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Giappone

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Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

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Quante volte, mentre ero all’università, mi è capitato che amici e parenti non comprendessero le differenze tra Cina, Giappone e Corea del Sud. Ricordo che, quando raccontavo di essere impegnata nello studio della lingua e della cultura giapponese, la maggior parte dei miei interlocutori se ne usciva con frasi del tipo: ” Ah… che bello il Giappone! Ma cosa cambia dalla Cina, o dalla Corea? A me sembra tutto uguale….”

Non sto neanche a spiegare il motivo della mia profonda irritazione, ma la realtà è che fino a qualche anno fa, e ancora oggi purtroppo, le informazioni legate ai paesi dell’estremo oriente che circolano sul territorio italiano sono scarse e spesso legate a stereotipi difficili a morire.

In questo articolo quindi inizierò con lo spiegare, seppur in maniera superficiale, alcune delle similitudini e delle differenze tra il Giappone e la Corea del Sud, due paesi molto vicini e al contempo molto lontani tra loro. Voglio ribadire che di seguito non troverete la verità assoluta, ma solo una parte di ciò che ho potuto constatare nelle varie esperienze di vita svolte, sia in prima persona, che da racconti assimilati passivamente.

Innanzitutto è bene partire dalla storia che lega indissolubilmente questi due paesi. Per semplificare riporterò qui di seguito una sintesi estrapolata dalla pagina di riferimento di Wikipedia:

“Nel 1905 la Corea divenne un protettorato giapponese e successivamente, nel 1910, fu completamente annessa come colonia nell’Impero giapponese con il nome di Chōsen. Il dominio coloniale finì ufficialmente con la resa del Giappone nella seconda guerra mondiale il 15 agosto 1945, ma terminò completamente di fatto solo con la destituzione del governatore generale giapponese il 12 settembre 1945 e di diritto con l’entrata in vigore del trattato di pace di San Francisco il 28 aprile 1952.” (1)

La conclusione della guerra in realtà non mise mai fine ad alcune delle rivendicazioni politiche da parte di entrambi gli stati: da una parte abbiamo la contesa territoriale delle isole Dokdo/Takeshima, ora di proprietà della Corea del Sud, ma reclamate dal Giappone; dall’altra abbiamo il grave crimine di guerra compiuto dall’impero del Giappone durante la Seconda guerra mondiale ai danni di un numero incalcolabile di donne provenienti in larga parte dalla Corea, costrette contro la propria volontà a servire come schiave sessuali per l’Esercito Imperiale. (2)

Gli scontri politici tra le due nazioni quindi non sono ancora terminati, ma nonostante ciò, è impossibile per entrambe non cooperare. Sia il Giappone che la Corea del Sud infatti sono considerati ormai due potenze economiche mondiali che hanno bisogno l’una dell’altra per non soccombere all’immensa crescita economica della Cina.

Come potete immaginare le costanti relazioni passate e presenti, così come le influenze derivate dagli scambi inevitabili con la Cina, li hanno resi in qualche modo simili. Basti pensare per esempio all’impostazione sociale di derivazione confuciana:

  1. forte stratificazione gerarchica;
  2. rispetto assoluto per il prossimo, in particolare per i più anziani e per i superiori;
  3. rispetto delle distanze;
  4. impegno, estrema serietà e dedizione nel lavoro, spesso a discapito della vita privata, ecc…

Esistono poi anche similitudini nel sistema scolastico molto competitivo, oppure nella struttura linguistica a livello grammaticale e di vocabolario (alcune parole coreane per esempio assomigliano molto a quelle della controparte giapponese), ecc…

Oltre alle similitudini troviamo anche delle disuguaglianze, che hanno origine nella componente geografica e storica dei due paesi:

La Corea del Sud ha subito in maniera molto più significativa le influenze cinesi, al contrario del Giappone, che ha potuto condurre uno sviluppo culturale solitario in quanto isola. La prima inoltre, proprio a causa della sua posizione geografica, ha sofferto soprusi costanti da entrambi i suoi vicini, rimanendo però forte nella sua identità culturale.

Queste differenze le possiamo notare per esempio nei comportamenti tipici delle due popolazioni: il rispetto profondo per le gerarchie e la tendenza al quieto vivere fa sì che sia coreani, che giapponesi mantengano correttamente le distanze e cerchino di evitare il conflitto quanto più possibile. Questa cosa però riesce più facile ai giapponesi, di temperamento più cauto e silenzioso. Il popolo nipponico infatti tende a mantenere sempre la calma, anche nelle situazioni più complicate, per evitare di turbare l’armonia collettiva. Questo significa però che il giapponese medio non esprimerà mai in maniera diretta la propria opinione sincera.

I coreani invece, nonostante attribuiscano la stessa importanza alle apparenze, sia estetiche che sociali, sono molto più spontanei ed espliciti e non hanno paura di esprimere ciò che pensano. Sono inoltre generosi e passionali e questo li rende un pochino più simili agli italiani, poiché non si tirano indietro quando c’è da litigare o da fare un po’ di sano chiasso per la città, cosa invece impossibile da trovare in Giappone.

Tutto ciò si rispecchia anche nel mondo del business e in particolare nelle negoziazioni interculturali, più fredde e diplomatiche con i giapponesi, più calde ed amichevoli con i coreani. Attenzione però a non pensare che l’una sia meglio dell’altra, poiché nonostante i giapponesi appaiano più distanti e le negoziazioni siano solitamente lunghe e tortuose, questo popolo, una volta preso fiducia nella vostra azienda, continuerà il rapporto con voi in maniera solida e duratura. I coreani invece, nonostante siano più accoglienti per certi versi, sono abili e astuti negoziatori da non sottovalutare.

Bisogna ricordare infine che, in entrambi i casi, è sempre cosa buona e giusta arrivare alla negoziazione preparati, avendo a propria disposizione un professionista della cultura con cui si va a negoziare che ci aiuti a capire cosa si cela dietro ogni parola, il detto e il non detto, in modo da evitare spiacevoli inconvenienti e risolvere positivamente qualsiasi problema di natura negoziale e/o culturale.

a sinistra il leader della corea del sud Moon Jae-in e a destra l'ex primo ministro giapponese Shinzo Abe
a sinistra il leader della corea del sud Moon Jae-in e a destra l’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe

(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Corea_sotto_il_dominio_giapponese

(2) https://ilcaffegeopolitico.net/52548/giappone-corea-sud-rapporto-complicato

Articolo a cura della dott.ssa Ginevra Bighini, www.negoziazioneinterculturale.wordpress.com; mentoring a cura del dott. Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it

Ci si chiede spesso perchè le industrie orientali siano in una costante progressione, di mercato e di qualità. Conviene analizzare la cultura che le contraddistingue, e prendiamo come esempio culturale il Giappone, e il processo di Kaizen o miglioramento continuo

(materiale seguente elaborato da Wikipedia)

Il Kaizen è un processo quotidiano il cui scopo è il miglioramento dell’efficienza produttiva soprattutto attraverso la umanizzazione del posto di lavoro:

  • Disegnando la linea produttiva ed i processi ad essa collegati seguendo le esigenze del Lavoratore;
  • La progressiva eliminazione del lavoro pesante e/o ripetitivo (“muri“) con ampio ricorso a processi automatizzati;
  • La formazione continua del personale attraverso processi di riqualificazione tecnologica e stages di apprendimento dedicati;
  • L’addestramento del personale all’utilizzo del metodo scientifico per trovare ed eliminare gli sprechi (“muda“);
  • Il coinvolgimento e l’identificazione del personale con la Vision aziendale.

Secondo l’approccio Kaizen, l’umanizzazione del posto di lavoro, ad ogni livello e coinvolgendo qualunque processo aziendale, comporta un aumento della produttività: “’’l’idea è quella di nutrire le risorse umane dell’azienda elogiandole ed incoraggiandole alla partecipazione delle attività legate alla Qualità’’”[34].

Il personale dell’Organizzazione, dal C.E.O. fino all’addetto alle pulizie, tanto quanto tutti gli stakeholders (per i processi ad essi dedicati), è tutto inderogabilmente coinvolto nel processo di miglioramento e nella gestione della Qualità.

Presupposti necessari (per altro non sufficienti) al coinvolgimento totale dei singoli alla realizzazione degli scopi dell’Organizzazione sono:

La ingegnerizzazione del posto di lavoro sul modello Kaizen può essere descritta con 5 idiomi Giapponesi tutti traducibili in inglese con altrettante parole che iniziano per esse (“5S”):

Applicazione del sistema organizzativo 5S all’attività di pulizia
  • Seiri (Ordine) comporta l’eliminazione del superfluo (strumenti di lavoro inutili, istruzioni operative non necessarie, cartellonistica inessenziale, etc.), classificazione dell’essenziale in ordini di priorità (sulla base dei cicli di utilizzo) e facilitazione della fruibilità.
  • Seiton (Stabilizzazione) segue la fase di Seiri e presuppone l’identificazione degli spazi essenziali per la costruzione del posto di lavoro facilitando l’identificazione e la rintracciabilità degli strumenti.
  • Seiso (Pulizia) del posto di lavoro e delle attrezzature, regolare manutenzione e ripristino dell’ordine dopo ogni turno di lavoro.
  • Seiketsu (Standardizzazione) tutte le postazioni di lavoro riferibili ad una identica funzione devono essere uguali ed intercambiabili, consentendo al lavoratore di orientarsi in ogni stazione soprattutto attraverso l’uniformità delle attività lavorative attraverso Istruzioni Operative standardizzate.
  • Shitsuke (Sostenere), una volta stabilita una prassi essa dev’essere mantenuta e nel caso migliorata, evitando di guardare a vecchi standards ed abitudini obsolete.

Negoziare con i Giapponesi. Regole di cerimoniale per evitare spiacevoli inconvenienti.

di Roberto Colella

In: Communication Research, n. 01/2010, Rivista di Psicologia, Comunicazione, Formazione, edited by Medialab Research, www.medialab-research.com con la collaborazione di Studio Trevisani www.studiotrevisani.it

Esistono personalità al mondo che possono essere avvicinate e toccate come ad esempio il Papa, la massima autorità religiosa cattolica. Ne esistono però anche altre altrettanto importanti che non possono essere neanche avvicinate. E’ il caso dell’Imperatore del Giappone di fronte al quale bisogna mantenere una distanza di 3 metri, a differenza dei 2 metri previsti per l’Imperatrice.

Questo è soltanto uno degli aspetti che riguardano il complesso e articolato cerimoniale giapponese.

La cultura giapponese è molto diversa da quella occidentale. Si potrebbe partire dal saluto. Sarebbe grave salutare un giapponese con una stretta di mano, ma a seconda del rango della personalità che si ha davanti, si usa un tipo di inchino che può essere a 45°, a 30° oppure soltanto un cenno.

Durante un incontro di lavoro per i giapponesi sono molto importanti i convenevoli. Risulta molto difficile che un giapponese risponda ad una domanda con un “No” secco, bensì è in grado di elaborare un lungo discorso il cui possibile rifiuto finale si cela dietro alcuni ammirabili ringraziamenti ed apprezzamenti.

Quindi l’esito di una proposta di accordo economico sarà il frutto di un lungo ed articolato discorso. Anche nel momento in cui si invia una lettera ad un manager giapponese evitare sempre di andare subito al sodo. La forma per i giapponesi è qualcosa di sacro!

Solitamente il personale lavora insieme nello stesso ufficio e allo stesso piano. Il manager si trova seduto in una posizione dalla quale riesce ad osservare tutti i dipendenti mentre lavorano. L’orario di lavoro va dalle 9 del mattino alle 17 del pomeriggio.

Se ci si reca in Giapponese durante i mesi di Luglio o di Dicembre, bisogna sapere che sono mesi in cui ci si scambia dei regali. Sul regalo apro una parentesi. Il regalo non va mai incartato con carta bianca perché simboleggia la morte, inoltre non va mai scartato davanti alla persona che ce  lo ha donato.

Per i giapponesi è molto sentita la distinzione tra ambiente esterno e ambiente interno. Prima di entrare in una casa giapponese bisogna togliersi il cappotto e poi le scarpe. In merito alle scarpe bisogna dire che la donna che accompagna l’uomo si fermerà a predisporre le scarpe in direzione di uscita, invertendo quindi la posizione con un movimento rotatorio. L’ospite verrà accolto nella stanza più lontana dalla porta di ingresso. Ricordiamo che una casa giapponese, almeno quelle tradizionali e non i grattacieli di Tokyo, sono costruite in legno, caratterizzate da porte scorrevoli e da almeno una stanza tatami.

Ovviamente anche nei ristoranti si cammina senza scarpe, sui pavimenti di tatami, mangiando la cucina tradizionale con hashi, i bastoncini di legno con i quali non bisogna mai infilzare il cibo. E’ quanto di più maleducato si possa fare.

All’interno dei ristoranti non si richiede il menù, visto che i piatti sono esposti in vetrina. La cucina giapponese resta in assoluto anche quella più internazionale, visto che il Giappone, Tokyo in particolare, è tra le nazioni simbolo della finanza e degli affari. Esempio di una tipica settimana: lunedì (pranzo all’occidentale), martedì (cinese), mercoledì (giapponese tradizionale), giovedì (sashimi), venerdì (curry), sabato (verdura o cibo di mare), domenica (tempura). Dare la mancia non rientra tra le consuetudini dei giapponesi in quanto negli alberghi, nei ryokan (tipici alberghi giapponesi) o nei ristoranti, il conto comprende un’aggiunta del 10-15% per il servizio. Quindi non lasciare mance.

Infine il Giappone è famoso anche per la sicurezza che regna nelle strade delle sue città. Le donne possono girare da sole sia di giorno che di notte e spesso si vedono bambini prendere da soli la metropolitana. Una giacca, una borsa o un portafoglio lasciati sul tavolo di un ristorante in attesa del loro proprietario, né preoccupano, né tentano nessuno.

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