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equilibrio cognitivo

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©Copyright. Articoli estratti con il permesso dell’autore dai libri di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano e “Solution selling. Il manuale della vendita consulenziale”. Franco Angeli editore, Milano.

Elaborazione originale a cura di Cinzia Zocca.

Le Triadi di Heider sono un concetto sviluppato dallo psicologo Fritz Heider nel contesto della teoria dell’equilibrio. Oggi rappresentano uno strumento potente nel campo della vendita e del marketing perché mettendo in relazione un individuo, un’altra persona e un oggetto, offrono una prospettiva utile per comprendere e influenzare il comportamento dei consumatori.

Le triadi essenziali di Heider sono otto, distinguibili equamente in equilibrate (quando si verifica una consonanza cognitiva) o in squilibrate (quando originate da profonde dissonanze cognitive). Nelle triadi che abbiamo descritto vengono considerate solo 3 entità, ma nella realtà il mercato presenta delle dinamiche ben più complesse che richiedono analisi scientificamente comprovate per riuscire a navigare la mappa mentale delle associazioni conscie, subconscie e inconscie del cliente, e che riescano a farne comprendere i comportamenti così da realizzare così azioni di previsione strategica.

Oltre alle 3 entità descritte, nella decisione d’acquisto e nella valutazione di un prodotto entrano in gioco connotazioni culturali e valoriali, il sistema di credenze del cliente ed altre variabili sociali che ne riempiono di contenuti simbolici l’immagine, rendendo così altamente complessa l’interpretazione degli scenari di mercato.

1. Comprendere le relazioni

Le Triadi di Heider aiutano a comprendere come le relazioni tra un consumatore (P1), un prodotto o servizio (X) e un’influenza esterna come un amico, un testimonial o una recensione (P2) possano influenzare le decisioni di acquisto. Se queste relazioni sono in equilibrio (ad esempio, a P1 piace X e a P2 piace X), il consumatore è più propenso a fare un acquisto. Comprendere queste dinamiche permette alle aziende di progettare strategie di marketing più efficaci, favorendo relazioni positive tra tutti gli elementi della triade come descritto nella seguente tabella:

2. Implementare le strategie di marketing

Il marketing può beneficiare di questo strumento per individuare le migliori strategie che consentano all’azienda di influenzare positivamente le scelte del cliente o di aumentare la Brand Reputation. Alcune azioni che, ad esempio, consentono di influenzare positivamente il cliente sono:

  1. Testimonial e Influencer: Utilizzare testimonial o influencer che sono apprezzati dal target di mercato può creare una triade positiva. Se i consumatori vedono una figura di riferimento che apprezza un prodotto, sono più inclini a considerare positivamente quel prodotto, portando ad un aumento delle vendite.
  2. Recensioni e Feedback: Le recensioni positive possono influenzare significativamente la percezione dei prodotti. Quando i clienti vedono che altri utenti simili a loro apprezzano un prodotto, si crea una triade positiva che rafforza la loro intenzione di acquisto.
  3. Branding e Identità del Marchio: La costruzione di un’identità di marchio forte e coerente che risuona con i valori e le emozioni dei consumatori può generare una triade positiva. Se i consumatori si identificano con i valori del marchio e percepiscono che il marchio è apprezzato da persone simili a loro, ciò favorisce un atteggiamento positivo verso il prodotto.

3. Creare esperienze positive

Le aziende possono utilizzare le Triadi di Heider per creare esperienze di acquisto che bilanciano positivamente tutti gli elementi coinvolti. Ad esempio, fornendo un eccellente servizio clienti, prodotti di alta qualità e creando comunità di clienti soddisfatti, si possono costruire relazioni equilibrate e positive che incoraggiano la fedeltà e il passaparola.

Comprendere le modalità con cui un cliente valuta in modo positivo la proposta di un prodotto o servizio richiede un calcolo cognitivo, che può essere compensativo o discriminante. Si tratta cioè di assegnare un punteggio al prodotto o servizio offerto sulla base di variabili utilizzate nel processo e, quindi, di fare emergere i criteri di scelta che possono influenzare la decisione di acquisto (Key Variables).

Ciascuna variabile dovrebbe essere poi ponderata in base agli attributi del prodotto e all’importanza assegnata ad ognuno di essi, così che la valutazione possa rispecchiare più nel dettaglio ciò che compensa o discrimina nella scelta.

La complessità del processo di scelta cresce con l’aumentare delle persone coinvolte e degli scenari, di conseguenza individuare le Key Variables è essenziale per comprendere come la Wish-list del cliente condiziona la scelta, come il cliente pensa e quali processi decisionali l’individuo e i gruppi mettono in atto.

La ricerca e l’analisi consentono alle aziende di ottenere dei vantaggi competitivi che si traducono in maggiori interventi sui prodotti o servizi e in migliori strategie di comunicazione, pricing e distribuzione.

Come sottolineano Darley, Glucksberg, Kamin e Kinchla (1986),[1]

… l’effetto del principio dell’equilibrio è così forte che la gente lo usa spesso con valore predittivo. Se io (P) trovo simpatica la persona O, e quella trova simpatico un terzo (X), ritengo che anche a me sarà simpatico X.

[1] Darley, J.M., Glucksberg, S., Kamin, L.J, Kinchla, R.A., (1984). Psicologia. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Psychology. Englewood Cliffs: Prentice-Hall, 1984.


Lo stesso procedimento di associazione cognitiva viene realizzato in relazione al processo di consumo, dove alcuni modelli vengono presi semioticamente come punti di riferimento dell’appartenenza ad una classe sociale o di un certo stile valoriale.

4. Gestire la reputazione

Le Triadi di Heider sono utili anche nella gestione della reputazione aziendale. Le aziende devono monitorare costantemente le percezioni dei consumatori e le relazioni tra il loro marchio, i clienti e le influenze esterne. Rispondere prontamente alle critiche e migliorare continuamente l’offerta di prodotti può aiutare a mantenere un equilibrio positivo nelle triadi, proteggendo e migliorando la reputazione del marchio.

Conclusioni

Le Triadi di Heider offrono un modello prezioso per comprendere e influenzare il comportamento dei consumatori. Attraverso l’analisi e l’ottimizzazione delle relazioni tra consumatori, prodotti e influenze esterne, le aziende possono sviluppare strategie di marketing più efficaci, migliorare l’esperienza del cliente ed aumentare le vendite. Questo approccio non solo favorisce la crescita economica, ma aiuta anche a costruire marchi forti e duraturi che risuonano profondamente con i consumatori.

In conclusione, comprendere come vengono sviluppate o influenzate le decisioni di acquisto significa individuare i processi mentali del cliente posto di fronte ad una scelta tra più alternative, comprendere le variabili in campo, le variabili critiche ed i meccanismi di scelta, oltre che valutare la probabilità di successo di un prodotto o servizio.

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Triadi di Heider

Equilibrio cognitivo

Relazioni sociali

Psicologia sociale

Teoria del bilanciamento

Influenza interpersonale

Formazione delle attitudini

Dissonanza cognitiva

Processo decisionale

Comportamento del consumatore

Motivazioni di acquisto

Persuasione

Consenso sociale

Scelte di acquisto

Marketing

Fattori psicologici

Stereotipi

Identità sociale

Riferimenti sociali

Bias cognitivi

© Articolo estratto con il permesso dell’autore, Dott. Daniele Trevisani dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Milano, Franco Angeli

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Restando sempre all’interno dell’area tematica dell’ascolto attivo, introduciamo le domande potenti, che possono essere utilizzate per analizzare interiormente l’interlocutore, oltre che noi stessi, e per capire la sua rete relazionale.

Mentre ascoltiamo sappiamo che ogni parola o frase non esiste da sola, ma si inserisce in reti e nodi mentali preesistenti, che vengono toccati (sollecitati) dalla comunicazione. 

  1. Ogni messaggio che tocca un nodo di una rete di significati stimola i significati vicini ad essa
  2. I messaggi che attraversano le reti cognitive e i sistemi di credenze dell’individuo possono modificare la struttura della rete stessa

Le domande potenti, quelle che scavano nel profondo, possono cambiare la mente. Non solo possono dare luce ai mondi interiori delle persone, ma possono cambiarle agendo sull’incremento della consapevolezza del cliente. È sufficiente avere il permesso di farle, o la richiesta, come avviene nelle sessioni di psicoterapia. 

Alcune domande potenti sono qui portate ad esempio, ma vanno usate con intelligenza, con il permesso di farlo e con pratica professionale: 

  1. Da quanto tempo non ti senti felice? 
  2. Che atmosfera si vive a casa tua? 
  3. Cosa credi sia possibile e cosa credi che sia impossibile nella tua vita? 
  4. Che fase è questa, nella tua vita? 
  5. Con cosa non hai ancora fatto i conti nella tua vita? 
  6. Cosa dà senso alla vita per te? 
  7. Tra quanto tempo vorresti sentirti felice? 
  8. Qual è la cosa peggiore che nella tua vita non deve capitare? 
  9. Quali sono stati i momenti peggiori della tua vita?  
  10. Perché siamo arrivati li? 
  11. Da quanto tempo non ti senti spensierato? 
  12. Con chi ti senti bene? 
  13. Quando ti senti bene? 
  14. Quali sono le persone che ti danno energia e quelle che te ne tolgono? 
  15. Ti senti capace nel programmare il tuo futuro?  
  16. In genere programmi qualcosa nella giornata, settimana, mese, anno, più anni, mai? 
  17. Qual è l’offesa più mortale che potrebbero farti? 
  18. Cosa rappresenta per te un rifugio esistenziale, quel posto dove vai a curare te stesso? 
  19. Cosa vorresti fare nella vita prima di morire, cosa non vuoi dire di non aver provato, o fatto? 
  20. Come ti senti in presenza di X? (dove X è una persona significativa) 

Alcune di queste domande possono essere compiute con tecniche speciali di training mentale, ad occhi chiusi, da distesi, ma questo richiede un tipo di formazione speciale, in quanto la profondità nella lettura di sé stessi, in quella condizione, aumenta, e aumentano anche le risposte emotive, incluse emozioni che portano al pianto, alla rabbia, alla sofferenza, alla gioia. 

Per saper gestire queste reazioni occorre un training speciale, come minimo una scuola di counseling o di coaching avanzato. 

Far uscire queste risposte e le emozioni che le accompagnano fa bene, poiché rompe la “Spirale del Silenzio”, che come un morbo attanaglia persone, aziende e organizzazioni, sino ad intere società. 

Il network cognitivo è l’insieme dei concetti, idee e pensieri che portiamo con noi. 

Dietro ad ogni decisione ci sono “suggeritori occulti”, persone la cui reazione viene immaginata e anticipata, per capire se un sì o un no possono urtare gli equilibri relazionali e mentali esistenti. Es. Cosa avrebbe detto mio padre di fronte a questa scelta? (o qualsiasi altro referente mentale attivo nella mente della persona). 

Un ascolto attivo e avanzato cerca quindi di capire quale sia il network umano che sta dietro alla persona, le persone che la influenzano, il quale può emergere sempre attraverso l’uso di domande potenti come:

  • Secondo lei chi dovremmo coinvolgere in questa decisione?
  • Chi può essere dispiaciuto o rallegrarsi di questa decisione o scelta?
  • Di chi ti piacerebbe avere l’approvazione se fosse possibile averla?
  • In caso di bisogno economico, su chi pensi potresti contare per un aiuto? 
  • In una situazione di bisogno materiale, ad esempio rimanere a piedi con l’auto, chi chiameresti per avere un primo aiuto? 
  • Chi sono le persone che vedi di più
  • Di chi ti fidi in questa fase della tua vita? 
  • Chi ha deluso le tue aspettative? 
"Ascolto Attivo ed Empatia" di Daniele Trevisani

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© Articolo estratto con il permesso dell’autore, Dott. Daniele Trevisani dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace. Milano, Franco Angeli

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Nell’articolo di oggi parleremo delle “Means-End Chains“, o “catene mezzi-fini“, strategia che ha l’intento di scavare a fondo nel sistema di credenze dell’interlocutore per poter comprendere le motivazioni che si nascondono dietro alle parole, ai comportamenti e agli atteggiamenti.

Le convinzioni sono il motore del comportamento. Le convinzioni, o credenze, possono essere utili (es, se mangio frutta e verdura mi farà bene) o letali (es, vado forte in auto tanto a me non succederà niente). 

Ascoltare le credenze significa setacciare l’ascolto andando alla ricerca delle convinzioni (beliefs, credenze radicate o periferiche) di cui la persona è portatrice. Le credenze sono in parte consce, ma in larga parte inconsce e non espresse, non verbalizzate. 

Come un vento vorticoso, le credenze attorniano le persone e non gli offrono spazio per guardare oltre. Se guardo una persona sollevare un attrezzo (un peso), penso che non abbia altro da fare che farsi del male, o cerco di comprendere e capire perché lo fa. Molto probabilmente quel gesto meccanico, nella sua visione delle cose, ha il fine di stimolare il muscolo, bruciare grassi, ottenere migliore forma fisica e quindi piacere di più, fino ad auto-accettarsi di più. Benvenuti, siamo in una palestra. Adesso quel gesto fisico assume un senso, o almeno una parte del senso totale. Difficilmente, però, se chiediamo a questa persona cosa stia facendo, dirà: “voglio essere più seduttivo e auto-realizzato”. Molto più probabilmente risponderà: “sto facendo palestra, per stare in forma”. Possiamo quindi dire che dietro ad ogni parola (mezzo), o azione che osserviamo, esiste un fine che possiamo scoprire. La Means-End Chain (catena mezzi-finalità) è il meccanismo basilare attraverso il quale si crea un valore. 

Vediamo un’analisi svolta relativamente al prodotto “yoghurt magro”. 

La catena esposta nella figura vede presenti diverse “promesse” (sulla destra), che il cliente percepisce, associate ad altrettanti “stati” del prodotto (sulla sinistra), sino al punto in cui si trasformano in valori. 

Notiamo: 

  1. un attributo concreto (concrete attribute: bassa percentuale di grasso); 
  1. un attributo più intangibile e derivato, ad esso collegato (abstract attribute: meno calorie); 
  1. delle conseguenze funzionali (functional consequences: un dimagrimento); 
  1. conseguenze psicosociali (psychological consequences: superiore accettazione sociale); 
  1. valori strumentali (instrumental value: maggiore fiducia in se stessi – aumento della self confidence o fiducia in sè); 
  1. I valori terminali e più profondi dell’individuo (terminal values): l’incremento del grado di autostima (self-esteem). 

L’analisi delle Means-End Chains ci illumina su un punto critico: ascoltare le parole, di per sé non significa nulla, finché esse rimangono scollegate da sfere semantiche (aree di significato) ed emozioni che vi stanno dietro.  

Servono almeno 5 “Perché?” per arrivare ad un valore terminale. E spesso di più. 

Le catene mezzi-fini sono anche fondamentali per fare domande in profondità, in un approccio di ascolto attivo. 

Il basso contenuto di grasso di uno yoghurt non è positivo o negativo, può essere entrambe le cose: per un muratore cui servono le energie necessarie ad affrontare un lavoro faticoso, il basso potere calorico è assolutamente negativo, mentre per una modella farcita di immagini mentali di magrezza, ossessionata a mantenere la linea, rappresenta un elemento positivo. La catena sopra esposta può essere una delle diverse catene in azione che creano valore semantico del prodotto, ma soprattutto, è soggettiva. Possiamo anche sbagliare nel comprenderla, soprattutto quando cerchiamo di completarne i nodi con le nostre personali credenze. 

Saper ascoltare in profondità significa arrivare a capire il perché le persone fanno ciò che fanno, e quindi arrivare a capire le loro catene mezzi-fini. Finché non capiamo le catene mezzi-fini attive, non riusciremo mai a guidare una persona in un cambiamento, perché siamo come barche che cercano un’isola circondate da una coltre di nebbia. Ascoltare le catene mezzi-fini significa invece fare luce sui motivi dei comportamenti. Questa tecnica è anche fondamentale per “coltivare motivazione” all’interno di sessioni di coaching, e scatenare la motivazione verso obiettivi positivi. Perché le domande, quando sono attive e in profondità, non sono mai neutre verso il destino. Le domande cambiano le persone. 

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Oggi ci concentreremo sui 3 errori più comuni che di solito vengono fatti durante la fase di ascolto.

Vista la complessità e varietà di casi e situazioni, è normale aspettarsi che quando facciamo una domanda o ascoltiamo, la mente sia aperta a qualsiasi informazione entri. In realtà possono succedere i seguenti errori prevalenti.

Ascoltare solo per avere conferma di avere ragione. Questioni di dissonanza cognitiva in noi e nel cliente

Questo tipo di ascolto è denominato “ascolto confermativo”, poiché l’obiettivo è solo quello di cercare la conferma di avere ragione, di essere nel giusto. 

Questo ascolto fa scartare molte delle informazioni in ingresso, e soprattutto non fa cogliere quei segnali dubitativi che le persone lanciano tramite micro espressioni, gesti corporei e segnali dei muscoli facciali che possono comunicare disapprovazione, disgusto, o sorpresa. 

È confermato che le persone evitino accuratamente di esporsi a fonti informative che possano disturbare i propri equilibri cognitivi, e portare dissonanza cognitiva.  

La dissonanza cognitiva è un concetto introdotto da Leon Festinger e usato prevalentemente in psicologia sociale per descrivere la situazione di elaborazione mentale in cui credenze, nozioni e opinioni su un certo tema entrano in contrasto tra loro. 

Certe volte preferiamo letteralmente non venire a conoscenza di qualcosa che andrebbe ad alterare ciò che pensiamo sia vero e giusto. 

Ascoltare le persone e le loro dissonanze cognitive è un esercizio fondamentale. 

Naturalmente, lo stesso vale per noi. Quando scopriamo una dissonanza cognitiva in noi, faremo bene ad esaminarla con un supporto professionale di coaching, counseling o terapia, perché “tenersi dentro” delle dissonanze è “tenersi dentro” confusione mentale, e anche dolore. 

Ascoltare utilizzando solo il proprio filtro di opinioni e valori senza accettare che ve ne possano essere altri  

Ascoltare con pregiudizio è un passo di partenza sbagliato. Io chiamo questo tipo di ascolto “ascolto filtrato” ed è normale che accada: quando sentiamo una notizia, la valutiamo in base ai nostri filtri valoriali.  

Quello che è sbagliato, nell’ascolto attivo, è pensare che la persona che stiamo ascoltando abbia esattamente i nostri filtri valoriali, e le stesse nostre mappe mentali, dando per scontate le sue risposte, e adombrandoci quando non assomigliano per niente a quelle che avremmo dato noi. L’ascolto attivo deve essere neutro. 

Nel flusso di comunicazione che stiamo ascoltando, inevitabilmente qualcosa che la persona dirà va contro alcune delle nostre opinioni, persino contro alcuni dei nostri valori, o addirittura è contrario a qualcuno dei nostri principi più solidi.  

Appena questo “contrasto” emerge, rischiamo di irrigidirci e smettere di ascoltare. È fondamentale invece per un ascoltatore avanzato, saper “sospendere il giudizio”, ascoltando tutto il flusso comunicativo.

Ascolto in Cloud 

Partecipare all’ascolto significa sospendere la nostra ruminazione mentale e praticare la presenza mentale, portare la nostra mente “li”, nell’ascolto. Significa ascoltare e basta, spegnendo ogni altro pensiero. 

L’ascolto nella nuvola mentale o ascolto “in Cloud” è invece un ascolto che si pratica mentre la mente si perde in altri pensieri e si deconcentra.  

Consiste in sostanza nel lasciare che l’ascolto rimbombi nella propria testa. È normale che mentre ascoltiamo si aprano pensieri, ricordi, riflessioni. Altrettanto normale è che si creino riverberi interni su quanto ascoltiamo, e altri pensieri.  

Tutti questi pensieri possono formare una “nube” che arriva ad assorbire completamente la nostra attenzione. In questo modo la nostra attenzione diventa auto-centrata, cioè diretta solamente verso noi stessi, perciò, anche se l’altro “emette” parole, queste non entrano realmente nella nostra mente, diventando puro rumore di fondo.  

Questo “ascolto in cloud” o ascolto nella nuvola, può e deve essere spezzato: 

  • da momenti di breve riformulazione (quindi eri a Roma, giusto?);  
  • da domande (in che zona di Roma?);  
  • da momenti di ricapitolazione (Se ho capito bene la storia è andata così…);  
  • da gesti non verbali del capo (come, per esempio, cenni che facciano intendere all’interlocutore che abbiamo capito);
  • da brevi punteggiature para verbali (es, ah, uhm, ok).

Fondamentale è l’assenza di rumori di fondo, di distrattori come televisione, telefoni, chat, e altri elementi di disturbo. È anche possibile dire apertamente “mi sto perdendo, hai parlato di Davide, e poi?” 

Possiamo dire senza ombra di dubbio che la base di una comunicazione in stato di cloud sia il caos, il non capirsi, il disordine mentale, lo stato di entropia comunicativa.

Da questa base di partenza, l’ascolto attivo agisce per inserire maggiore ordine informativo, estrarre informazioni, dati, segnali, emozioni, e coordinarle per trarvi significato. Un lavoro non da poco.

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