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Fare formazione efficace richiede un approccio diverso

anteprima editoriale riservata, Copyright dott. Daniele Trevisani

Chi fa formazione cerca risultati. Quindi, deve mettersi in condizione di ricerverli

Chi desidera risultati deve porsi il problema di quali esiti vuole raggiungere, e di quale somma di azioni lo porterà nella direzione voluta. Nella crescita personale, nessuna singola “azione singola” genera cambiamento forte e permanente.

Vediamo un esempio sul piano fisico: chi desidera dimagrire o migliorare il proprio aspetto sa che non è sufficiente leggere un libro sul fitness, ma occorre iniziare a fare palestra (o correre, o altra attività), impegnarsi in lavoro concreto.

Se non ti metti nella condizione mentale di accettare di fare un percorso, nemmeno il migliore dietologo ti potrà aiutare. Lo stesso vale nella formazione.

Per cambiare non è sufficiente stare alla superficie delle cose, ma serve una dedizione, un cammino.

L’atleta e lo studente sanno anche quanto sia utile dare continuità nel tempo, allenamento dopo allenamento, esame dopo esame. L’atleta sa anche che il suo progresso sarà più rapido se accanto alla attività fisica vi sia un programma di alimentazione strategico, basato sull’acquisire uno stile alimentare positivo, e non è sufficiente mangiare bene in un pranzo e poi dimenticare la dieta per un mese. Anzi, la parola dieta è essa stessa sbagliata, poichè evoca una “pausa” entro un flusso altrimenti scorretto. Favorire uno stile alimentare permanente – non una dieta momentanea – è l’approccio corretto. Questo vale anche nella visione di cosa sia la formazione, il lavoro sul fattore umano in ogni campo.

Raggiungere un risultato richiede assimilare un modo di essere. Esiste una vera e propria spiritualità legata al percorso, una visione del cammino che lo trasforma in qualcosa di valore in sè. Il percorso diventa un modo per evolvere, assume un valore superiore per il solo fatto di essere intrapreso. Un percorso può comprendere

  • aula
  • letture speciali
  • esercizi mentali (Training Mentale)
  • esercitazioni con metafore fisiche (esercizi esperienziali=
  • simulazioni e role-playing
  • esercizi outdoor
  • workpractice
  • autocasi
  • esame di incidenti critici

… e molte altre vie di apprendimento. La sola aula non basta.

I percorsi sono fatti di continuità. I risultati arrivano solo in seguito al lavoro continuativo. Questo vale per il miglioramento sul piano fisico, sul piano manageriale (nella leadership, o nella direzione aziendale) e sul piano personale (il lavoro sulla personalità, sulle emozioni, sulla comunicazione).

Il senso portante del metodo registico è la capacità di interiorizzare un cambiamento, farlo diventare un percorso, e non solo di conoscere una nozione (fatto di per se sterile). Possedere un libro tra gli scaffali senza averlo mai letto e capito è del tutto inutile. Tra cambiare e conoscere esiste una enorme differenza. Posso avere studiato un concetto (es: la saldatura, i tipi di metallo, e la tecnica da usare per i diversi tipi) ma non avere mai saldato niente, e non sapere da che parte iniziare se qualcuno mi chiede di unire due tubi.

La pratica, l’acquisizione, richiedono l’assimilazione negli schemi comportamentali – gli schemi motori o verbali sottostanti – e non solo una assimilazione nozionistica o concettuale.

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anteprima editoriale riservata, Copyright dott. Daniele Trevisani

Dirigere la propria crescita personale

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.

Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Regie di Cambiamento”, Franco Angeli editore, Milano.

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L’obiettivo di una regia di Crescita è l’evoluzione positiva, psicologicamente costruttiva, visibile, percepibile da se stessi e dagli altri, di un individuo o di una organizzazione, diretta verso il suo potenziale e verso la sua autorealizzazione. Può bastare desiderarlo? In effetti no. Bisogna fare un PIANO e individuare degli obiettivi concreti.

L’autorealizzazione è importante ma non sufficiente per chi vive in una organizzazione che ha un fine superiore a quello dell’individuo come singolo.

L’autorealizzazione profonda è tema di sviluppo personale, ma quando entriamo nello sviluppo organizzativo dobbiamo considerare un’ulteriore criticità: la direzione del cambiamento manageriale, per chi opera nelle aziende, deve rispondere a criteri di convergenza rispetto alla visione d’impresa.

Passare da X (dove sono ora) a Y (lo stato a cui voglio arrivare)

Passare da uno stato X ad uno stato Y richiede la costruzione di un ponte, il cui passaggio è composto da passi, spesso piccoli passi. Se non si sa dove andare ogni passo sarà inutile.

Il focusing di quali siano le zone del cambiamento (zona 1, zona 2, zona 3), se già risulta difficili nell’analisi personale, diventa ancora più irto di ostacoli quando in azienda le opinioni sul cambiamento organizzativo sono diversificate, e ognuno vede una sua personale traiettoria e desiderio di cambiamento, spesso in contrasto con le visioni e desideri altrui.

Far emergere queste divergenze è un passaggio fondamentale per regie di intervento efficaci nelle aziende. Non farle emergere significa farvi i conti successivamente, e inesorabilmente, a progetto già avviato.

Fare cambiamento richiede strumenti d’impatto e convergenza di intenzioni. L’impatto deriva dalla potenza degli strumenti adottati, e dalla loro focalizzazione verso il risultato. La potenza di una luce laser è tale poiché tutte le particelle di luce convergono nella stessa direzione, e permettono alla luce di tagliare persino l’acciaio.

Nessuna singola tecnica (nella maggior parte dei casi) ha la stessa potenza – metaforicamente parlando – di una luce laser. L’attenzione va posta quindi alla convergenza di diversi strumenti verso il risultato atteso.

Nella persona, significa porsi il problema di come avanzare in una progressione di obiettivi, con convergenza di strumenti e di tecniche.

Può esservi una tecnica che sensibilizza e riscalda, una tecnica successiva che produce avanzamento ulteriore, e una tecnica finale che taglia definitivamente la testa al problema. Una singola tecnica difficilmente attuerà da sola l’intero percorso.

Riflessioni operative:

  • è essenziale inquadrare degli obiettivi per un determinato periodo di tempo. Esempio, gli obiettivi per il prossimo anno.

  • occorre far convergere più tecniche di cambiamento verso il target di cambiamento; es: alimentazione, allenamento, riposo, training mentale, training fisico

  • occorre ampliare il repertorio di tecniche entro le quali attingere, anche ricorrendo a strumenti provenienti da altri settori aziendali o strumenti interdisciplinari;

  • Occorre RICENTRARE LE ENERGIE MENTALI verso ciò che conta veramente (fare RME = Ricentraggio delle Enerie Mentali)

Questo vale anche nelle imprese, fare RME collettivo (ricentraggio collettivo delle energie di una squadra) significa portare le persone a diventare team, un team che persegue obiettivi in cui crede fino in fondo, e non solo con una adesione di facciata. L’impresa è una sinergia di persone diverse i cui obiettivi convergono, non deve essere una sommatoria di individui che perseguono obiettivi personalistici o meramente egoistici, scollegati ad una visione d’insieme.

Riflessioni operative:

  • valutare se tra i decisori aziendali esiste vera adesione verso gli obiettivi di cambiamento;

  • far emergere le divergenze sottostanti;

  • avviare azioni di sensibilizzazione e persuasione sui benefit attesi;

  • forzare una scelta di campo, una decisione, una presa di posizione.

Lo stato di partenza di una organizzazione o individuo, e lo stato di arrivo, sono sempre diversi, e la nostra necessità e quella di capire il differenziale che ci aspetta, il grado di sfida.

Seconda definizione: cambiamento e formazione consistono in azioni che ambiscono a produrre un forte differenziale tra stato X (pre-intervento) e stato Y (post-intervento) nel soggetto/sistema target.

Il cambiamento volontario contiene un elevato grado di sfida.

Chiunque opera sul cambiamento, tra cui formatori, insegnanti, terapeuti, coach, consulenti, manager, politici, ricercatori, ha “sbattuto” prima o poi il naso contro risultati insufficienti, resistenze, insuccessi. Ogni consulente sa che le azioni che hanno e mantengono un forte impatto anche a distanza di anni si contano sulle dita di una mano, e dietro ciascuna si nascondono sfide, e un enorme impegno di energie mentali e fisiche.

Le persone che non conoscono insuccessi probabilmente non hanno mai osato, o hanno sempre lavorato su terreni morbidi. Il cambiamento importante, significativo, richiede invece una certa dose di coraggio, in chi lo facilita e in chi ne è cliente.

Spesso, il coraggio è quello di far luce veramente e senza ipocrisie su quale sia la reale situazione di partenza (fare una buona diagnosi, far luce vera su “ciò che è”), su quale sia la reale situazione desiderata o di arrivo, e sulle risorse necessarie per produrre il salto o colmare il gap. Significa, anche, scoperchiare le incongruenze, le dissonanze, i veli del non detto.

La realtà ci porta ricorrenti e frequenti progetti di cambiamento o di formazione dove non è stata svolta diagnosi, non è stato chiarito veramente l’obiettivo forte e sottostante, o vengono usati strumenti sottodimensionati rispetto alla portata della sfida. Il fallimento, in questi casi, è dietro l’angolo.

Il modello X-Y (analisi del divario tra stato attuale X e stato ideale Y), è necessario per fare chiarezza sulla situazione, esamina le condizioni di partenza del target e la sua destinazione.

Dobbiamo inquadrare la portata reale di un progetto di cambiamento o coaching, il grado di sfida. Quando questa fase manca, il cambiamento diventa superficiale, e ogni azione uno spreco di energie. Direzionarsi verso sfide impossibili può essere divertente, ma occorre saperlo prima.

Riflessioni operative:

  • identificare il grado di sfida e di difficoltà che si cela dietro ad un obiettivo di cambiamento; valutare le nostre risorse e le possibili distorsioni percettive;

  • non sottovalutare la potenza degli ostacoli materiali, politici o ideologici;

  • evidenziare i possibili ostacoli e le armi di cui disponiamo per combatterli o affrontarli.

Buona crescita!

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