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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Localizzare le zone di lavoro per dirigere le energie

Il nostro scopo, come manager, formatori, coach o pedagogisti, è aiutare le persone a collocarsi correttamente nelle loro attività, rispetto a una possibile scala, esposta in fig. 3.

zone di lavoro

È sbagliato chiedere eccellenza assoluta nell’imbucare una lettera, perché questo chiederebbe alla persona di dirigere le sue migliori energie verso un atto che può essere condotto con attenzioni mediane. È invece fondamentale chiedere a un collaboratore di mettere passione ed eccellenza, per esempio, nella conduzione di un’intervista di analisi con un proprio cliente o un collega che ha problemi difficili da risolvere.

Come evidenziato in Il potenziale umano:

Localizzare dove si situino le varie attività dell’individuo o del team in questa scala, è fondamentale. Specificamente, localizzare la differenza tra il perfezionismo inutile e l’eccellenza è particolarmente importante nel metodo HPM, vista la presenza della cella “microcompetenze”, che stimola proprio ad andare alla ricerca dei dettagli significativi su cui lavorare.

Essa – ricordiamo – non è da non confondere con l’ossessione maniacale sul­l’inutile e sulla superficie.

Una delle funzioni fondamentali del coaching e della formazione consulenziale consiste proprio nell’aiutare le persone a capire su quali aree è bene investire e su quali invece sia inutile farlo ora, o non valga la pena in quanto il livello raggiunto è già sufficientemente buono.

Le persone non riescono, da sole, il più delle volte, a percepire se stesse con lucidità, a fissare bene i propri scopi, ancora meno a raggiungerli o sviluppare performance ottimali. Esiste una coltre di nebbia che offusca la visione di noi stessi e i nostri veri obiettivi. Guardare oltre non è facile, e anche una sfida, per definizione, non è semplice.

L’eccellenza si raggiunge quando si crede in qualche cosa.

I puri di cuore, e coloro che lavorano per una causa, fanno quasi sempre cose eccellenti, poiché vi mettono passione.

La tecnica e la formazione ci possono solo aiutare a trasformare la purezza del cuore e la volontà in progetti reali, tangibili e utili.

Vivere, essere puri di cuore, e morire
Per rendere immortale il nostro spirito.

Gustavo Adolfo Rol (1903-1994)

Ogni zona è caratterizzata da segnali, forti o deboli, che ci indicano la sua presenza, e per ogni zona dobbiamo addestrarci a cogliere questi segnali, nello specifico delle operazioni. Non esistono segnali assoluti validi per ogni operazione, per cui lo sforzo e l’opportunità che ci aspetta è fermarci a riflettere sulle varie zone, sui loro indicatori e segnali, e sulle possibili azioni di miglioramento.

Il coaching, la formazione, la consulenza, sono discipline che, quando fatte con passione e serietà, lavorano sul dare supporto individuale, a una squadra o intera organizzazione, per aiutarla a percepirsi correttamente, senza lenti sfuocate, a fissare veri obiettivi e fare piazza pulita di falsi obiettivi o presupposti fuorvianti, evolvere e andare verso nuove sfide, crescere, progredire. Perché il senso dell’uomo è questo: la ricerca.

Rispetto alle variabili del modello HPM, ciascuna può essere osservata come uno spazio di crescita con territori in parte conosciuti e raggiunti, in parte da conquistare ed esplorare.

La domanda non diventa se andare avanti, ma come.

Il fatto di andare avanti deve diventare un atteggiamento di fondo, forza di volontà costante.

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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  • Eccellenza operativa
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  • Lavorare sui dettagli significativi
  • Coaching
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  • Forza di volontà
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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano.

Le sei aree primarie del metodo HPM sono divise in tre macro-categorie: energie, competenze, direzionalità, e queste tre categorie a loro volta sono divise in due aree: soft e hard. Questo dà vita a sei celle di lavoro, sei aree di attività sulla crescita personale che valgono sia per le prestazioni fisiche che per quelle mentali o intellettuali. Ed inoltre, si prestano ad un’analisi delle performance sia individuali che di gruppo. 

Vorrei esprimere un concentrato di senso in una frase su cui discutere:

Le performance sono un grande banco di prova per la condizione umana…ci parlano dell’istinto umano a crescere, esplorare nuovi orizzonti, ricercare… capire chi sei… e cosa puoi arrivare a fare.

Daniele Trevisani

Ogni gara o competizione mette in moto i principi delle performance, ogni sfida aziendale, sportiva, o personale, ogni progetto, ci costringe a fare i conti con il nostro stato di preparazione e le nostre energie. Ogni volta che sentiamo la volontà di cambiare e migliorarci, la chiamata verso una vita diversa si fa strada in noi e dobbiamo imparare ad ascoltarla e non a silenziarla. Mai. Le buone intenzioni valgono poco se non diventano un progetto. E francamente, non è decisivo che un progetto abbia successo o fallisca, perché anche da ogni fallimento possiamo imparare. Possiamo evolvere solo se proviamo e ci avventuriamo in strade nuove.

Sbagli il 100% dei colpi che non spari.

(Wayne Gretzky)

Il viaggio verso la crescita delle energie umane, fisiche e mentali, è un percorso di esplorazione che deve diventare progetto, un progetto di Deep Coaching. Ognuno può progredire partendo da qualsiasi stato o condizione. Una persona depressa o ansiosa può iniziare a vedere una luce, e questo è già progresso, tanto quanto il miglioramento di un record mondiale in qualsiasi sport e disciplina. Una persona immatura può maturare… chi si sente inadeguato in un lavoro può cambiare, ri-orientarsi, formarsi. Un’impresa in crisi può generare nuove idee o trovare nuove strade, così come un’impresa vincente può fare da traino a tante startup e diventare fonte di utilità sociale per tutti.

Qualsiasi sia la condizione di partenza, occorre credere in sé stessi, nella possibilità di crescere, di migliorare, di fare dei salti in avanti. Il progresso personale e professionale avviene solo se ci lavoriamo sopra concretamente. Il miracolo della vita è talmente grande che va celebrato e non sprecato, e come sottolinea Einstein:

Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: 
uno come se niente fosse un miracolo; 
l’altro come se tutto fosse un miracolo.

Albert Einstein (citato in Michael J. Gelb, Il Genio che c’è in te)

Ogni volta che alleni il tuo corpo o la tua mente, rendi omaggio al miracolo della vita che ha reso possibile che in quel giorno tu ti sia potuto allenare e formare, mentre altri più sfortunati, non possono. Ogni giorno che incontri un pensiero buono, ringrazia per l’incontro e fallo tuo.

Approfondimento sulle sei aree di lavoro del Metodo HPM.

Approfondiamo le sei specifiche aree di lavoro di un percorso di crescita personale e professionale nel metodo HPM.

Energie fisiche (stato bioenergetico) e autostima.

Le energie corporee sono il substrato fondamentale necessario per mettere in atto qualsiasi percorso di crescita personale, qualsiasi azione o volontà, anche intellettuale o legata all’autostima. Sentire di avere un corpo vitale aiuta ad avere energia vitale. E per avere un corpo vitale bisogna allenarlo, ogni singolo giorno, anche con tecniche diverse.

Dobbiamo letteralmente usare ogni giorno una parte del nostro tempo per curare il corpo e potenziarlo, anche se questa sembri una strada periferica per il lavoro sulla crescita personale, sull’autostima, sullo sviluppo personale e professionale.

Iniziamo a battere nuove strade della vita, partendo dal corpo, e ne scorgeremo panorami prima impensabili.

Due strade divergevano nel bosco, ed io… io scelsi quella meno battuta e questo fece la differenza.

(Robert Frost)

Il corpo è la casa della nostra anima e del nostro pensiero. Persino il fatto di pensare, come pensiamo, e le attività mentali sia consapevoli che subconscie, sono processi che si basano su energie biologiche. La nostra vita e abilità, il nostro pensiero e azione, dipendono dalla qualità del sangue, dall’ossigeno, dai nutrienti, dal respiro, dai muscoli, da ogni nostro sistema organico – tutti fattori che incidono sulla lucidità e sul benessere fisico e anche mentale. Pensare, progettare, ideare, richiede energie elevate e una macchina biologica e corporea attiva, ben funzionante. Nessuno può liberarsi del proprio corpo, e quindi è meglio averlo come alleato anziché come nemico, come propulsore anziché come palla al piede, al massimo livello possibile. Le prestazioni prevalentemente intellettuali o manageriali tendono a snobbare il corpo e sottovalutare le energie corporee, così come le performance fisiche snobbano quelle mentali. Due gravissimi errori. Nel metodo HPM ci concentriamo su alcune domande: come entrano in scena le energie corporee nelle performance, anche in quelle intellettuali? Come è possibile aumentarle? Come agire sul proprio stato fisico, sulla condizione del corpo, sul suo stato di forma o condizione bioenergetica?

La linea guida fondamentale del metodo HPM suggerisce almeno una attivazione corporea o allenamento al giorno, ogni giorno, per tutta la vita, per tendere verso quello stato corporeo e bioenergetico (stato delle energie fisiche) che farà da propulsore ad ogni nostra volontà e da base solida per i nostri sogni.

Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.

(Eleanor Roosevelt)

Energie mentali (stato psico-energetico)

Non si possono domare i sognatori.
[Sonhadores nao podem ser domados].

(Paulo Coelho)

Sognare è bello. Concretizzare i sogni ancora meglio. Questo richiede però buone dosi di energie psichiche, motivazione, perseveranza. Aiutare le persone a trovare le proprie migliori energie mentali è un compito arduo e allo stesso nobile, ed uno degli obiettivi primari del Deep Coaching. Seminare nel terreno delle energie mentali e vederne i fiori crescere è una grandissima soddisfazione per qualsiasi coach e formatore serio.

Se la vita è solo un passaggio, in questo passaggio seminiamo almeno dei fiori.

(Michel de Montaigne)

Il “poter fare” dipende in larga misura dal livello di energie fisiche, mentre il “voler fare” richiede accesso alle energie mentali. È indispensabile quindi esaminare il fronte psicologico della prestazione e del benessere individuale. 

Quali sono i fattori che generano motivazione e demotivazione? Quali incidono sull’autostima e la migliorano, e quali invece la distruggono ed erodono? Possiamo fare nostro un piano di crescita delle nostre energie mentali? La risposta è si, e questo in particolare grazie al “training mentale”, una pratica del metodo Deep Coach in grado di produrre grandi miglioramenti nello stato mentale, testata su atleti campioni del mondo sino alla formazione di dirigenti, Generali ONU, comandanti di navi e leader d’azienda, così come con studenti e persone comuni.

Nel training mentale non importa quanto rapidi siano i cambiamenti, ma in genere lo sono, ed anche in modo molto evidente. Quello che conta è essere costanti, lavorare su un percorso.

Non importa quanto vai piano, l’importante è non fermarsi.

(Confucio)

Quali interventi concreti sono possibili? Se riusciamo ad isolare variabili in grado di generare o ridurre le energie mentali avremo aperto una via determinante per capire meglio come funziona l’uomo e cosa si rompe nel funzionamento della persona e delle organizzazioni quando essi non riescono a raggiungere i propri obiettivi. 

Dobbiamo inoltre introdurre il concetto fondamentale della preparazione emotiva e del training emozionale. Questo viene realizzato in specifiche sessioni di Training Mentale con metodi frutto di un nostro lavoro di ricerca che distingue tra “emozioni Alfa” (emozioni legate al risultato, competitive, agonistiche, motivate alla vittoria o conclusione), e “emozioni Beta” (il piacere dell’azione in sé, il piacere del percorso, la scoperta delle sensazioni positive durante l’azione stessa). 

Il sostegno alle emozioni Beta, reso possibile dal training mentale, significa riappropriarsi anche del proprio vissuto e gustare le piccole azioni, nella vita, nello sport e nel management, una pratica indispensabile che rappresenta una nuova sfida e offre immense opportunità per incrementare benessere, autostima, fiducia in sé stessi e piacere del vivere, del lavorare, del fare progetti.

Nel Metodo HPM si suggerisce la pratica di almeno un esercizio di training mentale o di rilassamento al giorno, tutti i giorni, per tutta la vita.

Non permettete a nessuno di indurvi a beffeggiare i sognatori.

(Napoleon Hill)

Micro-competenze

I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio.

(Leonardo da Vinci)

Le micro-competenze sono date dai dettagli minimali in grado di fare la differenza in una performance. Nel Deep Coaching, non dobbiamo mai cadere nell’ossessività, bensì nella ricerca dell’eccellenza, e questo passa anche per la ricerca di dettagli allenabili che possono fare la differenza. Le energie diventano utili e concrete quando le sappiamo tradurre in azione, e questo richiede competenze. Trasformare energie latenti in energie applicative richiede specifiche abilità. Dobbiamo quindi esaminare la realtà microscopica dei comportamenti e del pensiero, sviluppare tecniche di focusing per riuscire a scovare le abilità di dettaglio in grado di fare la differenza. Si tratta di una vera e propria “caccia” ai dettagli lavorabili ed allenabili, alle cose che altrimenti sfuggono. 

Chi vuole fare grandi cose deve pensare profondamente ai dettagli.

(Paul Valéry)

Come scoprire quindi i “dettagli che contano”, le “componenti allenabili” di una performance? Come attivare il “microscopio mentale” e il “microscopio comportamentale”? Quali spazi apre la “Mental Analysis” per capire quali sono i sistemi di pensiero e atteggiamenti mentali più efficaci nel liberarsi da blocchi e catene? E ancora, dobbiamo apprendere a “smontare” il flusso di pensiero in flussi analizzabili passo-dopo-passo (Mental Frame-by-Frame Analysis) e il flusso di comportamento in sotto-tracce analizzabili (Behavioral Frame-by-Frame Analysis). Nuove competenze, nuove sfide.

Nel Metodo HPM si suggerisce l’esame svolto assieme ad un coach per identificare quali sono i “centri di gravità” di una performance o di un progetto per poi individuare quali siano le competenze effettivamente allenabili. Questo vale sia per le performance sportive, dove dobbiamo scoprire quali siano i dettagli in grado di fare la differenza, che per le performance intellettuali o manageriali, come il public speaking e le tecniche di presentazione, le capacità di assegnare deleghe e compiti, di gestire una riunione o di essere leader.

La differenza tra qualcosa di buono e qualcosa di grande è l’attenzione ai dettagli.

(Charles R. Swindoll)

Macro-competenze

I dettagli di un singolo atto sono importanti, ma lo è anche possedere un buon ventaglio di conoscenze, una conoscenza chiamata “enciclopedica”, nel senso di “non limitata” ad uno spazio troppo stretto e angusto, solo iperspecialistico. Quello che facciamo e come lo facciamo crea in noi percorsi mentali che continuiamo a seguire ripetitivamente, spesso chiusi in una gabbia mentale che ci fa da prigione interiore. Quello che abbiamo studiato sinora, la nostra disciplina, il nostro lavoro, i nostri studi, le nostre abitudini, possono sembrare un soffice cuscino ma spesso diventano gabbie mentali e comportamentali perché non riusciamo a guardare oltre.

Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto.

(Thomas Jefferson)

Ampliare le macro-competenze significa uscire dalla gabbia mentale. È significativo il caso – visibile in un video specifico, di un’orsa liberata dopo 20 anni di cattività: continua a girare su sé stessa come fosse ancora in una gabbia virtuale. La gabbia, prima fisica, è diventata mentale. La triste reazione dell’orsa Ina dopo essere stata curata e liberata dal Libearty Bear Sanctuary Zarnesti in Romania, dimostra che le azioni creano tracce mentali che tendiamo a seguire sempre e ripetitivamente, finché non ci appropriamo di nuovi territori del sapere e di nuove competenze. Allargare le macro-competenze significa aprirsi al nuovo e rompere la gabbia mentale che ci imprigiona.

Per capire le “connessioni tra le cose” occorre conoscere più campi del sapere, e metterli in connessione. Ogni sfida richiede un profilo di competenze adeguato. Come fare una buona analisi delle competenze richieste da un ruolo che cambia? Dove sono i gap di competenze da anticipare (e non solo da colmare)? Siamo certi di sapere esattamente quali sono le nostre competenze importanti per il futuro che vorremmo o che sta arrivando? 

Se ci liberiamo dal male della presunzione, tutti noi possiamo diventare consapevoli di non sapere. Spesso gli incidenti personali di vita (critical incidents), le fasi di malessere, i test di realtà, le cadute, ci segnalano che qualcosa non va. Sia in questi casi, che nella vita quotidiana, chiediamoci cosa è bene imparare. Rimaniamo aperti. Howell, nell’introdurre il concetto di unknown incompetence (ciò che non sappiamo di non sapere) ha fatto un regalo ad ogni essere umano, stimolandolo ad andare a cercare i suoi punti ciechi nascosti. Quali sono quindi le cose che ci sfuggono di noi stessi? Quali sono invece i punti di forza personali su cui fare perno? Che tecniche di analisi utilizzare per scoprire dove indirizzarsi nel prossimo passo della propria formazione personale? 

L’analisi del livello macro ci porta inoltre a ragionare sul tema dell’entropia delle competenze, il degrado progressivo che subisce la nostra preparazione per via dell’ambiente che cambia ed evolve, e come fronteggiarlo.

Nel Metodo HPM si suggerisce di compiere ogni anno un investimento importante sulla propria formazione personale, anche e soprattutto in campi del sapere nuovi o limitrofi al nostro territorio professionale. Fare un corso all’anno non è una richiesta troppo impegnativa, ma anno dopo anno, se ci formiamo, cresceremo sempre.

Progettualità e concretizzazione

Abbiamo bisogno di desiderare, amare e avere progetti per essere ricompensati. È uno dei meccanismi della sopravvivenza.

(Clara Sanchez)

I progetti costruiscono. I progetti concreti aiutano a far diventare realtà una visione o un valore in cui crediamo. Dobbiamo quindi sempre lavorare sulla nostra capacità di tradurre la nostra missione e visione in qualche progetto concreto.

Stupende idee che non trovino mai soddisfazione e applicazione, energie mai tradotte in un progetto, ambizioni soffocate a lungo o per sempre, distruggono anziché costruire. 

Niente è più deleterio del rimanere costantemente in uno stato di tensione latente, di pulsione bloccata, un tendere a… sempre incompiuto.

Ogni idea forte o desiderio di attivazione incompleto produce danni, una vita castrata, un adagiarsi nella sofferenza senza che mai si provi un avvicinamento all’oggetto o condizione desiderata, ad uno stato superiore. 

Giorno dopo giorno soffoca chi non tenta di vivere una vita a pieno. Occorre quindi trovare sfogo applicativo, liberazione progettuale, determinazione, sviluppare le tecniche per canalizzare le energie in goals concreti. 

Nessuno può pretendere che ogni sogno si concretizzi, ma nemmeno accettiamo la castrazione di ogni nostro sogno. Che caratteristiche devono avere i progetti che puntano a conseguire risultati concreti? Vogliamo finalmente mettere mano alla nostra capacità di realizzare e concretizzare? 

Nessuno pretende record mondiali o progetti forzatamente fantastici, ma piccoli passi si, ricerca di significati si, ricerca di scopi praticabili sì. 

I progetti vanno rifiutati quando vuoti, e riprogettati come atti di espressione praticabili, concretizzabili, per generare attivazione. Ogni piccolo passo conta. Ogni micro-goal raggiunto ci fa pensare di poterne raggiungere un altro ancora e rinforza la nostra autostima.

Nel Metodo HPM consigliamo la realizzazione di almeno un progetto significativo a semestre, o altra cadenza per noi adeguata, e lavoriamo per incrementare la nostra capacità di progettazione e di realizzazione di progetti concreti.

Ricordo di aver detto al mio mentore, “Se avessi più soldi, avrei un progetto migliore”, Egli mi rispose rapidamente, “Direi piuttosto che se tu avessi un progetto migliore, avresti più soldi”. 

Vedi, non è l’importo che conta; è il progetto che conta.

(Jim Rohn)

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano.

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

  1. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie fisiche(bioenergetiche). 
  2. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie mentali(psicoenergetica),
  3. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle micro-competenze in grado di fare la differenza (micro-skills).
  4. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle macro-competenze e macro-skills.
  5. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Progettualità e capacità di fissare obiettivi da concretizzare.
  6. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Spiritualità, evoluzione della missione e visione, dei valori e del Life Purpose (scopo di vita).
  7. Corretta integrazione tra i vari livelli di intervento sulle varie celle, con una regia olistica del timing e del processo di formazione e di Deep Coaching.
  8. Per ciascuna variabile, localizzazione e pulizia del quadro di analisi da letture e diagnosi errate della situazione attuale (False X), da falsi obiettivi o obiettivi distorti (False Y), e da strumenti sbagliati per raggiungere lo scopo (False Z).

La visualizzazione grafica di questo lavoro di integrazione è presentata nel modello seguente:

Rappresentazione schematica del modello di Deep Coaching™ con False X (letture sbagliate della situazione), False Y (identificazione di obiettivi sbagliati o distorti) e False Z (strumenti che deviano dal percorso anziché centrarlo).

I Catalizzatori Formativi

Nel metodo HPM, il formatore/consulente o coach non deve mai dare per scontato che per ottenere cambiamento su una leva sia sufficiente toccare quella singola leva. In sostanza:

  • per agire sui Saperi non è sufficiente lavorare sui Saperi;
  • per agire sul Saper Fare non è sufficiente lavorare sul Saper Fare;
  • per agire sul Saper Essere non è sufficiente lavorare sul Saper Essere.

Lo spirito di riuscita è parte del Metodo HPM così come lo spirito di rinuncia non ne fa parte ed anzi è qualcosa da cui stare alla larga.

Non rinunciare a provare a fare ciò che vuoi veramente fare. Dove c’è amore e ispirazione, non credo che si possa sbagliare.

(Ella Fitzgerald)

Per tentare nuove strade della vita e progetti in cui riversare amore e ispirazione dobbiamo mettere in sinergia diversi campi di forze e diverse “sostanze”.

Nel campo della chimica è noto il fenomeno per cui due sostanze, semplicemente mescolate tra di loro, possono non legarsi affatto e rimanere divise. Se prendi delle palline di ferro e le metti in un bicchiere il ferro non si scioglierà nell’acqua, ma rimarrà sotto forma di palline. Se versi una pastiglia di aspirina nel bicchiere invece questa si scioglierà e avrai ottenuto un liquido diverso dalla semplice acqua.

Perché le strutture delle diverse molecole si leghino tra di loro profondamente è necessaria la presenza di un catalizzatore. La Catalisi è quindi il fenomeno per cui alcune reazioni chimiche vengono accelerate (catalisi positiva) o ritardate (catalisi negativa) dalla presenza di alcune sostanze, i catalizzatori.

Lo stesso accade nella formazione e nel cambiamento. Se prendiamo la “sostanza umana”, l’essere umano, e vi aggiungiamo nuovi concetti per “mere exposure” (semplice esposizione), il soggetto non li farà mai veramente propri. La nostra esperienza ci porta alla consapevolezza della necessità di utilizzare i catalizzatori positivi (es. l’azione concreta in cui sia necessario utilizzare veramente i nuovi concetti), così come di rimuovere i catalizzatori negativi dal processo formativo.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Deep coaching. Il Metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

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  • Energie fisiche
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  • Macrocompetenze
  • Mere exposure
  • Microcompetenze
  • Progettualità
  • Saper Essere
  • Saper Fare
  • Saperi
  • Sbagliare
  • Spiritualità

Il migliore coach a Milano secondo i dati di Google Scholar e Amazon è in realtà un team composto dal dott. Daniele Trevisani (Sviluppatore del Metodo di Coaching HPM e ALM), con il supporto di altri Coach Certificati HPM, tra cui la Master Coach Cristina Turconi (Master Trainer Avanzato Certificata in Coaching Metodo HPM)  certificata da Daniele Trevisani Academy.Migliore coach a Milano

Migliore Coach a Milano. Caratteristiche del Metodo HPM per il Coaching del Potenziale Umano

(Copyright, estratto dal testo “Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance“. Milano, Franco Angeli editore.)

Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, generare impulso, contributo e stimolo alla crescita della persona, dei team e delle organizzazioni.

Il metodo ha due distinte sfere di applicazione, tra di loro collegate:

  • crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling, e
  • sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.

Il metodo contiene una concezione dell’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni.

Il metodo individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascuno di noi, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire, nel suo senso più profondo.

“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali.

L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o impresa, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training aziendale serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o un’organizzazione, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere. Essere il migliore coach a Milano comporta questa presa d’atto valoriale.

Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi grafica di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

migliore coach a Milano - il metodo HPM

Migliore coach a Milano. Le caratteristiche delle 6 celle di lavoro del Metodo HPM

  • il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  • il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  • le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente, le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
  • le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;
  • goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
  • visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

Migliore coach a Milano. Le interazioni tra la 6 celle del Metodo HPM

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.

Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.

Migliore coach a Milano. Approfondimenti di psicologia del coaching

Migliore coach a Milano. Psicologia del coaching

La psicologia del coaching è un campo della psicologia applicata che applica teorie e concetti psicologici alla pratica del coaching . Il suo scopo è aumentare le prestazioni, i risultati e il benessere degli individui, dei team e delle organizzazioni utilizzando metodi basati sull’evidenza fondati sulla ricerca scientifica. [1] La psicologia del coaching è influenzata da teorie in vari campi psicologici, come la psicologia umanistica , la psicologia positiva , la teoria dell’apprendimento e la psicologia sociale .

La psicologia del coaching è iniziata formalmente come sottodisciplina psicologica nel 2000, quando il primo corso di “psicologia del coaching” è stato offerto all’Università di Sydney . Da allora si sono formate società dotte dedicate alla psicologia del coaching e riviste specializzate pubblicano ricerche sulla psicologia del coaching. Le applicazioni della psicologia del coaching vanno dal coaching atletico ed educativo alla leadership e al coaching aziendale.

Migliore coach a Milano. Contenuti

Storia antica per inquadrare il coaching.

Le prime applicazioni della teoria e della pratica psicologica al coaching (in particolare al coaching atletico) possono essere fatte risalire agli anni ’20. [2] Nel 1926 Coleman Griffith pubblicò The Psychology of Coaching: A Study of Coaching Methods in the Point of View of Psychology. [2] Sulla base delle osservazioni delle squadre di calcio e basket, Griffith ha discusso un’ampia varietà di aspetti dell’allenamento come gli effetti sullo spettatore, i problemi di allenamento eccessivo, i principi di apprendimento. [3] Griffith è stato notato come ” il primo psicologo sportivo d’America ” e un pioniere nell’applicare la scienza della psicologia al coaching. [4] Anni dopo, iniziarono ad emergere altri testi sulla psicologia del coaching. Nel 1951, John Lawther della Penn State University pubblicò Psychology of Coaching . [5] Il primo libro in WorldCat con il termine “psicologia del coaching” nel titolo è Modern Coaching Psychology di Curtiss Gaylord, pubblicato nel 1967. [6] [7]

Migliore coach a Milano. 21 ° secolo

Nonostante questi primi sviluppi, la psicologia del coaching contemporanea è stata formalmente stabilita solo all’inizio del 21° secolo. [4] Nel gennaio 2000, Anthony Grant ha implementato la prima unità di studio di “psicologia del coaching” presso l’ Università di Sydney e la sua tesi di dottorato ha posto le basi per ulteriori ricerche per stabilire il campo della psicologia del coaching come disciplina basata sull’evidenza. [8] [9] Molti psicologi del coaching considerano Grant un pioniere nel campo. [4] [10]

Un ulteriore sviluppo è iniziato nel 2006, quando l’ Australian Psychological Society (APS) ha tenuto una conferenza che ha fondato l’Interest Group in Coaching Psychology (IGCP). Fuori dall’Australia, Stephen Palmer della British Psychological Society (BPS) ha formato lo Special Group in Coaching Psychology (SGCP). [4] Sia l’IGCP che l’SGCP miravano a sviluppare ulteriormente la professione di psicologia del coaching in termini di teoria e applicazione fornendo una piattaforma per condividere ricerche ed esperienze rilevanti tra psicologi del coaching. [4] [1] [11] Dall’istituzione di IGCP e SGCP, sono state fondate più società internazionali dedicate alla psicologia del coaching in Europa, Medio Oriente e Sud Africa. [4] Il 18 dicembre 2006 è stata fondata l’International Society for Coaching Psychology (ISCP) per promuovere lo sviluppo internazionale del settore. [4] [12]

Attualmente, ci sono un certo numero di riviste peer-reviewed dedicate alla letteratura e alla ricerca sulla psicologia del coaching. Ad esempio, The Coaching Psychology (dal 2005) è fornito dall’SGCP. [13] L’IGCP e l’IGCP pubblicano congiuntamente l’ International Coaching Psychology Review (dal 2006). [14] Coaching Psychology International (dal 2009) è pubblicato dalla International Society of Coaching Psychology. [15]

Migliore coach a Milano. Influenze teoriche

Psicologia umanistica

Vedi anche: Psicologia umanistica e Terapia centrata sulla persona

L’ approccio umanistico alla psicologia è considerato un grande contributo alla psicologia del coaching. [3] Sia la psicologia umanistica che quella del coaching condividono la visione comune dell’umano come autorealizzante . Cioè, ogni volta che gli viene data l’opportunità, gli esseri umani coglieranno la capacità di migliorare se stessi. [16] La psicologia del coaching considera questo sviluppo come un processo consistente in cambiamenti positivi concreti nella propria vita. Inoltre, questo processo di crescita è intrapreso sia dal cliente che dal coach che facilita l’ autorealizzazione nei propri clienti. [1] [17]

Nella terapia centrata sulla persona di Carl Rogers , la relazione cliente-terapeuta è un elemento chiave per facilitare la crescita. [17] Pertanto, la relazione tra il coach (il facilitatore) e il cliente (lo studente) è cruciale. [18] In particolare, Rogers ha identificato tre qualità chiave in una buona relazione allenatore-cliente: “realtà” (genuinità), fiducia e comprensione empatica . [17] [18] Inoltre, viene fatta un’importante distinzione tra lavorare sul cliente e lavorare con il cliente. Un coach deve essere disposto a collaborare e impegnarsi attivamente con il cliente al fine di comprendere le sue esperienze e fare scelte che favoriscano la crescita . [17] Quando ciò viene raggiunto, il rapporto coach-cliente diventa un partenariato attivo . [19]

Inoltre, secondo Rogers, la crescita di un cliente si ottiene attraverso una considerazione positiva incondizionata . [20] Gli allenatori devono entrare in empatia con i loro clienti per comprendere le loro esperienze e punti di vista. [1] Per raggiungere questo obiettivo, il coach deve essere in grado di comprendere i propri clienti non solo a livello intellettuale, ma anche emotivo. [17] Insieme all’empatia, gli allenatori devono essere in grado di accettare i loro clienti per quello che sono veramente poiché gli individui hanno bisogno di sentirsi apprezzati per il loro ” vero sé ” al fine di autorealizzarsi . [1]

Migliore coach a Milano. Psicologia positiva

Vedi anche: Psicologia positiva

La psicologia positiva (sviluppata da Martin Seligman e altri) si sofferma sugli aspetti positivi delle caratteristiche umane come la forza e la competenza. [17] [21] [22] Al suo interno, la psicologia del coaching condivide questo focus; un coaching efficace implica il miglioramento delle prestazioni e del benessere del cliente. [23] La psicologia positiva fornisce quindi una base per il coaching. [21] La psicologia del coaching è stata considerata un tipo di psicologia positiva applicata. [23]

Le emozioni positive motivano gli individui a migliorare le proprie capacità e competenze. [24] La teoria allarga e costruisci di Barbara Fredrickson postula che le emozioni positive possono svolgere un ruolo nello stimolare non solo la motivazione , ma anche azioni produttive e benefiche. [25] Nel coaching, viene enfatizzato l’incoraggiamento delle emozioni positive al fine di ispirare i clienti a intraprendere azioni concrete verso i loro obiettivi. [17]

Oltre alle emozioni, il pieno coinvolgimento nell’attività è anche un fattore per massimizzare le proprie prestazioni. [26] Mihaly Csikszentmihalyi ha descritto questo livello di massimo coinvolgimento in un compito come flusso . In altre parole, gli individui che sperimentano il flusso sono “nella zona”. [17] Gli allenatori svolgono un ruolo nella creazione di un ambiente che induce il flusso. Ciò può essere raggiunto attraverso una definizione chiara e coerente degli obiettivi. [26] Fornire un feedback chiaro e immediato tiene anche il cliente informato sul fatto che le sue azioni stiano aiutando a raggiungere i suoi obiettivi. [17] Gli allenatori aiutano anche a trovare un equilibrio tra sfida e abilità poiché compiti troppo facili o troppo difficili per il cliente possono ostacolare il raggiungimento degli obiettivi. [17] [26]

Migliore coach a Milano. Teorie dell’apprendimento

Vedi anche: comportamentismo e teoria dell’apprendimento sociale

Il condizionamento operante (come descritto da BF Skinner ) vede l’apprendimento come un processo che coinvolge rinforzo e punizione . [27] Gli allenatori sono incoraggiati a rafforzare sempre comportamenti sani e produttivi attraverso il rinforzo verbale, come parole e immagini motivazionali. [28] Anche il rinforzo intrinseco (cioè il rinforzo dall’interno dell’individuo) può svolgere un ruolo enorme nel migliorare le prestazioni e incoraggiare l’azione diretta all’obiettivo. [19] Sebbene la punizione possa indirizzare i clienti verso i comportamenti desiderati , le prestazioni possono essere ostacolate da effetti collaterali ingiustificati, come ansia e risentimento nei confronti dell’allenatore. [19] [27]

La teoria dell’apprendimento esperienziale di David A. Kolb postula che gli individui apprendano attraverso le loro esperienze. [29] L’apprendimento esperienziale è facilitato dall’autoriflessione, dall’autovalutazione e dall’azione. [21] I coach possono incoraggiare l’autoriflessione critica delle esperienze attraverso “registri di coaching” in cui i coachee analizzare i loro pensieri ed emozioni in vari incidenti e circostanze. [21] Questo aiuta i clienti a esaminare e mettere in discussione le proprie convinzioni, atteggiamenti e comportamenti . [21] L’intuizione acquisita da questo aiuta nell’apprendimento trasformativo in cui i tirocinanti sviluppano un piano d’azione per un ulteriore auto-miglioramento e un aumento delle prestazioni in base alle proprie esperienze. [17] [29] [30]

Lev Vygotsky ha descritto la zona di sviluppo prossimale (ZPD) come uno spazio tra ciò che una persona sa (un’azione che può essere eseguita facilmente) e ciò che una persona non sa (ciò che è considerato difficile). [31] Vygotsky ha teorizzato che l’apprendimento è più efficace all’interno di questa zona. [32] I coach facilitano un apprendimento efficace fornendo ai coachee attività all’interno della ZPD, che non sono né troppo facili né troppo impegnative (questo è un processo chiamato scaffolding ). [31] [32]

La teoria dell’apprendimento sociale ha influenzato anche la psicologia del coaching. Secondo Albert Bandura , l’apprendimento osservazionale si verifica quando gli individui imparano dalle persone che li circondano (chiamati modelli ). [33] I coach dovrebbero essere consapevoli dei modelli del loro coachee in quanto ciò può modellare i loro atteggiamenti e comportamenti . [34] Inoltre, i coach dovrebbero valutare i fattori che influenzano l’apprendimento osservazionale nei loro tirocinanti, come l’attenzione e la frequenza del comportamento osservato . [34]

Migliore coach a Milano. Altre influenze

Vedi anche: Psicologia della Gestalt , Psicologia sociale , Psicologia culturale e Psicopatologia

La teoria della Gestalt spiega che le persone percepiscono gli eventi intorno a noi in un modo conforme alle loro idee, credenze ed esperienze personali. [3] I coachee devono essere guidati nella consapevolezza dei propri atteggiamenti ed esperienze, che modellano la loro percezione del mondo. [3] Concetti in psicologia sociale come influenza interpersonale e compliance enfatizzare il potente ruolo che le interazioni sociali svolgono nel plasmare il pensiero, le prestazioni e il comportamento dei coachee . [19] La psicologia culturale aiuta gli allenatori a facilitare la crescita e l’apprendimento nei clienti di vari background culturali. [35] Lo studio della psicopatologia può anche essere importante per sviluppare i metodi adeguati di coaching per individui mentalmente malati. [19]

Migliore coach a Milano.  Modelli

La psicologia del coaching ha un gran numero di modelli e strutture derivate da teorie e prove psicologiche. [1] Questi modelli sono utilizzati per guidare la pratica della psicologia del coaching e per garantire che il coaching sia informato da concetti scientificamente provati. [21]

CRESCERE

Articolo principale: modello GROW

Il modello GROW è considerato uno dei modelli di coaching comportamentale più popolari. [3] Le sue quattro fasi delineano il processo di risoluzione dei problemi, definizione degli obiettivi e miglioramento delle prestazioni. [3] [1] Il nome di ogni fase varia leggermente a seconda della fonte.

LA PRATICA

Stephen Palmer ha sviluppato il modello PRACTICE come guida alla risoluzione dei problemi e alla ricerca di soluzioni. [1] I problemi vengono identificati durante la prima fase di Identificazione del problema . [36] Successivamente, vengono sviluppati obiettivi realistici per quanto riguarda i problemi. [1] [36] Successivamente, vengono esaminate soluzioni alternative che funzionano verso gli obiettivi. [1] [36] I possibili esiti delle soluzioni vengono poi valutati criticamente durante la C onsiderazione delle conseguenze. [1] [36] In seguito, vengono scelte le migliori opzioni durante l’ individuazione delle soluzioni più fattibili. [1] [ 36] Poi arriva l’ implementazione delle soluzioni scelte. [1] [36] Il passaggio finale è la valutazione E in cui coach e coachee discutono dell’efficacia della soluzione e di eventuali lezioni apprese dall’esperienza. [1] [36]

SPAZIO

Il modello SPACE è un framework bio-psico-sociale basato sulla psicologia cognitivo- comportamentale . [37] [38] Il suo scopo è guidare il coach nella valutazione e comprensione del comportamento dei propri clienti durante situazioni specifiche. [37] SPACE è un acronimo che sta per S ocial context, P hysiology, A ction , C ognition e E motion. [38] Può essere ulteriormente suddiviso in framework più piccoli: ACE e PACE. Il framework ACE esamina le relazioni tra l’azione, le emozioni e le cognizioni dell’individuo. [38] Il framework PACE prende quindi il modello ACE e considera la risposta fisiologica o biologica che accompagna le cognizioni, le emozioni e il comportamento . [38] Infine, il modello SPACE principale tiene conto del contesto sociale in cui si verifica il comportamento . [37] [38]

Migliore coach a Milano.  Altri modelli

Sono stati sviluppati altri approcci come il modello cognitivo ABCDE per la risoluzione dei problemi. [38] I modelli OSKAR, ACHIEVE e POSITIVE derivano dal modello GROW che si concentra sulla definizione degli obiettivi, sulla ricerca di soluzioni e sulla promozione della relazione di coaching. [36] [38] Per il coaching di leadership, LASER (che sta per Learning, Assessing, Story-making, Enabling and Reframing) delinea un processo in cinque fasi per un coaching efficace. [38] Il modello transteorico del cambiamento (sviluppato da James O. Prochaska e altri) e l’ indagine di apprezzamento si concentrano sulla comprensione del processo di cambiamento e incoraggiando i clienti ad agire verso un cambiamento positivo. [1]

Applicazioni

Ulteriori informazioni: Coaching § Applicazioni

Migliore coach a Milano.  Allenamento atleti

Articoli principali: Coach (sport) , Medicina dello sport e Psicologia dello sport § Coaching

La psicologia del coaching influenza i metodi di allenamento per lo sviluppo dell’atleta . [18] Mira non solo a migliorare le prestazioni negli sport , ma anche a sviluppare gli atleti in modo olistico . [39] Pertanto, i fattori che influenzano lo sviluppo come la motivazione dell’atleta sono stati studiati attraverso teorie cognitive, sociali ed emotive. [40] Uno studio ha rilevato che il narcisismo dell’atleta ha un impatto sull’efficacia delle aspettative di prestazione stabilite dall’allenatore. [41] Il miglioramento delle abilità fisiche e mentali è studiato anche con teorie cognitivo – comportamentali . [40] La ricerca ha dimostrato che un’efficace definizione degli obiettivi migliora le prestazioni nello sport. [42] Inoltre, l’autoefficacia è anche un fattore importante che influenza lo sviluppo dell’atleta. [40] Pertanto, gli allenatori sono incoraggiati ad aumentare l’autoefficacia negli atleti attraverso feedback positivi ed essendo essi stessi un modello di fiducia in se stessi. [43] Anche le convinzioni degli allenatori sul loro livello di abilità nel coaching influenzano lo sviluppo dell’autoefficacia negli atleti. [43]

Migliore coach a Milano.  Nell’istruzione

La psicologia del coaching può essere applicata anche nelle scuole. [37] Esamina i modi più efficaci per educare gli studenti radicati nella teoria psicologica. [37] Ad esempio, le teorie sulla motivazione si concentrano sugli effetti dell’autoefficacia e della motivazione sulle prestazioni degli studenti. [37] Anche il miglioramento della fiducia e dell’autoefficacia degli insegnanti è un’area di studio per gli psicologi del coaching. [4] La psicologia del coaching guida anche studenti, insegnanti e personale nella definizione e nel raggiungimento degli obiettivi efficaci. [44] Inoltre, i metodi di coaching come il peer coaching reciproco (il processo in cui gli insegnanti valutano le prestazioni reciproche) sono incoraggiati perché coltivano il supporto e la fiducia tra gli educatori. [45] Il peer coaching in classe fornisce anche un ambiente collaborativo per gli studenti, che favorisce l’apprendimento. [45] [46]

Etica professionale e regolamentazione

Vedi anche: Coaching § Etica e standard

Guarda anche

Migliore coach a Milano. Riferimenti

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Migliore coach a Milano.  Società di psicologia del coaching

Migliore coach a Milano. Periodici di psicologia del coaching

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Il metodo HPM per il coaching

Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, generare impulso, contributo e stimolo alla crescita della persona, dei team e delle organizzazioni.

Il metodo ha due distinte sfere di applicazione, tra di loro collegate:

  • crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling, e
  • sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.

Il metodo contiene una concezione dell’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni.

Il metodo individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascuno di noi, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire, nel suo senso più profondo.

“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali.

L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o impresa, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training aziendale serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o un’organizzazione, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.

Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

  • il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  • il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  • le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente,  le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
  • le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;
  • goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
  • visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.

Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.

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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione della conoscenza.

Stephen Hawking

Agire sui saperi tramite il modello X-Y significa chiedersi quale “information gap” vogliamo colmare. Significa chiedersi “cosa deve sapere la persona dopo questo intervento di formazione o coaching, che prima non sapeva?”. I saperi sono importanti ma non sufficienti. Ed inoltre, fare “lezioni” è spesso un metodo insufficiente per creare saperi veri, solidi e interiorizzati.

Trasferire “Saperi” in modalità accademica significa trasmettere conoscenze teoriche, dati, elementi conoscitivi o culturali, tramite il metodo “ad una via”, nel quale un oratore o docente parla e/o scrive su un foglio, espone slides o schemi, legge documenti, e altri metodi similari. È il classico metodo della “lezione frontale” composta da un oratore e da un pubblico (più o meno ricettivo).

La lezione classica o frontale ha numerosi limiti e alcuni pregi. Per i pregi, come evidenzia Castagna (2003). “…. È un momento razionalizzante per antonomasia, perciò necessario nella formazione comportamentale[1].” 

La lezione si presta bene unicamente rispetto all’obiettivo di trasferire schemi, vocabolari, modelli e concetti, prima, durante o dopo un training program, ma non è assolutamente da confondere con la totalità di un training program – da considerare come azione olistica ed esperienziale, ed ancora meno è assimilabile ad un Deep Coaching, un coaching che vada veramente in profondità. 

Agire sui "saperi" tramite il Modello XY e gli obiettivi di apprendimento

Il limite insito nel procedimento della lezione risiede nel ruolo di ascoltatore passivo in cui sono relegati i discenti, limite che facilmente si ripercuote sul loro apprendimento. Come sottolinea Castagna (2003)

“Scarsa memorizzazione dei concetti e rapida caduta del livello di attenzione, derivanti dalla fatica insita nell’ascoltare, sono solo alcuni dei rischi in cui incorre lo spettatore passivo che assiste ad una lezione[2].”

Anche Knowles (2002) fa notare che:

“Coloro che escono dal nostro sistema scolastico non sanno come apprendere, sanno solo come ricevere un insegnamento.” [3]

La tassonomia di Bloom sugli Educational Objectives (obiettivi di apprendimento):

Se vogliamo trasmettere dei saperi, dobbiamo almeno chiederci quale uso desideriamo si faccia degli stessi. Può essere utile tornare qui sulla tassonomia di Bloom[4] sugli Educational Objectives relativa a sei livelli di apprendimento:

  1. remember, recall & knowledge: ricordo, conoscenza dei concetti;
  2. comprehension, understanding: capire veramente il tema;
  3. application: saper applicare il tema o modello ad un problema;
  4. analysis: saper analizzare usando il tema o modello studiato;
  5. synthesis: sintetizzare, saper creare e progettare facendo uso dei concetti appresi e dei modelli dimostrando capacità di sintesi;
  6. evaluation: saper valutare facendo uso dei concetti e modelli appresi.
La Tassonomia di Bloom

Come si nota, le fasi superiori, per concretizzarsi, richiedono una “scalata” dal basso verso l’alto, verso capacità autonome.

Secondo Bloom, definire gli obiettivi o goals formativi in termini di capacità comportamentali aiuta a fissarli meglio[5].

Da questa riflessione sono nate molte applicazioni successive che collegano ogni fase a verbi d’azione che possono essere utilizzati come target di apprendimento. Un primo esempio viene da Huitt[6]:


Target di apprendimento - Huitt

Da questo lavoro di ricerca estrapoliamo il seguente principio del Deep Coaching:

Principio 6: Progressione dei livelli di conoscenza e Modelli di Crescita nel Deep Coaching

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

  1. remember, recall & knowledge: ricordo, conoscenza dei concetti; riuscire a ricordare le variabili chiave di un modello di sviluppo che si intende usare;
  2. comprehension, understanding: capire veramente il tema; capire veramente il cuore e il senso del modello;
  3. application: saper applicare il tema o modello ad un problema;
  4. analysis: saper analizzare un obiettivo o problema usando il tema o modello studiato;
  5. synthesis: sintetizzare, saper sintetizzare le variabili chiave, saper creare e progettare facendo uso dei concetti fondamentali appresi nel modello;
  6. evaluation: saper compiere valutazioni, di persone, aziende o obiettivi e problemi, facendo uso dei concetti appresi nel modello.

Se non compiamo questa scalata che parte dalla conoscenza concettuale fino ad arrivare ad utilizzare pienamente un modello, potremmo dire di avere solo un’effimera illusione di conoscenze, e non conoscenze vere.


[1] Castagna; M (2003). “Role playing, autocasi ed esercitazioni psicosociali” Franco Angeli, Milano, p.16.

[2] Castagna, M (2003). “Progettare la formazione. Guida metodologica per la progettazione del lavoro in aula” Franco Angeli, Milano, p. 46.

[3] Knowles, M (2002). “Quando l’adulto impara: pedagogia e andragogia” Franco Angeli, Milano.

[4] Bloom Benjamin S. and David R. Krathwohl. Taxonomy of Educational Objectives (1956). The Classification of Educational Goals, by a committee of college and university examinersHandbook I: Cognitive Domain. New York, Longmans, Green.
Bloom S. Benjamin (1984). Taxonomy of educational objectives. Allyn and Bacon, Boston, MA. Pearson Education. 

[5] Bloom, Robert S., Stating Educational Objectives in Behavioral Terms, Nursing Forum 14(1), 1975, 31-42. 

[6] Huitt, W. (2004). Bloom et al.’s taxonomy of the cognitive domain. Educational Psychology Interactive. Valdosta, GA: Valdosta State University. Retrieved [16-aug-06], from http://chiron.valdosta.edu/whuitt/col/cogsys/bloom.html

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

L’insufficienza del Saper Fare:

Sulla stessa linea, per incrementare il Saper Fare non è sufficiente agire sulla pratica. Se desidero apprendere le competenze necessarie per realizzare un bilancio aziendale, devo studiare e conoscere i vocaboli che utilizzo e i concetti sottostanti. Chiunque con un minimo addestramento può svolgere un’operazione focalizzata come il “prendere il numero della casella A4 e dividerlo per il valore della cella B5” ed ottenere così un risultato. 

La vera differenza sta tra gli esecutori di azioni e i gestori/protagonisti di azioni. Chi “Sa” e non solo Sa Fare può costruirsi un dato mancante partendo dai suoi costituenti primari, può andarsi a cercare i dati mancanti, può agire senza bisogno di supervisione assidua e istruzioni continue. Senza il passaggio sui Saperi, il Saper Fare è pura esecuzione di istruzioni.

Ricorda sempre: ciò che non sai o non sai fare è temporaneo, non hai ancora le conoscenze o le abilità per farlo ma con un buon coaching ci potrai arrivare sicuramente.

Il tuo passato dice molto di te ma il tuo impegno dice ancora di più rispetto a dove potrai arrivare.

Non conta da dove vieni, ma dove stai andando.

Ella Fitzgerald

L’insufficienza del Saper Essere:

Notiamo che per ottenere un cambiamento positivo sul Saper Essere non è sufficiente un lavoro meditativo o di riflessione, e non basta la volontà di cambiare. Molte persone passano la vita con la volontà di cambiare ma non riescono a farlo.

“Saper Essere” il direttore marketing di una azienda richiede molto di più dei soli concetti di marketing che chiunque possiede dopo aver superato un esame universitario, e molto di più dei singoli Saper Fare (es: saper fare un’intervista ad un cliente, saper fare un piano pubblicitario, e altre skills). 

Il Saper Essere di un Direttore Marketing è anche Saper Essere un leader (condottiero, punto di riferimento) della sua squadra, saper essere un buon team-player con gli altri direttori, saper essere utile alla missione aziendale e al clima dell’azienda. 

Ma il nostro messaggio va oltre: non è possibile incrementare il Saper Essere senza disporre di Saperi correlati e Saper Fare correlati. 

Facciamo un esempio nella terapia: Saper Essere più positivo, meno negativo, più ottimista, e meno pessimista. L’intervento del terapeuta può avere successo molto limitato se il cliente non riesce poi a saper tradurre questo diverso modo di essere in un momento pratico quale tagliare con felicità un ramo di un albero mentre si fa giardinaggio (anziché vivere il momento con nervosismo e irritazione), o non prova il piacere di sentire il proprio corpo lavorare mentre si allena. 

E del resto, come è possibile cambiare il Saper Essere se il quadro delle credenze, dei saperi, risulta immutato? Il Saper Essere è frutto di una cultura personale, e non toccando questa cultura il cambiamento può essere solo effimero. Il Deep Coaching punta quindi ad una immissione di Saperi, di Saper Fare e di Saper Essere, in modo sinergico e correlato, per arrivare ad un vero cambiamento positivo della persona.

Il segreto per andare avanti è iniziare.

Mark Twain
I punti di arresto del percorso

I punti di arresto del percorso:

Un cliente può lavorare per anni sul Saper Essere (diventando più centrato, più calmo e riflessivo, meno impulsivo, meno obbligato a fingere e più sé stesso) ottenendo grandi risultati dallo skills training psicolinguistico e bioenergetico, ma prima o poi si incontra un punto di arresto del percorso.

Arrestarsi di fronte alla “soglia dei Saperi” significa non accendere il fuoco sacro della curiosità intellettuale: perché ottengo questo risultato? Mi interessa solo il risultato o anche capire perché succede ciò che mi succede? 

Il passaggio dalla “soglia dei risultati” (vedere il cambiamento che funziona) alla “soglia dei Saperi” (capire i perché dei meccanismi) è ciò che fa la differenza tra il cambiamento di superficie e il cambiamento consapevole.

Altro esempio in campo aziendale, Saper Essere un leader. Alcuni confondono tremendamente la leadership con l’aggressività, dimenticando che un leader puramente aggressivo finirà per tenere con sé solo gli yes men o i “manager di convenienza”, quelli che abitano vicino all’azienda e non hanno voglia di traslocare, o quelli che hanno una bella visuale dall’ufficio e per questa riescono a digerire anche i climi organizzativi peggiori, e altri casi di questo tipo.

Allontanare i migliori non è un risultato. Ecco, quindi, che Saper Essere un leader richiede anche una cultura della leadership (uno studio delle teorie, modelli e esperienze altrui, una visuale ampia) e uno studio dei Saper Fare inerenti la leadership, come il Saper Fare un piano motivazionale, saper ricompensare psicologicamente (rewards psicologici), realizzare un Total Compensation Plan (piano di remunerazione e incentivazione), e altri saperi pratici. Nessun Saper Essere può dirsi completo se privo di capacità pratiche (a valle) e conoscenza/cultura (a monte).

Un Saper Essere privo di cultura (Saperi) e di traduzione in capacità pratiche (Saper Fare) è pura teoria, è un contenitore vuoto.

Saper essere costanti e perseveranti nel proprio viaggio di crescita personale è un obiettivo di portata superiore a qualsiasi skill operativa.

Cadendo, la goccia scava la pietra, non per la sua forza, ma per la sua costanza.

Lucrezio

Rimuovere i catalizzatori negativi dal processo di cambiamento: i vettori di sviluppo formativo:

Ogni stato specifico (Saperi, Saper Fare, Saper Essere) diviene vettore di crescita.

Rimuovere i catalizzatori negativi dal processo di cambiamento: i vettori di sviluppo formativo

Un progetto può concentrarsi:

  • sul bisogno di Sapere di più (o conoscere cose nuove), 
  • sul bisogno di Saper Fare di più o di cambiare il modo di fare, 
  • sul bisogno di Saper Essere diversi e migliori in alcune situazioni particolari della vita professionale, soprattutto quelle più sfidanti.

Tuttavia, occorre sempre ricordare che:

  • i nuovi saperi possono entrare in conflitto con i precedenti. Quando si pensava che la terra fosse piatta, immaginiamo la reazione verso un formatore intento a sostenere che la terra fosse sferica. Poiché io la vedo piatta, la penso piatta, e tutti dicono che è piatta, come posso crederti? Chi sei tu per dire che è una sfera? Sei pazzo?
  • i cambiamenti proposti sul modo di agire possono essere rifiutati per regressione verso l’abitudine, paura del cambiamento (costo del cambiamento), o per rifiuto della fonte della proposta (effetto boomerang);
  • i cambiamenti desiderati sulle componenti più profonde (atteggiamenti, valori, spiritualità, credenze, opinioni) possono non avvenire a causa delle inerzie comportamentali e attitudinali che agiscono sul soggetto stesso, o del rifiuto di cambiamento.

I catalizzatori negativi del cambiamento uccidono il cambiamento e la crescita. 

Nel metodo HPM abbiamo identificato diversi catalizzatori negativi, tra cui esponiamo solo i più critici e frequenti.

  • catalizzatori negativi di sufficienza: pensare di sapere già abbastanza, non avere “sete” o “fame”;
  • catalizzatori negativi di ipo-stimolazione: chiudersi progressivamente agli stimoli esterni;
  • catalizzatori negativi di dogmatismo di appartenenza: aderire a sistemi che eliminano il bisogno di pensare, poiché qualcuno ha già pensato per te, e non si ha voglia di tollerare una possibilità di autocritica o di critica alla scuola di appartenenza: “la mia scuola formativa mi ha insegnato che…  e quindi questo non può essere vero”, oppure “io sono una terapeuta sistemico-relazionale e quindi… non posso essere d’accordo su…”;
  • catalizzatori negativi di esperienza: pensare di sapere perché “faccio questo mestiere già da x anni”;
  • catalizzatori negativi di risultato: pensare di essere “a posto” perché in un certo momento o per un certo periodo si stanno ottenendo dei risultati positivi, dimenticando che possono esservi influenze ambientali che generano tale positività, e i trend mutano nel tempo;
  • catalizzatori negativi di autoefficacia: pensare che “è troppo difficile” e non valga nemmeno la pena tentare;
  • catalizzatori negativi di locus-of-control: pensare che “è un fattore che dipende dal destino, o dagli altri, io non posso farci niente” e allargare questo pensiero anche alla sfera degli interventi possibili;
  • catalizzatori negativi di self-image: pensare che “io non sono adatto per questo ruolo, è qualcosa per persone più brave di me”.

Ricordatevi di guardare le stelle, e non i vostri piedi. Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire.

Stephen Hawking

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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  • Energie psicologiche
  • Formazione
  • Formazione esperienziale
  • Liberare il potenziale
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  • Motivazione
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  • Progettualità
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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

I Catalizzatori Formativi:

Nel metodo HPM, il formatore/consulente o coach non deve mai dare per scontato che per ottenere cambiamento su una leva sia sufficiente toccare quella singola leva. In sostanza:

  • per agire sui Saperi non è sufficiente lavorare sui Saperi;
  • per agire sul Saper Fare non è sufficiente lavorare sul Saper Fare;
  • per agire sul Saper Essere non è sufficiente lavorare sul Saper Essere.

Lo spirito di riuscita è parte del Metodo HPM così come lo spirito di rinuncia non ne fa parte ed anzi è qualcosa da cui stare alla larga.


Non rinunciare a provare a fare ciò
che vuoi veramente fare. 
Dove c’è amore e ispirazione,
non credo che si possa sbagliare.

Ella Fitzgerald

Per tentare nuove strade della vita e progetti in cui riversare amore e ispirazione dobbiamo mettere in sinergia diversi campi di forze e diverse “sostanze”.

Nel campo della chimica è noto il fenomeno per cui due sostanze, semplicemente mescolate tra di loro, possono non legarsi affatto e rimanere divise. Se prendi delle palline di ferro e le metti in un bicchiere il ferro non si scioglierà nell’acqua, ma rimarrà sotto forma di palline. Se versi una pastiglia di aspirina nel bicchiere invece questa si scioglierà e avrai ottenuto un liquido diverso dalla semplice acqua.

Perché le strutture delle diverse molecole si leghino tra di loro profondamente è necessaria la presenza di un catalizzatore. La Catalisi è quindi il fenomeno per cui alcune reazioni chimiche vengono accelerate (catalisi positiva) o ritardate (catalisi negativa) dalla presenza di alcune sostanze, i catalizzatori.

Lo stesso accade nella formazione e nel cambiamento. Se prendiamo la “sostanza umana”, l’essere umano, e vi aggiungiamo nuovi concetti per “mere exposure” (semplice esposizione), il soggetto non li farà mai veramente propri. 

La nostra esperienza ci porta alla consapevolezza della necessità di utilizzare i catalizzatori positivi (es. l’azione concreta in cui sia necessario utilizzare veramente i nuovi concetti), così come di rimuovere i catalizzatori negativi dal processo formativo.

I Catalizzatori Formativi, l'insufficienza dei saperi e i momenti della verità

L’insufficienza dei saperi:

Per incrementare i Saperi non è sufficiente un ascolto one-way o una pura esposizione (mere exposure), per prolungata che sia, ma è necessario utilizzare catalizzatori formativi – ad esempio l’azione su progetti e il problem solving che richiedano di mettere sul campo i nuovi saperi. 

Ad esempio, un preparatore sportivo sta studiando i principi dell’integrazione alimentare, frequenta seminari sugli integratori, legge libri e riviste da anni, ma tutto “scorre” nozionisticamente senza entrare veramente nel patrimonio di abilità personali.

Solo nel momento in cui egli debba preparare un piano di integrazione per uno sportivo potrà veramente mettere “a sistema” i suoi saperi, e scoprire le sue lacune. Nel momento in cui la realtà ci pone di fronte ad un problema che ci obbliga a “sapere”, il sapere diventa urgente e indispensabile. 

Lo stesso discorso vale per il lavoro sulle competenze e saperi manageriali. Possiamo leggere cento libri sulla comunicazione che ci parlano degli “stili comunicativi”, e scoprire che ne esistono tanti, esempio:

  • Poetico
  • Empatico
  • Assertivo
  • Ottimista
  • Pessimista
  • Ingegneristico
  • Anglofono

…e ogni altro stile praticabile. Finché lo leggiamo, sarà solo un vago concetto. Quando invece con tecniche di “active training” qualcuno ce li farà interpretare, ce li farà provare ed allenare, per quanto sia lo sforzo di cambiare stile comunicativo, allora e solo allora il concetto si farà strada in noi e inizierà a passare da un vago “sapere” ad un più concreto “saper fare” e “saper essere”.

Per cambiare davvero e assimilare il nuovo bisogna provare, bisogna sperimentare, bisogna agire, bisogna mettere in conto di fallire, di essere goffi, di apprendere per prova ed errore, fino a raggiungere l’eccellenza.

Sbagliare, in questo metodo, non è veramente sbagliare, ma un passo in più verso il successo.

L’arte di vincere la si impara nella sconfitta.

Simon Bolivar

Test di realtà, reality check, momenti della verità:

Credere di potere è essere già a metà strada.

Theodore Roosevelt

I test di realtà (reality check) sono una tecnica di coaching e formativa sviluppata nel metodo HPM, con la quale si cerca di osservare i comportamenti sul campo di una persona o di un’azienda, in condizioni reali, per acuire la consapevolezza dello stato di cose reale.

Questo vale anche per testare i propri personali comportamenti in prove di verifica dei livelli di competenza ed abilità raggiunti, e fare il punto di un percorso di Deep Coaching.

Un reality check può essere svolto anche per via telefonica per testare la qualità del servizio di un’azienda o di un operatore, o tramite canali digitali o ancora tramite canali interpersonali.

Cosa andiamo ad osservare in un reality check? Questo è un esempio di livelli di analisi per valutare la qualità di un servizio di customer service telefonico:

Reality check applicato alla qualità del servizio telefonico di un contact center con specifica attenzione alle capacità di ascolto.

  1. Cosa voglio (per che motivo sto attivando un contatto)?
  2. Chi contatto?
  3. Attraverso quale canale?
  4. Cosa capiscono di quello che mi serve veramente?
  5. Come ascoltano o come sanno ascoltarmi?
  6. Quanto capiscono?
  7. Come si comportano?
  8. Che principi guida latenti usano?
  9. Da cosa si evince?
  10. Come si sarebbero dovuti comportare?
  11. Che dissonanze emergono?

Un approccio simile è esistente da tempo nel marketing, ad esempio sotto forma di ghost customer technique, dove vengono svolti acquisti reali presso aziende concorrenti, per misurarne la performance, la capacità di servizio e la qualità relazionale. L’applicazione con finalità formative e di coaching si deve (per quanto di nostra conoscenza) a nostre sperimentazioni.

Ad esempio, in un modulo formativo o di coaching dedicato al tema dell’ascolto ed empatia, si può procedere con dei reality check telefonando a concessionarie d’auto per verificare con quanta attenzione i venditori ascoltino i nostri bisogni, o se li ascoltino affatto. Si può verificare se ci offrono una prova di guida, se ci tengono ad avere i nostri dati per richiamarci in caso di bisogno, e tanto altro. 

Dopo una serie di telefonate dove si sarà constatato con mano che le persone non sanno ascoltare o non sono formate ad ascoltare, l’urgenza di un lavoro sull’ascolto aumenta molto. E soprattutto, nasce da una sperimentazione concreta avuta dagli allievi, e non solo da un concetto teoricamente esposto come possibile dal coach o formatore.

L’applicazione che ne realizziamo a fini formativi ha dato eccellenti riscontri in termini di apertura al cambiamento del partecipante all’evento formativo. 

reality check possono essere sia rivolti a sé stessi (es: cercare di risolvere un problema), sia sulla propria organizzazione (vedere come essa risponde, come le singole persone rispondono) o su altri (realizzando un apprendimento che deriva dall’osservazione mirata di comportamenti altrui).

Grazie agli auto-test di realtà (vedere se si è in grado di risolvere un problema reale), posso scoprire qualcosa di me, posso “sapere di non sapere”. Ad esempio, se voglio diventare un preparatore atletico, grazie al test di realtà prendo consapevolezza di avere molta conoscenza teorica sui singoli integratori nutrizionali, ma di non avere ben chiaro come funzioni la relazione tra diversi integratori, la sinergia tra sostanze, cioè se rischio di mandare il mio cliente all’ospedale con un’intossicazione associando diverse sostanze tra di loro.

Posso anche scoprire di sapere molto su quali integratori siano utili per uno sport di potenza, ma la realtà può mettermi di fronte un atleta di karate che abbisogna di velocità esplosiva e non di molta massa muscolare, e questo può mettere in crisi la mia presunzione iniziale di conoscenza.

Ecco, quindi, che solo dopo avere affrontato molti casi in cui devo mettere alla prova e rivedere le mie conoscenze potrò dire di possedere veramente le nozioni (i Saperi) sugli integratori. Senza il passaggio sul “saper fare” questo non sarebbe stato possibile. E l’esempio degli integratori per un preparatore atletico è solo un esempio, lo stesso principio si potrebbe applicare ad un problema manageriale, o di leadership, o di comunicazione, e a qualsiasi altro obiettivo.

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

Se pensi di aspettare il “momento giusto” per la tua crescita personale e per la tua formazione, sappi che il momento assolutamente perfetto non arriverà mai, e il momento giusto è adesso.

Procrastinare, nel senso di posticipare, fa male, ma posticipare la propria formazione fa ancora più male.

Non aspettare. Non sarà mai il momento giusto.

Napoleon Hill

Vediamo quindi di approfondire di cosa si parla quando si vuole fare formazione esperienziale e Deep Coaching in modo serio.

Una divisione classica degli obiettivi formativi distingue tra:

  • Saperi: teorie, terminologie, conoscenze, elementi culturali e saperi tecnici da acquisire;
  • Saper Fare: le classiche “skills” o competenze pratiche;
  • Saper Essere: gli atteggiamenti, i comportamenti interpersonali, i sistemi di credenze, i valori di fondo che adottiamo, e le priorità generate dal “modo di essere”.

Nel mondo anglofono, si riferisce spesso lo stesso concetto come “triangle” of attitudes, skills and knowledge (triangolazione tra atteggiamenti, capacità e conoscenza). La derivazione di questa tipologia può essere ricercata soprattutto negli studi di Bloom degli anni ‘50, che distingue tre diversi domini di apprendimento[1]:

  • cognitive – cognitivo (il conoscere);
  • affective – affettivo (atteggiamenti, sentimenti);
  • psychomotor – psicomotorio (relativo al fare).

Negli studi di Bloom, tali categorie vengono ulteriormente sub-analizzate, con individuazione di ulteriori sotto-domini e sotto-variabili, di estremo interesse (rimandiamo il lettore all’opera originale per ulteriori approfondimenti). 

Nel metodo HPM, non volendo e potendo in questa sede fare uno studio storico retrospettivo, ci proponiamo di concentrarci su un utilizzo delle categorie il più operativo possibile. Per ciascuno di questi elementi proponiamo come necessario calcolare un obiettivo formativo o di coaching specifico, o appurare se sia o meno intenzione del cliente agire su di esso.

Integrazione 3 Saperi con modello X Y

Principio 4 – Situation Analysis e Goals Analysis:

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

Buona focalizzazione delle:

  • conoscenze in ingresso;
  • abilità in ingresso;
  • atteggiamenti preesistenti.

Buona focalizzazione di:

  • conoscenze in uscita e conoscenze attese;
  • abilità in uscita e abilità attese:
  • atteggiamenti in uscita e cambiamenti attesi negli atteggiamenti.

Dobbiamo ora realizzare un passaggio delicato: integrare il modello X-Y e quello dei 3S con il modello HPM che fa da sfondo ad ogni azione di coaching in profondità e di formazione.

Integrazione di modelli diversi come strada maestra per un metodo di coaching olistico

Integrazione di modelli diversi come strada maestra per un metodo di coaching olistico

Dare corpo ad un metodo integrato e olistico è l’obiettivo del sistema HPM.

Il metodo HPM è un metodo olistico che spinge la persona verso l’osare incursioni in nuovi territori del sapere, del saper essere, del saper fare, consapevoli che nessun successo è facile ma richiede anzi prova ed errore.

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

La sigla HPM comprende il senso del “dare forma”, costruire o modellare (Modeling), ma anche produrre impulso e stimolazione positiva. 

Si applica, a seconda degli scopi sottostanti, al fronte del potenziale umano (Human Potential Modeling), o al lato della prestazione umana (Human Performance Modeling)[2].
I due lati della medaglia sono corrispondenti, in quanto l’accesso al proprio potenziale è la base sia per il benessere che per prestazioni efficaci quando serve. 

Il principio fondamentale risponde al bisogno primario di ogni persona di liberare e crescere le risorse individuali, essere sé stessi al massimo livello possibile, accedendo a nuovi livelli di benessere, autorealizzazione, e pienezza della vita. 

In ultimo, si tratta di un viaggio verso la libertà.
La libertà della tua mente.
La libertà del tuo spirito, che mai nessuna gabbia potrà racchiudere.

Nel Metodo HPM è previsto ampio spazio per le tecniche di training mentale e di rilassamento, con una moltitudine di approcci ed esercizi, e tuttavia il principio di fondo di “tenere duro” nel proprio tendere alla crescita personale è presente e forte.

Ci sono due regole nella vita:
1. Non mollare mai;
2. Non dimenticare mai la regola n° 1.

Duke Ellington

Possiamo fare un grande sforzo di integrazione fra modelli diversi per arrivare ad un coaching veramente olistico e ad una formazione veramente profonda ed olistica.

Per ciascuna delle sei celle del modello HPM, dobbiamo chiederci che cambiamenti vorremmo produrre, “da dove a dove” vorremmo portare la persona, e questo sia sui saperi (conoscenze), sui saper fare (competenze) e sugli atteggiamenti e valori (saper essere).

Principio 5 – Integrazione tra modelli per il Deep Coaching (Metodo HPM):

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

  1. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie fisiche (bioenergetiche). 
  2. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie mentali (psicoenergetica),
  3. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle micro-competenze in grado di fare la differenza (micro-skills).
  4. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle macro-competenze e macro-skills.
  5. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Progettualità e capacità di fissare obiettivi da concretizzare.
  6. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Spiritualità, evoluzione della missione e visione, dei valori e del Life Purpose (scopo di vita).
  7. Corretta integrazione tra i vari livelli di intervento sulle varie celle, con una regia olistica del timing e del processo di formazione e di Deep Coaching.
  8. Per ciascuna variabile, localizzazione e pulizia del quadro di analisi da letture e diagnosi errate della situazione attuale (False X), da falsi obiettivi o obiettivi distorti (False Y), e da strumenti sbagliati per raggiungere lo scopo (False Z).

La visualizzazione grafica di questo lavoro di integrazione è presentata nel modello seguente:

Figura 5 - Rappresentazione schematica Modello Deep Coaching

Figura 6 - Rappresentazione schematica Modello Deep Coaching con false x e false z

[1] Bloom, B.S.(Ed.) (1956-1964). Taxonomy of Educational Objectives. New York: David McKay Company Inc.

[2] In altre parole, la declinazione della sigla HPM può riguardare sia il tema del dare impulso e forma (Modeling) al potenziale non competitivo delle persone (Human Potential Modeling), sia il lato competitivo, la prestazione, il fronte agonistico (Human Performance Modeling).

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

“Il pessimismo non ha mai vinto nessuna battaglia.”

Dwight Eisenhower

Le quattro caratteristiche del Capitale Psicologico interagiscono le une con le altre. Quando una persona ha speranza è maggiormente disposta a mettere in campo progetti e iniziative con ottimismo, conta sulla sua efficacia personale come risorsa su cui fare leva, e sa fronteggiare le avversità riprendendosi anche dopo insuccessi e fallimenti con rinnovata speranza, ottimismo ed efficacia.

Ma non solo. Esiste un effetto “contagio” di queste quattro dimensioni sia all’interno dell’azienda, dove le persone con elevato Capitale Psicologico sono in grado di immettere energie positive nei team a cui partecipano, sia verso il cliente, che percepisce l’ottimismo, l’energia e il senso di efficacia e volontà del venditore innalzando le proprie intenzioni di acquisto. Le performance complessive, quindi subiscono un forte impulso dall’immissione di Capitale Psicologico in azienda e in ogni persona possibile ad ogni livello.

Le ricerche dimostrano che un intervento di formazione sul Capitale Psicologico (PCI – Psychological Capital Intervention) è possibile e ha effetti netti e positivi sulle performance[1]. Le tecniche principali usate sono specifiche per ogni area, e si va dalle visualizzazioni guidate di sé stessi mentre si raggiunge un obiettivo, alla rivisitazione di successi passati, fino alla disaggregazione di un obiettivo in steps micro, misurabili e concretamente realizzabili. Il training e il coaching sul PCI può avvalersi di una innumerevole serie di tecniche per le quali rimandiamo a contatti diretti con l’autore[2].

Parlando di Business Coaching, l’impatto positivo dello PsyCap si ritrova nella riduzione dell’assenteismo, nel maggiore impegno (commitment) e nell’atteggiamento positivo verso il mercato e verso i clienti, sino alle migliori relazioni interne nei gruppi di lavoro e tra capi e collaboratori. L’effetto di contagio positivo avviene anche tra leader e collaboratori. Un collaboratore che ha a che fare con un leader dotato di alti livelli di PsyCap diventa generalmente più ottimista, più fiducioso nelle proprie risorse e nella possibilità di farcela, e meno preoccupato delle cadute in quanto sa che si potrà rialzare e potrà ripartire come o meglio di prima. Questo effetto a discesa della positività dall’alto verso il basso della gerarchia organizzativa è chiamato Downstream Effect.

Altri studi addirittura arrivano a dimostrare la presenza di un “effetto contagio positivo” a distanza, in azienda multinazionali ove i contatti possono essere anche e soprattutto digitali. Ebbene anche in questi contesti si è trovato che i leader globali di un’impresa con PsyCap positivo hanno un effetto contagio positivo sui propri collaboratori nel mondo[3].

Rich (1999)[4] ha trovato che i direttori di vendita possono incrementare l’ottimismo attraverso un supporto individualizzato, che nella nostra esperienza si traduce nel fare ricorso a sessioni di coaching e di mentoring. Per questo motivo, è bene che i leader e i direttori di qualsiasi tipo di team aziendale o sportivo imparino le tecniche del coaching e del mentoring e le applichino ai propri collaboratori per incrementare le performance e il benessere. 

Lo PsyCap è collegato direttamente al benessere generale dell’individuo[5], e quando una persona sta bene, il lavoro non può che riceverne benefici.

Una leadership autentica e autorevole è quindi uno degli scopi di ogni tipo di Deep Coaching.

Rivolgi il viso verso il Sole e le ombre cadranno alle tue spalle”

Proverbio Maori

Principio 3 – Sostegno e potenziamento del Capitale Psicologico (PsyCap):

Il cambiamento positivo viene favorito dall’incremento del Capitale Psicologico (PsyCap) della persona e del team, individuato dai seguenti fattori:

  1. incremento dei livelli di Hope (Speranza). La Speranza attiva e non passiva è caratterizzata dal potere della volontà (Willpower), dal potere di individuare strade per il successo personale o di un progetto (Waypower), e da un atteggiamento proattivo e non solo attendistico, nel quale si sviluppano progetti in modo attivo, concreto;
  2. incremento dei livelli di Efficacy (Efficacia e Autoefficacia). Capacità di lavorare sulle proprie risorse personali e incrementarle (saperi, saper essere, saper fare);
  3. incremento dei livelli di Resilience (Resilienza). Capacità di andare oltre le fasi negative o gli insuccessi e rimanere ancorati ai propri valori e visioni, perseverando nell’impegno con fiducia;
  4. incremento dei livelli di Optimism (Ottimismo). L’ottimismo attivo prevede la ricerca di campi di espressione personale sapendo attivare emozioni positive, motivazione e realismo;
  5. sinergie tra i diversi livelli dello PsyCap, tali che un intervento su un livello porti benefici anche ad altri livelli e ad altre persone (effetto di contagio positivo).

[1] Silvia Dello Russo, Psychological Capital Intervention (PCI): A Replication and Extension. September 2015 Human Resource Development Quarterly 26(3):329-347

[2] vedi form di contatto presso il sito www.studiotrevisani.it

[3] Story, Joana S. P.; Youssef-Morgan, Carolyn M.; Luthans, Fred; Barbuto, John E. Jr.; and Bovaird, James A., “Contagion effect of global leaders’ positive psychological capital on followers: Does distance and quality of relationship matter?” (2015). Management Department Faculty Publications. 141. University of Nebraska-Lincoln.

[4] Rich, Gregory A. (1999), “Salesperson Optimism: Can Sales Managers Enhance It and So What If They Do?” Journal of Marketing Theory & Practice, 7 (1), 53–6

[5] Wang, H., Sui, Y., Luthans, F., Wang, D., & Wu, Y. (2014). Impact of authentic leadership on performance: Role of followers’ positive psychological capital and relational processes. Journal of Organizational Behavior, 35, 5–21. https://doi.org/10.1002/ job.1850

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