Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team”
La ricerca dell’eccellenza per il raggiungimento degli obiettivi
L’eccellenza operativa si colloca in una posizione molto precisa della scala manageriale: al di sopra dell’esecuzione “mediocre” e “media”, e al di sotto del blocco dovuto all’ossessione per la perfezione maniacale per il dettaglio. Entrambi gli stati, precedente e successivo, portano al blocco dell’eccellenza operativa. Gli errori principali sono:
• un’esecuzione mediocre annulla qualsiasi vantaggio strategico;
• un’attenzione ossessiva al dettaglio porta alla sola attenzione tecnica che fa perdere di vista la visione d’insieme e le variazioni situazionali.
Come evidenziato nel volume Il potenziale umano:
Due elementi fondamentali di una prestazione umana sono: (1) gli scopi (obiettivi) e (2) il loro grado di raggiungimento (nullo, intermedio, totale).
Rispetto agli scopi, ci concentriamo soprattutto su quelle prestazioni o performance che hanno un senso di contributo, di liberazione, di espressione, di emancipazione. In altre parole, le prestazioni non solo meccaniche.
Rispetto al grado di raggiungimento, consideriamo che esso sia una funzione strettamente dipendente dal tipo di potenziale raggiunto (dalla persona, dal team, dall’organizzazione), e che per l’eccellenza bisogna lavorare sulla crescita strutturale più che sui risultati immediati (Trevisani 2009, p. 34).
Il tema dell’Eccellenza, nel potenziale umano, si ritrova anche all’interno della filosofia orientale dei samurai, in particolare negli scritti di Musashi, dal Libro dei cinque anelli:
Ottavo: non essere trascurato neppure nelle minuzie.
Come abbiamo osservato, questo precetto segnala il bisogno di entrare nelle microcompetenze, la ricerca dell’eccellenza, l’abbandono di un atteggiamento di pressapochismo e banalizzazione.
Attenzione ai dettagli che contano, amore per quello che si fa e per come lo si fa.
Occorre quindi trovare la posizione corretta all’interno di un continuum. Torniamo quindi a quanto sviluppato in Il potenziale umano, sulla differenza tra l’eccellenza e i perfezionismi inutili.
Chi si occupa di performance è spesso portato a confondere due piani distinti di una prestazione: la perfezione e l’eccellenza.
Una prestazione eccellente è quella che offre contributi significativi a chi ne deve fruire, mentre una prestazione perfetta è spesso autoreferenziale, forzatamente ed esasperatamente sovraccarica di attenzione, anche nei dettagli nei quali nessuno può percepire un contributo in più o vantaggi ulteriori veri.
La vera eccellenza si misura sul valore vero prodotto, non in finezze snob.
I performer non possono essere danneggiati dalla ricerca della perfezione ma devono essere stimolati dalla ricerca dell’eccellenza.
Si tratta di una differenza sottile ma importante.
Perfezionismo e ricerca dell’eccellenza sono atteggiamenti diversi. Il perfezionismo assorbe energie in modo maniacale anche oltre il livello in cui un contributo diventa significativo. Consuma energie inutilmente.
Le attività dei cercatori di perfezione non sono mai finite, mai terminate, mai perfette, esiste sempre una ragione per non completarle o non essere soddisfatti di sé.
L’eccellenza richiede che le energie vengano investite là dove un contributo produce effetti, e sino al livello in cui un miglioramento è reale, percepibile, dotato di senso, creatore di valore buono, e non oltre.
Il perfezionismo non aumenta il successo delle persone, è uno stato di maniacalità. Il successo è determinato da talento, energia, impegno, non dal perfezionismo o dalla testardaggine verso i dettagli inutili.
Il successo avviene nonostante il perfezionismo, non a causa di esso. Come evidenzia Greenspon (2008), il perfezionismo è una sorta di malattia: “Il perfezionismo non è fare del proprio meglio, o ricercare l’eccellenza. È una convinzione emotiva sul fatto che la perfezione sia la sola via all’accettazione personale. È la convinzione emotiva che solo essendo perfetto uno sarà finalmente accettato come persona”.
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