambi i casi siamo di fronte ad una patologia del senso di colpa, assente nel primo caso e sovra-amplificata nel secondo.

    Il senso di colpa sbagliato è uno dei mali nascosti contemporanei meno studiati e meno conosciuti. I suoi effetti sono tanto devastanti quanto poco noti.

    Se osserviamo un bambino piccolo in un teatro o ad una manifestazione musicale, o ad una sagra, lo vedremo saltare e ballare, indifferente al senso di vergogna che proverebbero gli adulti nel comportarsi nello stesso modo.  Non prova senso di colpa. Al contrario, un adulto potrebbe persino vergognarsi nell’alzarsi da una riunione “pallosa” o da una conferenza in cui un relatore abusa della sua pazienza, e provare un senso di colpa auto-distruttivo.

    Il senso di colpa è una delle basi fondamentali del disagio psichico

    Due componenti principali della generazione del senso di colpa

    1. Devi ricevere un messaggio che lo innesca: i messaggi, comportamenti e azioni che le persone a te vicine (o lontane, come nel caso di un film) lo generano, possono crearlo. Chiediti: quali sono le strategie che le persone esterne (gli altri) utilizzano per crearti un senso di colpa (volontariamente o involontariamente)?

    2. Devi avere poche difese contro quel messaggio: La tua risposta agli input conta. Quando piove, possiamo avere o meno un impermeabile e bagnarci o no. E quando arriva un messaggio che innesca il senso di colpa, abbiamo la protezione giusta? Quanto questi messaggi entrano o no, a quali sei o meno sensibile, quali ti colpiscono senza che tu abbia difese?

    Alcuni suggerimenti preliminari

    – Amentare il livello di consapevolezza su come ti funziona internamente il senso di colpa: se ti rendessi invulnerabile ad ogni tipo di messaggio o aspettativa in grado di creare senso di colpa, diventeresti probabilmente un essere pericoloso per se e per gli altri. Alcuni sensi di colpa sono utili (es, sentirsi in colpa se guido essere ubriaco o continuo a bere rischiando di morire per coma etilico), ed alcuni sono dannosi (es: senso di colpa se vado in palestra e lo vivo come un rubare tempo alla famiglia, dimenticando che se non sto bene io farà male a tutti, a me e agli altri). Capire quale senso di colpa può essere corretto e quale sbagliato è una nuova competenza psicologica che dovrebbero insegnare addirittura nelle scuole.

    –  Autodeterminarsi: Aumentare il livello di coscienza significa imparare ad autodeterminare cosa può e cosa non deve passare il nostrofiltro mentale. Significa anche lavorare per costruire un diverso filtro mentale sul senso di colpa. Significa anche prendere il filtro mentale esistente, gettarlo, e ricostruirne uno nuovo, che possa conservare alcuni tratti esistenti, ma non tutti e non necessariamente.

    Antropologia del senso di colpa: come le culture e i mass media creano i sensi di colpa

    Le culture creano specifici set di sensi di colpa, attraverso i messaggi interpersonali e quelli ricevuti dai mass media –  messaggi che interiorizzati creano stress profuso, esteso, generalizzato in chi li assorbe.

    Esempi

    • cultura giapponese: senso di colpa per la poca produttività
    • cultura USA: senso di colpa per il non avere abbastanza successo, potere, denaro, fama, abbastanza beni, abbastanza consumi, abbastanza status (terrore dell’essere classificati come loser)
    • cultura cattolica (in alcune sue varianti):  senso di colpa per il piacere sessuale fine a se stesso
    • cultura latina: senso di colpa per chi non vive relazioni interpersonali costanti e ama isolarsi o starsene in pace
    • cultura dell’effimero: (tv commerciale, reality show): senso di colpa per non essere trendy, ricchi, star sociali, senso di colpa del non essere protagonisti, senso di colpa per il non consumare ed esibire status symbol, non essere vip. Trasmissione del modello culturale “meglio partecipare ad un reality o essere attori, modelle, modelli, etc. che studiare o impegnarsi seriamente, quelli sono gli sfigati, tu devi essere alla moda, guarda come è facile…)

    La trasudazione delle aspettative e il loro trasformarsi in senso di colpa

    Le persone in relazione tra loro sono assimilabili a “sistemi di aspettative” reciprocamente attivi, e riversano aspettative che quando assimilate generano sensi di colpa, soprattutto nella parte più debole della relazione.

    I mass media allo stesso tempo riversano aspettative tramite modelli culturali che espongono implicitamente, e trasudano dai comportamenti osservati.

    Dalle aspettative esterne alle autoaspettative il passo è breve: quando le aspettative culturali e le componenti normative ti hanno impregnato a tal punto che sono parte di te, avviluppano la persona dall’interno e non più dall’esterno.

    Persuasione e senso di colpa

    Il senso di colpa ha potenti effetti persuasivi. Quando incontra una rete neuronale attivata genera dissonanza, dis-omeostasi, tensione, impulso, attivazione.

    I persuasori apprendono ad individuare le reti attive che rendono una persona vulnerabile. La localizzazione delle vulnerabilità esistenti (vulnerability mapping) è una delle attività fondamentali della ricerca sulla psicologia strategica persuasiva. La creazione delle vulnerabilità (vulnerability generation) è invece un tratto ancora più complesso e delicato, sia eticamente che tecnicamente, in quanto si occupa di come generare vulnerabilità e dissonanze che prima non esistevano.

    Neuropsicologia del senso di colpa: disambiguare il senso di colpa e le sue tracce

    Domande cui la ricerca non ha ancora dato risposte chiare:

    -quali sono i circuiti cerebrali che si attivano nel senso di colpa

    -componente fisiologica: quali sono le sub-tracce della “sensazione sentita” di senso di colpa? Il Bodily Felt Sens (BFS – Gendlin): come si manifesta nelle sue varianti iniziali, sottili, difficili da percepire o subcepire?

    Etica e senso di colpa, avviare una autoanalisi e smontare la matrice: Programmi di Search & Destroy

    Componente culturale e autoanalisi: quali sub-tracce posso scorgere? Quali sono le credenze attive nel mio belief-system, che mi rendono vulnerabile? Quali sono buone e quali cattive? Chi stabilisce i confini e in base a quali criteri culturali?

    Se faccio del male a qualcuno ingiustamente, devo sentire senso di colpa ed è giusto che sia così. Ma se non lavoro 50 ore la settimana, è giusto che provi un senso di colpa? Cosa succede se la mia componente razionale dice che non lo devo provare ma la mia parte inconscia me lo fa provare comunque? Come si insediano i sensi di colpa nella parte inconscia della mente? Quali messaggi genitoriali, sociali, ambientali che entrano e si insediano stabilmente? Come e quando succede?

    Come individuarli? → Caccia, hunting, ai sensi di colpa…

    Come sradicarli? → Clean-up, sanitization, programmi di Search & Destroy dei Memi, pulizia del campo mentale dai sensi di colpa sbagliati, dalle erbe infestanti… anche da quelle che si travestono da fiori…

    Creazione strategica del senso di colpa e comunicazione sociale strategica e persuasiva

    Un caso può aiutarci a capire: è sabato sera, un ragazzo di 20 anni sta andando forte, troppo forte, sulla sua macchina, con gli amici. Uno lo incita ad andare più forte, un altro si disinteressa immerso nel suo lettore diMP3, una ragazza – la più giovane del gruppo – ha il terrore e capisce di essere in pericolo di vita, ma non si azzarda a dirlo per paura di essere considerata una “fifona”, di essere esclusa dalla prossima serata in discoteca. Curva dopo curva l’autista vuole dimostrare quanto è potente il suo mezzo, come lui è abile al volante, deciso, forte, coraggioso. La psicologia degli archetipi direbbe che sta cercando di dimostrare i suoi tratti eroici (ma ha sbagliato modo, tempo, e sta rischiando di uccidere tutti). Abbiamo di fronte a noi una grandissima testa di cazzo al volante, che sta per uccidere se stesso, gli altri ragazzi, i loro sogni, e i sogni di tutti i loro genitori, e non prova senso di colpa nel farlo.

    Soffre della sindrome dell’archetipo del guerriero che deve “dimostrare chi sei-“, ma lo fa nel modo sbagliato. L’energia dell’archetipo è potente solo se direzionata nei canali giusti, altrimenti è distruttiva, e uccide. In questo caso, la psicologia della persuasione pone una domanda: come creare un senso di colpa nel guidatore, se non esiste o è troppo debole per contrastare il suo bisogno di dimostrazione? Come creare un senso di colpa nei viaggiatori che stanno in auto, se non si ribellano a questo tipo di pericolo imminente per la loro vita?

    Creazione del senso di colpa strategico positivo in azioni di consulenza e coaching

    Esempio tramite un caso reale:

    Un imprenditore ostinatamente persevera nell’investire in strutture fisiche e capannoni ma non ha una struttura commerciale adeguata, una rete di vendita preparata. L’azienda comincia a barcollare, la sua scelta lo conduce verso il sicuro fallimento e il peggioramento continuo e progressivo delle condizioni aziendali. La figlia capisce che andando avanti così presto sarà la fine, e chiede aiuto. I consulenti osservano la situazione e se ne rendono conto subito. Come consulenti, se la strada della persuasione razionale non funziona, dovemmo fermarci? Siamo buoni o semplicemente dei vigliacchi? Il falso buonismo è ipocrisia!

    La manipolazione è una scienza neutra, l’etica riguarda i suoi fini, ma non la tecnica. Nel caso, se riusciamo a creare un senso di colpa verso la sua perseveranza nel danneggiare l’azienda, la consapevolezza dei  danni che sta per fare alla sua famiglia e a tutti, siamo buoni o cattivi? È manipolazione pura, ma salva l’azienda, e le famiglie di tanti operai che vi lavorano, per colpa di qualcuno che vuole continuare a condurre la barca contro le rocce. Facciamo bene o male a farlo sentire in colpa? Se qualcuno vuole suicidarsi da solo che faccia, ma se vuole portare con se 100 famiglie qualcuno deve fermarlo o no! E questo “qualcuno” che ha le abilità necessarie per fermarlo, è uno sporco manipolatore o una brava persona?

    Questi e altri temi sono questioni aperte, difficili, complicate, ma ne dobbiamo parlare.

    © Daniele TrevisaniStudio Trevisani Human Potential & Communication Research

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