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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

La creazione del valore per il cliente

Esistono una molteplicità e varietà di bisogni del consumatore, di modi di acquistare, di moventi, che partono spesso dalla presenza di pulsioni contrastanti. Questo rende gli sforzi aziendali per generare customer satisfaction (la soddisfazione del consumatore) alquanto ardui. Anche perché i moventi e gli scenari cambiano velocemente.

Per raggiungere l’obiettivo della soddisfazione del consumatore, dobbiamo ricorrere ad una lettura psicologica del concetto di valore, alla ricerca di qualche elemento di stabilità cui ancorare solide strategie operative.

Il marketing mix si compone notoriamente di quattro leve di marketing: il prodotto, il prezzo, la distribuzione e la promozione/comunicazione.

Il passaggio cruciale è spostare l’attenzione aziendale dal concetto di marketing mix (incentrato sull’organizzazione interna), al concetto di value mix (il mix di valore), in cui le leve di marketing vengono analizzate unicamente quali strumenti di creazione del valore per il cliente.

Ciascuna leva deve essere considerata occasione per creare valore nel consumatore, e non semplice adempimento organizzativo o manageriale. Creare valore è possibile attraverso lo studio delle caratteristiche del prodotto, ma anche attraverso forme di pricing innovative e maggiormente vicine alle attese del cliente, forme distributive semplicemente più funzionali, forme di comunicazione aziendale e assistenza di superiore qualità.

Per ciascuna delle quattro leve di marketing, è necessario fare un passo in avanti decisivo, valutando cosa costituisca valore in essa. Il valore, come abbiamo notato, deriva dalla capacità di una caratteristica di corrispondere ai bisogni consci, inconsci e subconsci dell’individuo. Al centro della progettazione della customer satisfaction, quindi, devono entrare i concetti di prestazione ideale, prodotto ideale, distribuzione ideale, pricing ideale, e comunicazione ideale. 

La wish-list del cliente

La prima necessità operativa e immediata in una gestione orientata alla competitività è quella di ottenere la wish-list del cliente (lista dei desideri). 

La wish-list può essere considerata un’elencazione della situazione desiderata, ciò che si deve verificare in seguito all’acquisto/utilizzo/fruizione del prodotto o del servizio. La wish-list permette di regolare di conseguenza l’offerta aziendale, e costituisce il primo strumento operativo della customer satisfaction.

Sviluppare la wish-list risulta particolarmente indispensabile nei rapporti consulenziali e nel business-to-business, ove diventa necessario fare assoluta chiarezza sui risultati attesi e sui tempi e modi realizzativi. La fase di intervista al cliente, la sua capacità di far emergere le esigenze, assume un valore  determinante per far esplodere il bisogno sottostante e articolarlo. Senza comprensione anticipata dei desideri non vi può essere soddisfazione del cliente.

Il modello XY

Nella wish-list è insito, a livello psicologico, il desiderio di cambiamento. In ogni acquisto si cela un desiderio di modificare uno stato di cose. Una mela per cambiare il senso di fame. Una cravatta per cambiare il look, un computer per cambiare la propria produttività, ecc. Acquistare significa cambiare qualcosa in qualche stato psicologico del cliente. Perché acquistare se tutto va bene e nessun bisogno appare all’orizzonte futuro?

In che direzione deve avvenire il cambiamento? Se al tempo zero, prima dell’acquisto e utilizzo del prodotto/servizio, la situazione era “X”, la situazione che si deve determinare grazie al prodotto/servizio è la “Y”. Il venditore deve assolutamente capire in quale direzione il cliente vuole cambiare le cose. E soprattutto, su quali specifiche situazioni si vuole agire.

Il modello XY è pervasivo e si applica ad ogni bisogno umano.

Ad esempio, in campo medico la X è la presenza di una malattia, la Y è la eliminazione della malattia. Oppure – nel caso di una consulenza di vendita – la situazione X rappresenta un calo di vendite in corso la cui natura non è stata ben decifrata, la situazione Y consiste nella comprensione scientifica delle cause e nello sviluppo di indicazioni operative sul da farsi. 

Ed ancora, per quanto riguarda il campo aziendale, può verificarsi la consapevolezza che attualmente il sistema informatico dell’azienda sia dispendioso, lento, fonte di elevati costi di manutenzione e di difficoltà d’uso (stato X: alto TCO – Total Cost of Ownership e bassa efficienza). La situazione desiderata è una maggiore efficienza, velocità, e capacità d’uso degli strumenti informatici in azienda da parte degli operatori, con riduzione del TCO (stato Y: riduzione TCO e aumento di efficienza del sistema).

A questo punto, il consulente o venditore informatico dovrà predisporre un quadro di possibili soluzioni per la trasformazione da X a Y. Ma questo può essere svolto solo in seguito ad una analisi accurata, che faccia luce sulle false Y e sulle false X – nascoste nello stato di cose, nel dal caos aziendale, o da una scarsa consapevolezza nella mente del cliente.

La diagnosi e chiarificazione degli obiettivi (Goals Analysis)

Il cliente spesso non ha ben chiara la Y, ma percepisce la necessità di un cambiamento, di un miglioramento, di un risultato (goal). Aiutare il cliente a chiarificare la Y è dovere del venditore. Anzi, è proprio su questo campo che si misura la vera abilità del consulente o venditore.

Questo significa sviluppare la capacità di discriminare tra falsi risultati e veri risultati. Non sono rari i casi in cui gli obiettivi reali del cliente sono schermati da uno strato di confusione organizzativa e mentale, che ne sfoca il quadro.

Un esempio di risultato apparente, è dato dal “volere un corso di informatica per il proprio personale”, mentre il vero risultato sottostante è “l’aumento dell’efficienza organizzativa tramite strumenti tecnologici”. I due risultati possono sembrare simili, ma così non è. Infatti, l’aumento dell’efficienza organizzativa richiede non solo maggiore capacità nell’uso del PC ma anche la conoscenza di alcune regole di time-management e di comunicazione organizzativa interna, senza le quali si crea scarsa produttività.

Conoscere la “Y”, oltre le apparenze, rappresenta quindi uno degli obiettivi della wish-list, che può essere utilizzata sia come strumento per conoscere le attese del cliente, che come strumento per la gestione strategica delle aspettative. 

Parafrasando alcune domande: «Dimmi qual’è la vera situazione attuale», è il tema della X. «Dimmi dove vuoi arrivare veramente», è il tema della Y. 

La diagnosi dello stato attuale (Situation Analysis)

Errori di progettazione in grado di minare la soddisfazione provengono da una eventuale cattiva identificazione della posizione di partenza (la x), dalla quale discendono errori a catena.

In molti casi di intervento consulenziale realizzati dall’autore, è stato posto come requisito indispensabile un’analisi dello stato dell’arte (situation analysis), realizzabile tramite diversi strumenti. L’obiettivo dell’analisi è quello di andare oltre l’intenzione espressa per identificare il reale quadro di partenza, nella consapevolezza che solo una diagnosi dello stato X permette di assicurare il conseguimento della Y secondo tempi e modalità concordabili e rispettabili dai contraenti.

Tra gli strumenti utilizzati per la Situation Analysis figurano:

  • benchmarking tecnico-prestazionale
  • benchmarking funzionale-organizzativo
  • benchmarking del front-line personale
  • benchmarking del front-line mediato
  • auditing dei sistemi e procedure di marketing
  • auditing dei livelli motivazionali
  • skills auditing delle metacompetenze manageriali
  • vision & mission analysis.

Il gap-management

Una delle skills più forti del consulente di vendita (e del professionista di marketing in generale) sta nel saper identificare correttamente sia le Y reali (obiettivi da perseguire), che le X reali (situazione di partenza).

Nei casi in cui lo stato iniziale su cui si vuole agire sia stato male identificato, e l’obiettivo risulti impreciso, falsato o poco chiaro, i rischi di errore e insoddisfazione reciproca sono elevatissimi.

Far emergere la X significa determinare la situazione attuale del cliente, identificare la natura delle pulsioni sottostanti, i bisogni che spingono il cliente verso il cambiamento. Solo così potrà essere determinato il divario esistente tra X (situazione attuale) e Y (situazione desiderata dal cliente), e quindi lo sforzo da attuare per raggiungere l’obiettivo. Il venditore o il consulente agiscono in questo caso utilizzando criteri di Gap-management, un approccio duale concentrato sugli scostamenti tra situazioni attuali e situazioni obiettivo, e sul ruolo del prodotto/servizio come strumento di cambiamento.

La triplice componente della wish-list

La wish-list contiene una triplice componente: 

  • la componente di risultato: cosa deve accadere, cosa ci si attende realmente dal prodotto o dal servizio, che effetti deve produrre;
  • la componente di metodo: come ci si attende che l’esecutore del servizio debba raggiungere quel risultato, con che metodi esecutivi;
  • la componente temporale: quando devono verificarsi gli effetti finali e parziali dell’intervento o dell’acquisto.

Oltre a far emergere la Y di risultato, è necessario sapere come e quando la Y debba realizzarsi pienamente, ovvero tempistica di realizzazione desiderata. Allo stesso tempo è necessario capire se esistono eventuali limitazioni o vincoli sulle “modalità realizzative”.

Molti casi di insoddisfazione reciproca derivano dal fraintendimento tra acquirente e offerente in merito alla esatta definizione della prestazione da realizzare (Y di risultato), ai tempi (Y temporale) o ai metodi utilizzati (Y metodologica). 

Far emergere entrambe le componenti è assolutamente necessaria per prevenire l’insoddisfazione, ed evitare problemi ad entrambi i soggetti (venditore/consulente e cliente). 

La wish-list di risultato

Cosa desideri? Quali sono i tuoi obiettivi? Cosa ti aspetti? Questo tipo di domanda sottostà la definizione della wish-list di risultato. Un fraintendimento a questo livello causa effetti devastanti. 

Ad esempio, poniamo il caso di un consulente cui sia stato richiesto di “realizzare una ricerca di mercato in merito all’iniziativa NewProduct presso 20 top-aziende della regione”. Farà egli un buon lavoro se consegnerà un report accurato sulla propensione d’acquisto rilevata sul campo? Dipende. Se il committente stava cercando 20 clienti per il NewProduct, e intendeva l’incarico come “reperimento di 20 clienti” (risultato atteso A), il suo lavoro sarà considerato pessimo. Se il suo incarico sottintendeva il “sondaggio delle intenzioni su 20 potenziali clienti” (risultato atteso B), avrà fatto un ottimo lavoro. Reperimento di clienti e sondaggio di intenzioni sono due obiettivi estremamente diversi. In generale, in caso di fraintendimenti, le responsabilità possono essere a due livelli:

  • Responsabilità del venditore: il fornitore si è impegnato per spiegare esattamente cosa darà in cambio del pagamento? Ha chiarito le differenze di risultato e significato che nella sua esperienza possono esistere dietro a concetti del tipo “ricerca di mercato” o “formazione”, o “assistenza”? Ha affrontato i  concetti che abbisognano di spiegazione in quanto soggetti ad elevato margine di interpretazione soggettiva?
  • Responsabilità del cliente: il cliente ha una quota di responsabilità quando chiede una soluzione a costo inferiore auspicando un risultato superiore. Se il fornitore non si è tutelato tramite una specifica lettera di incarico sulla wish-list di risultato, sarà esposto a problemi ed azioni legali. Oppure il cliente può anche non avere ben chiaro il risultato atteso nella sua mente, e il compito del venditore è quello di divenire consulente e chiarificatore delle esigenze sottostanti, esplicitatore di bisogni presenti o latenti.

Il problema deve essere affrontato sin dall’inizio, secondo il seguente principio:

Principio – Principio di gap management (principio XY)

La customer satisfaction dipende:

  • dall’individuazione esatta del quadro di partenza (oggettivo e psicologico) del cliente (X);
  • dalla esatta identificazione degli obiettivi, dalla loro individuazione, emersione e chiarificazione (Y), in termini di effetti attesi;
  • dallo sviluppo di soluzioni atte a ridurre la distanza X-Y (gap);
  • dalla identificazione ed esplicitazione delle tempistiche e delle modalità esecutive;
  • dalla valutazione esatta e successivo reperimento delle risorse di investimento necessarie a colmare il gap.

Il venditore deve assolutamente informare il cliente se percepisce che le risorse messe in campo siano insufficienti per soddisfare la wish-list di risultato e metodologica: in questo caso, o si modificano le attese e si produce una wish-list meno ambiziosa, o si incrementano le risorse (i miracoli non esistono).

Anche su prestazioni che sembrano abbastanza predefinite, la wish-list di risultato rappresenta uno strumento utile. Nell’esempio di una ricerca di mercato, il fornitore del servizio potrebbe dare per scontato che il cliente si aspetti una indagine su un campione, utilizzando un questionario semistrutturato, fornendo al cliente dati, grafici e tabelle (risultato A). Può accadere che invece dall’altra parte, il cliente si attenda una serie di indicazioni operative sul da farsi, e sia assolutamente non interessato ad avere dati, grafici e tabelle. Questo cliente vuole “indicazioni su come muoversi” (risultato B). 

I due risultati sono in realtà assai diversi, e rappresentano due diverse wish-list: in un caso “ricevere informazioni utili alle decisioni da prendere”, che comunque spetteranno all’azienda, nell’altro caso “ricevere una serie di indicazioni operative e ottenere soluzioni”. Nel caso A il cliente acquista “dati”, nel caso B acquista “strategie”, due prestazioni estremamente diverse.

Se il cliente non riesce o non vuole mettere per iscritto la propria wish-list in una lettera d’incarico, è assolutamente indispensabile evitare di avviare una collaborazione, poiché, nel caso, si aprirebbe la strada al diverbio sul risultato, o al mancato pagamento, e al rischio di lavorare senza sapere con quale fine.

La wish-list metodologica

La wish-list metodologica riguarda le modalità realizzative, gli strumenti da utilizzare per produrre il risultato atteso.

Possono esistere preferenze non espresse in merito alla wish-list metodologica, che vengono date per scontate dal cliente o dal fornitore, mentre l’altra parte non ne è a conoscenza.

Osserviamo il caso di un cliente che orienta la propria wish-list non solo al risultato, ma anche al metodo: ipotizziamo che un cliente desideri svolgere una verifica di efficacia della rete distributiva, analizzando il comportamento sul punto di vendita tramite uno specifico metodo: la ghost customer research. La specifica del metodo “ghost customer” vincola il realizzatore ad una precisa modalità esecutiva. Queste indicazioni devono essere conosciute a priori, pena la creazione di ampi spazi di insoddisfazione reciproca e malintesi.

Proponiamo di seguito alcuni esempi e modelli di wish-list da sottoporre al cliente. 

Il primo modello (wish-list generale) ha lo scopo di inquadrare la problematica, sviluppare il tema dell’intervento. Qual’è il problema al centro dell’intervento? La situazione attuale come si può definire? Qual’è la situazione desiderata? Esistono vincoli di realizzazione? Che budget è disponibile per realizzare l’intervento? È adeguato?

Il secondo modello proposto è maggiormente dettagliato. Esso cerca di comprendere la componente anticipatoria, omeostatica e preventiva dell’intervento, le restrizioni metodologiche, le scadenze intermedie e finali.

Include anche la valutazione del budget, e se esso risulta adeguato all’obiettivo atteso; se siano state affrontate e risolte tutte le problematiche, se la natura del rapporto sia stata chiarificata.

Un ottimo test della chiarificazione del rapporto si ottiene quando le aspettative reciproche possono essere messe per iscritto, formulando un incarico chiaro e preciso, nel quale entrambe le parti si identificano.

Fintanto che non vi è sufficiente chiarezza, o focalizzazione degli obiettivi, i margini di errore e insoddisfazione sugli esiti del rapporto saranno molto ampi. 

Se si è al punto di non riuscire a scrivere – nero su bianco – quali siano le aspettative reciproche (prestazione da un lato, tempi e modalità di pagamento dall’altro), un rapporto business-to-business non dovrebbe essere nemmeno iniziato.

Il processo di Narrowing-down

In generale, la customer satisfaction evidenzia l’esigenza di realizzare un processo di narrowing-down, cioè di restrizione di possibilità e focusing dal generale al particolare, fino alla determinazione delle specifiche richieste dall’intervento, dal prodotto o dal servizio.

Le specifiche di prodotto/servizio esprimono in maggior dettaglio le attese del cliente rispetto a tempi, modi, obiettivi della prestazione. Naturalmente, il livello di dettaglio deve essere ragionevolmente finalizzato: gli eccessi porterebbero ad una riduzione degli spazi creativi, mentre un difetto renderebbe difficile la misurazione dell’accuratezza realizzativa del progetto.

Le specifiche possono riguardare aspetti tecnici, ad esempio la dimensione delle viti da utilizzare in un macchinario, o aspetti di macro-risultato, ad esempio la potenza che un utensile dovrà erogare in Watt e il numero di ore giornaliere per il quale l’utensile dovrà operare senza presentare problemi.

Anche nel campo del servizio le specifiche costituiscono una componente importante della wish-list. Ad esempio, in un corso formativo la wish-list dovrà indicare il risultato atteso in termini di cambiamento e di effetti da conseguire. Le specifiche dovranno invece approfondire aspetti metodologici rilevanti, tra cui il numero di partecipanti, l’articolazione oraria dei moduli formativi, l’utilizzo di modalità formative specifiche, sedi e orari, ecc..

Sia la wish-list che le specifiche costituiscono un importantissimo momento di focalizzazione e di dialogo tra cliente e fornitore, un dialogo nel quale il prodotto o servizio viene “costruito assieme”, una forma di co-progettazione a vantaggio della chiarezza del rapporto e dei risultati.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo Strumenti di base per ottenere customer satisfaction sono :

  • Comunicazione
  • Customer satisfaction
  • Desiderio di cambiamento
  • Distribuzione
  • Gap management
  • Goals analysis
  • Lista dei desideri del cliente
  • Marketing mix
  • Modello XY
  • Obiettivi
  • Prezzo
  • Processo di narrowing-down
  • Prodotto
  • Promozione
  • Situation analysis
  • Situazione di partenza
  • Soddisfazione del consumatore
  • Value mix
  • Wish-list
  • Wish-list di risultato
  • Wish-list metodoligica

Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Sbagliare sin dalla fase di selezione

Non aver paura di fare degli errori, perché non c’è altro modo per imparare come si vive.

(Alfred Adler)

La selezione di personale adatto alla Vendita Consulenziale è particolarmente difficile, in quanto si tratta di trovare persone che siano disposte all’ascolto, così come all’azione di squadra.

Persone che sappiano dare valore al proprio prodotto/servizio e trasformarlo in una soluzione adatta ai bisogni del cliente.

Tutte le persone conoscono il prezzo delle cose ma soltanto alcune ne conoscono il vero valore.
(Oscar Wilde)

Gli errori principali possono avviarsi già in fase di selezione, in particolare:

  • quando manca una buona profilazione del candidato ideale.
  • quando non si realizza un forte patto psicologico con il venditore.

Evitare di porsi domande fondamentali

Ad esempio:

  • Quanto tempo intende rimanere il venditore presso questa organizzazione?
  • Considera questo posto di lavoro o posizione come definitiva, o sta inviando curriculum in giro?
  • È completamente fedele o usa i propri contatti anche per altri scopi (concorrenza, vendita di informazioni, contoterzismo, secondi lavori)?
  • È interessato al tipo di prodotto o lo trova stupido o banale o poco interessante da trattare?

Esistono molte modalità, più o meno legali, per verificare quanto sopra. Si va dal fatto che il venditore si impegni con costanza ad alimentare il CRM aziendale, o non lo faccia per niente, sino alla possibilità di installare “keylogger” sul pc aziendale del venditore per scoprire con chi e cosa comunica.

Al di là del metodo, l’essenziale è sapere o meno di poter contare su quella determinata persona.

Non difendere la squadra e i suoi membri da attacchi esterni e interni

Non difendere la squadra e i suoi membri da attacchi esterni e interni

Il leader del team di vendita deve saper difendere sia il team che i suoi membri da attacchi esterni al team, sia provenienti dall’interno dell’azienda che dall’esterno.

  • Esempio di attacco interno: l’area produzione boicotta un tempo di consegna o non consente di rispettare una promessa di vendita.
  • Esempio di attacco esterno: un cliente che si dichiara insoddisfatto mentre in realtà è un soggetto problematico in sé (dall’essere demanding oltre una soglia ragionevole, sino all’essere psicopatico), o sta cercando di ottenere merce di scambio.

Non valorizzare le autonomie

“La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli è come andare avanti senza di loro.”

Frank A. Clark

Ogni venditore ha bisogno di una direzione che li supporti e li aiuti ad individuare strategie e obiettivi. Tuttavia, è bene pensare che la Direzione possa davvero occuparsi sempre più di strategia e sempre meno di seguire ogni singolo passo del venditore. Procedere verso l’autonomia è un grande risultato da perseguire.

Per ogni direzione che usa il metodo consulenziale, l’obiettivo (o sogno da perseguire) deve essere quello di avere una organizzazione e dei professionisti di valore, cui conferire :

  • più delega possibile
  • applicare meno controllo possibile.

Per fare questo, devono sempre essere svolte attività di sviluppo dell’autonomia che amplifichino la delega sino ai suoi massimi livelli. In questo modo la direzione potrà veramente occuparsi di mission, vision, innovazione e strategia, anziché doversi occupare di controllo costante dei dettagli.

Fissare budget di vendita non in base ai potenziali reali

Le previsioni sono estremamente difficili. Specialmente sul futuro.

(Niels Bohr)

Le vendite-target, o obiettivi di vendita, devono essere fissati sulla base dei potenziali dei territori e dei mercati, e non utilizzando come criterio semplici aumenti indiscriminati sulla base dell’anno precedente (es: +10% per tutti).

Per valutare i potenziali dei mercati, è necessario svolgere operazioni di misurazione, spesso intuitive, ma erronee, e correttamente complesse quando si voglia invece ricorrere a formule di calcolo (algoritmi). Questi calcoli puntano a calcolare la quota di mercato attuale e quella invece conseguibile come la concorrenza o competitività dei mercati di riferimento, i costi di ingresso e di uscita, le difficoltà logistiche ed operative.

Mancanza di backup dei dati, delle informazioni di vendita e intrasferibilità delle relazionali interpersonali

Mancanza di backup dei dati, delle informazioni di vendita e intrasferibilità delle relazionali interpersonali

Se l’unico soggetto in possesso delle informazioni è il venditore, i rapporti di forza si sbilanciano e la direzione vendite è ostaggio del venditore stesso.

Devono esistere: 

  • sistemi di backup dei dati (fisicamente) tali da poterne svolgere il recupero da più sedi. Esempio: un backup settimanale dei dati completi dal PC o “client” del venditore verso il sistema centrale, un backup giornaliero dei dati critici (es: sincronizzazione contatti e cartelle clienti);
  • sistemi di backup di funzione e di ruolo, tali da poter dare continuità ad un processo di vendita anche in assenza di chi lo ha iniziato o lo sta seguendo. Esempio: sapere i nominativi dei decisori e con chi parla il nostro venditore entro l’azienda cliente.

Nella vendita consulenziale – che fa perno sul valore della consulenza data dalla persona (venditore) alla persona (cliente) – si assiste al fenomeno della intrasferibilità delle relazioni interpersonali (mi fido di te, conosco te di persona), mentre nella vendita distributiva (es, in una Grande Distribuzione) la fidelizzazione umana è decisamente più blanda o in alcuni casi (in un discount) quasi assente.

L’obiettivo del backup relazionale è molto più difficile da perseguire (ma comunque importante) nelle aziende che adottano la tecnica della vendita consulenziale, dove molto affidamento viene dato ai rapporti umani personali, ai valori relazionali che non si possono “backuppare” come se si trattasse di bits. 

Per questo motivo, la quota relazionale totale (il totale dei contatti di relazione umana con i clienti), va esplosa su più livelli:

  1. il contatto del venditore (prevalente);
  2. il contatto della direzione in affiancamento con il venditore (portandolo ad un grado almeno annuale, o sino a semestrale o trimestrale nei clienti top);
  3. il contatto umano delle segreterie organizzative, che devono essere portate a conoscenza del metodo consulenziale e devono esse stesse adottare stili comunicativi di alta qualità e attenzioni individuali;
  4. la possibilità di avere un quadro completo informatizzato del sistema cliente, tale che ad ogni contatto e ad ogni telefonata possiamo sempre avere sott’occhio le informazione determinanti di quel cliente e non essere sprovveduti.

Fuoriuscita di informazioni riservate

La Direzione di un team di vendita deve prevedere possibilità anche molto negative, e porre attenzione a:

  • Furti esterni di dati e lavoro, causati da falsi acquirenti (spesso concorrenti) che intendono ottenere solo informazioni o progettualità gratuita.
  • Furti interni di dati, soprattutto prima di licenziamenti o dopo aver subodorato intenzioni di licenziamento (del venditore o da parte della direzione).

Consentire deviazioni dal modello di chiarezza di quale sia la situazione e risultato atteso dal cliente (modello X Y)

Per me la più grande bellezza sta sempre nella massima chiarezza.

(Gotthold Ephraim Lessing)

Il principio base del Solutions Selling è che si vendono soluzioni per aiutare un cliente e risolvere/anticipare i suoi problemi attuali e/o futuri. Quali sono quindi questi problemi? Questo deve essere chiaro.

Il leader della direzione vendite non deve accettare trattative in cui non sia chiaro cosa vuole veramente il cliente e da quale situazione si parte (vedi modello XY di customer satisfaction). 

Senza avere compreso la situazione del cliente e quali problemi dobbiamo risolvere (o obiettivi da conseguire) non può aver luogo alcun processo di vendita realmente consulenziale

Mancanza di doppio focus: sugli anelli forti (Strong Points) e sugli anelli deboli (Weak Points) della catena di vendita

Ogni catena di vendita – intesa come sequenza di attività/operazioni finalizzate alla vendita, ha una propria sequenza logica, realizzata da persone e svolta tramite procedure.

All’interno di questa sequenza nessuna organizzazione è perfetta, ed è positivo tendere all’ottimizzazione con una particolare attenzione a due punti:

  • non perdere i vantaggi conseguiti grazie agli anelli forti: tenere particolarmente conto delle persone e delle procedure/modalità contributive e vincenti, fare di tutto per mantenerle, coltivarle, estenderle, amplificarle;
  • non vedere o far finta di non vedere gli anelli deboli della catena (persone o procedure); questi vanno invece osservati e trattati con metodi di coaching, counseling o formazione, per farli crescere.

Le domande chiave da porsi rispetto all’organigramma di vendita :

  • Su quali aree potremmo lavorare per migliorare?
  • Dove sono i nostri punti di forza?
  • Dove sono i nostri punti di debolezza?
  • Di chi mi posso fidare e per cosa, in relazione alle sfide da sostenere?
  • Chi mi dà energie?
  • Chi mi toglie energie?

Comunicazione, motivazione e incentivazione della rete di vendita

Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci.
(Jim Morrison)

Il problema della motivazione va separato nettamente dal tema della fattibilità di una pratica motivante legata alle legislazioni nazionali sul campo del lavoro. La motivazione ha basi psicologiche e su queste è per noi opportuno concentrarsi, per poi eliminare dal campo o ridisegnare le soluzioni giuridicamente sostenibili. 

Comunicazione, motivazione e incentivazione della rete di vendita

Vediamo quindi quali sono alcuni dei presupposti della motivazione e incentivazione delle reti di vendita:

  1. Il fattore grounding organizzativo: l’incentivazione dipende dalla qualità organizzativa e dal senso di solidità aziendale: è più facile incentivare quando si ha la percezione di un buon supporto organizzativo;
  2. Il fattore grounding nel ruolo: la motivazione dipende dal grado di role-fitting (benessere nel ruolo, centratura tra ruolo e personalità/self);
  3. il fattore della prospettiva temporale (sua lunghezza e densità): un orizzonte vuoto spaventa, così come un orizzonte incerto;
  4. il fattore della correlazione sforzo-risultato: deve esistere un sistema premiante che crei un meccanismo di feedback positivo, rafforzando la convinzione che lo sforzo premia, e la struttura nella quale si sta lavorando è una “macchina da feedback positivo”;
  5. il fattore della qualità dei climi organizzativi: così come esistono ambienti fisicamente inquinati, possono esistere ambienti psicologici inquinati e demotivanti. È ruolo della leadership capire chi inquina, cosa inquina, e rimuovere i fattori inquinanti dal sistema;
  6. il fattore delle comunicazioni in ingresso, la qualità comunicativa, day-by-day, che colpisce il soggetto, la sua frequenza, natura e tipologia, un fattore di tale importanza da far emergere il bisogno di un vero e proprio piano di comunicazione interna per il team di vendita.

Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.
(Eleanor Roosevelt)

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching