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©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Da qualsiasi angolatura la si osservi, la problematica dell’acquisto deve, prima o poi, essere confrontata con quella della motivazione all’azione (i fattori che spingono l’individuo ad agire).

La teoria della motivazione vede come unità motivante di base la tensione. Gli impulsi si innestano su stati di disequilibrio percepito, che creano spinta alla risoluzione del problema. L’impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui si crea un collegamento mentale: la percezione che un prodotto/servizio sia lo strumento risolutivo del problema. L’azione di acquisto ne è il risultato, premesso che l’individuo disponga delle risorse o decida di procurarsele.

Sul funzionamento della mente è stato scritto molto, e le scienze cognitive sono tra le aree in più forte sviluppo, anche grazie alla ricerca dell’intelligenza artificiale e la creazione di “sistemi esperti”, veri e propri “agenti” in grado affrontare problemi offrendo soluzioni.

Nonostante tutte le ricerche recenti, vogliamo esporre un punto di vista per niente contemporaneo. Nella nostra analisi, riteniamo assai utile partire da alcune considerazioni fatte da Freud. Questo non tanto perché il nostro lavoro si ispiri alla scuola freudiana più di altre, ma perché vi sono presenti spunti di ispirazione che non possiamo ignorare. Come fanno notare Greenberg e Mitchell (1986)[1],

…all’interno del sistema di Freud, la caratteristica più saliente e costante del funzionamento dell’apparato psichico è la spinta verso la regolazione delle tensioni, altrimenti nota come principio di piacere. Lo scopo ultimo di tutti gli impulsi è una riduzione della tensione corporea, sperimentata come piacere. L’impulso originario non ha una direzione – è un quantum di tensione che aspetta di essere ridotto. Gli impulsi vengono diretti verso oggetti esterni soltanto quando questi oggetti si presentano e si dimostrano utili nella riduzione della tensione.

Le implicazioni per il nostro lavoro sono ampie. Innanzitutto, questa riflessione ci permette di osservare l’acquisto come atto di riduzione della tensione – sia a livello consumer che a livello business-to-business – una prospettiva molto interessante e ricca di potenziali per il marketing.

Nel caso non vi siano oggetti esterni che il cliente veda in qualche modo “utili” a ridurre lo stato di tensione, questo può rimanere latente, ed in questo caso si crea un bisogno non soddisfatto. Oppure, il bisogno può essere represso o eliminato (ad esempio, cambiando le proprie priorità di vita, i propri valori).


[1] Greenberg, J. R., & Mitchell, S. A. (1986). Le relazioni oggettuali nella teoria psicanalitica. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Object relations in psychoanalytic theory. Cambridge: Harvard University Press, 1993.

La riduzione della tensione riguarda sia acquisti positivi (es: un software che permette di allargare la gamma dei servizi aziendali) sia acquisti negativi, la cui funzione è unicamente quella di prevenire un accadimento spiacevole nel futuro (come una polizza antigrandine per un agricoltore).

Si tratta di inquadrare il fenomeno di acquisto all’interno dei vissuti psicologici dell’individuo. Se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel soggetto, avremo identificato potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione si tramuterà presto in un bisogno di mercato e nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca di mercato sui bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità di marketing.

Anche nel campo delle vendite azienda-azienda, se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel buyer aziendale, avremo identificato le leve motivazionali dell’azienda acquirente, e potremo regolare di seguito (o creare appositamente) la nostra offerta.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica dell’articolo – le keywords pertinenti nella psicologia del marketing e della comunicazione

  • Psicologia dell’acquisto
  • Funzionamento della mente
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  • Tensione all’azione
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  • Regolazione delle tensioni
  • Principio del piacere
  • Riduzione della tensione
  • Bisogno latente
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  • Motivazione cliente
  • Desiderio di possedere
  • Acquisto Consapevole
  • Esigenze del cliente
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  • Offerta imperdibile
  • Soddisfazione cliente
  • Piacere dell’acquisto
  • Risparmio garantito
  • Desiderio di nuovo
  • Valore per il cliente
  • Scelta saggia
  • Convenienza assicurata
  • Stimolo all’acquisto
  • Più per meno
  • Aspettative soddisfatte
  • Felicità nello shopping

  • Video sulle emozioni
  • Emozioni sottili
  • Emozioni Miste

Elenco emozioni

  1. Felicità
  2. Tristezza
  3. Rabbia
  4. Paura
  5. Disgusto
  6. Sorpresa
  7. Amore
  8. Odio
  9. Ansia
  10. Speranza
  11. Delusione
  12. Eccitazione
  13. Gratitudine
  14. Invidia
  15. Empatia
  16. Compassione
  17. Gelosia
  18. Vergogna
  19. Rimorso
  20. Frustrazione
  21. Soddisfazione
  22. Incredulità
  23. Curiosità
  24. Irritazione
  25. Perplessità
  26. Apprensione
  27. Panico
  28. Noia
  29. Solitudine
  30. Sofferenza
  31. Euforia
  32. Contentezza
  33. Entusiasmo
  34. Meraviglia
  35. Nostalgia
  36. Sospetto
  37. Gentilezza
  38. Allegria
  39. Rimpianto
  40. Orgoglio
  41. Umiliazione
  42. Tensione
  43. Indifferenza
  44. Perdono
  45. Desiderio
  46. Stupore
  47. Desolazione
  48. Agitazione
  49. Tranquillità
  50. Ansietà
  51. Sdegno
  52. Sorpresa
  53. Malinconia
  54. Aggressività
  55. Tenerezza
  56. Ostilità
  57. Ottimismo
  58. Pessimismo
  59. Accettazione
  60. Inquietudine
  61. Agonia
  62. Egoismo
  63. Generosità
  64. Rimbalzo emotivo
  65. Dubbio
  66. Sensualità
  67. Comprensione
  68. Ammirazione
  69. Fastidio
  70. Sensazione
  71. Disorientamento
  72. Attesa
  73. Eccentricità
  74. Transe
  75. Allegria
  76. Cupidigia
  77. Rimozione
  78. Stima
  79. Eccitazione sessuale
  80. Ricordo
  81. Incertezza
  82. Autocommiserazione
  83. Sovrappensiero
  84. Imbarazzo
  85. Delirio
  86. Devozione
  87. Disperazione
  88. Abbandono
  89. Tenerezza
  90. Intossicazione
  91. Attraente
  92. Apprensione
  93. Sensibilità
  94. Desiderio
  95. Imbarazzo
  96. Abbaglio
  97. Apprensione
  98. Rifiuto
  99. Agonia
  100. Fascinazione
  101. Inquietudine
  102. Estasi
  103. Impegno
  104. Eccentricità
  105. Trionfo
  106. Riluttanza
  107. Ammirazione
  108. Sospetto
  109. Angoscia
  110. Liberazione
  111. Incredulità
  112. Timidezza
  113. Sollevamento
  114. Soddisfazione
  115. Ripulsa
  116. Inquietudine
  117. Esaustione
  118. Assuefazione
  119. Ravvivare
  120. Accoramento
  121. Disonore
  122. Vivacità
  123. Irritazione
  124. Incredulità
  125. Stordimento
  126. Esitazione
  127. Dolore
  128. Abbandono
  129. Sospensione
  130. Energia
  131. Combattività
  132. Meraviglia
  133. Opacità
  134. Dolore
  135. Rilassamento
  136. Eccitazione
  137. Risentimento
  138. Fraternità
  139. Piacere
  140. Malizia
  141. Abbaglio
  142. Amarezza
  143. Desiderabilità
  144. Decadenza
  145. Tranquillità
  146. Sofferenza
  147. Eccentricità
  148. Depressione
  149. Impotenza
  150. Speranza
  151. Empatia
  152. Rifiuto
  153. Sottomissione
  154. Rispetto
  155. Vulnerabilità
  156. Durezza
  157. Delizia
  158. Esasperazione
  159. Influenza
  160. Curiosità
  161. Potere
  162. Inquietudine
  163. Sconvolgimento
  164. Incertezza
  165. Ossessione
  166. Sfida
  167. Tentazione
  168. Timore
  169. Sorpresa
  170. Rinuncia
  171. Capitazione
  172. Insicurezza
  173. Cordialità
  174. Ammirazione
  175. Incantesimo
  176. Avversione
  177. Eccitazione
  178. Lusinga
  179. Mancanza
  180. Vigore
  181. Anarchia
  182. Fiducia
  183. Acuto
  184. Indifferenza
  185. Aggressività
  186. Abilità
  187. Soffocamento
  188. Risentimento
  189. Gioco
  190. Ambivalenza
  191. Disappunto
  192. Tenacia
  193. Indecisione
  194. Sgomento
  195. Accettazione
  196. Desolazione
  197. Eleganza
  198. Ribellione
  199. Intrepidezza
  200. Evasione

©Copyright. Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Il confine corporeo della libertà

In questa ricerca di libertà, abbiamo un confine, il corpo, e questo limite fisico è anche una risorsa straordinaria.

Siamo menti che “abitano” un corpo, degli “embodied minds”, menti incorporate, creature viventi dotate di autocoscienza, cellule e atomi che miracolosamente prendono atto di esistere, e possono muoversi. Ma non per questo, automaticamente, diventiamo liberi. Ad esempio, non possiamo volare, né teletrasportarci.

Poniamo sul tavolo un’ipotesi di lavoro: la libertà è un sentimento vissuto, un sentire corporeo, una forma di dialogo interno, che ci dice che stiamo vivendo a pieno la nostra vita come la vogliamo e senza essere ingabbiati da forze subdole.

Attenzione. Non ha a che fare strettamente con catene, con mura, con “non libertà” fisiche molto ovvie come la prigione. Alcuni pensano che essere single sia un’enorme forma di libertà, altri lo vivono come una prigione (la prigione della solitudine e dell’isolamento). Lo stesso per l’avere famiglia e figli. Prigione esistenziale per alcuni, “il mio focolare più bello” per altri. 

Allenarsi e combattere senza paura e senza ansie inutili è possibile. Lo stesso vale per il lavoro, o fare una presentazione o public speaking. Se lo vivi come un obbligo, viene meno ogni forma di gusto e gioia di vita e dell’atto stesso. Possiamo scoprire i piaceri nascosti in questi brani di vita?

Si tratta di vivere allenamenti e gare, o performance lavorative, come atti di libertà, atti di vita, momenti di festa e di gioia, nel rispetto delle tradizioni. Pensieri come “devo vincere” o “devo fare bella figura” non portano a libertà ma danno sostegno ad emozioni negative, che vogliamo invece tenere lontane da noi nel Dojo, sul ring, o sul lavoro.

La libertà ha come contraltare l’imprigionamento, la paura, l’ansia. Ebbene, queste “prigioni” sono molto più corporee di quanto pensiamo. Costruiscono muri invisibili che ingabbiano le persone peggio delle sbarre.

Un messaggio importante: esistono esercizi, seri, molto seri, che ti aiutano a distinguere le “percezioni”, le “sensazioni” di paura e di ansia inutili e controproducenti, e possono liberarti da paure inutili. Li conduco personalmente, derivano dalle Arti Marziali e dal training mentale per gli sport da ring. Del resto non puoi combattere ad alti livelli se hai paura di farti male, paura della gara, paura di confrontarti, paura del pubblico, vergogna di poter perdere, e quasi tutti gli atleti e potenziali campioni si arrestano per queste paure e non per veri traumi. 

Ne farò omaggio prima possibile alla comunità tramite video, essendo quasi impossibili da descrivere a parole.

Ma torniamo a quanto invece si può scrivere.

Vorresti essere libero dalla paura, libero dall’ansia? Tutti lo vorremmo, ma se fossimo completamente liberi dalla paura, nessun segnale arriverebbe a dirci “stop” nell’attraversare una strada piena di camion e saremmo schiacciati come topi. Quindi, vogliamo liberarci di “tutte” le paure o vogliamo imparare a gestirle diversamente e discriminarle?

Io ascolto i messaggi della paura, li tratto con rispetto e imparo da essi, ma non mi faccio limitare”. Questa frase di Ross Heaven, che proviene dalle tecniche usate nella formazione dei Ninja, i guerrieri giapponesi, esprime bene come un certo approccio di consapevolezza aumentata possa liberare la persona da fardelli inutili.

 

Focusing porta di libertà? L’approccio degli “Embodied Minds”

Così come Paul Watzlawick ha ben espresso, “non è possibile non comunicare”, e che quindi ogni azione o non azione fatta in presenza di altri ha un valore comunicativo[1]. Allo stesso modo, noi dobbiamo renderci conto pienamente che “non è possibile non abitare un corpo”, e il corpo ci condiziona, positivamente o negativamente, ci parla. Che lo ascoltiamo o meno, ci manda segnali e flussi di comunicazione non meno importanti di quelli che scorrono tra le persone (comunicazione mente-corpo).

La libertà richiede prendere atto del corpo e gestirlo in modo consapevole-assertivo, prendere atto del valore della comunicazione mente-corpo e gestirla in modo il più possibile deciso da noi e non esserne solo vittime.

Occorre riconoscere che per comunicare bene all’esterno, è utile capire cosa sta succedendo ai nostri stati interni, stati fisici come le emozioni, stati corporei, i livelli di stanchezza e di stress, stati pre-verbali ancora prima che parole. 

Immaginate una persona che non sa ascoltare bene i propri stati d’animo. Come mai farà ad esprimersi in una comunicazione autentica e libera?

Le emozioni, ricordiamolo, abitano nel corpo[2]. Fare Focusing[3] significa esattamente questo. Andare ad ascoltarsi. Ascoltarsi dentro. Lasciare spazio ai propri segnali interni. Questa è una forma suprema di libertà.

Dal momento in cui capisci di esistere, fino al decidere di dare un’impronta speciale alla tua vita passa molta strada. Questa comprende un atteggiamento altrettanto assertivo sul come esistere e dove voler vivere – sia in termini di ambienti fisiche che di ambienti psicologici.

Da soli è davvero difficile riuscire ad impostare una vita veramente propria e consapevole, fuori dagli schemi proposti con violenza da pubblicità, mass media, esempi negativi attorno a noi e altre forme che subdolamente cercano di dirci “cosa” sia la vita. 

Siamo travolti da messaggi che sin da bambino ti dicono che tu vali in funzione del tuo telefono o della tua auto o della dimensione dei bicipiti o della tua casa o del marchio delle tue scarpe. 

Coaching e Counseling portano un messaggio diverso. Tu vali perché sei, per quello che pensi, per il contributo che dai e darai a questo pianeta, alla cultura umana, sia che tu ci riesca o che tu anche solo ci provi. Tu vali. A prescindere.

Una delle più alte forme di liberta è esprimere se stessi senza nessuna maschera.

Ma come ci ha ricordato Goffman, pioniere su questo tema, siamo creature sociali, e in qualche modo diamo sempre una “rappresentazione” di noi stessi, anche quando cerchiamo di essere genuini.

“Come esseri umani siamo principalmente creature dagli impulsi variabili, con umori ed energie che cambiano da un momento all’altro, come personaggi davanti a un pubblico tuttavia, non possiamo permetterci alti e bassi”.[4]

Le forme del nostro comportamento esterno non sono spesso congruenti con il sentire corporeo interno, le nostre sensazioni, gli stati emotivi che proviamo.

Ecco, forse allora una delle forme estreme di libertà è quella di mostrare anche fuori i nostri sentimenti interni e gli stati interni che viviamo, uscire dal “personaggio” ed essere più veri possibile, anche a costo di apparire “variabili” o come altri dicono, “umorali”. Umorali ma veri, è meglio che standardizzati sempre, ma falsi.

E se sei davvero libero, questo comprende una grande varietà di libertà, ad esempio cercare le emozioni che una certa musica ti dà, anziché ascoltare la stupida radio commerciale. La musica produce emozioni[5]. E tu che emozioni vuoi vivere? 

Che si tratti di musica “epica”, classica, o rock anni ’70, poco importa. Ma accendere la radio e pensare che quella e solo quella che passa il convento radiofonico sia la musica, non è grande esempio di libertà.


[1] Watzlawick, Paul, Janet H. Beavin, and Don D. Jackson. Pragmatics of Human Communication: A Study of Interactional Patterns, Pathologies, and Paradoxes. New York: Norton, 1967.  

[2] Buck, Ross. The Communication of Emotion. New York: Guilford P, 1984.

[3] Letteralmente, “focalizzazione”, nel senso indicato da Gendlin. Vedi bibliografia per approfondimenti.

[4] Goffman, Erving (1959), The Presentation of Self in Everyday Life. New York, Doubleday. Trad. it. La vita quotidiana come rappresentazione, Bologna, Il Mulino, p. 68.

[5] Budd, Malcolm. Music and the Emotions. London: Routledge & Kegan Paul, 1985.

 

Altri materiali su Comunicazione, Ascolto, Empatia, Potenziale Umano e Crescita Personale disponibili in questi siti e link:

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E in ultimo

Rivista a cura di:

dott. Daniele Trevisani, Formatore e Consulente, Libero Ricercatore

Link al libro “Le 10 vie alla Felicità” – scheda disponibile su Amazon

Presentazione  di Daniele Trevisani[1]

Ho scritto dodici libri ed altrettanti, forse più, sto scrivendo, non li conto neanche più. Scrivo dal 1994 ininterrottamente, forse anche da prima, salvo lavorare per la famiglia quando serve. O saltare su un ring per espellere dal corpo la fatica mentale che solo gli scrittori veri sanno riconoscere, quella “nascita del testo”, quell’accompagnare ogni paragrafo e pagina con l’anima sulla tastiera e il fiato che si accorcia per poi ri-distendersi quando il concetto, finalmente, è emerso ed è li, nero su bianco, pronto per un confronto eterno con l’universo, tra critiche, apprezzamenti, condivisioni o negazioni.

Ma questa mia personale sindrome, con le fatiche e le gioie che la accompagnano, mi permette di saper distinguere un testo di qualità scritto da altri. Il lavoro di Daniele Mattoni è un progetto di grande, grande spessore. Quando un autore non si limita a ricercare la “via facile” per trattare un tema difficile, ma inizia a trattarlo per come è, a confrontare punti di vista offrire spunti, e persino esercizi pratici e operativi, siamo di fronte ad un autore, ad un ricercatore, e non solo ad uno scrittore. E’ per questo che ho deciso di portare il mio contributo, minimale, introducendo questo testo.

La prima connessione che mi sorge, immediata, spontanea, è la fortissima inter-relazione, quasi un intreccio magico, che unisce questo testo, ad un mio testo più di tipo manualistico, “Il Potenziale Umano”, uscito con la stessa casa editrice, e più leggo il testo di Daniele, più mi rendo conto che quel libro, il mio libro, pur così denso di principi, formule, scienza, diventa niente se mancano i temi che Daniele esprime in  questo volume. Cosa può essere il Potenziale Umano se manca la felicità?

Vorrei esprimere alcuni pregi di quest’opera in modo chiaro e non adulatorio, andando sul particolare. In primo luogo, l’analisi della felicità è esposta per quello che veramente è, un parametro soggettivo. La mia felicità può nascere da esperienze che a te renderebbero triste, o spaventato, o viceversa. Si pensi ad uno scalatore e a quanto possa sentirsi felice nonostante si trovi cosparso di neve, gelo, appeso ad una parete, lontano da qualsiasi forma di materialità consumistica. Ma lo stesso vale per un meditatore, o un lettore che sia immerso in un testo che lo affascina.  In questo Daniele offre una prospettiva finalmente scollegata dalla visione materialistica che tanti danni ha fatto finora, anche e soprattutto nella formazione e nel definire cosa sia il successo, una materia sottile da non banalizzare. I miei complimenti sinceri per questo.

Un secondo passaggio fondamentale di questo volume è l’attenzione ai diversi piani, dai filosofi greci alle tecniche corporee moderne, come il focusing, il lavoro sulle emozioni, sino alla ricerca di significati profondi della vita, e di reti di relazioni umane che ti nutrano e che tu stesso puoi nutrire con il meglio di quanto saprai essere.

Altro passaggio critico e fondamentale, che offre una prospettiva dello spessore di questo testo, è l’inserimento di una serie di aree di ricerca, come quella dei “copioni e maschere”, derivante dalla microsociologia Goffmaniana, scienza conosciuta da pochi, ma proprio per questo una perla rara in un testo contemporaneo. Non è banale che qualcuno ci inviti a guardare che “film” stiamo interpretando, che personaggio siamo, che copioni si svolgono  dentro alla nostra vita e persino nella nostra giornata.

L’autore ci porta a spasso dolcemente a visitare concetti come il “limite” delle nostre condizioni e persino di quanto crediamo sia “vero”, la quantità di menzogne e che ci raccontiamo per far funzionare il tutto e le convinzioni distorte, tecnicamente, la “dissonanza cognitiva” che ci vive dentro, qualcosa di così forte ma al tempo stesso intangibile, che non possiamo catturare e vedere se non con l’aiuto di un buon coach, counselor o terapeuta, o metodi di auto-osservazione mirata, qui descritti e che invito ad approfondire.

Con grande piacere, Daniele ha saputo integrare, e ne sono veramente grato, il mio “principio metabolico”, esposto in una pubblicazione sul cambiamento, con l’opera di grandissimi pensatori che hanno solcato ben prima di me gli oceani della riflessione. Questo mi onora, sinceramente.

Così come apprezzo la riflessione sul fatto che lavorare sulla propria felicità sia un’azione che non solo fa stare meglio noi, ma chiunque ci sia vicino, e persino le prossime generazioni. Siamo avvolti in una rete di energie dalla quale possiamo solo “succhiare”, o invece “donare” e dare. In tempi e in luoghi in cui per decenni di oscurantismo culturale le persone felici sono state additate o dovevano nascondersi,  la gara diventava “al ribasso”. Mancando un apprezzamento della felicità vera, si instaura una competizione per  chi ha più da lamentarsi, la sfida negativa tra chi ha più la capacità di vedere nero, più nero del nero, anche nelle aziende. Non è un mondo facile, ma se vogliamo farlo ancora più difficile, cerchiamo di essere poco felici, e il risultato sarà garantito. Un contributo sulla felicità, che inverta la rotta, è pertanto  un contributo quanto mai doveroso, produttivo, persino direi socialmente utile.

E quando questo messaggio entra nelle aziende, le persone smettono di dire solo che “è difficile”, ma iniziano a chiedersi “come possiamo farlo, o come possiamo avvicinarci a questo goal”, che si tratti di un obiettivo aziendale o strategico, personale o di vita: tutto cambia. Quando una nazione smette di sognare e si chiude nel buio dell’anima; quando una persona fa altrettanto, ha finito di vivere, per quanti ettari di terreno quella nazione abbia, per quanti gioielli e lussi ti contornino. Capire cosa i pensatori citati nel testo ci offrono come riflessione e linea di pensiero alternativa, è un dono a se stessi.

Vorrei concludere con un testo che magistralmente Daniele ha citato, e che mi ha fatto piacere ritrovare:

“Pubblicità quotidiane, spot pubblicitari assurdi, mostrano vite impossibili e offrono il modello mentale di persone che vivono solo per gli oggetti e l’apparenza, in vite di plastica. I messaggi che nascondono sono tanti. Ti dicono sottilmente che non sei adeguato, cercano di insinuare in te una tensione, un impulso a comprare o imitare, per poi tornare a sentirti povero come prima dopo qualche ora, o qualche giorno. La vita vera è altro. Allora, esiste il momento sacro, in cui, da adulti, possiamo renderci conto delle menzogne che ci hanno contornato e cercare una nostra via personale verso la verità e verso la pulizia mentale. Possiamo capire che siamo stati sottoposti ad una “dieta comunicazionale” fatta di abbondanza di messaggi deviati e falsi. Solo allora possiamo e dobbiamo riprendere le redini della nostra “dieta comunicazionale” e scegliere cosa vogliamo imparare e conoscere”.

Parafrasando me stesso, posso dire che questo libro rappresenta uno di quei “momenti sacri”, in cui, da adulti, possiamo finalmente ridefinire cosa per noi è un concetto assoluto come la felicità, viverlo a pieno, nutrircene, farlo nostro e assaporarlo. Da scrittore, da coach e counselor, dico che questo non solo mi “piace”, ma è un testo che scorre da una mente che avrebbe potuto essere la mia, si, forse con qualche differenza, ma la sostanza è li, i messaggi li sento, e questo per me significa molto. Non siamo soli.

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[1] Daniele Trevisani, formatore, coach e Counselor Senior, è autore di numerosi modelli sul Potenziale Umano, sulla Comunicazione, e di diverse pubblicazioni in Italia e all’estero. Gli è stato assegnato il premio Fulbright (Governo USA) per ricerche innovative sul Fattore Umano, ricerche che proseguono su temi di frontiera come l’analisi dell’incomunicabilità, i processi di formazione esperienziali e subconsci, il lavoro per un modello scientifico delle energie umane. E’ laureato con Lode in DAMS Comunicazione a Bologna, e Master in Mass Communication con onori accademici alla University of Florida (USA). Ha portato i propri contributi in contesti come le Nazioni Unite, la Nato, la European Space Agency, e in aziende come Siemens, Ricoh Europe e Barilla.

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Testo Copyright dell’autore, pubblicato nel testo di Daniele Mattoni “Le 10 vie alla Felicità: Da Socrate al Dalai Lama e oltre” – Franco Angeli editore, Copyright.

 

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“Dunque, in estrema sintesi, pur nella diversità dei diversi punti di vista, si possono considerare due possibili concezioni di felicità (e le posizioni espresse dai diversi filosofi si possono collocare in un continuum traquesti due estremi):
– una felicità esterna, derivante da conseguimenti esterni, focalizzata sul piacere, che siconcretizza in una gratificazione fisica o emotiva immediata, e come tale cessa quando viene meno l’oggettodella stimolazione. E…
– una felicità interna: un appagamento interiore derivante dal fatto di sentirsi in armoniacon se stessi e con il mondo, nel percepire un significato nella propria vita, con i propri valori, e come tale piùduratura e più di lungo periodo.
Probabilmente il segreto sta nel non escludere nessuna delle due dimensioni della felicità, ma nel trovare un
proprio equilibrio in entrambe.”
(Daniele Mattoni, dal libro in costruzione, Franco Angeli editore).
L’autore svolge molte altre riflessioni e vedrete quanto saranno utili.
  • Per rimanere aggiornati sull’uscita, iscriversi qui alla rivista online gratuita http://eepurl.com/b727Pv

 

L’autore dopo avere evidenziato le molte ricerche che evidenziano quanto sia bassa la correlazione tra felicità e ricchezza materiale, quando mancano valori (ricerche empiriche e scientifiche), espone altri dati fondamentali
“Alcuni tra i più importanti ricercatori in questo campo – Seligman, Lyubomirsky e Diener – hanno elaborato una propria formula della felicità, che può essere così espressa:
F = P + C + A

dove P è il punto determinato neurologicamente, C rappresenta le condizioni di vita e A sono le attività volontarie.

Secondo questa formula esisterebbe una base organica che definisce il grado naturale di felicità di un individuo, una sorta di predisposizione cerebrale alla felicità o all’infelicità: una tendenza abbastanza radicata a vedere – in una stessa situazione – il bicchiere mezzo pieno oppure il bicchiere mezzo vuoto. Secondo
alcune stime questo fattore P – questa sorta di “timone genetico” – inciderebbe per circa il 40% sulla felicità di un individuo. Tuttavia, il cervello e i geni non sono strutture fisse, ma plasmabili col tempo. La ricerca stessa ha dimostrato che questa “quota fissa” di felicità/infelicità è in realtà modificabile da alcuni fattori, in primis:
– una terapia cognitiva, che aiuti l’individuo a mutare alcune sue convinzioni limitanti, che rafforzano il pessimismo, sostituendole con altre più positive e più vicine alla realtà;
– la meditazione: sedere tranquilli, lasciare andare i pensieri e guardarsi dentro produce notevoli effetti fisiologici e condiziona il cervello in vari modi, tutti positivi: attiva la corteccia pre-frontale, sede del pensiero superiore, che stimola il rilascio di neurotrasmettitori: dopamina (antidepressivo), serotonina (stimolante dell’autostima), ossitocina (ormone del piacere), oppioidi naturali (antidolorifici naturali)”.
In conclusione, si tratta di un libro davvero eccezionale, scritto da un autore preparatissimo, e invito tutti alla presentazione che faremo assieme a Roma e Milano.
Per rimanere aggiornati sull’uscita, iscriversi qui alla rivista online gratuita http://eepurl.com/b727Pv

Copyright, estratto con modifiche Dal volume Personal Energy di Daniele Trevisani

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  • Ho conosciuto persone infelici che possedevano nell’ordine una casa in montagna, una al mare, una in città, il fuoristrada, un’azienda sana, la fuoriserie, sposati, due figli e piena salute. Allora? Quanti minuti della loro giornata erano vissuti nella felicità? Quanto tempo passi a guardare dalla finestra della casa in montagna, giù verso il lago, e a cosa serve se nella tua testa vedi solo problemi? Quando accendi il camino ti fermi a sentire il rumore del fuoco? Ti fermi a osservare tuo figlio che dorme e senti la sacralità della vita, o ci passi di fianco distrattamente? E quando osservi il cielo la notte, a cosa pensi?
  • Ho conosciuto atleti incredibilmente dotati il cui unico scopo – entrati in palestra – era finire l’allenamento prima possibile, invece di sentire ogni singola fibra muscolare pompare, cogliere le occhiate, sentire il piacere del sudore e l’amore per la vita che senti pulsare nel tuo corpo… prova a pensare a cosa succede se invertiamo completamente tutto questo!

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Nessun atleta farà mai grandi passi in avanti se non apprende a gustare ogni allenamento come un frutto da mangiare, una fiore da annusare, una pietra preziosa lungo il cammino.

Quando l’atleta impara ad amare ogni singolo allenamento, i risultati arriveranno. L’allenamento è il vero frutto, ancor prima del suo risultato verificabile in gara. La vera gara è vivere ogni allenamento come un momento sacro e magico.

Questo vale anche nelle aziende. Nessun manager avrà mai risultati da una riunione o una vendita se non impara a capire, dominare e gustare le dinamiche conversazionali che accadono in una riunione o in una vendita. La conversazione è il succo, le conseguenze del parlare e i risultati arriveranno dopo.

Nei rapporti umani e sentimentali, anche sessuali, accade lo stesso.

Nessun amante sarà mai tale se non impara a soffermarsi sulle sensazioni che vive, e in quelle che fa vivere nell’altro, uscendo dal fattore meccanico ed entrando nei flussi emotivi che fa nascere, e vuole far vivere agli altri.

Nessun genitore sarà mai vero se non esce dalla sindrome del “far laureare il figlio” o “far sposare la figlia” come obiettivi finali e quasi unici, perdendo di vista ogni singolo istante della crescita del proprio figlio.

Nessun formatore o educatore sarà mai tale se si pone solo lo scopo di “smarcare” la lezione o seguire il programma burocraticamente, anziché far succedere qualcosa di significativo (atti di vero apprendimento) nella sua classe o corso.

Nessun leader sarà mai tale se si illude che i galloni o il grado, il potere o il denaro gli diano automaticamente rispetto vero.

Man mano che l’autocoscienza di una persona aumenta, e cambiano i metri di valore che utilizza, emerge progressivamente il piacere per una nuova forma di viaggio: il percorso di scoperta, cosciente e volontaria, delle proprie potenzialità attuali e nascoste, siano esse fisiche, mentali, progettuali.

Fa bene all’anima e alle energie personali esplorare alternative di vita, costruire attivamente un futuro migliore per noi, per le persone che ci sono care, e per l’intera collettività umana.

Le nostre evoluzioni possibili sono enormi e ancora poco note, persino a noi stessi.

L’autocoscienza, e il grado di autocoscienza, sono quindi uno dei punti basilari dai quali vogliamo partire: se non ti chiedi a che punto sei nel tuo viaggio, e se non ti rendi conto di essere in viaggio, nessun ragionamento successivo ha più alcun valore. Ma non cercare risposte. Non ora. E’ troppo presto. Le risposte arrivano, piano piano, man mano che aumenta il flusso di coscienza, e le risorse ed energie di cui disponiamo.

Questo lavoro ci porta quindi in un viaggio.

Un viaggio è aperto a chiunque creda nelle enormi potenzialità umane. È un viaggio positivo che pare agli scettici inutile, utopico.

Sappiamo benissimo che l’essere umano è una creatura imperfetta, ma – nonostante tutti i limiti e carichi enormi che ognuno di noi porta sulle spalle, ci radicano o ci vorrebbero statici e bloccati – l’essere umano trova in alcuni momenti, momenti magici – nuove possibilità di espressione, vie prima impensabili.

Si solleva dai baratri più profondi solo chi ama sognare.

(DT)