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Esperienza di prodotto

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©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Gli strumenti minimi sinora visionati consentono, soprattutto nei servizi interattivi e nell’acquisto di beni complessi (attrezzature industriali, servizi avanzati), di giungere ad un livello di chiarificazione con il cliente che elimini possibili stati di insoddisfazione.

Tuttavia il processo di ricerca della customer satisfaction non dovrebbe limitarsi alla gestione del quotidiano. Progettare la customer satisfaction significa anche saper creare condizioni future in cui l’azienda sia in grado di erogare maggiore soddisfazione dei concorrenti, lungo tutte le leve del marketing mix.

Questo richiede di affrontare il tema delicato di cosa costituisca (1) il prodotto ideale, (2) il servizio ideale, (3) la distribuzione ideale, (4) la comunicazione ideale, (5) il pricing ideale.

1. Le aspettative della soddisfazione del cliente

Nella letteratura classica sull’argomento è possibile identificare un “mainstream”, un approccio prevalente alla customer satisfaction che ha finora dominato la pratica di ricerca e manageriale: il “modello di disconferma delle aspettative”.

Questo modello concentra la propria attenzione sulla distanza tra (1) prestazione del prodotto e (2) attese iniziali (aspettative) del consumatore.

Per diversi motivi questa impostazione è riduttiva. È necessario proporre un approccio più evoluto basato sul concetto di esperienza totale di acquisto/esperienza totale di prodotto.

Il modello attese-prestazioni (modello di disconferma delle aspettative) sostiene che la customer satisfaction è tanto superiore quanto più la prestazione ottenuta dal prodotto supera la prestazione che il cliente si attendeva prima dell’utilizzo.

Questa visione, seppur utile per introdurre alcuni concetti di base, non è sufficiente per spiegare il fenomeno.

È infatti possibile avere insoddisfazione da parte del consumatore anche quando le aspettative vengono raggiunte, come ad esempio nell’acquisto di un prodotto di scarsa qualità, le cui caratteristiche negative siano note, ma che venga scelto ad esempio per via di una scarsa disponibilità economica o per mancanza di alternative.

L’inconsistenza logica del modello emerge quindi in tutta la sua chiarezza, in quanto esso predice ad esempio che quando il consumatore si attende una prestazione pessima ed invece questa risulta scarsa (cioè solo poco più di pessima), egli sia comunque soddisfatto. Se un guidatore si attende una scarsa tenuta di strada da un auto, non potrà comunque accettare questa scarsa prestazione ed essere felice pensando “credevo di uscire di strada 6 volte nel tornare a casa con la pioggia ed invece sono uscito di strada solo 2 volte, sono proprio contento”.

Un primo passo in avanti, nella direzione di comprendere a pieno la portata della customer satisfaction, proviene dalla considerazione della limitatezza del concetto di attesa del consumatore come base per realizzare il benchmarking della customer satisfaction.

Il concetto di prestazione attesa, alla base della teoria classica, significa essenzialmente “ciò che il cliente pensa di ottenere dal prodotto”, “ciò che il cliente ritiene sarà la prestazione reale del prodotto”, o, come nel caso dei sevizi, le attese sulla qualità del servizio (conformità, puntualità, attenzione).

Il concetto di attese non include un importante area della psicologia del consumo, quella degli ideali. Se tutti i concorrenti riescono a fornire lo stesso livello prestazionale, come può nascere vantaggio competitivo? L’unica possibilità è quella di ricorrere all’analisi degli ideali del consumatore, dei sogni nascosti, senza fermarsi a ciò che il mercato offre attualmente. E senza nemmeno fermarsi a ciò che il consumatore considera “ideale” in prima battuta.

Sono necessarie diverse introspezioni profonde per raggiungere concetti che una persona non ha mai esplorato. Tra questi concetti vi è proprio quello di “prodotto ideale”, che è sempre e comunque specifico e relativo ad un bisogno sottostante (ad esempio: utilizzare proficuamente il proprio denaro, il bisogno di non perdere, il bisogno di sicurezza economica, ecc..).

Questo significa far luce sulle “prestazioni ideali” o “desideri latenti” del consumatore.

Il nostro modello include quindi tale componente: la prestazione ideale, la caratteristica auspicata, ciò che si colloca nei sogni del consumatore e non è ancora realtà. Ma proprio per questo, proprio per la sua natura di sogno, rappresenta una formidabile arma per l’azienda che la sappia trasformare in realtà, o immettere almeno parzialmente nel proprio value mix.

I desideri o prestazioni ideali sono caratteristiche del prodotto e della prestazione che “idealmente” il prodotto dovrebbe possedere, ma che per motivi diversi (tecnologia non ancora matura, o, semplicemente, perché nessuno l’aveva ancora pensato), non fanno parte del prodotto attuale. In altre parole, il prodotto ideale è quel prodotto che soddisfa maggiormente il BSS (bisogno sottostante servito). Questo prodotto ideale è assolutamente soggettivo, diverso da persona a persona. Esso sarà tanto più sofisticato ed elevato, tanto più lontano dal presente, quanto più elevata è la competenza tecnica, la creatività, il livello evolutivo ed intellettuale del consumatore, in relazione al bisogno espresso.

Tutte queste componenti si congiungono per formare il livello prospettico del consumatore, ovvero la capacità del consumatore di percepire la limitatezza attuale del prodotto e sviluppare desideri evoluti su nuove caratteristiche e forme di soluzione. Consumatori di ridotto livello prospettico vedranno il prodotto ideale all’interno delle possibilità tecnologiche attuali, mentre consumatori di alto livello prospettico sapranno indicare caratteristiche anche nuove e estranee alle tecnologie attuali, tuttavia centrali rispetto al bisogno sottostante servito. Saranno inoltre più consci della limitatezza del prodotto rispetto ad un ipotetico prodotto ideale.

La stimolazione del livello prospettico del consumatore, tramite campagne informative e di sensibilizzazione, costituisce quindi un importante risultato sociale – sia per lo sviluppo di una cultura di consumo intelligente che per la funzione di stimolo che il consumatore evoluto può apportare all’impresa.

Realizzando un esempio nel settore auto, un guidatore di basso livello prospettico potrebbe indicare come vettura ideale “un’auto onesta che consumi poco”. Un consumatore più evoluto prospetticamente potrebbe indicare “un’auto che utilizzi fonti di energia alternative, con elevati livelli di comfort e sicurezza”. Un consumatore di livello prospettico ancora superiore potrà invece indicare come prodotto ideale:

un oggetto sul quale impostare la destinazione, in grado di portarmi presso essa automaticamente, mentre consumo la colazione o dò un’occhiata al giornale. Viaggiando spesso per lavoro, questo oggetto dovrebbe potermi portare in un qualunque luogo in Europa in massimo 1 ora, più o meno, ed essere molto confortevole, consentendomi di arrivare fresco e riposato sul luogo di lavoro o di riunione. Posso  immaginare una sorta di automobile che si eleva dal piano terreno, viaggia in “corridoi aerei sopraelevati” e raggiunge la destinazione tramite un sistema di guida automatica controllato da computers. Mi piacerebbe moltissimo volare, ma senza tutti gli svantaggi dell’aereo, doverlo prenotare, i ritardi, gli aeroporti. Vorrei un aeromobile personale grande quanto un’auto. E quando intendo destinazione non penso ad una stazione di approdo centralizzata, ma esattamente l’indirizzo specifico presso il quale devo arrivare. Ogni metro più in là è dispersione di tempo. Perciò mi piacerebbe che questa auto mi depositasse presso una piattaforma di attracco sullo stesso piano dell’ufficio dove devo recarmi, ed andasse a parcheggiarsi automaticamente. Finiti gli impegni di lavoro, chiamo la vettura con un telecomando e mi raggiunge, aprendosi comodamente ed offrendo il sedile che fuoriesce dall’abitacolo per facilitare l’accesso. E poi spingo il pulsante “casa” e mi guardo un pò il panorama dall’alto. Sarebbe stupendo.

Questa descrizione visionaria contiene molti dei benefits e plus che le autovetture moderne cercano di introdurre nei loro modelli – stanti naturalmente le limitazioni delle tecnologie correnti.

Come si vede, ciò che cambia è il quantum di scollamento tra prodotto attuale e prodotto ideale, la visione di nuove modalità per meglio risolvere il BSS (spostarsi fisicamente). Osserviamo però, che spostarsi fisicamente è in realtà una delle tante possibilità esistenti per realizzare un “incontro con altre persone”. Se  questo BSS può essere risolto da altri strumenti (es: una videoconferenza multimediale può risolvere la componente dello scambio informativo) –  e in futuro forme di comunicazione olografica potranno risolvere questo bisogno ancora meglio – siamo in presenza di una forma di potenziale concorrenza allargata.

Per quanto futuribili appaiano queste considerazioni, non v’è dubbio, tuttavia, che conoscere le “aspirazioni” dei consumatori in merito al “prodotto ideale” aiuta a comprendere la direzione di sviluppo del prodotto, il percorso che meglio soddisfa il bisogno sottostante servito, costituendo una utile guida, un faro per direzionare gli sforzi di ricerca e di innovazione di prodotto.

Porzioni del “prodotto ideale”, prese e inserite nella produzione corrente, possono determinare forti vantaggi competitivi. Si pensi ad esempio ad un sistema di guida sicura in condizioni di scarsa visibilità, ai sistemi di navigazione satellitare, ai sistemi per migliorare la tenuta di strada, a sistemi di self-parking, a funzioni di evitazione attiva di incidenti (correzione automatica di manovra) e altre innovazioni di alto valore per il cliente.

Riportiamo di seguito i risultati di un focus-group su 12 giovani dai 18 ai 23 anni, finalizzato a delineare i componenti dell’”auto-ideale” da cui emergono numerosi spunti sia pratici (il da farsi) che progettuali (mete per il futuro di medio periodo) e analitici (cercare di capire “perché le persone hanno inserito questa richiesta?”).

2. L’asse evolutivo del prodotto

Per progettare customer satisfaction competitiva, ogni azienda dovrebbe porsi il problema oggi di come sarà il proprio prodotto futuro tra 20, 50 o 100 anni. Ieri avevamo le carrozze, oggi le auto, e domani? Quali percorsi di sviluppo avranno i prodotti? E come potremo indirizzare la ricerca e sviluppo se non sappiamo prevederlo? Ed ancora, ieri esistevano i segnali di fumo, i piccioni viaggiatori, i messi a cavallo, oggi i telefoni, e la telefonia diventa sempre più miniaturizzata e portatile. Come evolveranno domani i prodotti e le tecnologie della comunicazione? Possiamo permetterci di non fare riflessioni sul futuro?

Qualcuno potrebbe dire: basta aspettare. Questo, tuttavia, solo per l’azienda di scarse o nulle ambizioni. Le aziende che vogliono godere di un vantaggio competitivo domani, devono saper prevedere oggi quali saranno le evoluzioni più probabili alla luce della psicologia del consumatore, ed indirizzare lì gli sforzi di ricerca. E sottolineiamo psicologia del consumatore, e non tecnologia, in quanto nessuna tecnologia fine a se stessa può avere successo di mercato, se non si innesta su qualche bisogno umano reale.

I bisogni delle persone plasmano la direzione di sviluppo di qualsiasi tecnologia, ed anche le più sofisticate innovazioni tecniche possono valere nulla sul mercato se non si indirizzano ai bisogni di un bacino sufficiente di consumatori.

È necessario capire, quindi, l’asse evolutivo del prodotto, delineare le diverse ipotesi e procedere verso quelle che si verificheranno con maggiore probabilità, sino a capire quale sarà il futuro del prodotto.

L’analisi del futuro si realizza tramite ipotesi di scenario e permette di delineare quali saranno i terreni nei quali l’azienda sarà chiamata a muoversi, quali saranno le nuove sfide, cosa faranno i concorrenti, cosa possiamo fare noi prima di loro.

Le possibili evoluzioni del modo di soddisfare il BSS si basano sul concetto di prodotto ideale, cioè sui sogni dei consumatori, i quali evolvono con il progredire del tempo. Il prodotto ideale è un concetto psicologico, non tecnologico.

Per capire quale tipo di futuro attende il prodotto, l’impresa deve porsi nell’ottica della valutazione della distanza tra il prodotto attuale e il prodotto ideale, analizzando cosa i consumatori intendono per “prodotto ideale”. Questo richiede il ricorso a tecniche di ricerca “in profondità” sui bisogni umani.

Il gap tra prodotto attuale e prodotto ideale costituisce il percorso di innovazione e miglioramento da attuare per l’azienda, lungo un ipotetico asse delle prestazioni.

Nel tempo anche l’immagine del “prodotto ideale” si evolve, cambia e si adegua alle culture individuali e sociali, prefigurando nuove mete e nuovi orizzonti. Il processo di evoluzione della consapevolezza del consumatore ne accresce infatti la criticità e le attese. In altre parole, il prodotto ideale è un concetto in continua evoluzione che pone continue sfide all’impresa. Il concetto di miglioramento è da intendere in senso continuo.

L’ideal product check (il momento in cui l’impresa fotografa il prodotto ideale nella mente del consumatore target) deve essere ciclico e ripetersi con una cadenza stabilita (almeno ogni 5 anni, ma anche prima se le tecnologie del settore sono in rapida evoluzione).

Il prodotto ideale abita spesso in un territorio situato oltre la consapevolezza del consumatore, eppure esiste, e ad un certo punto (momento sociale, momento psicologico) emerge per guidare il consumatore nella  comparazione tra ciò che egli ha (o gli viene offerto dal mercato) e ciò che egli sogna di avere o vorrebbe avere. Quando questo avviene, si determina una immediata riformulazione degli standard di mercato, e ciò che costituiva prodotto soddisfacente ieri diviene vecchio ed obsoleto oggi.

Ricorriamo di nuovo all’esempio riportato nel capitolo 4 di ALM1[1] ed analizziamo come la dinamica di evoluzione delle aspettative possa applicarsi in un contesto reale. L’esempio fa riferimento ad una cuffia acustica in grado di limitare i rumori forti ma lasciar passare il parlato, rendendo così possibile il lavoro di gruppo in condizione ambientali sfavorevoli.

Prodotti in Vetrina: Cuffia ULTRA 9000® ad attivazione acustica di rete

La cuffia ULTRA 9000® è di tipo non lineare in quanto la protezione offerta dipende dal livello di rumore circostante. In altre parole, grazie al sistema di valvole brevettate, quanto più alto è il livello del suono, tanto più alto è il livello di riduzione del rumore, il che non solo garantisce un alto grado di protezione ma permette all’utente di udire le normali comunicazioni e i rumori di basso livello senza dover ricorrere all’aiuto di sistemi elettronici. La caratteristica acustica del condotto favorisce la trasmissione del parlato e dei suoni di basso livello senza dover ricorrere all’aiuto di sistemi elettronici. I suoni superiori ai 120 dB però subiscono un maggiore grado di resistenza e quindi di protezione. Adatta per i poligoni di tiro, per i supervisori aziendali, particolarmente per coloro che devono poter conversare con gli operai, e ovunque vi siano impulsi sonori e rumori di alto livello e sia necessario poter comunicare……

In tale esempio possiamo notare l’asse evolutivo del prodotto, consistente nel passaggio da blocco del rumore in ingresso a filtratura selettiva dei rumori. Questa evoluzione genera una maggiore taratura verso il BSS.

Rispetto alla nostra analisi, è interessante notare come ciò che contraddistingue il prodotto migliorato rispetto al primo consiste proprio nella maggiore centratura rispetto al BSS. Il vero BSS di una cuffia da lavoro infatti consiste nella eliminazione dei rumori dannosi, e non nella eliminazione del suono in generale, poiché alcuni suoni, come il parlato, sono utili.

L’azienda che intuisce il vettore di sviluppo del prodotto e si sforza di realizzare nuove soluzioni acquista vantaggio competitivo.


[1] Trevisani, D. (2000). Competitività aziendale, personale, organizzativa. Milano, Franco Angeli.

3. La ricerca di prodotti straordinari

I prodotti straordinari sono quelli che stupiscono il consumatore, in quanto dotati di proprietà e caratteristiche innovative e tuttavia intrinsecamente legate alla risoluzione del BSS. Spesso si tratta di caratteristiche alle quali nemmeno il consumatore stesso aveva mai pensato, in quanto troppo lontane dal proprio sistema prospettico, o perché ritenuti irrealizzabili tecnicamente.

Le prime proiezioni nelle sale cinematografiche facevano fuggire gli spettatori per l’incredibile novità rappresentata dal vedere un treno in movimento proprio di fronte ai loro occhi. Oggi questo non stupisce più. I primi modelli di auto dotate di navigatore satellitare GPS e sintesi vocale hanno stupito gli utilizzatori proprio per l’incredulità verso l’esistenza di un’auto che “parla”, indica quando curvare e quale direzione prendere per raggiungere la meta, avvisando di essere giunti a destinazione esattamente quando ci si trova di fronte all’indirizzo ricercato. Lo stesso percorso evolutivo del prodotto è rilevabile in questo esempio:

Alimenti più sicuri. La pellicola della salute

Semplicemente avvolgendo una fetta di carne in una particolare pellicola di plastica potremo sapere se il cibo è contaminato da batteri nocivi. L’involucro, costruito da un’azienda canadese, la Toxin Alert, è formato da sottilissimi strati di plastica separati l’uno dall’altro. Lo strato più interno, a contatto con il cibo, contiene pori che catturano i batteri costringendoli a passare nel secondo strato. Qui una serie di anticorpi immersi in un gel nutriente intrappolano e colorano i microrganismi che vengono poi diffusi verso l’esterno. Nell’ultimo strato sono presenti anticorpi specifici per i diversi tipi di batteri responsabili di infezioni come la salmonella, l’Escherichia coli e il Campylobacter. Questi anticorpi sono disposti a formare una X che diventa visibile, colorandosi, quando i batteri vengono intrappolati. Secondo Gord Furzer, vicepresidente della Toxin Alert, l’involucro sarà in commercio alla fine di quest’anno e costerà circa il 25% in più di una normale pellicola per alimenti.[1]

Il modello che propongo prevede che la straordinarietà dei prodotti derivi dalla distanza percepita tra prestazioni e ideali, sottraendo le prestazioni prevedibili. Minore è la distanza rispetto al prodotto ideale, maggiore sarà la straordinarietà. Ma allo stesso tempo, la straordinarietà deriva dal superamento delle attese prevedibili, e dalla capacità di colpire il consumatore con innovazioni inattese.


[1] Newton, 6/2000.

Il cardine di ogni processo di sviluppo competitivo straordinario, come si osserva, è l’investigazione dei sogni del consumatore o cliente (dreams), attorno ai quali far ruotare tutto il marketing e la ricerca e sviluppo aziendale.

Come produrre queste innovazioni inattese? Certamente non aspettando che lo facciano i concorrenti, ne depositino i brevetti e ne ricavino leadership per anni. Essere leader in innovazione richiede attivazione – propulsione manageriale, orientamento alla ricerca e ad un grado ottimale di risk-taking. Questo significa realizzare periodiche sessioni di creatività, progetti di ricerca, analisi delle evoluzioni prospettiche del consumatore, laboratori di interazione azienda-utilizzatore, e altre forme di ricerca.

Questo approccio richiede sinergia tra le attività di marketing e le aree tecnologiche e produttive nell’impresa, con l’inserimento in azienda dei sogni del cliente come motore dello sviluppo. L’azienda, organismo attuativo, deve tradurre questi sogni in strategia e darsi un’organizzazione appropriata.

Deve essere attivato quindi un processo di Ricerca e Sviluppo per l’evoluzione del prodotto fino alla revisione del concetto stesso di prodotto.

Dalla discussione di cui sopra, emerge la necessità di introdurre un nuovo modello di customer satisfaction denominabile come “modello di disconferma delle aspettative e distanza di desiderio”, o “prestazioni-aspettative-ideali” (P-A-I).

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Progettare la customer satisfaction

Soddisfazione del cliente

Marketing mix

Disconferma delle aspettative

Esperienza di prodotto

Attesa del consumatore

Ideali di consumo

Prestazione ideale

Sviluppo del prodotto

Evoluzione di prodotto

Innovazioni inattese

Differenziazione

Risk-taking

Innovazione prodotto

Design centrato sull’utente

Customer-centric design

Feedback continuo

Prototipazione rapida

Metodologie Agile

User experience (UX)

Test di usabilità

Metriche di soddisfazione

Co-creazione

Customer journey mapping

Net Promoter Score (NPS)

Progettazione iterativa

Analisi di mercato

Design thinking

Valutazione delle prestazioni

Voice of the Customer (VoC)

Customer experience management (CEM)

Product-market fit

Segmentazione clienti

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Gli atteggiamenti sono un concetto fondamentale della psicologia sociale. Il loro utilizzo nelle ricerche psicologiche e nel marketing è ampio e permea diverse funzioni: comunicazione, ricerca di mercato, test dei prodotti, segmentazione del mercato, risorse umane e formazione aziendale.

Forniamo innanzitutto una prima definizione di Thurstone e di Allport.

Come sottolineano Eiser e van der Pligt (1991)[1], gli atteggiamenti non sono vaghi stati d’animo o sensazioni, ma forme di esperienza che (a) si riferiscono a specifici oggetti, eventi, persone o problemi, e (b) sono di natura essenzialmente valutativa, cioè implicano dei giudizi di buono-cattivo, positivo-negativo, giusto-sbagliato.

La relazione tra atteggiamento e obiettivi aziendali è forte e immediata. Gli atteggiamenti verso il prodotto, verso il marchio o impresa, e verso il venditore, generano o eliminano la propensione all’acquisto. Darley, Gluksberg, Kamin e Kinchla (1986)[2] collegano direttamente il concetto di atteggiamento alla problematica della persuasione:

“Si spendono miliardi per tentare di convincere le persone che la marca X è migliore, meno cara, e più efficace della marca Y o Z”, e questo porta immediatamente a chiedersi “quali sono i fattori della comunicazione che fanno cambiare gli atteggiamenti?”

La psicologia degli atteggiamenti applicata al marketing è in grado di fornire numerosi contributi di grande rilevanza per la comprensione di come le persone valutano i prodotti. L’importanza del concetto di atteggiamento proviene dalla sua stretta correlazione con il comportamento. Gli atteggiamenti sono precursori dei comportamenti. In altre parole, la creazione di atteggiamenti positivi (1) verso il prodotto, (2) verso il venditore e (3) verso il marchio, è indispensabile per conseguire successo di vendita.

La ricerca evidenzia che l’atteggiamento individuale non è l’unica causa del comportamento, altri fattori situazionali (ad esempio la pressione degli amici o della famiglia, o tagli alla disponibilità economica, tanto per fornire un dato concreto) possono bloccare l’azione, o dirigerla verso altre mete.


[1] Eiser, J.R., & van der Pligt, J. (1991). Atteggiamenti e decisioni. Bologna, Il Mulino. Edizione originale: Attitudes and Decisions. London, Routledge, 1988.

[2] Darley, J.M., Glucksberg, S., Kamin, L.J, Kinchla, R.A., (1984). Psicologia. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Psychology. Englewood Cliffs: Prentice-Hall, 1984.

In generale, possiamo affermare che nel marketing l’atteggiamento individuale verso un prodotto o un comportamento è il risultato di una serie di valutazioni specifiche, e si forma come sommatoria delle opinioni e credenze (convinzioni) relative alle componenti del prodotto. L’atteggiamento verso un comportamento emerge come risultato delle varie credenze riguardanti l’esito del comportamento stesso.

L’atteggiamento può avere una valenza positiva o negativa. Inoltre, ciascun atteggiamento avrà una certa “forza”, cioè un livello più o meno alto di radicamento nel soggetto. Perciò potremo identificare atteggiamenti fortemente positivi o fortemente negativi, moderatamente positivi o moderatamente negativi, oppure atteggiamenti neutri o inesistenti, verso qualsiasi tipo di prodotto.

La forza di un atteggiamento verso il prodotto si determina grazie ad un ragionamento moltiplicatorio: è il risultato delle credenze soggettive sul fatto che il prodotto possegga una certa proprietà per la valutazione (positiva o negativa) di quella proprietà.

Ad esempio, il mio atteggiamento verso l’ “oggetto mentale” Internet sarà dato (1) dalle proprietà positive che io vi attribuisco (ritengo che Internet renda possibile una ricerca veloce di informazioni; considero anche indispensabile, oggi, poter scambiare dati con altre persone senza spostarmi fisicamente) e (2) da quanto risulta per me importante quella proprietà (per me la velocità nelle ricerche di informazioni è molto importante, così come poter risparmiare tempo negli spostamenti). Queste valutazioni spingeranno il soggetto ad avere un atteggiamento complessivamente positivo.

In ogni prodotto è possibile percepire sia componenti positive che negative, le quali vengono soppesate secondo un sistema di bilanciamento che è estremamente individuale e soggettivo. Posso personalmente ritenere che Internet contenga anche informazioni errate ed inutili, e questo possa generare dispersività, ma questo fatto è per me poco incisivo, in quanto sento di padroneggiare bene lo strumento e di poter gestire facilmente il problema. Tutto sommato, quindi, il mio atteggiamento complessivo verso Internet sarà positivo (sommatoria di forti valutazioni positive, con qualche debole valutazione negativa).

Nell’individuo, le diverse informazioni e valutazioni (positive e negative) compongono un quadro di atteggiamento verso il prodotto. Questo sistema complesso di valutazioni deve essere capito se si vuole sperare di ottenere una buona probabilità di successo di mercato. Il quadro, inoltre, può variare da persona a persona. Ad esempio, verso Internet un soggetto diverso (es: un imprenditore) può aver formulato il seguente quadro (negativo).

In questo caso, il soggetto (l’imprenditore) formula il suo atteggiamento sulla base di quattro credenze, di cui tre fortemente negative (per lui): (1) la possibilità che il personale perda tempo in siti inutili, (2) il fatto di vedere il sistema internet come qualcosa di complicato che egli non capisce (e quindi diminuisce il suo potere in azienda), e (3) un aggravio di costi. Tra le sue credenze vi è anche un elemento valutativo positivo, (4) la possibilità di ricercare velocemente informazioni. Tuttavia il soggetto ritiene che vi siano tante altre fonti alternative, e perciò questo dato influisce solo debolmente. Il valore complessivo dell’atteggiamento che emerge dal quadro, è negativo.

In termini numerici, l’atteggiamento può essere ridotto e sintetizzato ad un singolo punteggio (ad esempio, 65 su una scala da 1 a 100), ma le dimensioni sottostanti devono essere comunque sviscerate. Per un’azienda, non è sufficiente sapere che la valutazione del proprio marchio su una scala di atteggiamento, da parte di un campione di clienti, sia di 65/100, ma occorre comprendere in base a quali criteri sottostanti avviene la valutazione (perché, ad esempio, è 65 e non 90, quali elementi hanno “tirato giù” la valutazione, quali l’hanno spinta in alto). Solo così sarà possibile capire i propri punti di forza e di debolezza. Questo consente di migliorare la propria offerta, la progettazione di prodotto, e la comunicazione al cliente.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Atteggiamento valutativo

Esperienza di prodotto

Problematica della persuasione

Comunicazione persuasiva

Valutazione del prodotto

Successo di vendita

Forza dell’atteggiamento

Credenze soggettive

Psicologia

Atteggiamento

Acquisto

Comportamento del consumatore

Motivazioni

Preferenze

Percezioni

Decisioni di acquisto

Fattori psicologici

Influenza sociale

Processi decisionali

Aspettative

Credenze

Valori personali

Risposte emotive

Rappresentazioni mentali

Mentalità del consumatore

Biases cognitivi

Teoria del comportamento pianificato

Condizionamento comportamentale

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching