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È meglio accendere una lampada, che maledire l’oscurità.

Lao Tzu

 

Ogni giorno ti alzi. E ogni giorno combatti una battaglia.

A volte ti accorgi persino che stai combattendo, a volte sei anestetizzato e non lo senti, ma la lotta continua, sempre.

Dentro di noi si fronteggiano forze profonde. Nell’intimo del nostro cuore lottano, due entità, due draghi, forze o titani… non importa come vogliamo chiamarli. Sono le Energie e le Paure.

Il primo guerriero è la nostra Energia Personale, fisica e mentale, la nostra determinazione, capacità, voglia di fare, la potenza fisica e mentale. Ma anche le idee buone, generative, positive. È la metafora della Luce, del Bene, della Vita.

L’altro è il fronte delle Paure, il buio, il dolore, l’ansia, le sfide ardue che la vita ci riserva, le difficoltà, le idee negative, le ideologie oppressive, che ci frenano e ci fanno tornare indietro, ostacolano la nostra avanzata. Per quanto illusorie o reali, queste paure ci contengono, tolgono resistenza alla nostra pulsione di vita e assopiscono la fame di libertà.

Nelle favole e nei miti, questa lotta è rappresentata come la metafora del Viaggio dell’Eroe e la vita come una serie di Prove che  l’Eroe deve compiere per affermare se stesso.

E noi, minuscole creature tra milioni di stelle nell’universo, immerse in questa lotta, cosa possiamo fare? Beh, lasciatemi dire: molto! Possiamo innanzitutto installare un radar mentale che vada a caccia delle idee negative che circolano nella nostra mente. Le credenze negative, una volta smascherate, diventano nemici identificati, e si possono finalmente combattere.

 

L’intelligenza è utile per la sopravvivenza se ci permette di estinguere una cattiva idea prima che la cattiva idea estingua noi

Karl Popper

 

Altra operazione fondamentale è aprire la nostra mente verso l’ingresso di idee buone, positive, nuove visioni, nuovi apprendimenti, e lasciare entrare acqua fresca da mille ruscelli. Può essere un viaggio, un libro, una persona illuminata o piacevole da ascoltare. Qualsiasi fonte di apprendimento carica peso sulla bilancia della luce e indebolisce il buio.

 

La mente che si apre ad una nuova idea non torna mai

alla dimensione precedente.

Albert Einstein

 

Ogni persona accetta o meno le sfide in base alla “dimensione” che vive, al suo stato di potenza ed energia fisico-mentale, e questo è collegato a come funziona la propria “bilancia interiore”, e l’accuratezza del proprio radar mentale.

La nostra mente soppesa energie percepite e paure percepite, poi decide.

Chi è riuscito a fare pulizia mentale e caricarsi di energie, diventa potente oltre ogni limite, e cerca attivamente progetti sfidanti – si getta in battaglie difficili in base alle energie che sente di possedere.

Questo vale per gli atleti, i praticanti di arti marziali, i combattenti della vita, una coppia che decide di avere figli in questo mondo marcio, sapendo che alla fine la luce prevarrà o che almeno questa possibilità esiste.

Le sfide insegnano sempre.

Quelle che accettiamo ma anche quelle che non accettiamo.

Le paure crescono in noi. Alcune sono motivate e utili a salvarci la vita. Guidare senza fare attenzione alla strada deve generare coscienza del pericolo, e non si tratta di una paura patologica, ma aver paura di guidare in assoluto è invece una paura debilitante, di cui liberarsi.

 

Quando sarai pronto a morire sarai grande abbastanza per vivere.

Toro Seduto (1831 – 1890), capo tribù dei Hunkpapa Sioux (Lakota).

 

Chi vive entro completamente immotivate, porta estenuanti sassi nello zaino. Idee sbagliate, angosce sbagliate, pesi inutili di cui disfarsi al più presto. La paura di provare una carriera diversa, la paura di sbagliare in un progetto, la paura di parlare in pubblico, la paura di provare strade nuove.

Come in una favola epica, lo scontro tra queste due forze non ha mai fine dentro di noi e fuori da noi.

Diventa una sfida togliere la sofferenza ad ogni bambino del pianeta.

Diventa una sfida togliere da se stessi le paure di cui possiamo fare a meno e imparare a vivere a pieno.

Vivere a pieno significa decidere cosa sarà della nostra vita. Non lasciarlo decidere alla massa, agli altri, alla tv, o all’ignoranza.

E questo occorre farlo ogni giorno. E’ un esercizio quotidiano di autonomia mentale, di libertà allo stato liquido. Un combattente non rimane in piedi a lasciarsi colpire senza reagire, userà ogni tecnica, ogni energia, ogni tattica, per vincere il suo incontro. Questo vale anche nella vita.

E allora combattiamo ogni giorno questa nostra lotta verso la libertà.

E siamo fieri di questo.

 

Il destino non è scritto, è quello che noi ci creiamo.

(John Connor) dal film Terminator Salvation

 

© Articolo di Dott. Daniele Trevisani, estratto dal testo Self Power. Psicologia della Motivazione e delle Performance, Franco Angeli, Milano

 

 

Copyright Daniele Trevisani, dal Libro

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance (Link allla scheda del libro su Amazon)

Video sul Potenziale Umano dal libro omonimo: https://youtu.be/JvgQdWpDwps

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o impresa, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training aziendale serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o un’organizzazione, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

Figura 1 – Esposizione grafica del modello HPM

metodi di coaching piramide hpm

 

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.

Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

 

  • il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  • il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  • le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente, le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
  • le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;
  • goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
  • visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

 

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.

Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.

1.1. Un modello efficace per il lavoro sul potenziale umano

Chiedersi qual è il proprio potenziale e quanto di esso abbiamo esplorato o raggiunto non è una domanda banale.

Questo accade in alcuni particolari momenti della vita in cui diventa importante per noi realizzare qualcosa, migliorare, ed esprimerci.

Quando questo accade, un sentimento dentro di noi cambia. Dalla realtà esterna iniziamo a spostare l’attenzione verso la realtà interna.

Ci poniamo domande, alcune di queste possono fare male, altre aprire nuovi orizzonti, ma non importa, poiché esse ci mettono positivamente in discussione. Nessuna domanda è inutile quando ragioniamo sul senso e sul significato di chi siamo e cosa vogliamo, quando ci chiediamo se e come vorremmo costruire qualcosa di cui essere fieri (una prestazione, o un contributo agli altri o ad una causa), o semplicemente essere diversi o migliori.

Per molti l’esito di una maggiore attenzione al potenziale personale è il desiderio di esplorarlo, o lasciare un segno, iniziare progetti, potersi guardare alle spalle ed essere fieri di come abbiamo vissuto, di quello che siamo e siamo stati, e dare un messaggio positivo a chi ci seguirà nel viaggio della vita. Per altri invece tutto rimane bloccato in una ruminazione mentale ininterrotta e auto-distruttiva. Le energie bloccate corrodono e distruggono anziché produrre e generare benessere, forza vitale, amore e passione.

La differenza tra i due risultati (crescita e sviluppo vs. ruminazione mentale negativa) sta nell’avere un modello e un supporto che aiuti a individuare meglio i traguardi, e i percorsi da intraprendere per arrivarci.

Insuccessi, cadute, blocchi, errori, fanno parte integrante di questo viaggio, ma il loro accadere non ne sposta minimamente il valore.

Ciò che differenzia un uomo da un sasso è che lo “stare compressi”, sepolti, essere trasportati senza chiedersi dove, o rimanere pressati e immobili, è accettabile per il secondo ma non per il primo.

L’uomo ha un bisogno intrinseco di “volare”, di esprimersi, di “ricercare”, di dare senso alla propria vita, e persino ad ogni propria singola giornata o azione.

Chi nega questo bisogno di espressione e crescita applica uno dei meccanismi psicologici più autodistruttivi che esistono, individuato in letteratura come self-silencing: autosilenziarsi, uccidere le proprie aspirazioni, mettere il tappo ai propri sogni, smettere di credere in qualcosa, pensare che tutto sia inutile, che non valga la pena, che le difficoltà sono troppe, o il mondo in fin dei conti sia sempre andato così.

Bugie. Bugie che ci raccontiamo per non entrare (giusto per usare un altro termine tecnico) in “dissonanza cognitiva”, la condizione di disagio che incontriamo quando ci rendiamo conto che qualcosa nella nostra vita non sta andando come vorremmo, o che potremmo essere migliori o semplicemente diversi. Coltivare il potenziale umano è invece un momento di liberazione.

Esistono implicazioni anche sul piano medico: quando una persona è priva di energie mentali, o non ha più alcun valore o ideale a sorreggerlo, o mancano le competenze per far fronte alla vita, il corpo soffre e può arrivare ad ammalarsi[1].

Desiderare di progredire, porsi domande, “chi, cosa, dove, con chi, perché”, è un obiettivo o passaggio inevitabile per ogni anima sensibile.

Dare impulso al viaggio della vita ha sempre senso. Ne può avere sia che si desideri unicamente una propria evoluzione personale, o che invece il percorso sia finalizzato al percorso professionale e aziendale.

Entrambi i viaggi hanno spessore e valore. Ambedue sono degni di attenzione e di supporto, perché una persona ferma e spenta non è utile a nessuno, così come non è utile avere imprese e team incapaci e demotivati.

I team più forti del mondo, e i più grandi campioni di tutti i tempi in ogni disciplina, o i più grandi pensatori della storia, sono tali perchè continuano a porsi domande e non sfuggire” il richiamo della natura”, la pulsione ancestrale che ci parla di evoluzione, che ci spinge a progredire, ad essere migliori.

Senza un modello che ci aiuti a trovare le direzioni di crescita, il nostro sforzo può risultare nobile ma vano. Si corre, ci si affanna, si investono tempi ed energie,  ma spesso senza una buon mappa di orientamento. Il risultato è un’enorme dispersione.

Un buon modello, invece, aiuta a trovare più rapidamente la strada. Se un modello non offre stimoli, indirizzi e orientamenti, risulta completamente inutile, come orientarsi in una mappa sbagliata o capovolta.

Un modello del potenziale umano, inoltre, può essere utilizzato in progetti concreti di business coaching, di consulenza, di training aziendale, di coaching sportivo, ma anche nel counseling, nei corsi di leadership, nella formazione.

Da quando esiste, l’uomo si sforza di costruire mappe per orientarsi e non perdersi. Abbiamo mappe degli strati più profondi della terra, dei mari, del cosmo, ma – stranamente – non ci vengono fornite mappe efficaci per orientarci nel nostro sviluppo personale o nei territori inesplorati del potenziale umano. Accompagnare le persone in questo viaggio è, per me, un onore.

[1] Una logica conseguenza che non possiamo nascondere è che la  medicina dovrebbe quindi occuparsi anche di questi fenomeni, unendosi alla psicologia e ad altre scienze, in un unica disciplina del funzionamento complessivo dell’essere umano.

Un articolo sulla Rivista F del 17-10-2018, per le donne e sulle donne, principalmente. Un messaggio di emancipazione dall’oppressione delle culture dominanti, del modello della Barbie anoressica, per essere finalmente liberi.

Qui un estratto dal libro connesso all’articolo

© Copyright dott. Daniele Trevisani, dal testo Psicologia della Libertà, edizioni Mediterrane, Roma.

Libertà dalle idealizzazioni tossiche

Lo scopo della vita è ricevere conoscenza, rielaborarla e trasmetterla

Ripulirsi da idee tossiche, da immagini mentali che ti inquinano, libera la tua mente.

Daniele Trevisani

 

Siamo aggregati di cellule che ricevono informazioni, le rielaborano, e le trasmettono. Terabite di informazioni al secondo ci circolano dentro e ne verremmo sovrastati.

I nostri meccanismi mentali hanno bisogno di scorciatoie. Una delle più forti è la strategia di “idealizzazione”, basata sul potere delle immagini mentali.

È sufficiente chiedere ad una ragazza sovrappeso “è così che vuoi diventare?” mostrandole il fisico di una modella, “lo vuoi davvero, con tutte le tue forze?” e se la risposta è si, quella idealizzazione diventerà l’immagine guida per un intero programma.

Ma se, poniamo, quell’immagine è sbagliata, non mostra una ragazza atletica e sana, ma ad esempio mostriamo una modella anoressica, stiamo producendo morte, non utilità.

Puntare ad essere “come quella modella” (che è anoressica e malata) o come la Barbie, o come il culturista più grosso del mondo (che morirà assolutamente con certezza di overdose di steroidi, vedi il caso di Rich Piana) non è idealizzazione sana.

Lo stesso vale per il “Manager con la Ferrari” (comprata a rate o con che soldi e guadagnati con quale meritocrazia di fondo?)

Ho incontrato personalmente, nella mia vita, casi di ragazzi giovani in fase di counseling universitario, che venivano attratti dall’idea di abbandonare gli studi dopo avere fatto qualche settimana di lavoro per aziende di network marketing, corsi di lettura veloce, successo rapido, e altre porcherie, e il ragazzo nello specifico diceva “ma il mio capo ha solo 26 anni e arriva in Porsche”.

Capirete da soli quanta distorsione ci sia nei “metri di misurazione”.

Forse anzi molto probabilmente, quella Porsche nasconde tanti di quei cadaveri nell’armadio, che se potesse parlare andrebbe a costituirsi da sola in commissariato.

  • Se vuoi essere come “quello figo che ha la Porsche e non si è neanche laureato” stai facendo una idealizzazione tossica,
  • il superbodybuilder (non parlo di atleti veri del bodybuilding che esistono e sono rispettabilissimi, ma di fogne per steroidi) è una falsità ideologica,
  • la Barbie vivente, la modella anoressica, sono una falsità ideologica,
  • il dirigente/manager che non sbaglia mai e tratta tutti male, oltre che essere un idiota, è un falso ideologico.

Queste immagini false che rischi di prendere come verità che guidano la tua vita, si chiamano “idealizzazioni tossiche”.

Trovare modelli e riferimenti positivi, invece, è arte e tecnica fondamentali. Figure che riescono a dare contributi utili, figure autentiche, persone che sono “possibili” e non modelli impossibili, utili solo a castrare e frustrare nella loro impossibilità di essere raggiunti. E che se raggiunti, portano alla distruzione della tua vita.

I modelli di riferimento e le idealizzazioni “buone” aumentano la tua libertà, non la riducono. Aumentano la tua cultura, aumentano la tua consapevolezza, la tua spiritualità, la tua libertà intellettuale.

© Copyright dott. Daniele Trevisani, dal testo Psicologia della Libertà, edizioni Mediterrane, Roma.

Autorealizzazione: la visione della persona come sistema energetico

Contributo del dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it – consulente e formatore aziendale, Counselor, Master of Arts in Mass Communication, University of Florida. Insignito dal governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla comunicazione e potenziale umano.

Copyright Daniele Trevisani, estratto con modifiche originali dell’autore dal testo “Il Potenziale Umano” Franco Angeli editore

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Ricordarci chi siamo ogni tanto fa bene. O meglio. Va “sollecitato”. Altrimenti va nel dimenticatoio, e ci si dimentica, giorno dopo giorno, di fare un lavoro “sacro”. Sacro? Ma come? Cosa vuol dire? Beh, in qualche paragrafo cercherò di spiegare cosa intendo e che benefici derivano per sé e per gli altri dal cogliere la dimensione “sacra” del fatto stesso di lavorare nel fitness e nel wellness, o nello sport, nel coaching o nel counseling.

Il primo fatto è questo. Che lo vogliamo o meno, siamo operatori del Potenziale Umano. Ogni allenatore, istruttore, e in generale chi opera nel mondo, agisce a vari livelli con lo scopo consapevole o del tutto inconsapevole di alimentare le energie personali (fisiche e mentali) di un cliente/partecipante. Diventarne coscienti è un passaggio fondamentale.

L’importanza del lavoro sul corpo nell’autrealizzazione è fondamentale. Il corpo è la nostra casa, è dove abitiamo.

Ogni esperto di fitness, salute, allenatore o Direttore Tecnico si ispira – sapendolo o meno – ad un metodo o scuola di riferimento. Quello che diventa importante per ogni essere umano è capire come fuoriuscire dal metodo di provenienza, non considerarlo una gabbia ma un trampolino per la propria ricerca, e cercare un modello universale, la matrice che ispira il motivo stesso di lavorare e di vivere il corpo.

Possiamo immaginare l’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni. Noi siamo attivi nel fitness sia per una catena di eventi del tutto casuali, ma lo rimaniamo nel tempo e ne facciamo una professione voluta solo quando capiamo la sacralità che si nasconde dietro ogni piccolo gesto che vediamo compiere in una palestra, che sia aiutare qualcuno a far bene una distensione su panca, o vedere una persona entrare cupa e uscire felice e più serena dal nostro centro. Se un istruttore crede in quello che fa, si vede da kilometri di distanza. E i clienti lo sento, lo “percepiscono”. Respirano l’energia del centro fitness e ne escono carichi e motivati. O, al contrario, si annoiano e non torneranno più.

Il metodo che utilizzo per la formazione di trainer, allenatori, istruttori e Maestri di varie discipline, sia nel fitness che nelle arti marziali, individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascun cliente, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire e far progredire qualcuno, nel suo senso più profondo.

“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali. Farlo per i clienti significa porsi come coach del loro potenziale, anziché vederli come semplici numeri da casellario.

L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o team, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Può far diventare il centro fitness un luogo sacro, inteso come luogo dove si persegue una forma di ricerca del proprio potenziale. Non sono davvero convinto che tutti gli operatori colgano questa forma di sacralità. E non cogliendola, non la trasmettono, né ai clienti, né alla reception. E diventano quindi freddi, distaccati, trattando il cliente appunto come un numero.

Non ci meravigliamo quindi se poi un cliente abbandona presto. Ognuno di noi ha avuto voglia di andarsene durante un’omelia o una messa quando ha iniziato a sentire noia. Perché non dovrebbe succedere lo stesso in palestra o in un centro fitness?

Dobbiamo quindi aiutare i clienti a prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli. Questa è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo di un praticante), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o una squadra, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire. La ricerca di un modo diverso di fare fitness parte proprio dalla “sacralità” che ciascuno di noi percepisce nel fare il lavoro che fa, o nel vederlo invece come uno dei tanti possibili lavori.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.  C’è chi crede che esista qualcosa di sacro e per il quale vale la pena battersi, e chi crede che tutto sia inutile. Il metodo si rivolge ai primi.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

 Figura 1 – Esposizione grafica del modello HPM

Ciascun punto riguarda un lato specifico di un cliente, ad esempio

  • Il suo stato di forma fisico, sia generale che nei diversi distretti corporei
  • Il suo stato di motivazione e la sua capacità di essere continuativo nella frequentazione
  • L’ampiezza delle discipline che riesce a padroneggiare (spettro o vastità disciplinare), e che riusciremo quindi a vendere ad un cliente, entro un percorso multidisciplinare di marketing del centro fitness
  • La capacità di andare in profondità nelle tecniche di alcune di esse, sino al punto di far sentire un cliente “padrone” di un certo territorio psicologico e far si che si senta davvero bene
  • I valori che ispirano l’essere praticante di fitness, atleta, coach, istruttore o Maestro, il perché facciamo le cose e il perché pratichiamo fitness
  • La capacità di tradurre una “voglia di migliorare” in un progetto concreto, per se o per i propri allievi e clienti. Questo si traduce in un vero atteggiamento consulenziale, che parte dal desk e deve permeare ogni singolo istruttore, e persino i muri del centro fitness (non come metafora, ma realmente, tramite illustrazioni e figure che aiutino a motivare i cliente all’assiduità e alla frequenza. Ne ho visto esempi pratici nella palestra di una base americana della Nato, e vi assicuro che funzionano).

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale di un cliente è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.

È vero Maestro o vero istruttore o fitness trainer colui che sa dare voce a questo potenziale. In caso contrario, saremmo di fronte ad un puro “insegnante di tecniche”, non ad un “formatore” dell’individuo, nostro vero obiettivo.

Nessuno pratica fitness per gettare soldi in abbonamenti se non coglie un senso in ciò che fa, ma ha una motivazione psicologica (non annoiarsi, o una forma di riscatto personale, e mille altre possibili ragioni che formano l’universo motivazionale del cliente). Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale a crescere, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

  • il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione durante un allenamento, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria per ricordare brani di allenamento positivo, amplificazione sensoriale, vissuti emotivi, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel centro fitness, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  • il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organismico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  • le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie di esecuzione del gesto, che fanno la differenza in una allenamento buono e produttivo, “sentito”, o invece scadente e noioso. Comprende anche le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente,  le micro-abilità relazionali e di movimento da cui dipende un lavoro di qualità;
  • le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un partecipante; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne attivi in una gamma di discipline variegata; questo per noi significa riuscire a collegare il cliente al centro fitness al di la della disciplina praticata ed aiutarlo a cambiare discipline in un percorso variegato, senza perderlo. È una delle sfide che il modello vuole cogliere;
  • goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); infondere motivazione nel partecipante, generare la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi allenanti e focus sui risultati attesi;
  • visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione che si nasconde dietro e dentro al fare fitness, un senso da recuperare assolutamente. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Se sappiamo generare energie e alimentare energie di queste 6 celle avremo fatto al cliente o a noi stessi un dono incredibile, un dono che si collega all’aumento delle sue energie personali come risultato di cui essere fieri.

Copyright Daniele Trevisani, www.danieletrevisani.it estratto con modifiche originali dell’autore dal testo “Il Potenziale Umano” Franco Angeli editore.

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 Video di approfondimento, una visione particolare sul concetto di Autorealizzazione, Eckart Tolle

https://youtu.be/jP_veYfhx4M

(c) Di Daniele Trevisani

I fondamenti del Metodo

  1. Una persona senza corpo non può fare niente. Ma anche senza motivazione, non potrà fare niente.
  2. Se anche hai un corpo che funziona perfettamente e la voglia di fare cose incredibili, devi avere un “saper fare”. In caso contrario, i tuoi sogni rimarranno sempre nel cassetto.
  3. E se non hai sogni, ideali, volontà di lasciare un contributo al mondo, nemmeno la tua vita ha alcun valore.
  4. Tutte le tue energie sono collegate tra di loro.
  5. La tua capacità di arrivare al tuo pieno potenziale, dipende da come riesci a capire la connessione tra tutti questi strati del tuo essere e come funzionano in te, come creatura specifica che ha dinamiche uniche, irripetibili, diversa dalle altre nel come attiva la connessione tra queste celle di energia interna.

Le nostre energie umane sono in realtà racchiuse “Celle Energetiche”
Sono strati e sistemi enormemente diversi. Iniziano dal corpo fisico, dalle energie di ogni singola cellula, e arrivano agli ideali astratti e più elevati.
Tutta questa complessità è un dono immenso se lo saprai cogliere, ti serve solo di voler veramente lavorare su te stesso, sulle tue capacità.

  • L’efficienza non è un concetto astratto. Si tratta di pura energia in azione. Si tratta di pura focalizzazione del pensiero sulle priorità.
  • Ma efficienza e performance, senza benessere, non valgono a nulla.

A cosa serve vincere una gara per morire appena tagliato il traguardo. A cosa serve per una azienda essere “profitabile”, generare profitti, se semina dolore? A cosa serve una grande carriera se i tuoi rapporti umani sono inesistenti o miserabili? A cosa serve un bel corpo in una mente stupida o priva di valori? A cosa serve avere grandissimi ideali e valori se poi non sappiamo trasformarne almeno una piccola, piccola parte, in qualcosa di concreto che lasci un segno nel mondo?

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  • dal volume Self Power, di Daniele Trevisani (Copyright)

Lo schema a sei celle del metodo HPM espone un possibile schema di riferimento. Il lavoro sulle sei variabili primarie permette di amplificare il potenziale personale, conseguire performance, ricercare un funzionamento ottimale (Optimal Functioning), stimolare un ricentraggio delle proprie attività, degli stili di vita e di relazione, dello stile di pensiero e di azione.

metodo HPM Dr. Daniele Trevisani

Ciascuno di questi macrouniversi contiene intere costellazioni, sistemi e mondi da esplorare.

Trovando i giusti livelli di attenzione, sapendo dove è possibile intervenire, lo sviluppo personale diventa un fatto perseguibile, non più solo un sogno o un desiderio.

Si è trattato e ancora si tratta di un “viaggio” di scoperta ed analisi, in un campo di studi sterminato.

Trattando un tema di frontiera, ampio, multidisciplinare, le fonti devono necessariamente essere altrettanto variegate. Ogni singola esperienza, di ogni uomo, è fonte di conoscenza.

Ogni pensatore del passato o del presente può darci un contributo. Ogni singola anima può contenere spirito vitale, e portare contributi.

 

Sei miliardi di persone al mondo, 6 miliardi di anime, ma a volte ne basta 1 sola.

Dal film: “One tree hill”

 

Un viaggio che riguarda anche te

Man mano che gli studi aumentano e l’analisi di casi concreti sul tema delle performance avanza, si fa più forte l’evidenza che il “viaggio” nella psicologia delle performance non riguarda solo le élite, i campioni, le aziende leader, i manager di alto livello, ma ha implicazioni in ogni processo di crescita della persona, in ogni attività umana. La performance comprende una sfida piccola o grande, sia sportiva che manageriale, o di vita, e in ogni forma di scoperta o avventura umana. Per cui, che tu sia un campione o ti stia addentrando in un nuovo ramo della vita, ti riguarda.

I suggerimenti degli esperti e dei praticanti, in ogni campo, se osservati bene e ripresi nella vita quotidiana, possono insegnare molto anche fuori dalle competizioni. Ci insegnano un approccio che va ben fuori dalle gare o degli impegni massimali e tocca la vita stessa.

È utile saper “estrarre” le conoscenze, farne un distillato, ed utilizzare queste pozioni alchemiche ovunque siano utili e produttive. Le indicazioni che arrivano da una certa disciplina possono andare ben oltre la fonte originaria, e dobbiamo chiederci come renderle utili e produttive anche in altri campi.

Ad esempio, se prendiamo lo sport della corsa di resistenza, e riusciamo a chiarirne alcune dinamiche psicologiche, possiamo applicarne il distillato anche ad altre aree che richiedono resistenza, come il lavoro manageriale, o l’essere genitori.

In campo atletico, Massini, ad esempio, osserva come nella preparazione dei corridori esista un training psicologico, un allenamento che aiuti a saper perseverare, tenere il ritmo e non mollare durante la propria preparazione[1]. La dottrina militare, similmente parla del Battle Rythm come una cadenza di attività indispensabili per tenere sotto pressione il nemico.

In sostanza, saper gestire una fase di stress anziché venirne schiacciati.

Per l’atleta vengono predisposte fasi di allenamento che cercano di far crescere le persone su questo piano.

Se prendiamo altre discipline, come le arti marziali, possiamo ricavarne molto: la sacralità di un allenamento al di la del fattore fisico, il bisogno di condurre uno stile di vita coerente con i propri obiettivi, la necessità di avere test di realtà (combattimenti realistici), sapere affrontare la propria preparazione con un lavoro variegato, variarne le modalità e le intensità, ma soprattutto trovare una soddisfazione intrinseca in ogni allenamento.

Viene da chiedersi quanta utilità potrebbe esserci nell’applicare queste ed altre tecniche di coaching anche nelle aziende. E non solo, quanto sia veramente indispensabile allenare e coltivare le capacità di apprendere, in ogni persona, anche e soprattutto fuori dallo sport, dalla tenera età in avanti.

Tra le diverse discipline che si occupano di crescita e sviluppo, le contaminazioni possibili sono molte, e non vanno solo dallo sport verso le imprese, ma possono anche compiere il viaggio inverso. Ad esempio, le tecniche proposte dalla formazione di tipo esperienziale (Experiential Learning) offrono eccezionali strumenti per rendere un allenamento sportivo più coinvolgente e produttivo, e per creare atleti e praticanti più consapevoli e motivati.

Una delle tecniche di base dell’Experiential Learning aziendale (la formazione aziendale di tipo attivo ed esperienziale) è data dal ciclo briefing-attività-debriefing, il che significa:

Spiego cosa andremo a fare e perché, su quali aree di capacità andremo a lavorare oggi.

Lavoriamo e ci alleniamo.

Dopo aver lavorato, riflettiamo sull’esperienza appena svolta, sulle difficoltà incontrate, sugli insegnamenti che ho tratto oggi, su quello che non è andato bene, su cosa invece ha funzionato ed è stato utile.

Si tratta di un ciclo basilare in tre fasi, che potrebbe essere utilizzato in numerosissime attività sportive, soprattutto nei settori giovanili, con un enorme beneficio. Purtroppo, questo succede molto raramente.

I diversi mondi delle performance – sport, management, scuola/università, forze di sicurezza, ricerca – raramente dialogano tra loro e si scambiano esperienze di successo.

Quando il dialogo si interrompe, quando si crea stasi, vi sono solo due possibilità: una positiva, la meditazione o riflessione positiva, ed una negativa, la depressione. In questo senso dobbiamo ricordare che il semplice fatto di essere impegnati in un percorso di miglioramento è di valore in quanto azione positiva.

 

L’uomo è nato per l’azione,

come il fuoco tende verso l’alto e la pietra verso il basso.

Non essere occupato e non esistere è per l’uomo la stessa cosa.

Voltaire

 

La forza della preparazione

Mick, in campo aziendale, osserva il bisogno di coltivare maggiormente le doti di saggezza manageriale, anziché riempire i manager di skills e concetti che poi verrebbero applicati male o senza coscienza[2]. Anche questo contributo va ben oltre l’azienda e si estende alla vita di ogni organizzazione o team.

La cultura in se non serve a niente se non viene messa al servizio di qualcosa di importante.

Come si osserva in questo dialogo di Thomas Henry Huxley, siamo sempre al servizio di qualcosa, per cui è bene decidere cosa merita e cosa no:

 

– Vescovo anglicano di Oxford: Ma è da parte di padre o di madre che voi discendete dalla scimmia?

– Huxley: Preferisco discendere da una scimmia che da un uomo di cultura che ha prostituito il sapere al servizio del pregiudizio e della falsità.

[1] Massini, Fulvio (2008). Hard Run. I suggerimenti del coach per atleti d’alto livello. In: Runner’s World, gennaio 2008, p. 32.

[2] Mick, David & Thomas Bateman (2006), The Ultimate Virtue. Article Proposal for the Harvard Business Review, Version: 15 February 2006. McIntire School of Commerce, University of Virginia.

Copertina Libro Il Coraggio delle Emozioni compressaArticolo estratto dal libro Il Coraggio delle Emozioni di Daniele Trevisani. Clic qui per la scheda del libro Il Coraggio delle Emozioni su Amazon.

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Il coraggio di analizzare, il coraggio di vedere

Il coraggio è l’atteggiamento di fondo che spinge alcuni individui a cercare di vivere la vita, le sue azioni, le sue sfumature emotive più intese, arrivando a guardarle in faccia, a pieno.

Il coraggio significa comportarsi in base a valori personali nuovi, rinnovati, ripuliti da falsità, a volte scoperti, a volte semplicemente persi e poi ritrovati.

È la voglia di respirare che ti guida. Non smettere mai di ascoltarla.

Chiediti cosa stai respirando non solo con i polmoni.

Chiediti cosa respiri con gli occhi, cosa entra nelle tue orecchie, cosa vedi, cosa percepisci, cosa “senti”, persino in questo esatto momento.

 

Separerai la Terra dal Fuoco, il Sottile dal Denso,

delicatamente,con grande cura.

Ermete Trismegisto, Tavola Smeraldina

(Tabula Smaragdina) o Tavola di Smeraldo

 

Apprendi a percepire il flusso della forza che hai dentro. Dove vuole dirigersi?

È una forza che ti accompagna dalla nascita, e aspetta solo le occasioni per manifestarsi. Senti quando e cosa blocca questa forza primordiale, lasciala pulsare.

 

Percepire un aspetto nuovo di sé stessi è il primo passo

verso il cambiamento del concetto di sé.

Carl Rogers, Un modo di essere, 1980

 

Chi vive la via del coraggio impara prima di tutto ad accettare di essere imperfetto, e avere paure. Le considera momenti significativi. Dolorosi si, ma non completamente inutili. Voci che vogliono essere ascoltate. A volte proprio nei momenti più bui e neri, si possono apprendere competenze e nuove facoltà che prima sarebbero state in caso contrario del tutto sconosciute, non necessarie.

Ne nasceranno nuovi strumenti, nuove esperienze. E con questi, oltre a superare le difficoltà, potrai costruire intere città e interi nuovi mondi. Potrai avventurarti in aree e territori prima impensabili.

La paura è il grande nemico emotivo del coraggio, un nemico che si maschera come “paura di sbagliare”, “paura di essere giudicati”, “paura che non tutto vada per il verso giusto”, “paura dei potenti e di chi ha status”, sino alla “paura di avere paura”.

 

Una catastrofe può innescare un grande cambiamento evolutivo positivo

 

Se osservi ciò che accade attorno a te, se lo osservi bene, ogni giorno apprenderai e ogni giorno l’alchimia delle emozioni sarà più amica e più al tuo fianco.

Molte persone passano la vita a credere nelle credenze altrui, a inseguire gli obiettivi sbagliati, alcuni se ne accorgono, altri no. Alcuni provano a vivere, altri si perdono. Ogni mente persa, ogni vita ingabbiata, è una grande opportunità sprecata.

In un percorso di crescita possiamo accendere i nostri riflettori su cosa merita le nostre energie migliori e la nostra lotta.

Cercheremo di capire anche che esistono falsi bersagli – come quelli che lanciano sottomarini e aerei per confondere il nemico – e che noi a volte passiamo la vita a rincorrerli, o inseguire ombre, il vuoto, o il nulla.

Cercheremo di far uscire il libero pensiero, il pensiero non detto, che sia esso positivo o negativo, non importa. Perché quello che conta è vivere nella luce, e trovare la nostra luce in noi.

Spesso la gente non ha le emozioni chiare, altro che le idee.

Diego De Silva, Non avevo capito niente

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Copyright, estratto con modifiche Dal volume Personal Energy di Daniele Trevisani

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Per molte generazioni se tuo padre era contadino tu diventavi contadino. C’era bisogno di te nei campi. Punto. Potevi avere le doti per diventare un medico o uno scienziato ma non avevi la “libertà esperienziale” di provarci.

Questo accade ancora oggi in molte zone del pianeta. Nasci povero, rimani povero, nasci da genitori drogati, diventi drogato. Chi sfugge a questo gioco è solo una minima parte della popolazione mondiale.

Se non sei in quella esatta condizione di schiavitù, cominci a godere di qualche margine di libertà esperienziale. Sei un privilegiato, che te ne rendi conto o meno. E chi ha privilegi deve fare qualcosa per chi ha avuto meno fortuna. Hai margini di libertà esperienziale? Allora, è bene farne buon uso. Non sprecarla.

È bello pensare che la libertà si associ ad una crescita, uno sviluppo, nei campi più vari: sul piano fisico, mentale e psicologico, sportivo, culturale e intellettuale, o spirituale.

Un’anima libera è in grado di liberarne altre. Pensaci. Per cui, quando fai qualcosa per te, per la tua mente, e per potenziare la tua libertà, stai facendo qualcosa anche per gli altri.

Se vogliamo fare sul serio, nella ricerca della libertà e del nostro potenziale, dobbiamo intraprendere un percorso, evitando le scorciatoie facili che, spesso, sono nient’altro che prese in giro, bugie, trappole.

Un percorso di crescita personale apre a nuove possibilità.

  • È benvenuto chiunque crede nell’idea che sia possibile cercare e potenziare i lati più positivi dell’essere umano, nonostante tutti i suoi limiti e difetti.
  • E’ benvenuto chiunque pensa che – nonostante ciò che si vede e si ascolta, in giro, nei telegiornali, nella vita quotidiana, sia spesso disgustoso, e faccia poco onore all’uomo –  non per questo si debba mollare.
  • E’ un viaggio per chi crede utile dare contributi di metodo e pensiero per poter coltivare il lato nobile della vita, far crescere se stessi, le persone, o per chi lavora, far crescere i team, e le imprese, le organizzazioni, le società. È davvero nobile chi riesce – nonostante le miserie quotidiane che sentiamo e vediamo – a mantenere attenzione verso la ricerca dell’elevazione di sé, e a cercare il lato nobile della vita.
  • È benvenuto chi non crede più in niente e ha ricevuto duri colpi dalla vita, ma sente che esiste un motivo per rialzarsi, un motivo di cui non capisce nemmeno la ragione, un motivo che trascende la sua stessa comprensione.
  • E’ benvenuto inoltre chi non sopporta l’oppressione, l’arroganza dei regimi, il senso di soffocamento delle idee, o delle ideologie totalitarie, e anche di quelle subdole che cercano di entrare nelle nostre teste travestite da regalo, da serial televisivo o spot pubblicitario, da ricatto morale, e qualsiasi cosa provochi impoverimento psicologico.
  • È benvenuto chi è all’inizio, chi parte proprio adesso nel suo viaggio di vita. Adolescenti o giovani iniziano una vita di studio o di lavoro, e sfruttamento da parte dei “bastardi” che abbondano. Per loro, è essenziale capire presto alcuni concetti fondamentali per non farsi fregare, nutrirsi di idee e pensieri buoni che li aiutino ad avere fondamenta solide, prima che la vita li bastoni duramente senza corazze.

Possiamo costruire una forma di corazza contro le mazzate tribali, esistenziali e professionali, sapendo benissimo che non riusciremo mai ad eliminare le clave, in giro ce ne sono troppe. È decisamente meglio imparare a parare i colpi, capire da dove arrivano, rafforzarsi, ma anche a mettere le ali e volare sopra i cavernicoli.

Il vero scopo non è chiuderci in un guscio, ma aprire le ali e volare ad un livello di coscienza elevato.

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Copyright, estratto con modifiche Dal volume Personal Energy di Daniele Trevisani

1.11.      Raggiungere obiettivi

Energie e capacità mettono le persone in grado di dirigersi verso i propri obiettivi o scopi, siano essi già inquadrati come progetti con un output preciso, o semplici idee ispiratrici, ancora non definite o ben focalizzate.

I tre grandi piani di lavoro (energie personali, competenze, obiettivi), sono variabili tecniche, ma dietro ad esse si trova uno sfondo umanistico enorme, dalle grandi implicazioni, che vogliamo esaminare.

Ottenere risultati e tagliare i propri traguardi è un tema importante per l’individuo, per un gruppo (team sportivo, team aziendale), e per un’intera organizzazione o azienda, persino per una nazione o l’intera umanità.

La quantità di implicazioni psicologiche che si ritrovano dietro ai risultati, tuttavia, è impressionante. Solo chi li ha faticati in prima persona è consapevole dello sforzo, delle energie mentali e motivazionali spese per attività che apparivano, a prima vista, banali o puramente tecniche.

A volte non sono gli obiettivi ad essere difficili, ma le persone.

Ad esempio, la prestazione in un esame dipende sia dalla conoscenza della materia (aspetto tecnico) ma anche dalla capacità di gestire emozioni, ansia e attesa, essere comunicativi e mentalmente presenti (componente psicologica), e questa è ben più difficile da affrontare che non lo studio di una materia.

Anche nello sport, vincere una partita prevede la capacità di creare un team vincente, lavorare ai climi psicologici del gruppo, sostenere le individualità, creare uno spirito di squadra. Chi dimentica questo perde.

Lo sanno bene le nazionali forti che possono subire sconfitte pesanti e umilianti anche da squadre di paesi semisconosciuti, se affrontano l’impe­gno con “sufficienza”, o si trovano nella condizione psicologica sbagliata, mentre gli avversari sono iper-motivati e affamati di vittoria.

Anche in azienda il fuoco della motivazione e della passione, e le qualità mentali, fanno la differenza: un progetto davvero innovativo prima si pensa, poi vi si investe. La qualità del pensiero viene prima.

Una distinzione fondamentale consiste nel riconoscere che esiste una matrice di obiettivi, e questa parte da risultati molto focalizzati (micro-goal, come rimanere positivi nei vari momenti di un’attività, anche se impegnativa), passa per obiettivi più ampi (es.: gestire bene un progetto cui teniamo), sino a salire agli obiettivi esistenziali (Life Objectives), come il bisogno di vivere a pieno la vita, e la ricerca della felicità.

In ciascuno di questi stadi vi sono catene da spezzare e cose da imparare.

Secondo questa visione, vivere pienamente significa ben più che esistere.

Questo ha ripercussioni non piccole sul concetto stesso di performance e di potenziale umano. Come sostiene Oscar Wilde:

 

La cosa più difficile a questo mondo? Vivere! Molta gente esiste, ecco tutto

(Oscar Wilde).

 

Quindi, fissiamo immediatamente un concetto: si possono ottenere performance senza lavorare sul potenziale umano seriamente (es.: doping, o comprare un risultato) ma questo non ci interessa, non è il nostro fine. Anzi, questi pseudo-risultati sono il polo negativo, il male, le bugie, le false promesse, ciò da cui vogliamo stare lontani.

Il lavoro che ci apprestiamo a fare infatti è quello allenante, preparatorio, formativo, costruttivo, il dare forma (Modeling) al potenziale e alle prestazioni tramite un lavoro serio, fatto di continuità, tecnica, strategia, sudore.

Due elementi fondamentali di una prestazione umana sono: (1) gli scopi (obiettivi) e (2) il loro grado di raggiungimento (nullo, intermedio, totale).

Rispetto agli scopi, ci concentriamo soprattutto su quelle prestazioni o performance che hanno un senso di contributo, di liberazione, di espressione, di emancipazione. In altre parole, le prestazioni non solo meccaniche.

Rispetto al grado di raggiungimento, consideriamo che esso sia una funzione strettamente dipendente dal tipo di potenziale raggiunto (dalla persona, dal team, dall’organizzazione), e che per l’eccellenza bisogna lavorare sulla crescita strutturale più che sui risultati immediati. È la nostra visione.

È più importante insegnare ad un atleta a gestirsi, a non bruciarsi, ad avere una carriera e una vita, a trovare equilibri, che non spremerlo e gettarlo per una singola gara o stagione.

Lo stesso per avere manager e professionisti preparati in azienda: stiamo o no creando un sistema che li formi, una palestra di formazione aziendale? Se non abbiamo un programma serio in merito, non lamentiamoci se dovremo richiamare i pensionati. In ogni squadra seria si coltiva un vivaio e un settore giovanile, e questo vale anche in azienda. Molti vogliono risultati senza investire, e spremono l’azienda, ma non fanno crescere le persone.

Ancora una volta, vogliamo lavorare alle condizioni che permettono di ottenere i risultati quando li desideriamo, senza attendere manna dal cielo o la fortuna.

Il nostro approccio considera le performance vere non solo come atti tecnici, ma espressioni di libertà, applicazioni di una volontà emancipata di andare oltre, di scegliere (Free Will), un concetto che sta entrando finalmente nella letteratura anche manageriale:

 

La libera volontà è l’abilità di un agente di selezionare un’opzione (comportamento, oggetto, etc.) da una serie di alternative.

 

Nei capitoli successivi passeremo in rassegna numerosi dettagli tecnici sui quali lavorare per una formazione e coaching analitici e in profondità.

Non dimentichiamo però lo spirito di fondo, che è sempre quello di un messaggio positivo, ciò che un padre vuole trasmettere ad una figlia, o figlio, o al prossimo, rispetto alle energie e alla vita: ogni volta che ti svegli, pensa positivamente a cosa fare di buono oggi. Ogni volta che vai a dormire, rivedi le cose buone accadute, sensazioni positive che avresti dato per scontato. Poi, pensa a cosa ti piacerebbe fare di buono domani, cosa ti renderà felice, che contributo puoi dare a te e agli altri, in cosa puoi applicarti bene. Fai cose che ti daranno energie, riduci quelle che ti impoveriranno spiritualmente e fisicamente.

Non lasciarti spegnere. Ogni volta che sei triste chiediti se la tristezza ti merita o se puoi dirottare le tue energie verso qualcosa di positivo.

Ogni volta che guardi avanti cerca il bene, e quando ti guarderai indietro sarai orgogliosa di te. Questo è rendere omaggio al dono di esistere.

Agire, provarci, in modo da potersi guardare indietro con senso dell’onore, è luce, un bisogno che traspare in ogni storia vera, in ogni cultura umanistica e spirituale, come si intravede bene in questa testimonianza dagli Indiani d’America:

 

“Oh Grande Spirito, la cui voce ascolto nel vento,

il cui respiro dà vita a tutte le cose.

Ascoltami; io ho bisogno della tua forza e della tua saggezza,

lasciami camminare nella bellezza,

e fa che i miei occhi sempre guardino il rosso e purpureo tramonto.

 

Fa che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma

e che le mie orecchie rapidamente ascoltino la tua voce.

Fa che sia saggio e che possa capire le cose che hai pensato per il mio popolo.

Aiutami a rimanere calmo e forte di fronte a tutti quelli che verranno contro di me.

Lasciami imparare le lezioni che hai nascosto in ogni foglia ed in ogni roccia.

Aiutami a trovare azioni e pensieri puri per poter aiutare gli altri.

Aiutami a trovare la compassione

senza la opprimente contemplazione di me stesso.

 

Io cerco la forza, non per essere più grande del mio fratello,

ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso.

Fammi sempre essere pronto a venire da te con mani pulite e sguardo alto.

Così quando la vita appassisce, come appassisce il tramonto,

il mio spirito possa venire a te senza vergogna”.

 

Preghiera per il Grande Spirito,

Tatanka Mani (Bisonte che Cammina) (1871-1967)


Mick, D. Glen (2008), Degrees of Freedom of Will: An Essential Endless Question in Consumer Behavior, Journal of Consumer Psychology, 18 (1), 17-21.

 

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Copyright, dal Volume:

“Il Potenziale Umano”

Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

 

Ralph Waldo Emerson:  Il segreto della forza sta nella concentrazione.

Una frase a volte sintetizza tutto.  La concentrazione mentale diventa potere poichè permette di focalizzare le energie verso un obiettivo “pulito”. La vita quotidiana, invece, fa di tutto per dirigere la nostra attenzione verso obiettivi “offuscati” e a volte persino dannosi. Io chiamo questo fenomeno “deriva psicologica”, andare alla deriva, perdersi di vista, perdere di vista gli scopi, perdere di vista il senso delle cose, dove niente ci appassiona più, niente ci attrae davvero, si finisce di vivere in un limbo esistenziale sbattuti tra un carrello di ipermercato, un programma televisivo deficiente, il lavoro come obbligo, nutriti di informazioni false, deformate, o che non ci servono assolutamente. Se lo sappiamo, però, possiamo attivare i nostri meccanismi di difesa (nell’Esercito si parla di shielding psicologico e shielding informativo, o strategie di inoculazione contro i messaggi persuasivi del nemico).

Il dramma di molti ragazzi, ma anche di molti adulti e dei manager di oggi, è di non avere più niente su cui concentrarsi.

L’attenzione viene così distorta al punto che per la persona diventa importante sapere e conoscere il massimo sulle più grandi idiozie e niente su se stessi.

Molti nella nostra misera popolazione italiana di questi anni, così culturalmente soggiogata, saprebbero rispondere a decine e centinaia di domande di gossip, tipo se Belem e Corona stanno ancora assieme, qual’è l’ultimo flirt di George Clooney, o di Elisabetta Canalisi, e altre informazioni che inquinano la mente, “memi” (tracce mentali) inquinanti di questo tipo.

L’inquinamento mentale impedisce di concentrarsi su ciò che conta e di esercitare il potere della concentrazione su ciò che conta. Alcuni esempi di temi utili su cui concentrarsi:

– nel lavoro che svolto posso esprimermi?

– che alternative posso tentare?

– da quanto tempo non mi sento davvero come vorrei, e perchè?

– quali sono le fonti di informazione meno corrotte, dove trovarle in rete, su internet, invece di digerire le minestre informative precotte?

– come sto fisicamente, ho fatto esami del sangue recentemente?

– faccio sport? lo faccio con continuità? se no perchè? ci sono strade che posso prendere con più forza di volontà?

– leggo libri che mi diano stimoli culturali, conoscenze nuove, sul campo del corpo, della mente, della psicologia, delle scienze, o qualsiasi altro settore che mi faccia crescere personalmente? se non leggo, perchè non inizio?

quante bugie mi auto-racconto?

Le domande possono essere tantissime.

Alla fine, raggiungiamo sempre una sola conclusione: il segreto delle persone che hanno raggiunto i loro obiettivi o vi si avvicinano con maggiore efficacia sta nella concentrazione mentale su obiettivi inquadrati, “puliti” da rumori di fondo psicologici che distraggono dagli stessi, dopo un lavoro di pulizia forte dai falsi obiettivi e dalle perdite di tempo in attività inutili e dannose (tv commerciale, letture stupide, etc).

 Il segreto della forza sta nella concentrazione.Quanti manager deconcentrati vedi nelle aziende? E che effetto produce tutto questo?

 Daniele Trevisani

 

 


L’essere umano ha una propria economia energetica globale, un insieme di equilibri delicati dal quale emerge il suo grado di “potenza” complessiva, la capacità di affrontare casi, azioni, sfide, problemi piccoli, grandi, semplici o complessi, dominandoli, o – in caso contrario – essendone schiacciati.

L’alchimia delle intere energie personali è decisamente complessa.

 Anche i distretti locali del sistema umano hanno una propria economia locale. Possiamo esaminare non solo il tutto, ma anche specifiche parti.

 

L’economia energetica riguarda sia i macro-distretti (es.: fisico e mentale) sino, scendendo di scala, a toccare micro-economie molto specifiche.

Esistono economie locali nei distretti fisici, come una spalla, un ginocchio, lo stomaco, e ogni altro organo.

 

Lo stesso per le economie legate alle competenze mentali, come la concentrazione o la lucidità decisionale. La mente ha proprie economie generali che la portano a funzionare bene o male, così come economie in specifiche aree cognitive, es., la creatività. Ciascun distretto (sia corporeo che cerebrale) è inoltre un sistema aperto, e risente dei distretti con cui interagisce. Il complesso delle energie individuali è quindi articolato e si connette alle performance che la persona può o meno generare.

 

Ogni organo vive di risorse esauribili, ha proprie capacità di tenuta e propri punti di stress e di rottura, che non possono essere ignorati. Ad esempio, in reumatologia si studia il concetto di “economia articolare”, cioè l’“economia dell’articolazione” . Ogni zona del corpo, come un ginocchio, ha una sua economia locale, e possiamo chiederci quanto una persona può correre senza infiammarlo, che attività fisiche lo irrobustiscono o invece lo danneggiano, che tipo di nutrienti servono per tenerne in buono stato la cartilagine, e ancora come alzare un oggetto pesante senza danneggiarlo.

 

Chiedere alle persone di dare performance senza studiare (1) lo stato delle economie energetiche complessive, e, (2) le economie locali più direttamente coinvolte nella specifica prestazione, è come chiedere ad un cavallo di correre senza controllare se ha mangiato o se ha gli zoccoli. Vuol dire fregarsene e spremerlo per poi gettarlo, e questa non è la nostra filosofia.

Non siamo nemmeno dell’idea che sia bene massaggiare il cavallo per un anno in attesa che abbia voglia di correre (buonismo inutile), ma non riteniamo nemmeno utile o giusto frustarlo per spremere sino all’ultima energia di riserva. Ciò che serve è strategia allenante attenta.

 

L’approccio è quello del rimuovere (1) ipocrisie e buonismo, (2) aggressività inutili, e (3) improvvisazione.

Per lavorare tecnicamente alle performance attese, dobbiamo coltivare lo sviluppo personale e la condizione energetica, rispettando sia la sacralità della persona che la sacralità dell’obiettivo.

 

Cambiare comportamenti, studiare attentamente lo stato di un distretto fisico e/o mentale, tenerne conto nel proprio stile di vita, permette di gestire meglio le energie e la condizione sia del distretto che dell’intera attività personale.

Ottimizzare  l’“economia specifica” dei distretti fisici, ridurre al minimo traumi o danni, permette di ampliare la possibilità operativa delle persone. Specifiche ricerche dimostrano come tenendo conto delle economie locali e ottimizzando i gesti e comportamenti sia possibile permettere di tornare a lavorare o ad allenarsi anche per chi ha avuto traumi. Questa attenzione alle energie ed economie, locali e complessive, va estesa ben oltre il fronte della malattia.

 

Lo stesso ragionamento “per distretti” tocca anche le economie del funzionamento mentale e cognitivo. Ad esempio, abbiamo una “economia delle capacità decisionali”, una “economia dell’ansia”, e ancora una “economia dell’attenzione”, o una “economia delle capacità relazionali”. Se parliamo tanto e forzatamente per lavoro, ci accorgiamo di non avere più voglia di parlare di lavoro magari in pausa, e vorremmo evitare altre attività relazionali obbligate. Questo ne è un esempio.

 

Tocchiamo con mano i livelli energetici ogni volta che una variabile viene chiamata in azione, ad esempio, per l’economia dell’attenzione, ne constatiamo l’esistenza ogni volta che un relatore sale sul palco o un docente insegna, e notiamo per quanto riusciamo a rimanere attenti.

Se non abbiamo dormito da giorni o abbiamo un forte mal di denti, o mal di testa, non avremo capacità di attenzione, la nostra economia ne sarà stata deprivata, le nostre energie saranno svuotate o assorbite da altro.

Ed ancora, incideranno le abilità del docente, l’interesse per il tema, in un rapporto mutevole e con equilibrio dipendente da molte variabili.

 

Il messaggio finale, anche in un contesto introduttivo come questo, è che – per lavorare seriamente al potenziale umano e delle organizzazioni – occorre la capacità di spostare il livello di analisi dal micro al macro, e viceversa, con una forte capacità di zoom, uno stretching mentale che è esso stesso lavoro allenante e formativo.

  


Vedi ad esempio lo studio di Pasqui, F., Mastrodonato, L., Ceccarelli, F., Scrivo, R., Magrini, L., Riccieri, V., Di Franco, M., Gentili, M., Valesini, G., Spadaro, A., (2006), La terapia occupazionale nell’artrite reumatoide: studio prospettico a breve termine in pazienti in trattamento con farmaci anti-TNF-alfa. Occupational therapy in rheumatoid arthritis: short term prospective study in patients treated with anti-TNF-alpha drugs, Reumatismo, 58 (3), pp. 191-198.

 

 

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Copyright, dal Volume: “Il Potenziale Umano”

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