©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano
Gli psicologi della Gestalt[1] sono stati in grado di scoprire alcuni principi fondamentali dell’organizzazione visiva. Tra questi, il principio della continuità evidenzia che i contorni basati su linee di continuità arrotondate sono preferiti rispetto a bruschi cambiamenti di direzione.
Ad esempio, nella figura seguente identificheremo più probabilmente un incrocio tra la linea AB e la linea CD, che un incrocio tra la figura AD e la figura CB.
[1] Tra cui Max Wertheimer (1880-1943), Wolfgang Köhler (1887-1967) e Kurt Koffka (1886-1941).
Ancora, confrontando immagini visive, la psicologia della Gestalt evidenzia il tentativo continuo che gli uomini attuano di capire il rapporto tra figura e sfondo. Ad esempio analizzando la famosa figura ambigua dello psicologo danese Edgar Rubin è possibile vedere sia una coppa che due volti, a seconda di quale porzione dell’immagine si scelga di utilizzare come sfondo.
Ciò che i principi di organizzazione visiva della Gestalt suggeriscono è che le persone vedono la realtà secondo schemi cognitivi forniti anche da variabili culturali e apprese, non solo innate. I principi della Gestalt rinforzano la nozione che il mondo non sia semplicemente e oggettivamente “là fuori”, ma venga costruito attivamente dai processi di percezione, a seconda di quali “parti del mondo” si decida di osservare.
Lo stesso oggetto può assumere dimensioni e connotazioni di magnitudine diversa. L’esempio visivo che segue è conosciuto come l’illusione di Ebbinghaus.
Si tratta di un’illusione dimensionale, che fa apparire il cerchio di sinistra significativamente più grande del cerchio di destra. Questo rende un esempio chiaro e visivo del concetto semiotico di posizionalità dei significati: un significato assume valore solo in relazione ad altri significati.
In termini di impatto, ogni esperienza soggettiva è condizionata dagli schemi appresi, cioè dai “filtri” con i quali abbiamo appreso a guardare il mondo.
Questo spiega, tra l’altro perché sia possibile che alcune persone povere considerino la propria vita dignitosa e felice, mentre per alcune persone ricche la vita sia un inferno, piena di preoccupazioni, stress e ansia, fino al suicidio.
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Brillantezza
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