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goals misurabili

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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Communication Goals: ( Pag. 62 ) passare da un generico obiettivo ad un goal misurabile permette di fissare le azioni sul campo e valutare la qualità delle strategie. La fissazione dei goals richiede la produzione di variabili-target (su cosa voglio vedere effetti) e proposizioni dettagliate di risultato. Es, numero di click, cambiamenti nella percezione, numero di vendite attivate nel periodo di campagna… qualsiasi obiettivo può essere fissato purché misurabile o inquadrabile.

Communication Goals

I goals comunicativi esprimono le azioni che dovranno accadere, i risultati da ottenere, in termini quanto più possibile pratici e misurabili. 

I goals possono essere distinti in due grandi categorie:

  1. Informazionali: produrre o aumentare conoscenza e consapevolezza sua una certa notizia, situazione o stato di fatto. Il caso tipico è dato dalle campagne di “brand awareness” finalizzate alla diffusione della conoscenza del marchio.
  2. Attitudinali/psicologici: creare o modificare atteggiamenti, opinioni, credenze – sino, nei casi più complessi – all’azione sui valori di fondo. Il caso tipico è dato dalle campagne di “identity building” o costruzione di immagine – e da ogni attività che “crei le condizioni” perché un comportamento accada.
  3. Comportamentali/attivazionali: indurre cambiamenti reali, effettivi, nei comportamenti –  modificarli, eliminarli, o crearli. Casi tipici sono le campagne commerciali di vendita, le campagne per ridurre gli incidenti stradali o il fumo, o altre azioni comunicazionali in cui il risultato finale sia comunque un comportamento.

L’ordine di difficoltà è crescente man mano che si passa dalla “semplice” necessità di informare qualcuno, alla volontà di cambiare i suoi atteggiamenti e opinioni, sino al produrre veri cambiamenti di comportamento o creare nuovi comportamenti.

modificare comportamenti

Il goal-setting richiede la chiarificazione di cosa vogliamo ottenere. 

La domanda è: ma tu, hai chiari i tuoi goal? E la tua organizzazione o il tuo team, anno gli stessi tuoi goal o stanno remando in qualche altra direzione?

Occorre una grande affinità di intenti, occorre mettersi daccordo sugli obiettivi da ottenere, costi quello che costi.

Gli animali non si preoccupano del Paradiso o dell’Inferno. Nemmeno io, forse è per questo che andiamo d’accordo.

Charles Bukowski

Molte campagne di comunicazione che vorrebbero creare comportamento (nella comunicazione sociale, o nella vendita) non riescono nemmeno a creare informazione, poiché i goals non esistono o sono fumosi (deliberatamente o per incapacità).

Per facilitare il compito dei realizzatori, occorre predisporre goals chiari e ben comunicabili, abbinati ad apposite schede di rilevazione e check-lists che permettono di svolgere una verifica adeguata. 

Non possiamo infatti creare la situazione in qualcuno, al termine di un briefing, si trovi a dire: “molto bello, però adesso cosa devo fare?” I funzionari o professionisti che sanno tradurre un goal in una sequenza precisa di azioni da intraprendere sono abbastanza rari. Per questo motivo, le check-lists e formulari consentono di avviare molto più rapidamente le operazioni di campagna. 

checklist

Nel metodo ALM abbiamo individuato e predisposto diversi tipi di supporto per il goal-setting nelle campagne di comunicazione e marketing B2B :

Check-list riepilogative di campagna (CRC): predispongono i compiti (task) da assegnare ai diversi membri del team; riassumono i risultati di campagna.

Check-list riepilogative individuali per il team-member (CRI): predispongono e riassumono operazioni svolte da singoli membri del team.

Check-list riepilogative di analisi sul singolo prospect (CRP): predispongono azioni comunicative e riepilogano sotto forma di questionario la situazione rilevata nel singolo cliente attuale o potenziale (o altro destinatario di campagna).

Goals specifici e misurabili

Le campagne necessitano di goals specifici, differenziati dagli obiettivi generici. Per un punto vendita, aumentare il confort del cliente sul non è un goal ma un obiettivo, mentre lo specifico goal può essere formulato  come “ridurre i tempi medi di attesa del cliente da 5 a 2 minuti”. 

goals specifico

Allo stesso modo, l’obiettivo “farsi conoscere dal pubblico” è certamente un risultato auspicabile per ogni azienda, ma per divenire operativo deve essere tradotto in goals misurabili, come “portare a conoscenza i potenziali clienti dell’apertura dei nostri punti vendita, generando un grado di conoscenza (awareness) di almeno il 70% delle famiglie nella città A e il 40% nella città B entro 6 mesi dall’apertura” – proseguendo con la definizione di altre formulazioni misurabili.

Vediamo alcuni esempi di goal misurabili :

Tabella 1 – Esempi di impostazione di goals misurabili per campagne di comunicazione, marketing e commerciali

Per una catena di negozi di abbigliamento“incrementare entro 8 mesi la durata della visita media da 22 minuti a 40 minuti, in almeno il 70% dei nostri punti vendita, attraverso azioni di ottimizzazione della Customer Experience
Per una catena di vendita informatica“ridurre entro 12 mesi dal 25% al 4% il numero di clienti in età 14-24 che reputano insoddisfacente il nostro servizio post-vendita ottenuto attraverso il call-center”
Per una banca o assicurazione“incrementare il tasso di chiusura dal 3% al 40% sui servizi finanziari destinati alle PMI nella regione Lombardia, su vendite gestite dalla rete di vendita esterna, per l’anno XXXX”(l’obiettivo viene ripetuto declinandolo con % e goals specifici per ogni regione)
Per un’azienda automobilistica“almeno il 95% di chi ha acquistato un’auto del nostro marchio deve essere contattato da una nostra concessionaria al raggiungimento dei 100.000 Km percorsi e non oltre i 120.000, per offrire un up-selling
Per un’azienda di allestimenti fieristici“Il 100% dei direttori commerciali delle aziende dai 50 ai 100 mil. di euro della provincia di Brescia deve essere contattato dal 10 settembre al 10 novembre, con un tasso di chiusura del 10% entro il 20 novembre”(l’obiettivo viene ripetuto con tassi diversi per altre 15 province limitrofe)
Per un’associazione industriale“Il 60% dei direttori risorse umane delle aziende associate (target customer) deve acquisire la pratica di interpellarci, nel prossimo anno, prima di ogni azione formativa, per ottenere una consulenza di processo”(l’obiettivo viene ampliato al target “direttori commerciali” per l’anno successivo)

Ogni goal deve essere delimitato nel tempo, nello spazio fisico-geografico nel settore merceologico, nella tipologia di soggetti su cui agire, sino ad identificare con estrema precisione i target di campagna.

La struttura aziendale, di fronte ad input chiari, risponde solitamente con maggiore efficienza ed efficacia, e passa rapidamente allo sviluppo di soluzioni operative. Obiettivi confusi e poco traducibili in pratica creano invece demotivazione e portano ad uno stato di generale frustrazione e malcontento nelle risorse umane. 

Pertanto, la creazione di goals e la buona strutturazione della comunicazione rappresenta un importante momento che il management deve utilizzare per lanciare un messaggio chiaro alle risorse umane: “sappiamo cosa vogliamo”. 


Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La strategia di comunicazione

Una strategia di comunicazione efficace richiede attenzione a diversi elementi.

Esponiamo alcuni dei passaggi e nodi critici:

  1. Identificazione del target – pubblico obiettivo (target di marketing e target di comunicazione). Da chi voglio ottenere qualcosa?
  2. Determinazione degli obiettivi di comunicazione: è necessario identificare con precisione la risposta che si vuole ottenere dal pubblico. Cosa vogliamo ottenere? Dobbiamo chiarire cosa intendiamo produrre.
  3. Definizione del messaggio e del tema narrativo, attraverso la risoluzione di quattro problemi: 
    1. che cosa dire – contenuto: quale “storia” vogliamo raccontare?;
    1. come esprimerlo in modo logico, comprensibile e persuasivo – struttura dei messaggi;
    1. come comunicare a livello simbolico – formato simbolico ed emotivo, stile comunicativo adatto (es, poetico, ingegneristico, umanista, pragmatico, e altri); quali temi e simboli possono rappresentare la campagna?
    1. chi dovrà emetterlo – fonte.
  4. Scelta dei canali di comunicazione, definizione del mix adeguato tra:
    1. canali personali, vendita, esperti o opinion leader, canali umani;
    1. canali non personali, pubblicità, propaganda, pubbliche relazioni, web, social media, e altri.
  5. Gestione e coordinamento del personale e risorse attive nel processo di comunicazione (people management, project management).
  6. Definizione dello stanziamento totale, in base a: budget disponibile o residuale, percentuale sulle vendite; obiettivo da raggiungere.
  7. Misurazione dei risultati: occorre procedere ad accurate verifiche per analizzare se il messaggio sia stato colto e ricordato, come viene valutato, quali modificazioni conoscitive e/o comportamentali si sono verificate nell’atteggiamento verso il prodotto o l’impresa (o altro goal di campagna, qualsiasi essi siano).
la strategia di comunicazione

Communication Planning: programmare campagne marketing “centrate sul cliente”

Uno degli errori più gravi della comunicazione aziendale consiste nell’emettere messaggi incessantemente, realizzando flussi comunicativi disorganizzati, che perdono un senso dell’insieme e del risultato finale da ottenere. 

La quantità e il volume di fuoco prendono il posto dell’obiettivo da raggiungere. I “cannoni comunicativi” sparano a raffica, ma nel vuoto.

La comunicazione che procede senza l’utilizzo di campagne comunicative o di marketing è poco “centrata sul cliente”.

Il messaggio non incontra per niente il vissuto personale, i bisogni del cliente e la sfera di interessi dell’individuo.

Il tipico modo di dire “non mi tocca” è molto esplicito e chiaro per descrivere un messaggio che non incontra per niente il vissuto personale del cliente e la sfera di interessi dell’individuo : uno dei fattori più rilevanti è il grado di centratura della comunicazione sui bisogni del cliente

Al contrario, la campagna consente una focalizzazione maggiore sia sul messaggio che sul processo, un planning che si traduce in risultati superiori.

Il passaggio più significativo verso la qualità della comunicazione consiste nel trasformare una massa indistinta di messaggi (poniamo, quelli emessi durante un anno lavorativo) in una sequenza “campagne di comunicazione” orientate a risultati circoscritti, limitati, focalizzati. 

Il termine “campagna” nella sua accezione generale significa infatti “una serie di operazioni costruite attorno ad un particolare risultato”.

Una campagna di comunicazione o di pubbliche relazioni è uno sforzo organizzato per costruire relazioni e ottenere goals (basati sulla ricerca) attraverso l’applicazione di strategie comunicative e la misurazione dei risultati ottenuti[2].

Se non riesci a colpire il bersaglio non è mai colpa del bersaglio.

Anonimo

Una campagna di comunicazione o campagna commerciale ha il pregio di avere obiettivi e goals misurabili, scadenze e responsabilità precise, e, finalmente, “confini” delimitati.

strategia di comunicazione

Un’ulteriore caratteristica fondamentale del Communication Campaign Planning proviene dal basare la comunicazione sulla ricerca e non sull’improvvisazione.

Questa cultura comunicativa costringe l’organizzazione a dare alla comunicazione un approccio strutturato indispensabile per l’efficienza e per i risultati. Essa forza l’azienda ad adottare un metodo manageriale per comunicare, sostituendosi all’approccio approssimativo che caratterizza la comunicazione in molte culture organizzative.

Dal punto di vista aziendale, quindi, la gestione della comunicazione tramite campagne costituisce (oltre al risultato che produce sulle vendite) una vera e propria cura organizzativa.

Facendo alcuni esempi specifici:

Per un’impresa di servizi formativi (un centro di formazione manageriale, o un centro di formazione professionale), produrre una campagna di acquisizione clienti denominata “Progetto Engagement Direttori Risorse Umane Nord-Est” nel primo semestre, mentre per il secondo semestre un “Progetto Formazione Responsabili Qualità Aziende Chimiche” (proseguendo “per campagne” in funzione delle risorse presenti).

Per un’azienda di allestimenti fieristici: disaggregare il proprio operato commerciale in “Campagna acquisitiva aziende tessili Veneto” per il funzionario commerciale A, e “Campagna fidelizzativa clienti direzionali settore meccanico” per il funzionario B.

Per lo sviluppo del mercato, l’approccio Communication Campaign Planning richiede il passaggio da un’indistinta “Attività di comunicazione per l’anno xxx”, ad una serie di specifiche campagne settoriali, in cui identifichiamo chiari target e precisi obiettivi, limitati nel tempo e nello spazio, focalizzati, ed estremamente precisi e misurabili. E sopratttto, con responsabili chiari ed “empowered” ad agire con ogni mezzo, e a decidere.

La campagna non è un  metodo democratico, ma strategico.

Dove sono troppi a comandare, nasce la confusione. 

(Luigi Einaudi)

Il fatto che le attività coincidano con l’anno solare non ha alcuna importanza, anzi, non conta.

Il budget per la comunicazione trae un beneficio enorme di efficienza, soprattutto nelle PMI, nel passaggio da una comunicazione indistinta a campagne di comunicazione mirata. 

A parità di risorse i risultati ottenuti tramite Campaign Planning sono stati notati incrementi sino al doppio di risultato, in buona parte grazie allo sforzo di focalizzazione (focusing e ”narrowing down”) che il pensiero strategico di campagna richiede al management, per poi trasmettersi ai funzionari e professionisti impegnati sui progetti.

focus

L’approccio Communication Campaign Planning richiede un netto cambiamento di mentalità, e diventa anche un grande training manageriale sulla comunicazione: passare dalla concezione di comunicazione come attività destrutturata e secondaria, a quello della comunicazione come leva primaria dello sviluppo aziendale, che come tale richiede organizzazione, impegno, focalizzazione e volontà.

[1] Trevisani, Daniele (2003), Comportamento d’acquisto e comunicazione strategica, Franco Angeli editore, Milano.

[2] Vedi per un esame approfondito degli strumenti di “campagna” il trattato di Kendall, R. (1992). Public Relations Campaign Strategies: Planning for Implementation. Harper Collins Publisher, New York.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online


Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching