© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Negoziazione interculturale. Comunicare oltre le barriere culturali. Dalle relazioni interne sino alle trattative internazionali”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore
La comunicazione e la cultura
Tracciare un percorso che porti dall’incomunicabilità alla comunicazione costruttiva è un’impresa titanica, difficilmente completabile in una sola vita, un traguardo visionario, ma anche un motore d’ispirazione. Ma, per quanto difficile, merita un impegno.
Quando la comunicazione funziona, immediatamente ne emergono i frutti. Quando invece la comunicazione è bloccata o malfunzionante, si crea conflitto, le relazioni interpersonali soffrono, i progetti comuni tra persone o tra aziende non decollano.
Possiamo rintracciare con buon grado di precisione il problema dell’incomunicabilità nella diversità culturale – un “sottoprodotto” dell’incontro/confronto tra culture diverse – incontro tanto produttivo e ricco di opportunità di crescita quanto aperto a rischi e problemi.
La cultura – nel senso comune – include soprattutto le manifestazioni artistiche di un popolo, ma nelle scienze sociali e manageriali significa molto di più.
La Cultura, in senso allargato, significa soprattutto un modo di percepire il mondo, di categorizzare la realtà, dare un senso alle cose, alle relazioni, e alla vita.
Ciascuno di noi è un individuo unico nella sua cultura personale, nella modalità di categorizzare il mondo, valutare l’importanza di oggetti e persone, impostare relazioni. Ciò che è importante e fondamentale per me può essere un dettaglio per qualcun’altro, o per altri ancora qualcosa che non merita nemmeno attenzione.
Ognuno di noi ha assimilato nei propri processi mentali le pressioni e gli schemi dei gruppi di appartenenza (etnici, nazionali, professionali, familiari), e assimila parte dei modelli con cui viene a contatto.
La cultura, secondo Shore[1], può essere considerata una “collezione di modelli”. Nel costruire una relazione nuova, nel negoziare, quali sono i modelli che io uso? Quali sono i modelli che la mia azienda utilizza, spesso in modo inconsapevole? Quali sono i modelli altrui?
La negoziazione, prima ancora che un incontro tra “posizioni”, di divergenze/convergenze sui dettagli, è un incontro/scontro tra modelli.
Comunicare consapevoli delle diversità – comunicare nelle diversità e nonostante le diversità – è un passo in avanti significativo.
La incomunicabilità
L’incomunicabilità è la condizione che impedisce alle persone di entrare in contatto profondo e condividere il pensiero. La comunicazione costruttiva si prefigge invece di attivare uno scambio significativo tra due o più menti per poter “costruire qualcosa assieme”.
L’essenza stessa della negoziazione è un tentativo di “costruire assieme,” mosso dalla necessità di “agire con” per raggiungere scopi che nessuna delle parti – da sola – è in grado di raggiungere (“agire senza”).
La necessità di dover cooperare porta le persone e le aziende a dover scambiare qualcosa, incontrarsi, e in un certo senso le obbliga a comunicare.
Moltissime persone, sul pianeta, sperimentano l’incomunicabilità ogni giorno, e desiderano passare ad una comunicazione più costruttiva, lo desiderano col cuore, ma non sanno come farlo. Mancano letteralmente gli strumenti operativi – nella scuola e nell’azienda – per affrontare sistematicamente il problema dell’incomunicabilità e dirottare le energie verso la comunicazione costruttiva.
Possiamo subito immaginare quali siano gli effetti di un incontro negoziale o di una relazione umana dominata dall’incomunicabilità: conflitto, incomprensione, disaccordo, ansia, distanza. Il nostro scopo è capire su quali leve agire per trasformare una possibile incomunicabilità in un incontro costruttivo.
Il problema dell’incomunicabilità tocca le sfere più diverse: lo vediamo nei rapporti tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra docenti e alunni, tra amici, tra colleghi, tra aziende, ma – ad un livello superiore – tra religioni, nazioni, regioni diverse. Questo “mostro” agisce anche nel contatto tra aziende nei rapporti di business.
Le società del consumo, i mass media, la scuola, persino l’educazione familiare, lo alimentano quando bloccano l’espressione delle emozioni, e l’ascolto empatico, educando le persone ad essere sempre più individualiste, chiuse, egoiste, centrate solo su di sè.
Il risultato della crescita in una società emotivamente morta crea l’atteggiamento di chiusura: smettere di ascoltare e capire, irrigidirsi, divenire incapaci di essere flessibili e adattivi, di essere efficaci fuori dal proprio “spazio ristretto”.
Il problema dell’incomunicabilità si collega immediatamente a quello della performance e dei risultati del lavoro di gruppo nelle aziende.
Non esiste prestazione umana avanzata nella quale sia possibile agire da soli. Ovunque si operi con altri, avvengono micro-collisioni culturali.
Anche il più solitario dei navigatori deve concordare con i progettisti della barca le dotazioni e le strutture che vorrà avere a bordo, e avviene una micro-collisione di culture (marinaio vs. ingegnere), superabile solo con la ricerca di un intento comune e di un linguaggio comune. L’atleta negli sport individuali deve comunicare con il proprio coach in vari momenti della preparazione, dando anche qui spazio ad una micro-collisione culturale (atleta vs. metodologo).
L’unica possibilità di cooperazione è data dalla ricerca di un traguardo comune. Questo richiede “smontare” le diversità, riconoscerle, farle uscire dal retrobottega della comunicazione e portarle sotto i riflettori.
Quando la comunicazione è bloccata, i gruppi e le relazioni smettono di funzionare e la performance cala o si annulla del tutto, nessun traguardo comune viene raggiunto.
Per far funzionare la comunicazione servono almeno due condizioni:
- volontà di comunicare (apertura al dialogo) e
- abilità comunicative (competenze comunicative).
Entrambi i punti sono critici e la loro assenza o le lacune in uno o più fattori producono incomunicabilità.
Se immaginiamo un team di persone (marito, moglie) o di manager (acquirente, compratore) o di funzionari (ambasciatori, delegati), possiamo chiederci quale sia la “performance” (prestazione) di questo team, intesa come capacità del gruppo di costruire qualcosa, concludere un progetto, o concretizzare un sogno.
Vediamo subito che questo team per funzionare deve comunicare, non può agire senza comunicare.
Il fenomeno della “rottura di performance” (performance breakdown) causato dalla incomunicabilità è tanto più evidente quanto meno sono le vie di fuga. Durante un litigio in azienda o in casa è possibile abbandonare fisicamente la situazione, uscire fisicamente dal setting, ma da una barca in pieno oceano, o da una astronave, o da un aereo di linea, non è possibile uscire fisicamente.
È proprio in queste situazioni estreme che sono state notate le più gravi ripercussioni delle incomunicabilità, sino alla morte di interi equipaggi, anche per semplici fraintendimenti tra comandante dell’aereo e torre di controllo, o litigi interni agli equipaggi che portano a distrazioni gravi dal compito primario.
L’incomunicabilità produce morte, le guerre e gli incidenti ne sono una manifestazione evidente. I fallimenti delle relazioni sono solo una espressione più sfumata, ma non per questo meno drammatica. Una separazione o un divorzio (in famiglia) o il fallimento di un importante contratto (in azienda) possono essere eventi traumatici.
Non esistono guerre che non siano precedute da fallimenti di relazioni – da importanti segnali di incomunicabilità – e quindi studiare l’incomunicabilità significa studiare i precursori del conflitto e del successo nei rapporti umani.
Principio – Relazione tra incomunicabilità e performance
Il successo della comunicazione dipende:
- dalla volontà di avviare un dialogo (volontà di dialogo);
- dalla volontà/capacità di avviare un dialogo aperto al confronto (apertura al dialogo);
- dalle abilità comunicative (competenze comunicative) di entrambi gli interagenti;
- dalla consapevolezza delle differenze culturali tra soggetti;
- dalla capacità di minimizzare il fraintendimento (barriere linguistiche) e l’incomprensione (barriere psicologiche) tra membri di un gruppo.
La selezione dei negoziatori interculturali
In ogni team esiste un problema di selezione (come si entra, che caratteristiche ha chi entra) e di formazione (come far crescere i membri del team). Quando la prima fase è errata, quando le persone sono mal selezionate, gli errori si ripercuotono a catena.
La formazione generalmente si prefigge di incrementare le prestazioni e conoscenze esistenti (formazione incrementale), e raramente viene utilizzata con lo scopo di agire in profondità sulla personalità per cambiarla (formazione trasformazionale) [2].
Nel metodo ALM, ci si prefigge di attingere ad entrambi i modelli, ma è necessario essere consapevoli che anche la più incisiva delle tecniche trasformazionali non cambia ad esempio i parametri genetici, e la selezione dei soggetti rimane importante.
Molti incidenti aerei e spaziali sono stati causati dinamiche di incomunicabilità tra l’equipaggio (incomunicabilità intragruppo) o tra equipaggio e altri crew (crew: gruppi di lavoro, equipaggi) – quali i controllori di terra – (incomunicabilità intergruppo).
Una selezione mirata e un adeguato training interculturale sono considerati indispensabili anche per le missioni spaziali del futuro caratterizzate da equipaggi interculturali[3].
Tra i criteri di selezione, inoltre, non si valutano più solo skills individuali, ma viene svolta una analisi della “compatibility” (compatibilità con il gruppo e capacità di vivere nel gruppo).
In altre parole, si è scoperto che alcuni astronauti possono essere eccellenti “astronauti” sotto il profilo tecnico e scientifico, ma inadatti a confrontarsi con la diversità, sostenere un rapporto con le culture altrui, e quindi non possono far parte di equipaggi spaziali multiculturali. È sufficiente un piccolo comportamento fastidioso, ripetuto per giorni e giorni di seguito, per generare nervosismo e irritazione.
Per le aziende esiste una implicazione:
- non tutti sono adatti a negoziare, e
- ancora meno farlo interculturalmente.
Ogni errore di comunicazione interculturale svolto da un venditore che opera all’estero (es: un area manager) o da un imprenditore, può significare un contratto in meno.
Di questo le aziende ed organizzazioni devono rendersi conto quando scelgono i propri rappresentanti commerciali o istituzionali. Troppo spesso viene confusa una preparazione sul prodotto con una presunta capacità di negoziare e comunicare. Le due cose sono assolutamente diverse.
I negoziatori interculturali devono essere adeguatamente selezionati partendo dalla loro capacità di apertura alle culture diverse, flessibilità mentale e competenze comunicative, e non solo in base alla loro esperienza aziendale o preparazione sul prodotto.
Principio – Selezione dei negoziatori interculturali
Il successo della negoziazione interculturale dipende dalla capacità di selezione da parte dell’organizzazione, rispetto ai parametri di:
- apertura al dialogo;
- apertura mentale e capacità di confrontarsi con la diversità;
- preparazione sulle tecniche generali di negoziazione e apertura alla propria formazione negoziale come leva di sviluppo;
- preparazione specifica sulle tecniche di negoziazione interculturale e apertura alla propria formazione interculturale;
- capacità di attingere a repertori comunicativi flessibili e adattivi, sapendosi adattare alle diverse culture con le quali deve interagire.
Gli studi sulla comunicazione interculturale toccano tutti – la scuola, l’educazione, la famiglia, l’azienda.
Lo sblocco delle rigidità cognitive
Il problema della incomunicabilità ha origini sociali. Nel pieno dello sviluppo della propria espressività il bambino e l’adolescente imparano che ad essere sinceri nascono problemi, e che dedicare tempo agli altri è una perdita di risorse. Nascono gli stereotipi, le regole preconfezionate, gli schemi mentali da fluidi diventano rigidi e si consolidano sotto forma di credenze e dogmi.
Mentre i sistemi educativi formali sostengono l’importanza dell’espressività e della comunicazione, i comportamenti educativi reali insegnano invece esattamente il contrario: chiudersi, difendersi, non lasciarsi andare, essere sospettosi, non far capire come ci si sente “altrimenti gli altri se ne approfittano”.
Anche le aziende insegnano questo (regola basilare del “non fidarsi”) tramandata dall’esperienza degli “anziani” d’azienda ai giovani. Accade infatti che nella realtà dell’impresa, l’onestà altrui non sia assolutamente da dare per scontata, le intenzioni nemmeno, e si crei una condizione di allerta permanente, un clima di sospetto che permea ogni avvio di relazione e ogni negoziazione.
Questo clima ha solide basi nella realtà dei fatti e non è una pura costruzione.
Tuttavia, tale condizione di “allerta” deve diventare una scelta tattica consapevole e non uno stato costante fissato a priori, una “ingessatura inamovibile” o blocco cognitivo che impedisce un confronto.
Solo da un confronto aperto e da reali prove comportamentali si potrà capire se la controparte ha intenzioni serie o è affidabile.
Molti manager sono invece ingessati in modo inamovibile una condizione di chiusura e rigidità (irrigidimento cognitivo) e questo impedisce loro di negoziare efficacemente.
Poco a poco, il blocco delle espressioni esterne diventa incapacità di riconoscere ciò che ci accade all’interno.
Al massimo delle proprie capacità di ascolto e di espressione, il bambino sa esprimersi con tutto il corpo, sa esternare, capisce gli stati d’animo anche senza bisogno di parole.
Diventato adulto e manager, questo bambino si trasforma – dopo anni di vita aziendale – in un monolite mummificato, egoista, chiuso, centrato solo su di sè, oramai incapace di capire dinamiche relazionali a volte persino elementari e banali.
Notiamo questo in una negoziazione di acquisto, quando un buyer non riesce a capire la differenza tra acquistare un “pezzo di merce” o “trovare un partner serio”, un fornitore di professionalità prima ancora che di “pezzi”.
La realtà dei fatti è piena di persone che non riescono a spiegare il proprio bisogno (se si acquista) o il proprio valore (se si vende).
In queste condizioni, il monolite ingessato si trova a fare business, a negoziare, a dover comunicare, esprimersi, a volte persino deve capire gli altri (compito arduo) e ascoltare (compito quasi impossibile), e non ci riesce.
Come possiamo facilmente immaginare, avrà dei problemi, e anche le aziende per cui lavora ne avranno. E se sarà anche madre o padre, porterà queste difficoltà anche all’interno della famiglia, tramandando un disagio psichico trans-generazionale verso i propri figli.
Esiste quindi un meta-obiettivo per ogni persona e gruppo: lo sblocco delle rigidità cognitive.
È indispensabile lavorare per riconoscere i propri stereotipi e credenze (o, come affronteremo nel volume sulle tecniche avanzate, i propri “prototipi cognitivi”), agire attivamente per capirli, identificare i propri stati di incomunicabilità, impegnarsi per eliminarla o ridurla, non attendere che la comunicazione migliori passivamente o “per miracolo”, ma impegnarsi in prima persona, come priorità assoluta.
Principio – Rottura dell’incomunicabilità come meta-obiettivo
Il successo della comunicazione dipende:
- dalla presa di coscienza della dimensione interculturale della comunicazione;
- dal grado di impegno e consapevolezza di entrambi i membri della comunicazione per ridurre gli effetti negativi dell’incomunicabilità.
[1] Shore, B. (1996). Culture in Mind. Cognition, Culture, and the Problem of Meaning, Oxford, Oxford University Press.
[2] L’autore, oltre alle attività di ricerca, è responsabile per i progetti di consulenza e formazione condotti da Studio Trevisani Communication Research (www.studiotrevisani.it)
[3] Kraft NO, Lyons TJ, Binder H. (2003), “Intercultural crew issues in long-duration spaceflight”, Aviation Space Environmental Medicine. 2003 May;74(5):575-8.
Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
Altre risorse online
Siti in sviluppo
Le parole chiave di questo articolo La comunicazione costruttiva sono :
- Barriere linguistiche
- Barriere psicologiche
- Blocco cognitivo
- Collisioni culturali
- Competenze comunicative
- Comunicazione costruttiva
- Comunicazione interculturale
- Differenze culturali
- Flessibilità mentale
- Formazione incrementale
- Formazione trasformazionale
- Incomunicabilità
- Incomunicabilità intergruppo
- Incomunicabilità intragruppo
- Irrigidimento cognitivo
- Metodo ALM
- Micro-collisioni culturale
- Negoziazione interculturale
- Rottura di performance
- Volontà di dialogo