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Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Il coraggio di evolvere. Coaching attivo esperienziale e counseling per lo sviluppo personale e professionale. Il metodo della Neotropia” Bologna, OM Edizioni.

Fare “formazione” significa “formare” – uguale a dare forma, creare. Non significa mostrare una regoletta tramite una diapositiva luccicante.

La formazione aziendale basata sul modello anglosassone “semplificazionista” – “facile, rapida e indolore” – è concettualmente agonizzante, i suoi resti si agitano nervosamente sotto forma di corsi online o d’aula cui nessuno presta vera attenzione. Incapace di aiutare le persone a pensare, ha preferito costruire schermate di schemi colorati da guardare senza riflettere.

La sua grande colpa è di avere distrutto il significato di essere uomini, avere racchiuso il fattore umano in regolette anglofone pronte all’uso, prontuari su come si conduce una riunione, come si prende una decisione, come si guida un gruppo, come persuadere, come vendere, come raddoppiare i fatturati, anzi – quintuplicarli. Non importa come e se i metodi portino poi ad un disastro.

I segni “più” e i grafici in ascesa sono diventati una regola predominante del management rampante. Se poi dietro al segno “più” di un momento o di un mese si nasconda una drastica perdita di senso e di visione del futuro, poco importa. A cosa serve un “più” nei fatturati se nasconde il baratro di fallimento, la carenza di idee e progetti nuovi e solidi?

Dobbiamo renderci finalmente conto del fatto che la formazione deve diventare uno strumento di evoluzione culturale.

“L’evoluzione culturale, nel suo insieme, è determinata dalla somma delle innovazioni e delle scelte o, meglio ancora, dall’accettazione o meno di queste innovazioni da parte della società e da quali innovazioni vengono accettate.”

Luigi Luca Cavalli-Sforza

Se come teorizzano molti guru aziendali, “contano solo i risultati”, allora vogliamo ritorcere contro questa regola e queste semplificazioni una domanda: quali risultati? Vogliamo o no immettere tra i risultati il fatto che l’azienda stia coltivando un sano patrimonio di capitale umano e intellettuale sul quale contare?

La ricerca umanistica di un’organizzazione, il bisogno di senso, il significato di quello che facciamo, è la base dei comportamenti.

Un certo modo anglosassone e americano di interpretare le Risorse Umane (HR) come rotelle di ingranaggi, è basato sulla banalizzazione che pretende di fare bilanci sull’uomo con la stessa sensibilità psicologica ed esistenziale di un registratore di cassa da supermercato.

Nel campo della formazione, un approccio che “colma le lacune” o semplifica tutto, offrendo a chi lavora ricette facili e pronte all’uso, si è finalmente reso evidente per ciò che è: spazzatura professionale.

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online:

Temi e Keywords dell’articolo:

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La prospettiva temporale nel management aziendale e nella propria vita

La drammaturgia della vendita consulenziale, i suoi rituali di interazione: copioni, maschere, personaggi eyes 69

di dott. Daniele Trevisani, Formatore, Ricercatore, Coach

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I principali fattori su cui possiamo lavorare sono 2:

  1. densità della prospettiva temporale,
  2. estensione della prospettiva temporale

La densità temporale rappresenta la quantità di contenuti cognitivi che si hanno in relazione alle diverse fasi della prospettiva temporale. La densità della PT futura è data dalla quantità di elementi (fatti, appuntamenti, obiettivi) che il soggetto riesce a “vedere” nel futuro e dalla capacità di dare loro una strutturazione (collegamenti tra fasi e eventi, strategia). La densità della prospettiva temporale passata è data dalla capacità di percepire la propria storia, di cogliere le tappe del proprio percorso. La densità misura quindi il numero di oggetti mentali concreti (accadimenti, azioni) che l’individuo riesce a collocare nell’orizzonte.

L’azienda competitiva deve costruire densità futura nella propria prospettiva temporale, riempiendola di macro-obiettivi e micro-obiettivi. Secondo Lewin «la conoscenza da parte di una quota dei soggetti sperimentali (lavoratori di industria meccanica) di mete intermedie e dell’obiettivo finale da raggiungere conduce a una maggiore fiducia sulle possibilità di ottenere certi risultati e favorisce un miglioramento del rendimento, più di quanto non succeda se si fa conoscere soltanto l’obiettivo finale da raggiungere» (Lewin, 1942, in Ricci Bitti et al, 1985).

L’estensione della prospettiva temporale dipende dalla lunghezza dell’orizzonte temporale percepito, dal livello di profondità della visione temporale. Possedere un arco temporale esteso significa avere la capacità di pianificare la visione di lungo periodo, trarne obiettivi concreti (medio periodo) e quindi passare alle strategie operative per il breve periodo. L’estensione misura quindi la distanza presente-futuro della prospettiva temporale. Estensioni brevi riguardano l’arco della giornata o della settimana. Estensioni lunghe riguardano l’arco annuale, pluriennale e i macrocicli aziendali. Oltre alla densità l’azienda competitiva dovrà quindi dotarsi di profondità ed estensione nella propria prospettiva temporale, costruendo obiettivi di lungo periodo, ambiziosi e sfidanti.

In termini strategici, occorre riportare sul piano aziendale le considerazioni di Lewin, secondo cui «le azioni, le emozioni e certamente il morale di un individuo in un certo momento dipendono dalla sua prospettiva temporale totale» (Lewin, 1942).

Se, come appurato, esiste uno stretto rapporto tra morale e prospettiva temporale dell’individuo, questo non può non avere ripercussioni sulla capacità pianificatoria e strategica dell’impresa. In termini concreti, occorre sviluppare piani temporali di lungo periodo, da cui ricavare tattiche di medio e breve periodo come guida per l’operatività quotidiana (pianificazione a ritroso). Ad esempio, se un obiettivo di lungo periodo è dato dal passaggio in 5 anni da 250 milioni a 5 miliardi di fatturato sul mercato tedesco, da esso derivano accordi e appuntamenti con strutture distributive, partecipazione a fiere, visite e ispezioni di mercato le quali andranno calendarizzate a partire dal giorno dopo. Il metodo contrario non funziona: Pensare ogni giorno “e oggi cosa faccio?” senza chiedersi dove si vuole o deve arrivare non porta ad alcun risultato vero.

La prospettiva temporale aziendale va quindi riempita di contenuti (estensione e densità), e trasmessa a tutti i membri dell’organizzazione tramite adeguati piani di comunicazione interna, in grado di assicurare il coinvolgimento del personale e un orizzonte ricco di prospettive.

Principio 18 – Della prospettiva temporale

  • La competitività dipende dalla capacità di (1) costruire una visione del futuro e una prospettiva temporale per l’impresa, dotata di (a) estensione/profondità e (b) densità, (2) saperla adeguare ai mutamenti di scenario, e (3) saperla comunicare a tutti i membri dell’organizzazione coinvolgendoli attivamente.
  • La profondità indica la lunghezza della prospettiva temporale (estensione della pianificazione) e la densità indica il livello di dettaglio (quantità di eventi concreti, progetti e azioni situabili nel futuro).
  • I piani operativi di breve periodo devono essere costruiti in base ai piani tattici e strategici di medio periodo, i quali a loro volta devono implementare la visione di lungo termine, pianificando a ritroso (backward planning).
  • La prospettiva temporale deve sviluppare gli obiettivi di medio e lungo periodo evitando una pianificazione incentrata solo sul breve termine.

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(C) Articolo estratto con modifiche, a cura dell’autore, dal volume “Competitività Aziendale, Personale, Organizzativa: Strumenti di Sviluppo e Creazione del Valore“, di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano.

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Riflessioni e spunti per la formazione aziendale, il coaching e i percorsi di sviluppo, tratti dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani
  1. Energie e competenze sono importanti, ma senza passione, senza il motore di una causa nobile, tutto è inutile. Il tuo team, e ogni persona del team, deve distinguere il valore della vostra missione.
  2. Tante persone sono come auto pronte al via, ma con il parabrezza talmente sporco da non consentire di vedere “verso dove”, andiamo. Auto senza un guidatore, viandanti senza una meta e senza un perché.
  3.  Occorre stimolare e riscoprire gli ancoraggi profondi ai valori, e ad una causa, la sacralità di una missione, persino la sacralità dell’esistenza.
  4. Le performance, le nostre giornate, le nostre ore, sono piene di atti vuoti o sono ancorati ad un disegno superiore? Esiste una “spiritualità” delle performance o del fare, un “fuoco sacro” che alimenta energie e motivazione?
  5. Diamo un senso a quello che facciamo? Ci proviamo? Possiamo cogliere un motivo denso di significato?
  6. Anche la non-azione (come la meditazione) può essere piena di valore, così come un progetto aziendale o sportivo.
  7. Credere in quello che si fa è determinante per l’auto-immagine. Se ci sentiamo inutili venditori di fumo non andremo mai da nessuna parte. Se troviamo invece il modo di essere di aiuto a qualcuno, di dare senso, o di lottare per qualcosa, diventiamo pieni di forze.
  8. Ancorare l’azione ad ideali significa riconoscere il bisogno di esistere per un fine. Le performance sono destinate a svanire nell’istante, mentre invece una causa è eterna.
  9. Vi sono persone e atleti che sperimentano il contatto con una realtà superiore ogni volta che entrano nelle quattro mura di una palestra o di un Dojo, e sanno che il loro allenamento sarà una forma di preghiera e di contatto con il proprio Dio, o anche solo con le forze primordiali della natura. Lo stesso può accadere nell’impegnarsi in un progetto sociale, aziendale o personale.
  10. Quando questo collegamento denso di valori, mistico o sacro, accade, le energie si sprigionano, i miracoli sono dietro l’angolo.

Nessuna operazione di un team arriverà mai al successo se non si accende il motore del “fuoco sacro” che lo alimenta.
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Filtratura delle idee, sogni, ambizioni

Le persone si nutrono dei messaggi provenienti da scuola, famiglia, religione, gruppi etnici, media, amici, parenti, conoscenti, maestri ed educatori, assorbendo anche contraddizioni, incoerenze, patologie.

Questo insieme di schemi incide su come valutiamo se un progetto sia buono o cattivo, fattibile o impossibile, da tentare o non tentare, utopistico o invece da provare.

E non è detto che tutto quanto abbiamo appreso finora sia sempre e comunque esatto. Se esaminassimo bene le idee apprese che ci circolano dentro, vedremo spuntare molta spazzatura.

So che mi state ascoltando, avverto la vostra presenza. So che avete paura di noi, paura di cambiare. Io non conosco il futuro, non sono venuto qui a dirvi come andrà a finire, sono venuto a dirvi come comincerà. Adesso appenderò il telefono e farò vedere a tutta questa gente, quello che non volete che vedano. Mostrerò loro un mondo senza di voi, un mondo senza regole e controlli, senza frontiere e confini. Un mondo in cui tutto è possibile.

Dal film: “Matrix” di Andy Wachowski

L’esame dei fattori bloccanti della persona è complesso, chiamando in causa fattori sia fisici che psicologici e sociali/culturali.

Principio 4 – Analisi a livelli multipli e monitor interiore

Le performance possono essere aumentate:

  • incrementando la precisione del monitor interiore rispetto alle risorse fisiche di cui una persona dispone, stato e condizione, coscienza corporea;
  • aumentando l’autoefficacia psicologica, l’attitudine positiva alle sfide, rimuovendo strati di inadeguatezza appresa;
  • favorendo la presa di coscienza sul margine di crescita possibile, l’enorme potenziale di sviluppo attivabile da un coaching veramente efficace;

Figura 8 – Sistema di filtratura attivo nella valutazione di sè stessi e dei propri sogni, ideali, progetti

sistema-di-filtratura-3-stadi

È necessario aumentare la consapevolezza dell’individuo rispetto alle proprie credenze attive e dominanti, alle loro fonti, alle pressioni sociali e norme non scritte gli vivono dentro, a quali di queste voci sia bene rispondere e a quali invece smettere di ubbidire ciecamente.

Dall’esame scaturisce una decisione sulle mete e progetti che vogliamo/possiamo costruire, o non vogliamo nemmeno accettare, cosa scartiamo a priori, e cosa rientra nella sfera delle azioni da tentare, e quali siano le nostre priorità.

Data la molteplicità dei filtri e dei messaggi, non deve meravigliare il fatto che le persone vivano una forte carica di dissonanza nel decidere.

Alla fine, la persona deve scegliere. Decide se l’idea o la sfida “passa” o “non passa” i vari livelli del filtro interiore, se sia o meno raggiungibile, o se ne siamo lontani.

Questa lettura risponde spesso ad una analisi umorale e viscerale, viziata da pregiudizi, credenze errate, norme culturali e sociali che ci abituano a vedere noi stessi entro certi limiti prefissati, chiusi, dettati dalla cultura, dai media, o dai messaggi altrui che ci dicono cosa possiamo e non possiamo fare.

È interessante notare come la psicologia contemporanea e la cultura manageriale abbia dimenticato la sinergia tra lato corporeo e lato mentale delle performance. Nella realtà di ogni sfida, e di ogni idea sul nostro futuro, entra un auto-esame della nostra coscienza corporea – la lettura dello stato di energie fisiche – e dell’autoefficacia psicologica – le energie mentali ed emotive.

La multi-lettura ci dice se quella sfida è troppo forte o invece accettabile per il livello di forze e impegno che immaginiamo necessari sul piano fisico e mentale. Entrambe le analisi convergono in un piano unico.

In un progetto di psicologia positiva, quando alleniamo le persone a superare anche di pochissimo le proprie abitudini personali, a fare anche solo micro-incursioni in territori che prima non azzardavano o sembrano ostili, nasce un senso di “poterlo fare”, alleniamo i muscoli mentali della capacità di fare e del poter fare. Questi muscoli mentali vanno allenati costantemente poichè ogni muscolo se non usato si atrofizza, e anche la mente che si abitua a starsene in confini angusti tende a farlo.

Daniele Trevisani

E tutto quello che devi fare è metterti le cuffie, sdraiarti e ascoltare il cd della tua vita, traccia dopo traccia, nessuna è andata persa. Tutte sono state vissute e tutte, in un modo o nell’altro, servono ad andare avanti. Non pentirti non giudicarti, sei quello che sei e non c’è niente di meglio al mondo. Pause, rewind, play e ancora, ancora, ancora. Non spegnere mai il tuo campionatore, continua a registrare e a mettere insieme nuovi suoni per riempire il caos che hai dentro, e se scenderà una lacrima quando lo ascolti, beh, non aver paura: è come la lacrima di un fan che ascolta la sua canzone preferita.

(Dal film: Tre metri sopra il cielo / 3MSC, di Luca Lucini)

 

Prima di entrare nei dettagli, vogliamo spendere qualche parola sul problema motivazionale di fondo delle performance e del potenziale: il “perché” facciamo le cose.

Un gruppo di ricercatori che operano nella sfera della Psicologia Umanistica ha condotto uno studio per confrontare i diversi punti di vista sul senso della vita, analizzando sia persone comuni che personaggi eminenti (cultura, scienza, politica).

Il senso fondamentale che emerge da questa ricerca è che l’essere umano ha bisogno di significati. Ha bisogno di ancorare la propria esistenza a qualcosa, ha la necessità di trovare una spiegazione. Il contrario è una “crisi di senso”: non sapere più cosa facciamo, non credere più a niente.

La spiegazione per il nostro agire può essere assurda, logica, razionale, mistica, scientifica, morale. La mancanza di una motivazione del fare, dell’essere, e dell’esistere, porta ad un profondo disagio esistenziale.

Come evidenziano gli stessi autori:

 

Albert Camus (1955),Viktor Frankl (1992), e Leo Tolstoy (1980),  tutti credevano che, se la vita avesse o meno un significato in sè, fosse la domanda più importante della vita stessa. Per loro, tutti gli sforzi e imprese umane si confrontano con la questione del significato – senza significati, niente ha più importanza. Frankl (1978) vedeva la  mancanza di senso (meaninglessness) come la neurosi primaria dei nostri tempi (p. 2), e Carl Jung (1933) sosteneva che tutti i suoi clienti, visti in oltre 35 anni di terapia, avevano problemi che si collegavano alla questione dei significati (meaning). Negli studi empirici, l’esperienza soggettiva della meaninglessness (mancanza di senso) è stata collegata alla depressione (Beck, 1967; Seligman, 1990) all’abuso di sostanze e al suicidio (Harlow, Newcomb, & Bentler, 1986), così come ad altre psicopatologie (Yalom, 1980).

 

In sintesi, se non percepiamo un significato nelle cose, andiamo in crisi.

La mancanza di significato porta a disturbi, o neurosi, e disagio esistenziale. Ogni azione connessa al potenziale umano deve quindi andare alla ricerca di significati profondi cui ancorarsi, siano essi in azienda, nello sport, nella vita, o in campo sociale e personale.

La psicoenergetica, nel metodo HMP, è una disciplina che deve analizzare, attaccare e aggredire la meaninglessness (mancanza di senso o caduta di significati del­la vita), e affrontare il senso di una prospettiva umana.

I fronti per cui applicarsi e le cause per cui impegnarsi possono veramente essere molte, dalla fame, alla protezione dei deboli, dei bambini, degli anziani, ma anche credere in un progetto aziendale importante, o impegnarsi in un percorso spirituale.

Il venire meno dei significati della vita o senso della vita generale distrugge qualsiasi volontà di affrontare un progetto o di impegnarsi in un’azione.

 

Il nostro fine profondo è recuperare il senso, in ogni brano della vita: senso della giornata, senso di una settimana, senso di un trimestre, senso dell’anno in corso, o senso della vita, ma anche senso di un incontro (perché questo incontro?), senso di una relazione (perché questa relazione?), senso di un progetto (perché questo progetto?), senso di una sfida (perché questa sfida? Chi o cosa sto sfidando veramente?).

 

Lo scopo penetrante è di accrescere l’ancoraggio delle persone a obiettivi significativi, costruendoli e rinforzandoli (da un lato) e rimuovendo i blocchi (dall’altro) che impediscono a queste energie di manifestarsi.

 


Kinnier, Richard T., Kernes, Jerry L., Tribbensee, Nancy, Van Puymbroeck, Christina M. (2003), What Eminent People Have Said About The Meaning Of Life, Journal of Humanistic Psychology, Vol. 43, No. 1, Winter 2003.

Camus, A. (1955), The myth of Sisyphus, Alfred A. Knopf, New York.

Frankl, V. (1978), The unheard cry for meaning, Simon & Schuster, New York.

Frankl, V. (1992), Man’s search for meaning (4th ed.), Beacon Press, Boston.

Tolstoy, L. (1980), My confession, in S. Sanders & D. R. Cheney (Eds.), The meaning of life, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, NJ.

Jung, C. G. (1933), Modern man in search of a soul (W. S. Dell & C. F. Baynes, Trans.), Harcourt, Brace & World, New York.

Seligman, M. E. P. (1990), Why is there so much depression today?, in R. E. Ingram (Ed.), Contemporary psychoanalytical approaches to depression (pp. 1-9), Plenum, New York.

Harlow, L. L., Newcomb, M. D., Bentler, P. M. (1986), Depression, self derogation, substance abuse, and suicidal ideation: Lack of purpose in life as a mediational factor, Journal of Clinical Psychology, 42, 5-21.

Yalom, Y. D. (1980), Existential psychotherapy, Basic Books, New York.

 

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Copyright, dal Volume: “Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

 

 

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

 

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Nel modello HPM focalizziamo l’attenzione su diversi distretti, aree o substrati della persona:

 

  • il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie mentali e lo stato di forma mentale necessarie per affrontare sfide, goal e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di interpretare correttamente la psicologia di un ruolo, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  • il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali in cui interviene l’azione; comprende l’analisti delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  • le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente, le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
  • le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda e come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere costantemente visitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che si pone e delle sfide che vuole cogliere;
  • goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
  • visione, principi e valori, missione: ideali, valori, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

 Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle intere organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi prima individuati.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Questo ha implicazioni anche sul piano medico: quando una persona è priva di energie mentali, o non ha più alcun valore o ideale a sorreggerlo, o gli mancano le competenze per far fronte alla vita, il corpo soffre e può arrivare ad ammalarsi.

Sul piano dei team e delle aziende le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra un branco di amebe che si trascinano nei corridoi delle aziende, o sui campi di gioco, e team/organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo.

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Una logica conseguenza che non possiamo nascondere è che la  medicina dovrebbe quindi occuparsi anche di questi fenomeni, unendosi alla psicologia e ad altre scienze, in un unica disciplina del funzionamento complessivo dell’essere umano.

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Copyright, dal Volume: “Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

1.1. Introduzione: un modello efficace per il lavoro sul potenziale umano

Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, generare impulso, contributo e stimolo alla crescita della persona, dei team e delle organizzazioni.

Il metodo dirige l’attenzione verso due diversi ambiti di applicazione:

  • crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling, e
  • sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani superiori, ricercare, crescere.

Questo accade in alcuni particolari momenti della vita in cui diventa importante per noi realizzare qualcosa, migliorare, ed esprimerci.

Chiedersi qual è il proprio potenziale e quanto di esso abbiamo esplorato o raggiunto non è una domanda banale. Quando questo accade, un sentimento dentro di noi cambia. Dalla realtà esterna iniziamo a spostare l’attenzione verso la realtà interna.

Ci poniamo domande, alcune di queste possono fare male, altre aprire nuovi orizzonti, ma non importa, poiché esse ci mettono positivamente in discussione. Nessuna domanda è inutile quando ragioniamo sul senso e sul significato, ci chiediamo se e come vorremmo costruire qualcosa di cui essere fieri (una prestazione, o un contributo agli altri o ad una causa), o semplicemente essere diversi o migliori.

Per molti l’esito di una maggiore attenzione al potenziale personale è il desiderio di esplorarlo, o lasciare un segno, iniziare progetti, potersi guardare alle spalle ed essere fieri di come abbiamo vissuto, di quello che siamo e siamo stati, e dare un messaggio positivo a chi ci seguirà nel viaggio della vita. Per altri invece tutto rimane bloccato in una ruminazione mentale ininterrotta e auto-distruttiva. Energie bloccate che corrodono anziché produrre.

La differenza tra i due risultati (progetti di sviluppo vs. ruminazione mentale negativa) sta nell’avere un modello e un supporto che aiuti a individuare meglio i traguardi e i percorsi da intraprendere.

Insuccessi, cadute, blocchi, errori, fanno parte integrante di questo viaggio, ma il loro accadere non ne sposta minimamente il valore.

Ciò che differenzia un uomo da un sasso è che lo “stare compressi”, sepolti in un ammasso, essere trasportati senza chiedersi dove, o rimanere pressati e immobili, è accettabile per il secondo ma non per il primo.

L’uomo ha bisogno di volare, di esprimersi, di “ricercare”, e di dare senso alla propria vita.

Desiderare di progredire, porsi domande, “chi, cosa, dove, con chi, perché”, è un obiettivo o passaggio inevitabile per ogni anima sensibile.

Dare impulso al viaggio della vita ha sempre senso. Ne può avere sia che si desideri unicamente una propria evoluzione personale, o che invece il percorso sia finalizzato al percorso professionale e aziendale.

Entrambi i viaggi hanno spessore e valore. Ambedue sono degni di attenzione e di supporto, perché una persona ferma e spenta non è utile a nessuno, così come non è utile avere imprese e team incapaci e demotivati.

Senza un modello che ci aiuti a trovare le direzioni di crescita, il nostro sforzo può risultare nobile ma vano. Si corre, ci si affanna, si investono tempi ed energie,  ma spesso senza una buon mappa di orientamento. Il risultato è un’enorme dispersione.

Un buon modello, invece, aiuta a trovare più rapidamente la strada. Se un modello non offre stimoli, indirizzi e orientamenti, risulta completamente inutile. Un modello del potenziale umano, inoltre, può essere utilizzato in progetti concreti di coaching, di consulenza, di training aziendale, coaching sportivo, ma anche nel counseling, nei corsi di leadership, nella formazione. Da quando esiste, l’uomo si sforza di costruire mappe per orientarsi e non perdersi. Abbiamo mappe degli strati più profondi della terra, dei mari, del cosmo, ma – stranamente – non ci vengono fornite mappe efficaci per orientarci nel nostro sviluppo personale o nei territori del potenziale umano.

Il modello HPM contiene una concezione dell’uomo come articolazione di tre piani: (1) energie (fisiche e mentali), (2) competenze (skill, abilità), e (3) direzionalità (traguardi, obiettivi, valori, visioni, aspirazioni e sogni).

Il metodo HPM considera tutti i fattori evidenziati nel modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) come aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.

Modello HPM, Copyright Daniele Trevisani
Modello HPM, Copyright Daniele Trevisani

Ciascuna delle 3 aree è suddivisa in due sotto-aree, per un totale di sei “celle di lavoro” utili nel aziendale training, nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza e nei progetti di crescita personale.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita. Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna i primi strumenti utili e operativi è invece già possibile.

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Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

Il senso della missione di Studio Trevisani – www.studiotrevisani.it

Sviluppare progetti: es: progetti di formazione consulenziale a supporto della crescita, corsi di comunicazione, corsi di vendita, corsi di leadership, team-building, Coaching di gruppi aziendali, formazione manageriale, affiancamento di direzione, consulenze aziendali in marketing, vendite, risorse umane,

Analizzare: capire come e su quali aree intervenire per sostenere lo sviluppo personale, dei team, e la formazione aziendale, es: su cosa intervenire per stimolare lo sviluppo, come realizzare corsi di vendita di alto impatto, corsi di negoziazione, corsi di leadership

Progettare: corsi di formazione aziendale e coaching: sviluppo delle competenze, formazione attiva ed esperienziale sulle risorse umane, progettazione di corsi di marketing, corsi di team building, corsi di leadership, vendita, negoziazione, sviluppo personale e aziendale

Realizzare: progetti concreti, sviluppo di competenze, energie, obiettivi, leadership e management

Ricercare: Nuovi temi e metodi di sviluppo per l’impresa e per la persona: generare metodi innovativi da utilizzare in progetti di consulenza personalizzata, produrre ricerca avanzata sulla performance umana e sul potenziale umano.

Studio Trevisani, specialisti in corsi aziendali, corsi di vendita, corsi di leadership, corsi di negoziazione, team building, sviluppo personale e organizzativo, coaching manageriale – Consulenti aziendali per le Risorse Umane.

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching