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Articolo estratto dal testo “Self Power, psicologia della motivazione e della performance“, copyright FrancoAngeli Editore e Dr. Daniele Trevisani Formazione Aziendale e Coaching, pubblicato con il permesso dell’autore.

Riconoscerli e difendersi, poi passare al contrattacco

Possiamo ritenere che un bambino appena nato abbia in se ogni risorsa possibile per diventare una persona eccezionale. Se non lo diventa è colpa in larga parte delle culture, degli acquari esistenziali e comunicativi tossici in cui si cresce e di come questi possano amputare o ridurre la persona entro i loro schemi.

Riconoscere il potenziale, proibire la sua mutilazione, lavorare per un futuro fantastico, dove ognuno sia libero di esprimersi e si possa veramente esprimere al massimo senza amputazioni culturali. Se hai un minimo di margine di libertà, pupi decidere di impegnarti in una risalita.

O se sei già in alto, sfruttare la tua altezza per guardare dove altri non hanno ancora mai guardato, osare e avanzare ancora. E se senti di non farcela, un consiglio. Non suicidarti, combatti.

Spesso il risultato è che le persone costruiscono una corazza caratteriale anzichè diventare creature libere. Non possiamo fare a meno di notare il potere coercitivo di oppressione esercitato dalle culture, soprattutto quando queste prendono forma in religioni totalitarie.

La religione, qualsiasi credo, nel metodo HPM, è un fattore da rispettare, fintanto che essa rispetta te. Non puoi mai diventare dogma da forzare sulle persone. Lo stesso meccanismo di base viene attribuito alle istituzioni totalitarie anche da George Orwell.

Il controllo sociale, oggi, è decisamente più subdolo di quanto praticato dai regimi che lo fanno apertamente. È sufficiente far guardare abbastanza Tv commerciale ad un ragazzo, riempirlo di spot in cui impari che cosa è giusto e sbagliato dai nuovi educatori pubblicitari.

La vita di una persona che si impegna per un lavoro onesto, o nello studio, o nella ricerca, dopo decenni di dieta psicologica tossica, sembrerà davvero sprecata, banale e da evitare. La psicologia positiva deve portare le persone a gestire da sole i parametri e gli standard che utilizza per valutarsi.

Purchè non faccia male a qualche innocente, una vita che devia dallo standard locale e culturale non deve diventare sbagliata per forza. L’essere umano ha un’enorme capacità di crescere ed evolversi. Questa potenzialità di crescita travalica ogni età, stato e condizione, e un ambiente formativo adeguato permette di trovare strade e percorsi per farlo.

Anche nel proprio piccolo territorio personale, raggiungere e superare il proprio potenziale è possibile.

Per approfondimenti vedi:

chackra comunicazione emozioni

copyright Dott. Daniele Trevisani. Anteprime dal libro in produzione:

Life Coaching e Psicologia della Libertà

L’approccio olistico ai Percorsi di Crescita Personale

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È utile fare un riassunto metodologico del metodo HPM, che è alla base del nostro lavoro sul potenziale umano.

Prendiamo una prestazione o risultato. Uno qualsiasi. Un goal aziendale o sportivo, personale o di team. L’approccio olistico ci chiede di prestare attenzione a tante componenti, che nel modello HPM (Human Potential Modeling) riassumiamo in 6 grandi fattori:

Figura 10 – Le parole chiave del metodo HPM

HPM ModelTM, Copyright Dr. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.com

Vision

Valori
Stato bioenergetico
Stato psicoenergetico
Micro Skills
Macro-Skills
Progetto

Goals
Lavoro sulle Energie Personali
Lavoro sulle Competenze
Crescita Personale
Lavoro sulla Direzionalità

Cosa significano queste “parole” per te e nella tua organizzazione?

Qui una possibile articolazione di base, ricordando che ogni organizzazione e ogni persona deve trovare la propria “via” per dare spessore e concretezza a queste parole.

  1. Fattore bioenergetico: che energie fisiche sono richieste per questa prestazione? Forza, potenza, resistenza, concentrazione mentale, attenzione? Mai sottovalutare la dimensione corporea di una prestazione, soprattutto di quelle intellettuali o la possibilità di elevare gli stati spirituali con il supporto del corpo.
  2. Fattore psicoenergetico: le energie della motivazione, la liberazione da ansia e tensioni inutili, capacità di liberarsi da emozioni parassite e controproducenti, il sentire l’attivazione in sè e il volere fortemente realizzare idee o azioni.
  3. Fattore delle macro-competenze: conoscere, conoscere quanto serve, avere fatto l’esperienza allenante e di studio che permette di padroneggiare un campo di azione e anche le sue zone limitrofe.
  4. Fattore delle micro-competenze: saper cogliere i dettagli che sfuggono ai più, saper fare l’introspezione necessaria sui processi mentali, anche minuziosi, che avvengono durante una prestazione. Saper inquadrare i dettagli comportamentali che faranno di una prestazione qualcosa di speciale.
  5. Fattore della progettualità: saper individuare “quando fare, cosa, in che sequenza”, e altri aspetti molto pratici di una prestazione. Organizzare risorse, stendere su carta un’idea sotto forma di passi da compiere, sviluppare ipotesi di linee di azione da intraprendere.
  6. Fattore dei valori e ideali: per cosa lo fai? Cosa c’è dietro? Ci credi veramente in quanto stai facendo o sei obbligato da qualcosa, quanto è volontà e quanto è necessità? Quanto più un’azione è centrata rispetto alle nostre credenze più profonde, tanto più sarà forte la nostra concentrazione e attivazione. Ma non basta fermarsi ai valori attuali e allo stato spirituale attuale. Tutti possono trovare nuovi valori, accrescerli, liberarsi da valori e credenze false, trovare i propri “ancoraggi spirituali forti” in un punto di esistenza più alto, e questo è un fattore assolutamente determinante per la prestazione e la vita.

Usare un approccio olistico significa applicarsi a tutti questi campi. E più si sale più si entra nel mondo dell’intangibile.

Ogni prestazione che si ancora ad un piano di valori forte e in cui la persona crede possiede un fattore di potenza superiore. La stessa differenza che si potrebbe trovare tra chi solleva un peso annoiato in un’ora di palestra obbligata, e chi cerca ogni fibra muscolare e anche oltre, per sollevare e salvare una persona imprigionata da un tronco.

E per quanto faremo, avremo sempre da imparare.

L’approccio olistico guarda anche ai contributi che le persone portano, non solo al risultato finale.

Quanto ci hai messo “di tuo” e quanto è frutto di altri? Quanto è frutto di forza e quanto di strategia mentale?

Queste sono alcune delle domande chiave da porsi per ogni risultato che produciamo o che osserviamo.

  • Cosa devo metterci di mio?
  • In cosa posso farmi aiutare da altri per accelerare il processo?
  • Quali reti di relazione possono nutrire la mia motivazione e il mio progetto?
  • Dove, in che sedi, posso ancora imparare qualcosa che amo o mi serve?

Fare networking sano è essenziale.

Chi rifiuta un aiuto esterno, o non lo cerca nemmeno, per capire dove può ancora crescere, ha perso grandi opportunità.

La Visione olistica cerca di distinguere la componente “hard” di una prestazione da quella mentale o “soft”. Guarda poi al differenziale tra contributo individuale e motivazionale che la persona ha sviluppato e lo depura da quanto ha ricevuto in dono e non è merito suo.

Il Comandante della nave non deve mai dimenticare di ringraziare l’equipaggio, e per tracciare una rotta deve avere strumenti.

Dobbiamo assolutamente distinguere tra chi ha tante risorse esterne e chi non ne ha. Troppo facile vincere una gara quando si ha la macchina migliore di tutti. La differenza si misura tra due piloti che hanno la stessa identica auto.

Nessuno deve sentirsi inferiore verso chi ha ricevuto un migliore patrimonio genetico o finanziario. Piuttosto, è bene pensarsi in termini di “quanto” si riesce a muovere e produrre con i propri sforzi generativi, pensare a “cosa” e “verso cosa” vanno i nostri sforzi e le nostre energie migliori.

I risultati, soprattutto quando questi sono svolti in contesti e ambienti sfavorevoli, dipendono in larga misura dalle risorse psicologiche che una persona sa attivare.

Facile laurearsi se si è figli di professori universitari, molto meno per chi viene da un ghetto.

In condizioni sfavorevoli, produrre utilità, fare del bene, dare contributi, è ancora di più una vera performance.

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Anteprima dal libro in preparazione, HPM ModelTM, Copyright Dr. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.com

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https://www.youtube.com/watch?v=pTrMPK2qluc

Daniele Trevisani – Le 6 aree del coaching HPM in meno di 5 minuti. Qui il link all’audiolibro completo http://affiliationsoftware.net/area51editore/script/redirect.php?a=LY62R&b=IdG3L

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daniele trevisani cpaolo peschiera oaching master step 1

Concetto di partenza: Le 3 zone del cambiamento

  • Zona 1: rimuovere, abbandonare, disapprendere, lasciar andare, disfarsi di…
  • Zona 2: consolidare, mantenere, aggrapparsi a, rafforzare, ancorarsi a…
  • Zona 3: acquisire, imparare, apprendere, assimilare, far entrare…

Riflessioni operative:

  • analizzare cosa il soggetto (persona o sistema) deve disapprendere, abbandonare, eliminare dal proprio modo di essere, di agire o pensare; valutare le difficoltà sottostanti nel farlo, gli ancoraggi che rendono il cambiamento difficile, le pulsioni profonde;
  • analizzare e rafforzare gli ancoraggi di identità, di comportamento e di atteggiamento, sui quali si costruisce la propria solidità interiore;
  • valutare i bisogni di apprendimento, sia come conoscenza da immettere, che come comportamenti o atteggiamenti da far entrare per produrre sviluppo positivo.

Il metodo HPM per il Coaching

Di Daniele Trevisani

Il metodo HPM è il metodo più moderno e scientifico per il Potenziale Umano. Il suo sviluppo, non viene da oggi. Il metodo è debitore verso scienziati e pensatori che mi hanno preceduto. In particolare, l’impostazione di fondo della psicologia umanistica di Carl Rogers, soprattutto per il concetto di pulsione verso la realizzazione di sè. Contiene tuttavia una forte integrazione di metodi manageriali contemporanei, e di metodi derivanti dalle scienze della preparazione sportiva – in particolare dagli sport agonistici, competitivi, e persino sport estremi – ma anche assimilazioni e contaminazioni da discipline sia classiche che di confine, come la bioenergetica, il lifecoaching, le neuroscienze, la filosofia cognitiva, la semiotica, e la medicina olistica.

Dare corpo ad un metodo integrato e olistico è l’obiettivo del sistema HPM.

La sigla HPM comprende il senso del “dare forma”, costruire o modellare (Modeling), ma anche produrre impulso e stimolazione positiva.

Si applica, a seconda degli scopi sottostanti, al fronte del potenziale umano (Human Potential Modeling), o al lato della prestazione umana (Human Performance Modeling)[1]. È utile quindi sia per chi vuole sostenere i clienti classici dei centri fitness (nei segmenti upper e middle soprattutto) e anche per chi opera in club e associazioni di sport di gruppo e agonistici, e in sport di squadra.

I due lati della medaglia sono corrispondenti, in quanto l’accesso al proprio potenziale è la base per il benessere personale, e consente anche di fornire a se stessi e agli altri prestazioni efficaci.

Il principio fondamentale del Life Coaching risponde al bisogno primario di ogni persona di liberare e crescere le risorse individuali, essere se stessi nei propri lati più creativi, dare il meglio di se, essere al massimo livello possibile, accedendo a nuovi livelli di benessere, autorealizzazione, di pienezza della vita.

In pratica, si tratta di un viaggio verso la libertà.

 

L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto

perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.

 

Charles Bukowski

 

Parole piene di senso, ma come lavorarvi concretamente? Per creare dei LifeCoach capaci di agire nel campo del fitness, serve formazione, non improvvisazione. Lo stesso nel coaching sportivo. Serve metodo e base scientifica.

In particolare, il metodo HPM risponde ad alcune domande di base: quali fattori primari prendere in considerazione per liberare il potenziale e di conseguenza le performance? Come si può attivare una buona formazione e un coaching per stimolare la crescita? Questo vale sia per chi opera nelle performance di elite (top management, sport agonistici, progetti di altissima rilevanza) che per la vita quotidiana, e le azioni di tutti i giorni.

È convinzione diffusa che le performance siano sforzi destinati ad un fine. Vero, ma proviamo per un attimo ad invertire il punto di vista, ed osservare le performance umane come un “termometro”, un indicatore del grado di libertà e di auto-espressione raggiunto.

Questo ci permette di trovare un fine molto più nobile che non siano prestazioni aride e fini a se stesse: l’elevazione verso livelli di energie, competenze e cause superiori, sia in senso materiale che spirituale.

Le sei aree primarie del metodo (divise in tre macro aree: energie, competenze, direzionalità) valgono sia per le prestazioni fisiche che per quelle mentali o intellettuali. Ed inoltre, si prestano ad una analisi delle performance sia individuali che di gruppo.

Vorrei esprimere un concentrato di senso in una frase su cui discutere:

 

Le performance sono un grande banco di prova per la condizione umana…

ci parlano dell’anelito umano a crescere,

esplorare nuovi orizzonti, ricercare.. capire chi sei…

 

Ogni allenamento di ogni settimana, ogni sfida aziendale, sportiva, o personale, ogni progetto, ci costringe a valutare il nostro stato di preparazione e le nostre energie.

Il viaggio verso la crescita delle energie umane, fisiche e mentali, è un percorso di esplorazione appena iniziato. Ognuno può progredire partendo da qualsiasi stato o condizione. Qualsiasi sia la condizione di partenza, non smettere di credere in se stessi, nella possibilità di crescere, di migliorare, di fare dei salti in avanti, è la sfida primaria.

Le 6 aree di lavoro del metodo HPM per il coaching

Una riflessione sul concetto di salute, di fitness, di benessere

L’unione tra ricerca scientifica e i “test di realtà” attuati sul campo in una esperienza ultaventennale ha permesso di individuare sei specifiche aree di lavoro.

  1. Energie fisiche: le energie corporee sono il substrato fondamentale per mettere in atto qualsiasi azione o volontà, anche intellettuale. Persino il pensiero e le attività mentali sono processi che utilizzano energie biologiche, la qualità del sangue, l’ossigeno, i nutrienti, il respiro, sono tutti fattori che incidono sulla qualità del pensiero, sulla lucidità e sul benessere anche mentale. Pensare, progettare, ideare, richiede energie e biologia attiva, ben funzionante. Nessuno può liberarsi del proprio corpo, e quindi è meglio averlo come alleato anziché come nemico, come propulsore anziché come palla al piede, al massimo livello possibile. Le prestazioni prevalentemente intellettuali o manageriali tendono a snobbare il corpo e sottovalutare le energie corporee, così come le performance fisiche snobbano quelle mentali. Due gravissimi errori. Nel metodo HPM ci concentriamo su alcune domande: come è possibile migliorare la percezione e la sensazione dell’esercizio, la sua positività (trainig experience)? come entrano in scena le energie corporee nelle performance, anche in quelle intellettuali? Come è possibile aumentarle? Come agire sul proprio stato fisico, sulla condizione del corpo, o condizione bioenergetica?
  2. Energie mentali: se il “poter fare” dipende in larga misura dal livello di energie fisiche, il “voler fare” richiede accesso alle energie mentali. È indispensabile quindi esaminare il fronte psicologico della prestazione e del benessere individuale. Quali sono i fattori che generano motivazione e demotivazione? Quali interventi concreti sono possibili? Se riusciamo ad isolare variabili in grado di generare o ridurre le energie mentali avremo aperto una via determinante per capire meglio come funziona l’uomo e cosa si rompe nel funzionamento della persona e delle organizzazioni quando essi non riescono a raggiungere i propri obiettivi. Coltivare energie mentali e motivazionali è essenziale per portare le persone a programmi di lungo periodo nei centri fitness, tenerli legati ad essi con percorsi di sviluppo, di lungo periodo, con varietà di esperienze e di stimolazioni.
  3. Micro-competenze: le energie diventano utili e concrete quando le sappiamo tradurre in azione, e questo richiede competenze. Trasformare energie latenti in energie applicative richiede specifiche abilità. Dobbiamo quindi esaminare la realtà microscopica dei comportamenti e del pensiero, sviluppare tecniche di focusing per riuscire a scovare le abilità di dettaglio in grado di fare la differenza. Si tratta di una vera e propri “caccia” ai dettagli lavorabili ed allenabili, alle cose che di se stessi altrimenti sfuggono. Come scoprire le “componenti allenabili” di una performance? Come attivare il “microscopio mentale” e il “microscopio comportamentale”? Quali spazi apre la “Mental Analysis” per capire quali sono i sistemi di pensiero e atteggiamenti mentali più efficaci nel liberarsi da blocchi e catene? È indispensabile aiutare i clienti ad individuare dettagli di lavoro che alimentano i risultati e il senso di efficacia, e questi produrranno valore aggiunto rispetto ad indicazioni vaghe ed inefficaci.
  4. Macro-competenze: i dettagli sono importanti, ma senza visione d’insieme rischiano di diventare accessori vuoti. Ogni sfida richiede un profilo di competenze adeguato. Come fare una buona analisi delle competenze richieste da un ruolo che cambia? Come cambia il ruolo di vita di una persona? Perchè ad un certo punto sente il bisogno di intervenire sul suo corpo o sul stile di vita, o sulla sua salute? Dove sono i gap di competenze da colmare? Siamo certi di sapere esattamente quali sono le nostre competenze mancanti? Se ci liberiamo dal male della presunzione, tutti noi possiamo diventare consapevoli di non sapere. Spesso gli incidenti critici (critical incidents), le fasi di malessere, i test di realtà, le cadute, ci segnalano che qualcosa non va. I LC e i CA sono cacciatori di critical incidens e li utilizzano per smuovere la motivazione e la voglia di apprendere. Sia in questi casi, che nella vita quotidiana, chiediamoci cosa è bene imparare. Rimaniamo aperti. Howell[2], nell’introdurre il concetto di unknown incompetence (ciò che non sappiamo di non sapere) ha fatto un regalo ad ogni essere umano, stimolandolo ad andare a cercare i suoi punti ciechi nascosti. Quali sono quindi le cose che ci sfuggono di noi stessi? Quali sono invece i punti di forza personali su cui fare perno? Che tecniche di analisi utilizzare per scoprire cosa manca alla propria realizzazione personale nel cliente, e collegare questo al pianeta fitness?
  5. Progettualità e concretizzazione: stupende idee che non trovino mai soddisfazione e applicazione in un progetto distruggono anziché costruire. Niente è più deleterio del rimanere costantemente in uno stato di tensione latente, di pulsione bloccata, un tendere a…sempre incompiuto, una attivazione castrata, un adagiarsi nella sofferenza senza che mai si provi un avvicinamento all’oggetto o condizione desiderata, ad uno stato superiore. Giorno dopo giorno si distrugge e muore chi non tenta di vivere una vita a pieno. Occorre quindi trovare sfogo applicativo, liberazione progettuale, determinazione, sviluppare le tecniche per canalizzare le energie in goals concreti. Che caratteristiche devono avere i progetti che puntano a conseguire risultati? Vogliamo finalmente mettere mano alla nostra capacità di concretizzare? Vogliamo aiutare i clienti a farlo davvero?
  6. Visione e ideali: energie e competenze sono importanti, ma senza passione per una causa sono come auto pronte al via senza un guidatore, viandanti senza una meta e senza un perché. Occorre stimolare e riscoprire gli ancoraggi profondi ai valori, e ad una causa, la sacralità di una missione, persino la sacralità dell’esistenza e della vita, di cui la persona con il suo corpo e mente è una espressione. Le performance sono atti vuoti o ancorati ad un disegno superiore? Ha senso un singolo allenamento o esso è parte di un disegno di coltivazione di un sè cui tendere? Esiste una “spiritualità” delle performance, un “fuoco sacro” che alimenta energie e motivazione? Diamo un senso a quello che facciamo? Possiamo cogliere un motivo denso di significato? Se ci sentiamo inutili venditori di fumo non andremo mai da nessuna parte. Se troviamo invece il modo di essere di aiuto a qualcuno, di dare senso, o di lottare per qualcosa, diventiamo pieni di forze. Ancorare l’azione ad ideali significa riconoscere il bisogno di esistere per un fine. Le performance sono destinate a svanire nell’istante, mentre invece una causa è eterna. Vi sono atleti che sperimentano il contatto con una realtà superiore ogni volta che entrano nelle quattro mura di una palestra, e sanno che il loro allenamento sarà una forma di preghiera e di contatto con il proprio Dio, o anche solo con le forze primordiali della natura. Lo stesso può accadere nell’impegnarsi in un progetto aziendale o personale. Quando questo collegamento mistico accade, le energie si sprigionano, i miracoli sono dietro l’angolo.

Costi e benefici viaggio verso l’emancipazione

Ogni sfida ha un costo, ma perché arretrare se la prospettiva è la liberazione del potenziale personale? Esiste forse qualche motivo per non provarci?

 

L’inferno è svegliarsi la mattina e non sapere perché esisti…

Dal film: “Sin City” di Robert Rodriguez

 

Nessuno ha il diritto di giudicarci secondo la morale comune e dirci che non andiamo bene, che non possiamo provarci, non siamo abbastanza…. chiunque invece ha il diritto – e ce ne farà un grande dono – se ci dirà con onestà (magari anche sbagliando, ma con sincerità) che ha visto in noi un potenziale e gli piacerebbe vederlo dischiudersi, e darci stimoli verso la libertà, attivi verso l’emancipazione, intolleranti verso costrizione, sofferenza, noia, costrizione, autocastrazione, persone sbagliate o relazioni obbligate. Questo è lo spirito del LC e del Coaching Analitico: spingere verso la progressione.

A volte cerchiamo la realizzazione negli altri, come se noi stessi non ci bastassimo

Questa frase dal film: “Paradiso + Inferno” di Neil Armfield esprime bene il concetto di “sequestro emotivo”, che può derivare da una relazione forte ma anche dalla incapacità di trovare in se elementi sufficienti per vivere e bastare a se stessi, incapace di avere se stessi come punto di partenza:

 

Il mondo era pieno di nuovi concetti stupendi, ma io non riuscivo a pensare, a respirare…

Aspettavo solo che tornasse, perché lei era tutto… Lei era più di tutto per me.

 

Chi si impegna in un viaggio di emancipazione deve anticipare fasi di sofferenza dovute all’introspezione, o al lavoro allenante, fasi in cui troviamo cose nascoste o che non ci piacciono, ma il prezzo da pagare vale lo sforzo.

Nel modello delle Regie di Cambiamento, sviluppato nella apposita pubblicazione, ho già potuto evidenziare che un viaggio di cambiamento positivo ha almeno tre sfide sottostanti:

(1) il costo del ripulirsi, disimparare, del rimuovere cose vecchie, abitudini sbagliate, persone, pensieri, trascinamenti di un passato con il quale vogliamo tagliare;

(2) la ricerca dei propri valori forti, lo spirito, ciò che non vogliamo abbandonare di noi stessi e funge da ancoraggio (grounding), e

(3) accettare il costo di apprendere qualcosa di nuovo, imparare, capire che non siamo mai arrivati e possiamo sempre apprendere qualcosa da qualcuno, sia esso un libro, un maestro, un’esperienza, un dettaglio o una grande scoperta, anche dalla persona più umile.

Questo meccanismo non è indolore, ma fa bene. Come evidenzia Coelho:

 

Non mi pento dei momenti in cui ho sofferto; porto su di me le cicatrici

come se fossero medaglie, so che la libertà ha un prezzo alto, alto quanto quello della schiavitù.

L’unica differenza è che si paga con piacere, e con un sorriso…

anche quando quel sorriso è bagnato dalle lacrime.

 

Paulo Coelho – Lo Zahir

 

I combattenti, i fighter del ring e della vita sanno che ogni competizione sarà prima di tutto con e contro se stessi, e che non è indolore, ma esiste un payback, un premio, non se ne esce mai indenni ma sempre con qualcosa di più, e i lividi e cicatrici sono medaglie. Lottare per cause positive… fa bene.

Anzichè starsene pigramente adagiati ad osservare le persone esercitarsi, entrare e uscire, anzichè essere spettatori ignari delle loro vite, i LC prendono in carico un brano esistenziale del cliente e catalizzano le sue energie verso nuove mete importanti, esistenziali (prima di tutto) e fisiche.

Evitare la ricerca del percorso è stare al palo, accettare una sfida per crescere se stessi e gli altri è invece spirito umano nobile, allo stato puro.

Lo spirito di questa affermazione è recuperabile con sintesi eccezionale in una frase letta all’ingresso di una umile palestra di boxe, una frase che vorrei condividere con chi legge… per lottare assieme nella vita:

 

Se vuoi sapere chi sei… combatti.

Aiutiamo i nostri clienti nella loro battaglia per una vita più piena, nella lotta per il loro potenziale nascosto, per ciò che non sanno nemmeno di poter essere, per una battaglia che non sanno nemmeno di dovere o poter combattere. Se scopriranno di essere combattenti, di poter vivere pienamente anziché rantolare nella stasi, potranno iscriversi in settembre con un programma per arrivare a giugno dell’anno dopo come vogliono o sognano di essere, e probabilmente rimarranno in palestra anche in luglio e faranno sporto anche in vacanza dove si trovano, e le loro energie esploderanno, cambieranno diverse discipline, faranno vita di club, avranno una visione di se stessi diversa, saranno in costante ricerca di nuovi stimoli, diventeranno appassionati, e avremmo fatto loro un dono enorme: la passione per ciò che possono essere. Noi (il club) saremo il loro riferimento. Noi, saremo al loro fianco. Noi saremo importanti per loro. Diamo un senso forte e profondo a ciò che facciamo, e ne saremo ripagati ampiamente.

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Copyright Dott. Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it

Formatore Senior, consulente, Coach, Master of Arts in Communication alla University of Florida (USA). È titolare dell’omonimo studio www.studiotrevisani.it ed è tra i principali protagonisti della ricerca sul Potenziale Umano. È inoltre esperto in tecniche di coaching e di formazione per la leadership e gli sport di combattimento, fitness e wellness. È stato docente a contratto del corso di Teorie e Tecniche della Formazione della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bologna, ed inoltre Mental Trainer in settori agonistici di sport di squadra e arti marziali, istruttore di fitness e direttore di club sportivi. Opera come coach e dirige le attività di formazione formatori e formazione e certificazione di coach nella Scuola di Coaching STEP.

[1] In altre parole, la declinazione della sigla HPM può riguardare sia il tema del dare impulso e forma (Modeling) al potenziale non competitivo della persone (Human Potential Modeling), sia il lato competitivo, la prestazione, il fronte agonistico (Human Performance Modeling).

[2] Howell, William S. (1982). The empathic communicator. University of Minnesota: Wadsworth Publishing Company.

Dai testi: “Self Power” e Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani, Franco Angeli Editore

Autore: Daniele Trevisani. Estratto dal volume “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano, 2009, Copyright

I meccanismi energetici nel modello HPM sono molteplici, ma per ora osserviamo due meccanismi in particolare:

  • le diffusioni energetiche: le immissioni di energia in un’area hanno implicazioni positive (fanno bene) anche alle altre aree;
  • i drenaggi energetici: i cali o blocchi di energia in un’area danneggiano anche le altre aree.

(Commento inedito da intervista all’autore: …per immettere energie nel sistema dobbiamo svolgere un lavoro allenante, partendo da qualsiasi “angolazione” di attacco sia per noi più facile in questo momento: fare sport, migliorare una tabella allenante, mangiare meglio, coltivare amicizie, tagliare con abitudini dannose, cercare le positività che non riusciamo più a scorgere, lottare per una causa giusta, impegnarsi in un progetto. Tutte le azioni positive hanno influenza sulla capacità del sistema nel suo complesso. Nessuna è inutile. Man mano che procediamo con azioni positive, il sistema personale ne viene potenziato e nuove azioni positive, prima giudicate impossibili, diventano progressivamente alla nostra portata).

 Le implicazioni per lo sviluppo personale sono numerose, ma soprattutto:

 – è possibile realizzare una strategia di immissione selettiva di energie in un’area, per poi utilizzarla come perno per lo sviluppo di altre aree. Ad esempio, creare grounding bioenergetico, il che significa lavorare principalmente sulle energie del corpo per poi poter “fare leva” su un corpo energeticamente carico, su un fisico forte, pronto ad assumersi impegni psicologicamente rilevanti, anche gravosi, goal e obiettivi sfidanti;

–  è possibile realizzare una strategia di immissione multipla di energie ricercando una crescita su più livelli e stadi. Ad esempio, lavorare sistematicamente e contemporaneamente su tutte le aree del modello HPM.

 In generale, un lavoro su un’area è possibile solo se i livelli energetici di base dell’area toccata sono a livello sufficiente per supportare carichi superiori. Se non vi sono condizioni minime, occorre trovare strade alternative.

Ad esempio, in campo manageriale è completamente inutile realizzare un intervento dalle grandi ambizioni  (job enrichment, job enlargement, role-modeling, e altri), attaccando lo strato delle macro-competenze, se le micro-competenze di supporto sono insufficienti. Se una persona non sa nemmeno gestire una riunione di un piccolo gruppo di lavoro, inutile passare a temi ancora più complessi che poggiano su competenze che ancora non ci sono.

Altrettanto inutile è riempire di competenze (skills) un manager se mancano le energie motivazionali (volontà) necessarie a mettersi in gioco.

Inutile studiare nuovi progetti creativi se l’intero team è in stato di demotivazione cronica o affaticamento. Una persona disabilitata nelle energie mentali non va da nessuna parte, non porta avanti nemmeno se stessa, e tantomeno il progetto più ambizioso che qualsiasi mente possa partorire.

In generale, in mancanza di energie, il “nuovo” non viene affrontato. Sem­plicemente non ci sono le forze per affrontare il cambiamento.

L’area psicoenergetica assieme a quella bioenergetica sono quindi ancoraggi forti di lavoro per un coaching e una formazione seria e analitica.

Saltarli piè pari e passare subito alle competenze applicative è inutile. Così come costruire progetti che richiedono presenza di energie che non ci sono.

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Copyright, Articolo estratto con il permesso dell’autore, dal volume di Daniele Trevisani “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano.2009. Pubblicato con il contributo editoriale di Studio Trevisani Communication Research, Formazione e Coaching.

Le persone viaggiano per stupirsi

delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle

e passano a fianco a se stesse senza meravigliarsi

Sant’Agostino

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Articolo di: Daniele Trevisani. Estratto dal volume “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Copyright

 

Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, e quindi plasmare, costruire, supportare la crescita.

Dirige l’attenzione verso due diversi ambiti o sfere di applicazione:

1.      crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling,

2.      sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.

Le due aree sono strettamente collegate, e hanno al centro un tratto comune, la concezione dell’uomo come articolazione di energie (fisiche e mentali), competenze (skills, abilità), e direzionalità (obiettivi e valori).

Modello HPM

Il metodo HPM considera tutti i fattori evidenziati nel modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) come aspetti allenabili, aumentabili, e su cui si può agire.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

  1.  il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  2. il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  3. le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente,  le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
  4. le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;
  5. goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
  6. visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.

Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.

 

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Autore: Daniele Trevisani. Estratto dal volume “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Copyright.  
Pubblicato per concessione dell'autore da www.studiotrevisani.it. 
E' consentita la riproduzione solo con citazione dell'autore e del volume originario.
Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching