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Percezione del brand

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©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Tra le caratteristiche salienti del processo di elaborazione considerate nel metodo ALM trova posto il livello di concorrenza tenuto in considerazione dal consumatore. Un ragionamento sul livello di concorrenza reale si prefigge di allargare l’ampiezza dell’orizzonte competitivo e la comprensione del quadro reale di competizione nel quale opera l’azienda, spesso radicalmente diverso da quanto in genere considerato. Abbiamo già esposto l’assioma secondo il quale i veri concorrenti di un’azienda sono “coloro i quali riescono a risolvere meglio il BSS[1]“, indipendentemente dal prodotto utilizzato allo scopo. Per fare un esempio, il turismo virtuale assume efficacemente il ruolo di competitor rispetto alle forme di turismo tradizionale.

La concorrenza laterale rappresenta una forma di concorrenza che esula dal prodotto e riguarda le diverse forme di appagamento di una classe di desideri sottostanti. L’allargamento del contesto competitivo – che l’impresa deve tenere costantemente monitorato – è uno degli effetti generati da questo particolare processo di consapevolezza manageriale ed elaborazione strategica.

Sulla base del bisogno da soddisfare, il consumatore effettua le scelte del tipo di prodotto e la scelta della marca da acquistare: la valutazione delle alternative riguarda sia il tipo di prodotto da utilizzare, che i livelli di concorrenza allargata.

I prodotti sono in concorrenza psicologica ogniqualvolta si avvicinano tra loro in termini di percezioni, come potenziali risolutori del bisogno sottostante. L’attacco al prodotto può provenire sia da prodotti concorrenti che da nuove modalità completamente diverse di risolvere il bisogno. Le strategie di posizionamento percettivo (positioning) si prefiggono di creare uno spazio psicologico del prodotto nel quale esso possa essere distante il più possibile da concorrenti pericolosi.


[1] Bisogno sottostante servito.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Processo di elaborazione

Livello di concorrenza

Orizzonte competitivo

Concorrenza laterale

Concorrenza reale

Forme di soddisfazione dei bisogni

Consapevolezza manageriale e strategica

Concorrenza psicologica

Posizionamento percettivo

Percezione del brand

Immagine del prodotto

Fedeltà al marchio

Differenziazione

Posizionamento mentale

Valore percepito

Bias cognitivi

Associazione emotiva

Influencer marketing

Prestigio del marchio

Reputazione del prodotto

Prova sociale

Esperienza del consumatore

Psicologia del prezzo

Comunicazione persuasiva

Fidelizzazione del cliente

Apprendimento del consumatore

Motivazione all’acquisto

Comportamento d’acquisto impulsivo

Soddisfazione del cliente

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Le credenze, secondo Rokeach,[1] sono «proposizioni semplici, consapevoli o inconsapevoli, inferite da ciò che una persona dice o fa, che possano essere precedute dalla frase …Credo che…».

Alla base della formazione degli atteggiamenti verso il prodotto vi sono le «credenze» del soggetto (beliefs) relative al prodotto. La somma delle diverse credenze crea il “sistema delle credenze” (belief system) del cliente relativo alle conseguenze dell’acquisto.

Credenze e atteggiamenti sono concetti diversi, in quanto le credenze rappresentano le componenti di base degli atteggiamenti, i mattoni costitutivi. Un atteggiamento può quindi essere considerato come una organizzazione di credenze. Il sistema delle credenze è un composto instabile, in cui ogni informazione in ingresso può modificarne la struttura. Le diverse credenze, valutate soggettivamente, producono l’atteggiamento complessivo di prodotto


[1] Rokeach, M. (1968). Beliefs, attitudes, and values. San Francisco: Jossey-Bass.

Rokeach, M. (1973). The nature of human values. New York: Free Press.

Il termine “credenze” evidenzia subito un fatto importante: gli atteggiamenti verso il prodotto sono un fatto psicologico, ed esistono anche senza la prova diretta o test del prodotto svolto in prima persona. È sufficiente un passaparola negativo (o positivo), o una supposizione tutta interiore sul gradimento, o persino il sound del marchio, ad innestare lo sviluppo di credenze e quindi la formazione di atteggiamenti. La credenza è una convinzione, che può anche essere sbagliata.

Nel caso del prodotto “formazione aziendale manageriale”, è sufficiente che un imprenditore abbia avuto una remota esperienza negativa, o persino un “sentito dire” negativo, per far partire un incontro di vendita da una posizione D o E (di accettazione negativa ed ostilità), mentre esperienze precedenti positive, o evidenti pressioni dal mercato (la richiesta di una nuova competenza specifica espressa dai clienti) possono far ricadere il soggetto in A o in B.

Non dobbiamo pensare che il fondamento di una valutazione di prodotto si basi su riscontri oggettivi o valutazioni scientifiche, ma prendere atto che le credenze (beliefs) di prodotto si formano indipendentemente dalla volontà del venditore: sono dati di fatto con i quali egli deve avere a che fare, e che può tuttavia cercare di cambiare.

Gli atteggiamenti hanno quindi componenti cognitive, affettive e comportamentali.

La maggior parte degli scienziati sociali è d’accordo sul fatto che un atteggiamento non sia un elemento basilare, irriducibile, all’interno della personalità, ma rappresenti un cluster (aggregazione) di più elementi intercorrelati.

Esistono forti influenze reciproche tra le tre componenti dell’atteggiamento. Se dispongo di una informazione non veritiera su una persona (ad esempio, penso – sbagliando – che abbia tradito la fiducia di qualcuno), la componente cognitiva sarà viziata da un errore di conoscenza.

Questo errore si trasferirà alla componente valutativa (inizierò ad avere un rifiuto interno di quella persona, se per il mio sistema di valori il tradimento della fiducia è un comportamento indegno) e alla componente comportamentale (non lo inviterò ad una festa).

La traduzione non è tuttavia automatica, poiché, come ricordato, vincoli esterni possono creare vincoli così forti da non consentire alla persona di agire coerentemente con i propri atteggiamenti. Ad esempio, la necessità di lavorare può frenarmi dal criticare un cliente che non stimo, oppure la non disponibilità economica può impedirmi dal tradurre in comportamento reale (acquistare un biglietto aereo) un mio atteggiamento positivo verso una vacanza alle Hawaii, o ancora, un imprenditore può evitare di effettuare un acquisto importante se ritiene che altre priorità di bilancio debbano prima essere esaudite.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Formazione degli atteggiamenti

Sistema di credenze

Atteggiamento di prodotto

Convinzioni

Esperienze precedenti

Componente cognitiva

Componente affettiva

Componente comportamentale

Psicologia del consumatore

Percezione del brand

Valori del marchio

Credibilità del marchio

Coinvolgimento emotivo

Costruzione dell’immagine del marchio

Influencer marketing

Marketing etico

Storytelling del brand

Marketing autentico

Comunicazione persuasiva

Creazione di fiducia

Gestione della reputazione

Marketing basato sui valori

Testimonianze dei clienti

Creazione di legami di fiducia

Marketing responsabile

Efficacia della comunicazione

Percezione della qualità

Brand advocacy

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching