Tag

Identità del marchio

Browsing

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Ogni prodotto assume connotazioni culturali e valoriali, che ne riempiono di contenuti simbolici l’immagine. I valori culturali del prodotto emergono in diversi campi: ad esempio nel mercato musicale il genere ascoltato da una persona o gruppo arriva persino a connotarne l’ideologia, come durante gli anni della beat generation, o per la musica reggae nella religione Rasta.

I generi musicali vengono utilizzati anche come strumento di affermazione di un’identità. Non solo la musica, ma anche il tipo di abbigliamento può esprimere l’adesione, almeno temporanea, ad una cultura più o meno borghese, più o meno conservatrice, o ad uno stile di vita più o meno sportivo. Il fatto che alcuni prodotti vengano utilizzati proprio per dissimulare, per fingere di essere ciò che non si è, è una riprova del potenziale di carico valoriale che il prodotto assume. Perché mai si dovrebbe consigliare ad un ragazzo di presentarsi ad un colloquio di lavoro presso una banca con giacca e cravatta, se questi non assumessero il valore di segnali di adesione alla cultura del gruppo al quale si chiede di entrare?

Esistono chiaramente associazioni culturali tra prodotti e valori.

Ad esempio, un ascoltatore di musica punk viene considerato, mediamente, anticonformista e deviante, un ascoltatore di musica “disco” allegro e spensierato, (o non impegnato nel sociale, dal frame valutativo dell’anarchico).

Grazie a regole stereotipiche, l’associazione funziona anche in modalità inversa: i comportamenti di un gruppo particolare di persone – inclusi i comportamenti di consumo e i prodotti “tipici” da essi utilizzati – divengono simboli della cultura del gruppo e “si incollano” semanticamente al prodotto.

Riportiamo a titolo esemplificativo gli esiti di una indagine qualitativa realizzata tramite focus-group, con lo scopo di identificare i valori sottostanti in diverse tipologie musicali, nell’opinione di alcuni studenti.

L’indagine è stata realizzata chiedendo ai soggetti di esplicitare quali valori “venissero in mente” pensando ai diversi tipi di musica.

Le associazioni determinano l’esistenza di un principio di equilibrio stereotipico. Questo principio, sostanzialmente, trasferisce sull’utilizzatore di un prodotto i valori socioculturali dei possessori tipici di quel prodotto.

Per questo motivo, l’utilizzo di un certo tipo di prodotto o classe di prodotti acquista valore predittivo persino sul gradimento futuro di persone che non conosciamo.

Alcuni esperimenti attuati dall’autore evidenziano persino come sia possibile tracciare una sorta di profilo individuale di un soggetto non conosciuto, mai incontrato prima, unicamente sulla base degli indizi derivanti dai prodotti da esso preferiti o utilizzati.

I motivi per cui tali associazioni predittive esistono provengono dalle regole stereotipiche ed euristiche di base del processo valutativo. Del resto, nel buio decisionale, meglio qualche flebile luce, che nessuna luce. Il problema che questa luce possa creare abbagli esiste, ma poiché le regole euristiche spesso funzionano, le persone vengono premiate nell’utilizzarle, e lo fanno senza troppi problemi, anche per mantenere un equilibrio interno.

Come sottolineano Darley, Glucksberg, Kamin e Kinchla (1986),[1]

… l’effetto del principio dell’equilibrio è così forte che la gente lo usa spesso con valore predittivo. Se io (P) trovo simpatica la persona O, e quella trova simpatico un terzo (X), ritengo che anche a me sarà simpatico X.

(vedi figura a).


[1] Darley, J.M., Glucksberg, S., Kamin, L.J, Kinchla, R.A., (1984). Psicologia. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Psychology. Englewood Cliffs: Prentice-Hall, 1984.

Se, come illustrato nel riquadro b, trovo simpatico O, e O trova antipatico X, quale sarà il mio atteggiamento nei confronti di questa persona? La teoria dell’equilibrio dimostra, e la ricerca lo conferma, che tenderò a trovare X antipatico.

Lo stesso procedimento di associazione cognitiva viene realizzato in relazione al processo di consumo. Ad esempio, se noto che un certo tipo di persone apprezza un particolare marchio di abbigliamento, e sono personalmente contrario al lifestyle di quel gruppo sociale, sarò portato ad attribuire valori negativi al marchio. Lo stesso accade sul mercato dell’auto, in cui alcuni modelli vengono presi semioticamente come punti di riferimento dell’appartenenza ad una classe sociale o possesso di un certo stile valoriale.

Questo fenomeno associativo tra stili di vita (o valori) e prodotti determina un fenomeno di polarizzazione sociovaloriale dei prodotti: alcuni prodotti diventano simboli di un modo di essere, di una filosofia di vita, diventano deputati a comunicare l’appartenenza ad un gruppo, o l’adesione ad un sistema di valori. Al solo presentarsi del prodotto altamente polarizzato dal punto di vista valoriale, scattano nella controparte tutta una serie di associazioni che anticipano l’identità del suo possessore.

La presenza di atteggiamenti positivi comuni verso lo stesso tipo di prodotto può divenire motivo di unione tra persone. Si pensi a comunità come quelle dei possessori di Harley Davidson o altri club di prodotto quali i fans di un gruppo musicale.

Nella ricerca psicologica troviamo ulteriori conferme e spiegazioni per questo tipo di comportamento. Newcomb (1953, 1971)[1] ad esempio ha studiato alcuni aspetti particolari della vita di gruppo e le relazioni di attrazione tra persone.

Tra i risultati delle sue ricerche si evince che l’attrazione tra persone può essere tanto più forte quanto più elevata è l’attrazione verso un oggetto comune. L’oggetto comune può essere dato sia da un prodotto che da una particolare filosofia di vita o pratica culturale, o altro interesse condiviso. Nel mondo personale dei due soggetti questo costituisce infatti motivo di unione.

In questo ambito rientrano i tentativi aziendali di creare le mitologie dei marchi e le culture dei marchi, situazioni di alto coinvolgimento emotivo del consumatore con i valori affettivi e culturali espressi dal marchio, sino al punto di creare comunità di fans del prodotto.


[1] Newcomb, T. (1953). An approach to the study of communicative acts. Psychological Review, 60, 393-404.

Newcomb, T. (1971). Dyadic balance as a source of clues about interpersonal attraction. In Murstein, B.I. (editor): Theories of attraction and love. New York: Springer.

In questa direzione vanno le strategie di Community Building, le quali cercano di costruire gruppi sociali attorno all’azienda (club di prodotto, fans club, circoli, comunità scientifiche o religiose). Se non esiste collante valoriale, queste comunità saranno destinate comunque a sparire non appena i vari benefit erogati dall’azienda vengono meno.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Simbologia del prodotto

Valori culturali

Affermazione di identità

Associazioni culturali

Comportamenti di consumo

Simboli culturali

Valore sociale del prodotto

Principio di equilibrio

Valore predittivo degli stili di consumo

Profilo del soggetto

Regole euristiche

Cultura del marchio
Identità del marchio

Fedeltà al brand

Brand perception

Immagine aziendale

Esperienza del consumatore

Comunicazione del marchio

Storia del brand

Valori aziendali

Innovazione di prodotto

Strategia di marketing

Community del marchio

Emotional branding

Engagement del cliente

Differenziazione del marchio

Reputazione del brand

Mission aziendale

Marketing relazionale

Loyalty programs

Cultura organizzativa

Coerenza del marchio

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Con opportuni adattamenti, è possibile misurare la percezione di un marchio o di un prodotto e compararla con altri marchi o prodotti.

L’applicazione di queste tecniche al marketing ha reso possibile misurare l’effetto che specifiche parole o frasi hanno sul cliente, o la creazione di profili comparativi di immagine tra un’azienda e i suoi concorrenti. L’utilizzo di queste tecniche permette di ottenere risposte a domande non banali, tra cui:

Queste aree sono alla base di qualsiasi strategia realmente competitiva.

Partendo dalla struttura di base del modello, è possibile inserire o eliminare items per rendere la misurazione più aderente a specifiche esigenze: misurazione dell’immagine di un prodotto, di un candidato politico, di un oratore, di un venditore, ecc. Il processo di adattamento consente l’inserimento di nuove dimensioni valutative maggiormente tarate sull’oggetto di studio.

La costruzione di un differenziale semantico adattato richiede la creazione di items specifici e la loro successiva depurazione e selezione, sino ad arrivare allo strumento che meglio si adatta all’esigenza: uno strumento agile (in termini di tempo di somministrazione e sforzo d’intervista) ma sufficientemente esaustivo (completo, globale) rispetto alle variabili che si intendono misurare.

La correttezza scientifica che lo strumento di misurazione richiede non permette approcci superficiali o poco professionali alla tecnica, in quanto gli esiti della ricerca verrebbero falsati.

Per questo scopo, devono essere eseguiti adeguati test diagnostici di validità ed affidabilità del modello di misurazione utilizzato.[1]

Lo spazio tridimensionale che si genera partendo dai tre fattori primari  può essere utilizzato per identificare, inoltre, una precisa collocazione di posizionamento percettivo, comparabile con quella di altri marchi o prodotti.


[1] Tra questi, il Cronbach’s alfa, per la determinazione della coerenza del modello, l’analisi fattoriale, per la valutazione delle dimensioni sottostanti, la rilevazione del coefficiente di determinazione multiplo R2, per la valutazione del potere predittivo del modello.

Proponiamo in seguito un esempio, dal punto di vista grafico, di differenziale adattato, ricordando tuttavia che la taratura dello strumento richiede eliminazione ed inserimento di items in funzione del tipo di target.

La tecnica del differenziale semantico non si ferma alla sola misurazione  del profilo. Essa permette di svolgere analisi avanzate, tra cui:

Il modello del differenziale semantico si presta anche alla valutazione di persone o prestazioni comunicazionali, per identificare i punti di forza e debolezza del soggetto o della prestazione.

La valutazione della prestazione può avvenire sia ad opera di un valutatore esperto, sia ad opera di un pool di valutatori, o ancora tramite raccolta dati su campioni rappresentativi di pubblico target.

Vediamo un esempio di valutazione della presentazione.[1]


[1] Vengono qui presentate 10 delle 50 variabili del modello totale.

Una versione computerizzata, sviluppata dall’autore, permette di sfruttare  una barra di spostamento, e svolgere la valutazione grazie ad un cursore. Il risultato è un punteggio più “fine” e “granulare” per ciascuna valutazione, in quanto il cursore non limita la scelta a sole sette risposte, ma permette graduazioni più ampie (negli utilizzi da noi sviluppati, di 100 punti per scala anziché sette).

Vediamo il seguente esempio di valutazione di un venditore[1].


[1] Al sito www.medialab-research.com/alm2/ sono illustrati ulteriori modelli di valutazione.

In cima alla scala si pone l’elemento da valutare, rappresentato da un disegno o immagine, un personaggio o nome, un marchio, o una prestazione appena osservata in video o dal vivo. La codifica numerica è il risultato di calcoli impostati nel foglio elettronico, e può riferirsi ad un punteggio semplice o ad una “distanza” dal profilo ideale, o altre elaborazioni basate su algoritmi di calcolo. I modelli di foglio elettronico consentono infatti di compiere automaticamente operazioni complesse, velocizzando la fase di elaborazione.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Percezione del prodotto

Comparazione dei marchi

Profili comparativi di immagine

Strategia competitiva

Creazione di items specifici

Differenziale semantico

Analisi di omogeneità

Percezione del marchio

Attributi distintivi del prodotto

Immagine del marchio

Valutazione dell’immagine del prodotto

Differenziazione competitiva

Associazioni del marchio

Significato simbolico del prodotto

Archetipi del marchio

Identità del marchio

Personalità del marchio

Immagine del prodotto rispetto alla concorrenza

Reputazione del marchio

Atteggiamento del consumatore verso il marchio

Fattori di autenticità del marchio

Coerenza nell’immagine del prodotto

Rappresentazione visiva del marchio

Aspetti emotivi nell’immagine del prodotto

Leva di branding

Posizionamento del marchio

Percezione della qualità del prodotto

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching