Tag

fidelizzazione del cliente

Browsing

©Copyright. Articoli estratti con il permesso dell’autore dai libri di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano.

Elaborazione originale a cura di Cinzia Zocca.

Nell’odierno contesto di mercato, in cui i consumatori sono sempre più globali, informati, esigenti e connessi, la customer satisfaction non si limita più alla sola qualità del prodotto o del servizio. Sempre più spesso, il fattore differenziale dipende dalla capacità dell’azienda di instaurare un rapporto autentico e duraturo con i propri clienti, generando così una customer satisfaction relazionale.

Cosa si intende per Customer Satisfaction Relazionale?

La customer satisfaction relazionale si concentra sull’aspetto emotivo e relazionale dell’interazione tra l’azienda e il cliente. Non riguarda quindi solo la risoluzione di problemi o la gestione delle richieste, ma soprattutto la costruzione di un legame a lungo termine basato su fiducia, rispetto e ascolto reciproco.

Questo tipo di soddisfazione è legata all’esperienza complessiva del cliente, che entra in contatto con l’azienda in ogni fase della vendita, dall’acquisto iniziale alla gestione post-vendita, passando per l’assistenza clienti e l’interazione sui canali digitali.

Perché è importante?

Possiamo identificare almeno quattro punti chiave:

  1. Fidelizzazione del cliente: Un cliente che sente di essere apprezzato e ascoltato è più propenso a restare fedele all’azienda. La soddisfazione relazionale trasforma i clienti occasionali in ambasciatori del brand, che non solo acquistano regolarmente, ma consigliano anche il prodotto o servizio ad amici e familiari.
  2. Valore a lungo termine: I clienti fedeli tendono ad essere più redditizi nel lungo periodo, non solo per gli acquisti ripetuti ma anche perché l’azienda riduce i costi di acquisizione di nuovi clienti, che sono significativamente più alti rispetto a quelli necessari per mantenere quelli esistenti.
  3. Differenziazione competitiva: In mercati saturi, dove i prodotti sono spesso simili e i prezzi si allineano, la differenziazione avviene attraverso il servizio e le relazioni. Un’azienda che eccelle nella customer satisfaction relazionale può distinguersi dai concorrenti e guadagnare una posizione di leadership.
  4. Gestione delle crisi: Quando si verificano problemi o disservizi, una buona relazione con il cliente può fare la differenza tra una recensione negativa e una risoluzione pacifica del problema. Un cliente che si sente rispettato sarà più disposto a dare una seconda chance all’azienda.

Come migliorare la Customer Satisfaction Relazionale?

L’azienda di successo adotta alcune strategie per rafforzare il legame con il cliente, tra cui:

  1. Ascolto attivo: È essenziale che i brand siano in grado di ascoltare veramente i propri clienti, sia tramite sondaggi, recensioni online o conversazioni dirette. L’ascolto attivo fornisce non solo l’opportunità di raccogliere feedback, ma anche la possibilità di agire in base a essi in un continuo miglioramento.
  2. Personalizzazione dell’esperienza: Grazie all’uso dei dati e delle tecnologie, oggi è possibile creare esperienze sempre più personalizzate. Un messaggio mirato, un’offerta su misura o un semplice riconoscimento del cliente come individuo unico può fare una grande differenza.
  3. Empatia e cortesia: Le interazioni con i clienti devono essere gestite con empatia, soprattutto nei momenti critici. Gli operatori del servizio clienti devono essere formati per comprendere le esigenze emotive dei clienti e rapportarsi a loro con rispetto e cortesia.
  4. Trasparenza e coerenza: Essere trasparenti nelle comunicazioni e coerenti nei messaggi e nei comportamenti costruisce fiducia. Le aziende devono mantenere le promesse fatte e garantire un’esperienza coerente in tutti i punti di contatto.
  5. Tecnologia al servizio della relazione: Strumenti come CRM (Customer Relationship Management) e chatbot intelligenti possono migliorare l’efficienza nel rispondere alle esigenze dei clienti. Tuttavia, è fondamentale che la tecnologia non sostituisca il tocco umano, ma lo supporti e lo migliori.

Il ruolo della Leadership

Perché la customer satisfaction relazionale sia un vero motore di crescita, è necessario che la leadership aziendale ne comprenda e sostenga l’importanza. Creare una cultura aziendale centrata sul cliente significa incentivare comportamenti positivi tra i dipendenti, investire in formazione e sviluppo, e garantire che ogni decisione aziendale tenga conto dell’impatto sulle relazioni con i clienti.

Conclusione

Nel futuro del business, la soddisfazione relazionale non sarà un’opzione, ma una necessità. Le aziende che sapranno coltivare e nutrire le relazioni con i clienti avranno un vantaggio competitivo sostenibile, costruendo una base di clienti fedeli che saranno disposti a difendere e promuovere il brand.

Essere orientati alla customer satisfaction relazionale significa abbracciare un modello di business più umano, in cui il cliente è realmente al centro di ogni strategia.

Investire in relazioni di qualità oggi è il segreto per il successo di domani.

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Customer satisfaction relazionale

Fidelizzazione del cliente

Esperienza cliente

Ascolto attivo

Relazioni azienda-cliente

Empatia nel servizio clienti

Fiducia cliente

Personalizzazione esperienza cliente

CRM (Customer Relationship Management)

Comunicazione trasparente

Soddisfazione del cliente

Assistenza clienti efficace

Feedback clienti

Valore a lungo termine del cliente

Relazioni di lungo termine

Differenziazione competitiva

Gestione delle crisi clienti

Brand loyalty

Esperienza post-vendita

Cultura aziendale centrata sul cliente

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Nei capitoli precedenti abbiamo definito il processo di acquisto – e l’esperienza successiva di prodotto – come un insieme di interazioni tra il sistema azienda e il sistema percettivo e valoriale del consumatore.

Partendo da questa definizione, vogliamo ulteriormente migliorare l’analisi delle strategie di customer satisfaction indirizzandole verso una ulteriore evoluzione: (1) la prima modifica consiste nella addizione delle componenti relazionali al  “fattore prodotto” (servizio, post-vendita) (2) la seconda si prefigge di includere nel customer satisfaction management l’intero sistema del marketing mix, tramite i concetti di price satisfaction, distribution satisfaction e communication satisfaction.

Si tratta di un allargamento del campo che permette di definire come le strategie di impresa possano giungere alla creazione della overall mix satisfaction, uno stadio ottimale di soddisfazione del consumatore che si espande a tutte le componenti del mix.

Per ciascuna leva andrà analizzato (a) il grado di attese esplicite, (b) la percezione delle prestazioni, e (c) cosa, per quella specifica caratteristica, può essere considerato l’ideale (inclusione della componente “ideali”).

In altre parole, non è più sufficiente ragionare in termini di qualità del prodotto e nel servizio, ma occorre chiedersi se l’impresa stia erogando qualità e rispondendo ad aspettative anche nelle politiche di prezzo e in come queste vengono comunicate ai diversi clienti, ed ancora se si stia producendo comunicazione di qualità, o qualità nella modalità di distribuire il prodotto e renderlo fruibile al cliente.

Vediamo alcune di queste tematiche in maggiore dettaglio anche grazie ad alcuni esempi.

1. Livelli di soddisfazione di prezzo

La price satisfaction comprende il sistema di attese e di ideali relativi ai seguenti fattori:

Un esempio di come le aziende possano determinare customer satisfaction tramite il pricing è dato dalle tariffe fisse telefoniche. Negli ideali di diversi consumatori ed aziende, esiste il desiderio di sapere in anticipo quanto si dovrà pagare al mese, fissando una soglia massima che includa ogni costo telefonico, urbano e nazionale, incluso il traffico internet illimitato. In questo caso il prodotto/servizio rimane invariato (connettività telefonica), ma la formula di pricing per il soggetto è percepita come “liberatoria”, soprattutto perché toglie nel soggetto l’ansia del tempo. L’azienda venditrice potrà poi definire quale sia il suo break-even point (punto di pareggio ricavi-costi) e fissare il prezzo.

Un esempio negativo di price satisfaction è evidente nella seguente trascrizione da un’intervista sul mercato delle telecomunicazioni di fine millennio:

Quelli della Telecom non li capisco. All’inizio volevano un sacco di soldi per l’abbonamento ad internet. Poi è arrivata Tiscali con il suo accesso gratuito, e improvvisamente anche Telecom ha dato l’accesso gratuito. Ma allora prima ci guadagnavano e basta. Non vedo l’ora che finisca questo monopolio anche sui telefoni di casa. E poi vedo le loro pubblicità, fatte con gli attori più famosi del mondo, e penso che le sto pagando io con la mia bolletta di casa. Non voglio dargli più una lira. È ora di finirla. Ma devo poter scegliere da chi comprare le cose oppure no? Allora, il fatto è questo… io non voglio più dare soldi dalla Telecom, non una lira. Punto e basta. Se questo non è possibile in un servizio così indispensabile come la telefonata da casa, allora siamo in monopolio. Non ci sono storie. Semplicemente, non voglio più fatture della Telecom in casa mia. È chiaro?

Come si vede dall’esempio, l’effetto dell’insoddisfazione si riverbera da un prodotto specifico all’intera azienda, si espande a tutta la linea di prodotti, e richiama l’attenzione anche su fatti che probabilmente non avrebbero destato indignazione (utilizzo di attori testimonials di fama mondiale ultrapagati), ma che per l’effetto dell’insoddisfazione vengono osservati con una lente di sospetto, rabbia e frustrazione.

2. Livelli di soddisfazione della distribuzione

La distribution satisfaction comprende il sistema di attese e di ideali relativi ai seguenti fattori:

Dal punto di vista dell’azienda, ogni fattore sopra esposto deve diventare un elemento del proprio piano di qualità. Ma non solo. La capacità di adattarsi ad esigenze distributive non palesate, non intuitive, permette di conseguire vantaggio competitivo ulteriore. Vediamo la seguente trascrizione:

Lavorando come freelance grafica, ho sempre fatto dei progetti per l’editoria. Finora li consegnavo su supporto cartaceo e dischetto, in formato di testo. Ma poi spesso mi dovevano richiamare, perché il cliente richiede un formato diverso, e la tipografia un altro ancora, ed era sempre una rincorsa, io non trovavo loro, loro non trovavano me, saltavano le scadenze. Un inferno. Adesso, mi sono dotata dei software che i clienti stessi utilizzano, e li converto io, qui in studio. Metto in Cd il progetto in diversi formati già pronti per essere consegnati. Le agenzie hanno fatto letteralmente i salti di gioia per questo, perché gli ho tolto un sacco di problemi. Se poi servono delle modifiche, invio tramite la posta elettronica il lavoro come file, e devo dire che tutto funziona meglio.

Non dobbiamo dimenticare il potere enorme messo a disposizione da Internet alle imprese che intendano valorizzarne la potenzialità per creare customer satisfaction distributiva e comunicazionale. Attraverso il web è possibile fornire aggiornamenti istantanei ai prodotti nei quali è presente qualche forma di software, fornire notizie in tempo reale, rispondere a quesiti, fornire assistenza, sviluppare addizioni di prodotto (prodotto aumentato).

In termini di prodotto aumentato, una banca può vendere un servizio base di gestione titoli, ma corredarla di un sistema automatico di segnalazione ai propri clienti che il titolo in loro possesso ha raggiunto il target price di vendita (segnale di stop-gain). Questo diventa vero valore aggiunto, nel momento stesso in cui una nuova forma distributiva fa risparmiare al consumatore il carico di doversi spostare per ottenere la prestazione.

3. Livelli di soddisfazione della comunicazione

La communication satisfaction comprende il sistema di attese e di ideali relativi ai seguenti fattori:

In riferimento al tema della consonanza d’immagine, qualora l’immagine di prodotto si discosti o sia in opposizione alla immagine di sé ideale, può nascere dissonanza cognitiva rispetto all’intenzione di acquisto del prodotto.

Ad esempio, un autovettura fuoristrada può essere pubblicizzata tramite uno spot in cui essa venga utilizzata per un safari di caccia africano, visualizzando l’inseguimento dell’animale e la sua uccisione, con foto finale del trofeo di caccia e presenza dell’auto come sfondo. Tale immagine (accostamento tra il modello e la caccia) potrebbe essere del tutto antitetica rispetto all’immagine di Sé ideale (ideal self-image) che un naturalista ha di se stesso. Un naturalista o ambientalista che intenda acquistare il fuoristrada come strumento di lavoro o mezzo per raggiungere le proprie mete di visitazione cercherà un marchio non connotato semanticamente dalla pubblicità in questa direzione negativa.

La vicinanza dell’immagine di marchio (brand image) al Sé Ideale del target diviene un fattore di successo della comunicazione aziendale. Al contrario, l’associazione di un’immagine indesiderata o di comportamenti controvaloriali rispetto al target è in grado di deprimere persino l’intenzione di acquisto di prodotti-servizi giudicati dal consumatore intrinsecamente, qualitativamente e tecnicamente buoni.

Ad esempio, scarpe da fitness che il consumatore ritenga prodotte da bambini-schiavi difficilmente verranno acquistate da un soggetto socialmente attento consapevole di ciò – non importa quanto poco possano costare, quanto belle siano o quali incredibili prestazioni possano dare.

Un tema caldo tra quelli trattati è la trasparenza dell’informazione. Un esempio di scarsa trasparenza è dato dal trovare difformità tra prezzo comunicato e prezzo rilevato, anche se la comunicazione è formalmente veritiera. A parte le difformità fraudolente, esistono infatti anche difformità celate. Ad esempio, una compagnia telefonica può affermare che le proprie telefonate costano x al minuto, ma questo è assolutamente fuorviante se poi viene addebitato uno scatto alla risposta e l’Iva. Lo scatto produce una curva di costo iperbolica che aumenta esageratamente il costo reale delle telefonate brevi, e questo viene taciuto. La comunicazione perciò in questo caso è veritiera ma lacunosa, e ciò genera insoddisfazione.

4. Livelli di soddisfazione relazionali

In ogni tipo di esperienza di acquisto è possibile individuare due componenti: una componente tecnica legata alla prestazione in sé, e una componente relazionale costituita dal rapporto umano (diretto o indiretto, momentaneo o duraturo) che si instaura tra acquirente e venditore.

Di particolare importanza risulta la distinzione tra elementi tangibili del prodotto e elementi intangibili (la qualità del servizio, l’assistenza, i rapporti interpersonali), poiché la soddisfazione del consumatore non si limita alla soddisfazione circa gli attributi (caratteristiche fisiche) del prodotto, ma comprende anche la soddisfazione verso gli aspetti relazionali e di servizio che accompagnano l’acquisto.

In altre parole, la soddisfazione verso il prodotto si trasforma in soddisfazione verso l’esperienza di acquisto, intesa nella sua globalità: look e feeling del prodotto, prestazioni del prodotto percepite durante l’utilizzo, chiarezza delle istruzioni, capacità di rassicurazione da parte della forza vendita, rinforzi positivi nel post-vendita, garanzie, rapporto interpersonale con i rappresentanti dell’azienda, price satisfaction.

A livello di prodotto è possibile identificare quindi due componenti:

Le relazioni umane hanno alto impatto emotivo. In molte situazioni di acquisto ad alto coinvolgimento (high-involvement), il consumatore rimane più colpito dalle componenti relazionali del venditore che non dalle componenti tecniche del prodotto. Un atto di grave scortesia o di malafede del venditore difficilmente verrà rimediato da una buona prestazione di prodotto.

Prodotti molto simili dal punto di vista del contenuto – come la benzina o il caffè in tazza al bar – risentono ancora maggiormente del peso della componente relazionale – un elemento in grado di fare la differenza.

Nel consumare un caffè, l’avventore del bar non si limita a ricercare unicamente il liquido nero che ingerisce, ma spesso respira le atmosfere del locale, è alla ricerca di un momento di svago o di socializzazione, o di un rapporto umano, oppure intende far sapere agli avventori di essere “lì” in quel bar, che – essendo frequentato da una certa classe sociale – fornisce uno scenario piacevole e un’immagine ai suoi frequentatori.

Proprio a causa della crescente uniformità tecnica di fondo, la competizione si sposta dalla differenza sul prodotto alla differenza sulla comunicazione e sulla relazione venditore-cliente. Caratteristiche relazionali come affidabilità, trasparenza, sicurezza, competenza, capacità di recupero di situazioni critiche, capacità di ascolto, assumono un peso sempre maggiore nella scelta di un fornitore. La capacità empatica di avvicinamento all’altro, per l’erogatore di un servizio, costituisce un elemento di fondamentale importanza.

Realizzare prodotti “discreti” o accettabili non rappresenta più un traguardo per l’impresa che punti al top della competitività. Il traguardo si sposta verso l’immissione nel prodotto/servizio di caratteristiche in grado di avvicinarlo al “prodotto/servizio ideale” e di componenti relazionali – uno stato di qualità basato su caratteristiche nuove, che a volte il consumatore nemmeno riesce a proiettare in maniera consapevole, eppure centrali rispetto al BSS reale.

Il modello consente un allargamento del concetto di customer satisfaction alle intere aree del mix. Ne consegue che anche la politica della qualità, così come viene contemplata oggi dalle imprese, abbisogna di una sostanziale trasformazione, passando da un focus attuale – molto orientato al prodotto, a tubi, cavi e bulloni –  per dirigersi verso un nuovo modello basato sulla percezione del consumatore.

Una conferma scientifica sperimentale della esistenza di altre variabili, incidenti sul processo di formazione della customer satisfaction, come previsto dal nostro modello, viene da Spreng, MacKenzie e Olshavsky (1996)[1]. Il modello testato dagli autori – introducendo il concetto di information satisfaction del consumatore (similare al nostro concetto di communication satisfaction) – ha trovato significative evidenze scientifiche sul rapporto esistente tra qualità della comunicazione di marketing e customer satisfaction del cliente.


[1] Spreng, R., MacKenzie, S.B., & Olshvsky, R.W. (1996). A reexamination of the determinants of consumer satisfaction. Journal of Marketing, vol 60 (July 1996), 15-32.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Strategie di customer satisfaction

Mix valoriale

Marketing mix

Aspettative del cliente

Adeguatezza del prezzo

Ambienti psicologici

Prodotto aumentato

Qualità relazionale

Qualità dell’informazione

Trasparenza commerciale

Brand image

Esperienza di acquisto

Aspetti intangibili del prodotto

Qualità della relazione

Competitività

Percezione del consumatore

Soddisfazione del cliente

Qualità del servizio

Feedback del cliente

Customer loyalty

Fidelizzazione del cliente

Valutazione del prodotto

Miglioramento del prodotto

Innovazione del prodotto

Personalizzazione del prodotto

Customer journey

Customer support

Recensioni dei clienti

Servizi aggiuntivi

Valore percepito

Brand reputation

Retention del cliente

Sondaggi di soddisfazione

Analisi dei dati clienti

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Tra le caratteristiche salienti del processo di elaborazione considerate nel metodo ALM trova posto il livello di concorrenza tenuto in considerazione dal consumatore. Un ragionamento sul livello di concorrenza reale si prefigge di allargare l’ampiezza dell’orizzonte competitivo e la comprensione del quadro reale di competizione nel quale opera l’azienda, spesso radicalmente diverso da quanto in genere considerato. Abbiamo già esposto l’assioma secondo il quale i veri concorrenti di un’azienda sono “coloro i quali riescono a risolvere meglio il BSS[1]“, indipendentemente dal prodotto utilizzato allo scopo. Per fare un esempio, il turismo virtuale assume efficacemente il ruolo di competitor rispetto alle forme di turismo tradizionale.

La concorrenza laterale rappresenta una forma di concorrenza che esula dal prodotto e riguarda le diverse forme di appagamento di una classe di desideri sottostanti. L’allargamento del contesto competitivo – che l’impresa deve tenere costantemente monitorato – è uno degli effetti generati da questo particolare processo di consapevolezza manageriale ed elaborazione strategica.

Sulla base del bisogno da soddisfare, il consumatore effettua le scelte del tipo di prodotto e la scelta della marca da acquistare: la valutazione delle alternative riguarda sia il tipo di prodotto da utilizzare, che i livelli di concorrenza allargata.

I prodotti sono in concorrenza psicologica ogniqualvolta si avvicinano tra loro in termini di percezioni, come potenziali risolutori del bisogno sottostante. L’attacco al prodotto può provenire sia da prodotti concorrenti che da nuove modalità completamente diverse di risolvere il bisogno. Le strategie di posizionamento percettivo (positioning) si prefiggono di creare uno spazio psicologico del prodotto nel quale esso possa essere distante il più possibile da concorrenti pericolosi.


[1] Bisogno sottostante servito.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Processo di elaborazione

Livello di concorrenza

Orizzonte competitivo

Concorrenza laterale

Concorrenza reale

Forme di soddisfazione dei bisogni

Consapevolezza manageriale e strategica

Concorrenza psicologica

Posizionamento percettivo

Percezione del brand

Immagine del prodotto

Fedeltà al marchio

Differenziazione

Posizionamento mentale

Valore percepito

Bias cognitivi

Associazione emotiva

Influencer marketing

Prestigio del marchio

Reputazione del prodotto

Prova sociale

Esperienza del consumatore

Psicologia del prezzo

Comunicazione persuasiva

Fidelizzazione del cliente

Apprendimento del consumatore

Motivazione all’acquisto

Comportamento d’acquisto impulsivo

Soddisfazione del cliente

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Diversi studi hanno evidenziato la presenza di un search cost effect (il costo della ricerca di informazioni): l’acquirente cercherà ulteriori informazioni solo fintanto che il costo marginale della ricerca non eccede il beneficio marginale ricavabile dall’informazione.

Le ricerche di informazioni, per una singola scelta, non possono durare tutta la vita. Ad un certo punto si fermeranno, considerato il tempo e costo necessario per la ricerca stessa, in comparazione a quanto vi sia in gioco in termini di acquisto.

Gli studi sul campo hanno confermato che lo sforzo di ricerca cresce in genere al crescere delle somme coinvolte. Le somme assumono tuttavia una valenza diversa a seconda di quanto l’esborso pesa sulle finanze della persona. Un investimento di 2000 dollari, se rappresenta il 70% delle risorse disponibili del soggetto, avrà una forte valenza emotiva, e vi sarà forte timore di sbagliare, mentre, se rappresenta lo 0,01% del totale disponibile, la preoccupazione di sbagliare avrà valenza emotiva inferiore (effetto di riduzione proporzionale della criticità economica dell’investimento).

Vi sono molti casi, tuttavia, di mancanza di equilibrio manageriale nel tempo dedicato a valutare la bontà delle proprie spese e decisioni, soprattutto in campo aziendale. A volte decisioni miliardarie o dagli effetti potenzialmente devastanti sull’azienda (in caso di errore) vengono prese senza perdere tanto tempo nella ricerca di informazioni indispensabili, mentre per decisioni tutto sommato stupide ed ininfluenti si perdono intere giornate in riunioni, o si investono somme ingenti in consulenza, in tempo manageriale e complesse ricerche.

Una Giunta comunale può dedicare enormi energie per la ricerca dei materiali e la scelta del colore del marmo di una futura fontana nella piazza del paese (che probabilmente non verrà mai costruita), e non predisporre, in compenso, un budget sufficiente (o non porsi il problema nemmeno) per la formazione professionale del personale dell’ente e lo sviluppo delle capacità manageriali (variabile da cui dipende praticamente tutto, in termini di efficienza e risultato gestionale).

I costi di ricerca possono essere analizzati secondo diversi parametri (disgiunti o congiunti):

I consumatori si trovano spesso, oggi, nell’incapacità di elaborare tutta l’informazione presente sui mercati, particolarmente nei settori caratterizzati da rapida innovazione e cambiamenti tecnologici.

Il commercio elettronico e i canali internet accrescono a dismisura il mercato di offerta e l’informazione disponibile, così che per un determinato acquisto, mentre in passato esisteva solo il negozio del paese (e non si poteva comprare altro che lì), oggi esistono innumerevoli potenziali punti di vendita e fonti informative. L’esito è un possibile overload informativo, un eccesso di dati che il soggetto non riesce più a manipolare. Questo confonde il consumatore e crea un senso di inadeguatezza.

I consumatori devono quindi apprendere nuove competenze:

Questo curriculum di studi dovrebbe essere presente in ogni percorso scolastico di base, intermedio e superiore. Se si pensa a quanto tempo si perde nelle scuole per apprendere informazioni che non si utilizzeranno mai, e quanto tempo non si impiega ad apprendere come acquistare bene (azione che si compie ogni giorno della propria vita) viene da chiedersi se non vi sia una regia occulta che determina questo stato di cose, o se si tratti semplicemente di ignoranza o incapacità politica.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Costo della ricerca di informazioni

Sforzo di ricerca

Valenza emotiva

Costi cognitivi

Overload informativo

Wish list

Scala dei bisogni

Affidabilità della fonte

Ricerca delle fonti

Comportamento del consumatore

Processo decisionale

Ricerca di informazioni

Fattori psicologici

Motivazioni di ricerca

Percezione del rischio

Attitudine alla ricerca

Fonti di informazione

Comportamento di ricerca online

Influenza sociale

Esperienza d’acquisto

Conoscenza del prodotto

Fattori demografici

Segmentazione del mercato

Decisioni informate

Analisi delle preferenze

Coinvolgimento del consumatore

Marketing cognitivo

Fidelizzazione del cliente

Strategie di comunicazione

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

L’aggregazione di proprietà del prodotto riguarda non solo le cinque tipologie inserite nella scala di Maslow, ma anche – come evidenziato in precedenza – le virtù di risoluzione temporale (potere risolutivo, omeostatico e di anticipazione).

Tramite un processo combinatorio, è possibile identificare 15 leve persuasive, che risultano dall’incrocio tra le tre leve persuasive temporali (leva risolutiva, leva omeostatica, leva anticipatoria) e le cinque categorie di bisogno della scala modificata di Maslow (sopravvivenza, sicurezza, ambiente, sociale e Self).

Illustriamo di seguito due disposizioni combinatorie di riferimento.

La prima modalità di visione (visione 1) rappresenta la necessità di partire dai diversi bisogni umani e realizzare su ciascuno un’analisi di tipo anticipatorio, omeostatico e risolutivo.

Ad esempio, in riferimento al fattore immagine sociale, l’analisi si concentrerà sulle diverse modalità (anticipatorie, omeostatiche, risolutive) con cui un prodotto possa contribuire creazione di immagine per l’individuo.

Facciamo un esempio su un capo di abbigliamento. Un abito può possedere leva omeostatica sociale se aiuta a mantenere elevata un’immagine pubblica. Questo accade se l’abito esalta le forme più aggressive ed esteticamente attraenti della persona, o comunica uno stile di vita e sociale del possessore. Ma ancora, un abito può possedere leva anticipatoria sociale, soprattutto un abito da cerimonia, quando è stata posta elevata cura sulla tenuta delle cuciture e bottoni che ne impediscano la rottura in pubblico evitando gaffe (leva anticipatoria sociale).

Oppure, un abito può possedere leva risolutiva sociale se aiuta a nascondere e migliorare i tratti fisici che la persona non gradisce di se stessa, quando si presenta in pubblico.

In generale, ogni tipo di prodotto può essere analizzato, alla ricerca di motivazioni anticipatorie, omeostatiche o risolutive. E questo vale per ogni gradino della scala modificata di Maslow.

Si producono quindi per combinazione 15 classi di valore del prodotto, che possono costituire altrettante leve di vendita.

La seconda visione (visione 2) parte invece dalle funzioni temporali.

Si realizza applicando alle 5 leve di Maslow prima l’analisi anticipatoria, quindi l’analisi omeostatica e in ultimo l’analisi risolutiva.

Entrambe le visioni (1 e 2) trattano comunque lo stesso problema, ma da punti di vista grafici diversi.

Esponiamo brevemente i contenuti di ciascuna leva.

LR1: Leva risolutiva di sopravvivenza

Elimina i problemi di sopravvivenza. Promuove la proprietà del prodotto/servizio di rimuovere stati critici per la sopravvivenza dell’individuo o dell’organizzazione (es: pane per l’affamato).

LO1: Leva omeostatica di sopravvivenza

Mantiene condizioni di sopravvivenza. Promuove la proprietà del prodotto/servizio di conservazione delle condizioni attuali che stanno garantendo la sopravvivenza dell’individuo o dell’organizzazione. Es: per una persona, una scorta di pane per l’insorgenza della fame; per un’impresa, un minimo di materia prima necessaria alla produzione, o un tasso di innovazione che consenta almeno di stare sul mercato (realizziamo questo esempio in quanto nell’approccio ALM, il tasso di innovazione non è considerato un lusso da “fascia alta” della scala di Maslow, ma un vero e proprio fabbisogno legato alla sopravvivenza dell’azienda, al pari delle scorte minime di magazzino o della corrente elettrica per i macchinari).

LA1: Leva anticipatoria di sopravvivenza

Anticipa i problemi di sopravvivenza. Promuove la proprietà del prodotto/servizio di prevenire l’insorgere di condizioni che possono minare l’integrità fisica dell’individuo o dell’organizzazione (es: un deposito di alimenti, o per un cartello di imprese il supporto ad un atto legislativo che impedisca la creazione di nuovi concorrenti pericolosi nel mercato in cui essi operano). Per l’impresa: un tasso di innovazione in grado di anticipare i problemi futuri.

LR2: Leva risolutiva di sicurezza

Elimina i problemi di sicurezza. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni in grado di rimuovere o attenuare problemi attualmente esistenti per la sicurezza dell’individuo o dell’organizzazione Es.: sostituire una porta a vetri con una porta blindata, in seguito ad un furto in appartamento.

LO2: Leva omeostatica di sicurezza

Preserva condizioni ottimali di sicurezza. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni finalizzate al mantenimento delle condizioni attuali di sicurezza dell’individuo o dell’organizzazione. Es: una protezione contro i sovraccarichi di tensione che potrebbero far saltare i macchinari.

LA2: Leva anticipatoria di sicurezza

Anticipa problemi di sicurezza. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di condizioni negative, in grado di minare la sicurezza dell’individuo o dell’organizzazione, o ne riducono fortemente la probabilità di accadimento. Ad esempio: un estintore in auto in caso accada un incendio. Oppure ancora, per quanto riguarda l’impresa: un piano di anticipazione dei rischi di scenario che possono colpire l’azienda; un progetto di benchmarking[1] in grado di evidenziare quali sono le performance dell’azienda da migliorare, prima che esse degenerino in cadute di fatturato.


[1] Valutazione comparativa di prestazioni con particolare attenzione alle prestazioni dei più diretti concorrenti e delle aziende leader.

LR3: Leva risolutiva ambientale

Elimina il degrado ambientale (fisico o sociale). È costituita da prodotti/servizi/prestazioni finalizzati alla cancellazione di situazioni che rendono sgradevole, inadatto, l’ambiente fisico e sociale in cui il soggetto si trova. Es: una nuova casa per vivere in un quartiere migliore; eliminare fonti di rumore negli uffici (stampanti, copiatrici) e schermare i rumori stradali fastidiosi. Per l’impresa: un piano di miglioramento dei climi organizzativi e l’introduzione della direzione per obiettivi come metodo per “vivere meglio” in azienda.

LO3: Leva omeostatica ambientale

Mantiene un ambiente positivo (fisicamente o relazionalmente). È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che forniscono elementi utili alla permanenza di condizioni di piacevolezza e gradevolezza degli ambienti fisici e sociali. Es. un atto di dono necessario per mantenere una buona relazione.

LA3: Leva anticipatoria ambientale

Previene l’insorgenza di elementi di degrado ambientale (fisico e sociale). È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di minacce alla qualità degli ambienti (fisici e sociali). Si basa soprattutto sulla  creazione di meccanismi di protezione del sistema dall’ingresso di elementi nocivi. Es: una legge che proibisca l’insediamento di industrie ambientalmente nocive in un territorio; una nuova procedura di selezione del personale che impedisca l’ingresso in azienda in futuro di soggetti demotivati, disturbatori, inefficienti, prevenendo la creazione di climi interni non produttivi e le cadute di competitività.

LR4: Leva risolutiva sociale

È finalizzata alla crescita dell’immagine individuale o aziendale, agendo sulla rimozione di fattori negativi e sulla instaurazione di fattori positivi. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che forniscono elementi utili all’eliminazione di stati di disagio sociale provenienti da un’immagine esterna esistente non gradita o insufficiente. Es: un piano di immagine coordinata per la ricostruzione di un’immagine aziendale debole o minata da eventi negativi, oppure insufficiente rispetto a nuovi target elevati da raggiungere.

LO4: Leva omeostatica sociale

Mantiene un’immagine positiva. È costituita da prodotti, servizi e prestazioni finalizzati al mantenimento di quei fattori che attualmente stanno “funzionando” dal punto di vista dell’immagine esterna. Es: un piano di pubbliche relazioni per mantenere buoni rapporti esistenti con la comunità. O ancora, un piano di fidelizzazione sul cliente attuale già soddisfatto. Questa leva, come ogni leva omeostatica, contiene anche componenti anticipatorie.

LA4: Leva anticipatoria sociale

Previene il peggioramento o la caduta dell’immagine. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di condizioni di grave minaccia per l’immagine esterna dell’individuo o dell’organizzazione. Es: per un’impresa, un piano di crisis communication (comunicazione in stato di crisi) per l’impostazione e la predisposizione di procedure rapide ed efficaci, qualora si determinassero evenienze particolarmente negative  sul piano dell’immagine (incendi, esplosioni nella fabbrica, inquinamenti, scandali, boicottaggi di prodotto, gravi danni derivanti dal prodotto, inquisizione di dirigenti, scioperi e tumulti). Ed ancora: un piano di comunicazione interna in caso di sciopero improvviso o evento atmosferico imprevisto in un grande aeroporto (gelata della pista), che contenga forti elementi di comunicazione e servizio e prevenga il disagio del cliente; un piano di comunicazione che permetta, nel più breve tempo possibile, di arrestare il flusso di auto verso un’autostrada in cui sia avvenuto un incidente, evitando imbottigliamenti e ulteriori incidenti; un piano di soluzioni comunicative pronte in caso di caduta dei titoli azionali, tarato sulle diverse cause probabili, da inviare istantaneamente ai maggiori azionisti, prima che i “rumors” distruggano il titolo.

LR5: Leva risolutiva del self

Elimina i fattori che impediscono alla persona di autorealizzarsi o avere stima di sé. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che hanno la proprietà di rimuovere le condizioni o barriere negative che ostacolano il raggiungimento del Sé ideale e l’autorealizzazione.

Esempi: eliminare un grave difetto di personalità che sbarra il passo alla capacità di apprezzare il gusto della vita; imparare a comunicare pienamente; lavorare sulle inibizioni e freni che rallentano il raggiungimento del proprio potenziale; smettere di frequentare una persona o una compagnia che limita le proprie capacità autorealizzative. Per un manager, lavorare attivamente sulle proprie capacità comunicative, di ascolto attivo, e identificazione degli obiettivi, tramite formazione specialistica, per sentirsi maggiormente autorealizzati nel proprio ruolo professionale. Oppure ancora, se analizziamo il caso di un imprenditore insoddisfatto della propria azienda, un piano di vision building può assumere la funzione di risolvere il senso di impotenza, ridare fiducia e speranza nel futuro.

Altri esempi possono riguardare, a livello personale – l’acquisto di una vacanza o di un libro da cui trarre ispirazione interiore e crescita culturale –  in un momento di caduta di ideali o di scarsa motivazione.

LO5: Leva omeostatica del self

Mantiene elevato il livello di senso di autorealizzazione e stima di sé, agisce sul mantenimento degli elementi positivi che la persona ritiene di possedere già. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che forniscono elementi utili alla salvaguardia delle condizioni attuali di vicinanza al Sé ideale dell’individuo o dell’organizzazione. Es: una vacanza aziendale nella quale vengano mantenuti saldi i legami e la coesione del gruppo; un programma di consolidamento dell’identità aziendale (Corporate Identity Program); un programma di formazione finalizzato al rafforzamento e consolidamento della motivazione e delle competenze proprio quando le cose vanno bene e l’azienda può permetterselo. Anche in quest’ultimo caso è evidente la compresenza di una leva anticipatoria.

LA5: Leva anticipatoria del self

Previene la caduta o peggioramento della stima di sé e del senso di autorealizzazione. È costituita da prodotti/servizi/prestazioni che impediscono l’insorgere di condizioni in grado di allontanare l’immagine dell’individuo o organizzazione dal Sé ideale.

Esempi: evitare l’incontro con persone che sviliscono i risultati ottenuti e generano una caduta del morale; una vacanza per prevenire cadute di automotivazione; prodotti e servizi anti-invecchiamento (prodotti medici, sportivi, farmaceutici, alimentari, estetici, ecc.., che fanno leva sulla paura di invecchiare); diagnosi dei climi organizzativi aziendali per identificare scostamenti motivazionali, diagnosi delle competenze professionali del personale, finalizzata ad anticipare i bisogni di futuri, prevenendo cadute di autostima.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Leve persuasive

Gerarchia dei bisogni

Analisi anticipatoria

Immagine del sé

Omeostasi

Proprietà di sopravvivenza del prodotto

Tasso di innovazione

Condizioni di sicurezza

Valutazione comparativa delle prestazioni

Ambiente positivo

Crescita dell’immagine

Immagine positiva

Autorealizzazione del sé

Persuasione

Vendite

Strategie di vendita

Influenza psicologica

Tecniche di persuasione

Psicologia del consumatore

Comportamento d’acquisto

Fidelizzazione del cliente

Neuromarketing

Bias cognitivi

Persuasione etica

Ciclo di vendita

Comunicazione persuasiva

Fidelizzazione

Customer relationship management (CRM)

Prova sociale

Urgenza

Scarsità

Reciprocità

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Siamo quindi in grado di formulare un secondo modello di valore del prodotto all’interno del metodo ALM, basato sulla numerosità dei bisogni risolti e sul grado di profondità risolutiva che il prodotto riesce a fornire.

Nel modello, il valore proviene sia (1) dal numero di stati categorici di bisogno sui quali incide il prodotto, che (2) dalla forza o potere del prodotto nell’incidere sul singolo stato del bisogno, e (3) dalla rilevanza della categoria per il soggetto (priorità soggettiva della categoria di bisogno).

Un valore elevato di prodotto può essere ricercato sia (1) ampliando il numero di stati attaccati, che (2) aumentando le proprietà risolutive sul singolo stato di bisogno, e (3) convogliando le risorse per generare potere risolutivo sui tipi di bisogno prioritari per l’individuo.

Prodotti che incidono fortemente su un singolo stato saranno inferiori a prodotti che incidono fortemente su più stati (proprietà sommatoria del valore).

Prodotti che incidono fortemente su uno stato critico saranno superiori a prodotti che agiscono su più stati di bisogno (elevata dotazione funzionale), ma con azione poco rilevante (proprietà localizzativa del valore).

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Bisogni risolti

Profondità risolutiva

Stato del bisogno

Potere del prodotto

Proprietà del valore

Efficacia risolutiva

Marketing strategico

Proposta di valore

Creazione di valore

Customer experience

Innovazione

Customer journey

Brand equity

Segmentazione di mercato

Targeting

Posizionamento

Differenziazione

Value proposition

Marketing mix

Comunicazione integrata

Content marketing

Digital transformation

Analisi del cliente

Fidelizzazione del cliente

Strategia di prezzo

Sostenibilità del business

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

La priorità nella soddisfazione dei bisogni, in via generale, parte dai livelli di base per giungere ai livelli più elevati man mano che i bisogni di base sono soddisfatti. Questa priorità influisce sui budget mentali degli individui, definendo l’allocazione di risorse che i consumatori sono disposti a realizzare. I budget mentali possono essere infatti considerati i meccanismi di pensiero con i quali i soggetti designano la ripartizione delle proprie risorse.

La priorità sviluppata da Maslow, secondo cui i bisogni vengono soddisfatti partendo dal livello più basso fino al livello superiore, subisce tuttavia uno stravolgimento sostanziale nelle società occidentali, in cui molti antepongono l’immagine esterna o l’autorealizzazione alla sicurezza o a bisogni più basilari. Ad esempio, preoccupandosi più di possedere un’auto d’immagine che non una casa propria, oppure dedicando molto tempo alle relazioni sociali e meno alla carriera. Si assiste quindi ad uno scavalcamento di priorità che modifica sostanzialmente anche le modalità e priorità di acquisto, rettificando i budget mentali allocati alle diverse categorie di bisogno, con una tendenza a far crescere la quota allocata per bisogni immateriali (immagine e autorealizzazione).

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Soddisfazione dei bisogni

Bisogni di base

Budget mentali

Assegnazione delle risorse

Priorità d’acquisto

Soddisfazione del cliente

Strategie di marketing

Bisogni dei consumatori

Ricerca di mercato

Fedeltà al marchio

Esperienza del cliente

Sviluppo del prodotto

Proposta di valore

Comportamento dei consumatori

Segmentazione del mercato

Fidelizzazione del cliente

Feedback dei clienti

Creazione di valore

Vantaggio competitivo

Analisi dei clienti

Generazione della domanda

Marketing relazionale

Aspettative dei clienti

Valutazione dei bisogni

Mix di marketing

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Il valore erogato da tali prodotti proviene dal mantenere una situazione positiva nelle condizioni in cui si trova. Ad esempio, un programma di manutenzione del disco rigido di un computer che ne consenta la permanenza in condizioni ottimali. Proseguendo l’esempio nel settore food ed applicando la leva omeostatica: “il nostro formaggio light ti aiuta a rimanere in forma” (manteniamo uno stato gradevole).

L’analisi omeostatica andrà quindi alla ricerca di quali situazioni gradevoli siano attualmente vissute dall’individuo in relazione al prodotto, o in relazione alla propria vita, per poi assicurare che tali condizioni non vengano meno, non vengano messe in pericolo da fattori esterni o eliminate in innovazioni errate di prodotto. L’innovazione errata può riguardare anche altre componenti dell’offerta, tra cui le politiche di pricing, distributive e promozionali

Diversi casi di innovazione di prodotto hanno determinato un degrado o la sparizione completa di caratteristiche altamente apprezzate dagli utilizzatori[1]. Se prima di svolgere le modifiche, fosse stato chiesto ad un campione di utilizzatori “cosa ti piace attualmente nel prodotto, cosa vorresti non fosse mai tolto?” questo avrebbe rimosso dal campo il problema.

Le leve di vendita omeostatiche faranno pertanto riferimento alle condizioni attuali di gradevolezza esistenziale e alle proprietà del prodotto di assicurarne la permanenza.

Da un punto di vista puramente logico, è possibile argomentare che le proprietà omeostatiche sono, in fin dei conti, proprietà preventive: mantenere situazioni invariate, significa prevenirne il cambiamento. Ma la logica non è il terreno della psicologia del consumatore.

Nei colloqui in profondità con consumatori questa differenziazione emerge. Cioè, le esperienze pratiche hanno evidenziato che è significativamente diverso, dal punto di vista psicologico, fare un’analisi delle situazioni che il soggetto percepisce come positive nella sua vita oggi, rispetto al fare un’analisi di quali sono i timori futuri. I campi psicologici esplorati sono diversi (attuale vs. futuro). E di questo dobbiamo prenderne atto, malgrado la logica.

Se il campo della logica di consumo equivalesse al campo della psicologia di consumo, vivremmo in un mondo completamente robotizzato, non esisterebbero culture, non esisterebbero contraddizioni, non esisterebbero incongruenze. In altre parole, non esisterebbe nemmeno l’uomo.


[1] Un esempio concreto è dato dalla creazione di grafici di posizionamento (grafici a dispersione o grafici XY) in cui si voglia ottenere l’inserimento di “etichette dei casi”. L’inserimento di “etichette dei casi”, estremamente facile da realizzare nei modelli di foglio elettronico dei primi anni ’90, era diventato – dopo dieci anni di cosiddette “innovazioni” del software –  praticamente impossibile da realizzare, creando frustrazione negli utilizzatori.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Articolo Approvato da CWF – Coaching World Federation

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Prodotti omeostatici

Positività delle condizioni

Situazioni gradevoli

Innovazione di prodotto

Componenti dell’offerta

Incremento di valore percepito

Soddisfazione del cliente

Gradevolezza esistenziale

Psicologia del consumatore

Comportamento d’acquisto

Preferenze del consumatore

Motivazioni d’acquisto

Processo decisionale

Percezione del prodotto

Fattori influenzanti

Analisi del mercato

Psicologia del marketing

Branding e identità

Impatto emotivo

Studio dei consumatori

Acquisto impulsivo

Fattori socio-culturali

Customer experience

Leva psicologica

Psicologia pubblicitaria

Segmentazione di mercato

Bisogni e desideri

Comunicazione persuasiva

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Action Lines

Il concetto di Action Line è equiparabile alla “linea di azione”, la tattica, la ricerca della “mossa giusta”, della sequenza di mosse azzeccate, così come nell’analisi delle possibili “mosse sbagliate”.

Come concetto, è applicabile in diverse modalità:

  • fare action line significa preparasi ad un incontro ed esplorare le possibili opzioni comportamentali da applicare, soprattutto tramite role-playing,
  • significa analizzare le possibili reazioni che possono avere gli interlocutori (modello Se-Allora, If- Then),
  • significa demolire le tattiche dell’interlocutore prima ancora che esse avvengano.

Dobbiamo distinguere (1) le action line di preparazione agli incontri, e (2) le action line dell’istante, le singole mosse che accadono durante le interazioni reali.

Come una strategia dell’istante, o tattica comportamentale, la action line richiede sia base teorica che capacità di adattamento rapido. 

La linea di azione esprime il senso tattico delle mosse comportamentali e comunicative che vengono condotte da un attore per avvicinarsi al proprio obiettivo.

Il tema di fondo delle action line è la capacità di essere flessibili e adattare le proprie skills alle variazioni situazionali anche istantanee (strategia dell’istante: cosa faccio ora).

Le scuole di vendita e negoziazione rigide prescrivono generalmente comportamenti standard e formule da apprendere, mentre il metodo delle Action Line focalizza il valore dell’ascolto, delle tecniche conversazionali e della capacità di essere se stessi, “vivi” e non ripetitivi nell’applicarle. 

Nel teatro, soprattutto nel metodo Stanislavskij, troviamo la stessa impostazione:

Una delle cose che colpisce di più studiando Stanislavskij e il suo “metodo” è la coscienza che egli aveva dei pericoli di ogni cristallizzazione, di ogni irrigidimento teorico. Stanislavskij aveva troppa pratica viva del teatro per non accorgersi che è proprio l’irrigidimento, il fermarsi alle “ricette” facilmente riproducibili e immediatamente trasformabili in “luoghi comuni”, a costituire uno dei maggiori pericoli per chi fa pratica teatrale[1].

Marketing e Action Line

Applicare il marketing strategico alla vendita significa soprattutto:

  • capire come adeguare i prodotti ai cambiamenti di mercato, 
  • come trasmettere identità e senso della missione, 
  • quali strategie di segmentazione e posizionamento adottare, 
  • quali strategie pubblicitarie e di direct-marketing, 
  • come costruire la rete di vendita, le politiche distributive
  • quali politiche di prezzo adottare. 

A queste attività vengono dedicate ampie risorse e tempo. 

Tutto questo investimento, tuttavia, può essere distrutto da negoziazioni sbagliate. 

Nelle aziende, la preparazione alla negoziazione risulta ampiamente sottovalutata. Si presta grande attenzione ai budget pubblicitari ma poi si trascurano i micro-comportamenti nei riguardi del cliente, fatti di singole azioni, incontri, telefonate, frasi e corrispondenza. 

La storia del comportamento tenuto dall’azienda nei riguardi del cliente nasce dall’impatto delle micro-comunicazioni e forma quella “Customer Experience” così importante per creare fidelizzazione.

Cerchiamo quindi di dare corpo – nella negoziazione – a tale approccio di attenzione ai dettagli, definendo una terminologia che ci permetta di affrontare tecnicamente l’argomento.

Ciascuna storia individuale del rapporto tra organizzazione e cliente è suddivisibile in Steps, ovvero fasi temporali successive durante le quali si articola il rapporto. L’insieme dei passi attuati costituisce un percorso della linea di azione (Path).

L’insieme degli Steps la cui responsabilità ricade sull’impresa è definibile come linea di azione – Action Line.

Essa ci pone il problema della scelta tra alternative e corsi d’azione diverse,  in quanto è sempre possibile attuare altre tipologie di step, producendo esiti diversi (maggiormente negativi o maggiormente positivi). 

Principio 3 – Definizione ottimale degli steps nelle action line

Il successo della negoziazione dipende:

  • dalla capacità di pensare a quali sequenze di azioni (steps) siano ottimali per rapportarsi al cliente, partendo dalla volontà iniziale sino all’esito finale;
  • dalla capacità di creare percorsi di azione (path) soppesati in termini di probabilità di successo e insuccesso;
  • dalla capacità di valutare quali punti di rottura, trappole o fallimenti siano possibili nella linea di azione seguita.

Dall’analisi delle Action Lines che hanno avuto esito negativo è possibile ricavare preziosi elementi per evitare futuri errori e per correggere le proprie strategie (lessons learned: lezioni apprese).

L’analisi delle Action Lines già accadute permette di rivedere la propria impostazione sul mercato in termini di comportamenti quotidiani. 

Nell’analisi degli eventi negativi (critical incidents negativi) è possibile determinare in quale punto esattamente si sia verificato il Breakdown, o dove sia localizzata la trappola relazionale (Trap).

E’ possibile identificare le eventuali azioni di recupero (Recovery) in caso di fallimento della linea di azione, valutando la loro fattibilità e la loro convenienza.

Lo stesso tipo di analisi è possibile anche sulle Action Lines che hanno avuto esiti positivi (critical incidents positivi). 

In caso di esito negoziale positivo, il metodo ALM prevede il ricorso ad una analisi degli atteggiamenti positivi, piuttosto che alla riproposizione esatta dei comportamenti in altre sedi. 

Dobbiamo qui differenziare tra atteggiamenti positivi e comportamenti positivi. Non è possibile generalizzare sempre i comportamenti di successo al fine di riproporli in altre situazioni, in quanto – in realtà – esistono sfumature diverse in ogni tipo di rapporto tra persone e tra imprese. Gli atteggiamenti positivi invece hanno maggiore possibilità di essere generalizzati.

Principio 4 – Rivisitazione critica delle Action Lines passate, analisi dei critical incidents positivi e negativi e costruzione delle best-practices

Il successo della negoziazione dipende:

  • dalla capacità di riflettere sui casi positivi (critical incidents positivi) e trarre da essi prassi da replicare (best practices), analizzando gli atteggiamenti e steps attuati e i motivi del successo;
  • dalla capacità di riflettere sui casi negativi (critical incidents negativi) e trarre da essi insegnamenti sui possibili errori strategici, modi di approccio, e motivi dell’insuccesso;
  • dalla capacità di trasformare le analisi sul passato in conoscenza operativa per il futuro.

Nel metodo ALM, come già sostenuto, più che regolette semplici è necessario dedicare tempo ed energie alla riflessione sui casi di successo e insuccesso, estrapolandone una teoria basata sulla realtà dei fatti.

La decostruzione e ricostruzione del passato è fondamentale per attivare una crescita personale, poiché spesso il flusso di esperienza (flow of experience) sovrasta l’individuo, porta le persone a vivere istante dopo istante in un turbine lavorativo e non fermarsi ad analizzare quanto accade. 

Le analisi retrospettive di maggiore efficacia richiedono la presenza di un counselor o coach e devono comunque essere svolte, almeno, con un confronto tra colleghi preparati a farlo, per poter confrontare opinioni e posizioni e non realizzare analisi da un unico punto di vista.

La sola voce interiore non basta, per crescere è indispensabile il confronto.

Una distinzione necessaria nelle Action Lines è quella tra linea di azione (LDA) acquisitiva, che opera sul cliente potenziale già identificato (prospect) e LDA fidelizzativa sul cliente già acquisito.

La LDA sul prospect si pone il problema di come giungere alla acquisizione del cliente attraverso passi di contatto iniziale, contatti pre-negoziali e contatti negoziali, sino alla conclusione o chiusura.

La LDA sul cliente già acquisito riguarda invece il problema della Retention, ovvero della fidelizzazione del cliente, riducendo il rischio di perdita del cliente da attacchi della concorrenza e errori interni.

Dall’approccio negoziale classico all’approccio negoziale ALM

L’approccio negoziale classico vede in genere un elevato grado di strutturazione. All’interno di questo approccio, molti suggerimenti risultano certamente utili, ma non è possibile – nel metodo ALM – utilizzare strutture negoziali rigide. 

Tra gli approcci classici citiamo ad esempio Al Najjari e D’Ambros (2004), i quali invitano i negoziatori internazionali a considerare la negoziazione come un processo diviso in fasi :

  • La fase pre-negoziale : le parti si preparano all’incontro.
  • La fase di costruzione delle relazioni : questa fase varia grandemente a seconda dell’appartenenza culturale di ciascun incaricato alle trattative.
  • La fase di scambio delle informazioni : le parti decidono quali sono le informazioni da mettere sul tavolo del negoziato, e quali invece sono quelle da tenere nascoste, magari per essere utilizzate come merce di scambio in un momento successivo.[2].
  • La fase di trattativa vera e propria : in questa fase lo stile negoziale di ciascuno emerge prepotentemente. Possiamo avere di fronte due tipi di interlocutori: la persona aggressiva, che cercherà in ogni modo di forzare la controparte a modificare le proprie posizioni, ed il soggetto accomodante, il quale tenterà di individuare uno o più punti di interesse comune per utilizzarli come base per una trattativa.[3].
  • La fase delle reciproche concessioni : questa è la fase in cui le parti devono, reciprocamente, scambiarsi concessioni e smussare gli inevitabili spigoli esistenti tra le contrapposte loro esigenze.

In questo modello classico di negoziazione notiamo una struttura preconfezionata, non necessariamente da gettare, e ricca anche di spunti interessanti. 

Ciò che preme sottolineare – come punto di divergenza – è che nell’approccio ALM le linee di azione strategica possono essere variate e non necessariamente passeremo alla fase delle reciproche concessioni, anzi, questa fase potrebbe trasformarsi in una fase di cross-selling o di aumento del prezzo, e non di discesa del prezzo. 

Ogni negoziazione, nel metodo ALM, richiede un approccio unico.

Gli approcci negoziali classici evidenziano una esigenza di standardizzazione, come emerge chiaramente dalla visione di Najjari e D’Ambros (2004):

È stato dimostrato che una strategia pianificata aumenta decisamene le possibilità di successo, specialmente nei casi di negoziazione cooperativa: recarsi ad un incontro avendo come unica strategia la logica del «caso per caso» non è un comportamento efficace. In particolare, nel momento in cui si determinano gli obiettivi strategici della trattativa, è necessario aver ben chiaro qual è la bottom line dell’azienda rispetto alla trattativa stessa, ossia quali sono le condizioni al di sotto delle quali è più conveniente non concludere alcun accordo.”

Nel metodo ALM, al contrario, si esprime una esigenza di destrutturazione e di diversificazione (pur rispettando alcuni principi base o bottom-line): la negoziazione viene vista come una relazione sempre unica, da condurre caso per caso.

Non è possibile standardizzare nulla che non si conosca, l’unico elemento standardizzabile è la pratica la volontà di essere consulenziale.

Questo richiede la ricerca di una linea tattica originale, spesso irripetibile, non irregimentabile, così come uniche, irripetibili e non standardizzabili sono le situazioni contingenti, le culture aziendali dei clienti e i casi di negoziazione della vita reale.

Il metodo ALM invita i negoziatori ad identificare Action Lines prototipiche (prototipi o modelli negoziali) di probabile efficacia in una certa cultura (americana, latina, cinese, etc), o in una certa azienda, senza mai assumere la certezza che quella linea funzionerà, e senza mai dare per certo che la reazione dell’interlocutore sarà esattamente quella prevista

La varianza intra-culturale è oggi almeno pari a quella inter-culturale, così possiamo trovare un cinese più orientato al business di un americano, uno svedese più “caldo” dei latini, nulla è da dare per scontato.

Il metodo ALM richiede ampie dosi di studio e di leadership conversazionale. Possiamo cercare – e riuscire nella pratica – a spostare il tono della negoziazione da uno stile rigido e anaffettivo, ad uno stile più intriso di emozioni. Il negoziatore assertivo ha il potere di fare questo se conosce le giuste tecniche di leadership conversazionale.

Il vero problema che il negoziatore deve tenere a mente è il concetto di Value Mix o consapevolezza del valore che egli è in grado di trasferire.

Il Value Mix e la sequenza ALM per il negoziatore aziendale

Qualsiasi negoziatore aziendale efficace deve essere consapevole della propria mission, del valore che egli può apportare alla controparte e dei motivi unici per cui la controparte può aver bisogno esattamente di lui o lei e non di altri.

La consapevolezza del negoziatore deve riguardare tutti i tre punti principali che precedono la negoziazione (Scenari, Mission, Marketing Mix e Value Mix). 

I punti a valle della sequenza (Action Line e Front Line) comprendono l’atto del prepararsi a negoziare (Action Line) e del negoziare reale (Front-Line).

Sequenza base del metodo ALM

  1. Scenari
  2. Mission
  3. Mktg MixValue Mix
  4. Action Line
  5. Front Line

Ripetiamo le consapevolezze primarie del negoziatore rispetto ai 5 punti critici:

  • Consapevolezze di scenario: quali scenari vive la propria azienda, ad esempio, cosa accade nella distribuzione, nella ricerca, nella concorrenza, cosa accade a livello legale, tecnologico, e ad ogni altro livello che sia in grado di modificare l’ambiente in cui l’azienda opera. Sapere in quali scenari ci si muove è indispensabile per essere consapevoli della mission, in quanto la mission aziendale (come risposta ad un bisogno di mercato) si inserisce sempre in una dinamica innescata da scenari di bisogno sul mercato stesso.
  • Consapevolezza della mission e dei confini della mission: sapere quale mission ha, realmente, l’azienda per cui si opera, cosa si fa e perché, cosa non si fa e per quali motivi. Per mission si intende nel metodo ALM il senso di esistere dell’azienda, i tipi di relazione d’aiuto che l’azienda può attivare e per chi, i bisogni che può risolvere, e la sua differenzialità, distintività o unicità rispetto alle altre aziende che aspirano anch’esse a servire quei mercati.
  • Consapevolezza del valore erogabile: come l’azienda concretizza la mission in valore reale attraverso un marketing mix reale, fatto di prodotti/servizi concreti, di prezzi e listini prezzi, di condizioni di fornitura e distribuzione, di strategie promozionali e di informazione. Tutte le leve del marketing mix, nel metodo ALM, devono essere viste come apportatrici di valore. Non si parla più quindi semplicemente di marketing mix ma di value mix come patrimonio del negoziatore.

Il negoziatore deve essere consapevole di tutte le argomentazioni che può usare (consapevolezza della to-say-list) collegate agli scenari, alla mission e al value mix, e del momento in cui usarle. 

Allo stesso tempo, la consapevolezza deve riguardare la not-to-say list, l’elenco delle frasi o affermazioni che possono uccidere il valore percepito da parte della controparte.

Principio 5 – Consapevolezza della sequenza ALM e degli argomentari negoziali

Il successo della negoziazione dipende:

  • dalla consapevolezza degli scenari in cui opera l’azienda e di quelli in cui opera la controparte negoziale;
  • dalla consapevolezza dei fattori di “collimazione” tra catene del valore, che possono portare le due mission aziendali a cooperare ed interagire;
  • dalla capacità di gestire il posizionamento percettivo in termini di unicità, distintività e differenzialità rispetto agli altri soggetti in grado di servire il cliente;
  • dalla capacità di tradurre lo stato di unicità o distintività in specifiche to-say-list e not-to-say list, argomentabili e realmente difendibili.

[1] Failla, 2005.

[2]Al Najjari, Najdat e D’Ambros, Denise (2004), Tecniche e tattiche nella negoziazione internazionale: come impostare una strategia vincente. In: PMI n. 9/2004..

[3] Ibidem.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching