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©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Abbiamo considerato come la Satisfaction provenga da un insieme di prestazioni riconducibili agli elementi del mix.

Tuttavia, il cliente non analizza separatamente le componenti del mix, ma attua una valutazione di sistema in cui vengono ponderate tutte le interazioni tra tutte le componenti. Ad esempio, in una pizzeria la CS di prodotto può essere alta (la pizza era buona) ma la CS relazionale molto bassa (i camerieri sono veramente scortesi e i tempi di attesa esagerati). L’esperienza totale sarà nel complesso negativa. È quindi opportuno analizzare quali interazioni esistono tra livelli di soddisfazione per ogni componente del mix.

Realizzeremo una analisi delle interazioni di primo livello:

1. Interazioni di prodotto/canale

Troppo spesso le imprese focalizzano le proprie risorse sulla qualità del prodotto, sulle caratteristiche intrinseche del bene o servizio, dimenticando che la qualità complessiva percepita (e quindi la soddisfazione complessiva del consumatore) proviene anche dal canale distributivo e dal rapporto personale con l’erogatore del servizio e con la rete di vendita e di assistenza.

Per questo motivo è necessario distinguere i concetti di customer satisfaction di prodotto (CSP) e customer satisfaction di canale (CSC) o channel satisfaction.

La CSP riguarda le caratteristiche intrinseche del prodotto o servizio (composizione, struttura, performance).

La CSC include: (1) componenti relazionali e (2) componenti logistiche, che sommate producono la qualità complessiva del servizio erogato dal canale distributivo: capacità di rapporto interpersonale, cortesia, tempi di risposta, servizio post-vendita e assistenza, la facilità di accesso al luogo di distribuzione, la facilità di acquisizione del prodotto/servizio, il rispetto dei termini e condizioni di consegna.

Le due componenti – CSP e CSC – possono essere unite per generare 4 condizioni di percezione del consumatore (vedi figura seguente).

Le condizioni delineate sono le seguenti:

SAT-A: il consumatore è soddisfatto sia del prodotto che del rapporto con il canale di distribuzione o venditore (ad esempio, nell’acquisto di un abito si è soddisfatti del modello scelto e si valuta positivamente la gradevolezza di rapporto con i commessi e il clima di acquisto del negozio). La probabilità di riacquisto e di fidelizzazione è alta.

SAT-B: il consumatore non valuta positivamente il prodotto, tuttavia il rapporto con il canale e con il venditore è buono. Ad esempio, il fornitore abituale di telefoni cellulari attualmente non ha un modello che risponde alle mie esigenze. Dopo avermi suggerito di non acquistare ora, mi consiglia di attendere un mese per l’arrivo di un nuovo modello che ha prestazioni superiori a parità di costo. La probabilità di acquisto del prodotto specifico (il modello attualmente presente) è bassa ma la considerazione del canale diventa elevata.

La CSC determina il fenomeno della fidelizzazione al canale. Il fatto che il parco-clienti si fidelizzi al canale (più che all’azienda produttrice) permette a questo di spostare il parco clienti in blocco (o quasi) presso altre aziende del settore. È il tipico caso in cui l’agente o area manager, cambiando azienda, porta con se tutto il proprio parco clienti.

Per l’azienda, emerge la necessità di attivare un triplice livello di attenzione:

Attivare modalità di contatto diretto tra azienda e cliente finale permette di poter recuperare il rapporto velocemente in caso di problemi con il canale di vendita (ad esempio, contatti telefonici annuali di valutazione generale della soddisfazione del cliente, attuati direttamente dall’azienda).

La CS del canale, cioè la soddisfazione del canale distributivo rispetto all’impresa, dipende da fattori quali:

SAT-C: In questa condizione si determina un’elevata soddisfazione di acquisto relativamente alle caratteristiche e performance del prodotto, tuttavia la soddisfazione verso il canale distributivo è bassa. In questo caso il consumatore cercherà lo stesso prodotto presso un canale distributivo diverso.

È necessario sottolineare che esistono connessioni precise tra immagine del canale (es: professionalità percepita della rete di vendita) e immagine dell’impresa. Studi condotti dall’autore nel settore industriale hanno evidenziato una correlazione statisticamente significativa tra le due variabili.

Questo significa che il comportamento della rete distributiva si riverbera sull’immagine della azienda (mandante, proprietario del marchio). La qualità dell’agente incide sull’immagine di chi gli ha fornito l’incarico di agenzia. Allo stesso tempo un rappresentante concorre fortemente, con il suo comportamento, a formare l’immagine dei marchi per cui lavora.[1]


[1] Nello studio in questione, le variabili che si correlavano positivamente con l’immagine dell’impresa erano: cortesia dimostrata, competenza tecnica, livello di interesse dimostrato dall’agente. La variabile che si correlava negativamente era il tempo trascorso dall’ultima visita: all’aumentare del tempo trascorso dall’ultima visita diminuiva la percezione di immagine positiva sia dell’agente che dell’impresa. I clienti che erano da molto tempo “trascurati” e non visitati vedevano in questo una dimostrazione di scarso interesse sia da parte dell’Agente, sia da parte della azienda produttrice.

2. Regole di comportamento e di controllo totale

Le ricerche sulle dinamiche di gestione della soddisfazione nei rapporti con le reti di vendita determinano la forte necessità di stabilire standard di comportamento per le reti distributive, consapevoli che esse veicolano la “faccia” dell’impresa. Questo viene attuato tramite specifiche regole comportamentali (behavioral rules) che ogni membro dell’organizzazione estesa (azienda più rete di vendita e distribuzione e assistenza) deve seguire.

Altrettanto importante diviene verificarne i comportamenti tramite indagini indipendenti (survey distributive e ispezioni) svolte con diverse tecniche (interviste dirette al cliente finale, metodi osservazionali tipo ghost customer[1]).


[1] Tecniche in cui un funzionario o incaricato aziendale simula o attua un acquisto per verificare il comportamento del front-line. Oppure ancora metodi di presenza dell’azienda all’insaputa di altri (es: presenza di un incaricato non dichiaratosi, durante la visita dell’agente al punto vendita, il quale simula una normale “occhiata” al negozio, ma in realtà valuta la puntualità dell’agente, e il suo comportamento).

SAT-D: l’insoddisfazione del cliente riguarda sia le caratteristiche del prodotto che il rapporto con il canale distributivo. La probabilità di riacquisto del prodotto è bassa, così come quella che il cliente non si rivolga allo stesso canale distributivo. La presenza di barriere all’uscita dall’impresa può generare fenomeni di “cliente trattenuto”, che producono danni elevati all’immagine dell’impresa per via dei fenomeni di WOM (Word of Mouth – passaparola).

3. Interazioni di prodotto/prezzo

L’Interazione tra livelli di CS prodotto e CS prezzo genera 4 condizioni:

SAT-A (alta soddisfazione di prodotto e alta soddisfazione di prezzo): le caratteristiche del prodotto sono accettate, la prestazione è valutata positivamente in quanto le attese iniziali sono rispettate e il prodotto viene percepito dal consumatore positivamente. Allo stesso tempo il prezzo viene ritenuto giustificato: è quello che il consumatore si attendeva di pagare o inferiore ad esso, percependone tuttavia le ragioni (un prezzo basso per un prodotto di alta qualità insospettisce il cliente). Il rapporto prezzo/prestazione si avvicina a ciò che il consumatore percepisce come rapporto ideale. La probabilità di acquisto è elevata.

SAT-B (bassa soddisfazione di prodotto e alta soddisfazione di prezzo): in questa condizione si determina un rapporto favorevole tra prezzo e prestazione (prodotti a basso costo), ma la prestazione tecnica del prodotto è insufficiente rispetto alle esigenze. Il consumatore si “accontenta” di un prodotto scarso, sapendo in partenza che esso è distante dal proprio prodotto ideale. Es.: trascorrere una vacanza in un luogo economico ma insoddisfacente, in attesa di avere maggiori risorse. La probabilità di acquisto è elevata solo in consumatori di basso potenziale d’acquisto. Essi, inoltre, diverranno “up-brand-switchers“, ovvero soggetti pronti a passare a prodotti più prestigiosi non appena le condizioni economiche lo permetteranno.

SAT-C (alta soddisfazione di prodotto, bassa soddisfazione di prezzo): il prodotto acquistato risponde alle aspettative ed è prossimo alla valutazione di prodotto ideale. Il consumatore ritiene comunque di aver pagato troppo. Nel costo individua termini e modalità di pagamento sfavorevoli. Il consumatore sarà portato a ricercare lo stesso prodotto presso un offerente in grado di assicurare un prezzo inferiore (concorrenza di canale). L’unicità dell’offerente (es., esclusivista di distribuzione, mancanza di prodotti succedanei o alternativi) è in grado di garantire la domanda solo finché permangono le barriere all’uscita dal fornitore, o le barriere all’entrata in altri fornitori. La probabilità di acquisto è bassa per soggetti con scarso potere di acquisto, ma segmenti di livello economico elevato si lasceranno meno influenzare dal prezzo elevato.

SAT-D (bassa soddisfazione di prodotto e di prezzo): il prodotto non soddisfa le aspettative, è distante dalla prestazione ideale. Viene considerato eccessivamente costoso e di scarse prestazioni. Se l’acquisto è già avvenuto, il consumatore avvertirà una condizione di frustrazione o insoddisfazione. La probabilità di acquisto iniziale è bassa e quella di riacquisto nulla.

Troppo spesso il venditore concentra la propria comunicazione sui dettagli del prezzo, senza approfondire veramente i benefici ricercati dal cliente. Occorre invece invertire la dominanza del contenuto comunicativo sui prezzi e trasferirla verso i benefici attesi.

La psicologia del prezzo è soprattutto un problema di psicologia di comunicazione, premesso che (e questo è veramente importante) le promesse realizzate al cliente devono essere realmente mantenute. La vendita ottenuta grazie a false promesse non ha alcuna valenza di marketing, ma produce solamente scollamento con il cliente nel futuro e distrugge l’immagine aziendale, materia di valore ben superiore a quello rientrante da una singola vendita.

4. Interazioni di prodotto/comunicazione

L’interazione tra livelli di CS di prodotto e  CS di comunicazione genera 4 condizioni:

SAT-A (alta soddisfazione di prodotto e di comunicazione/immagine aziendale): le caratteristiche del prodotto sono accettate, la prestazione è valutata positivamente poiché le attese iniziali sono rispettate e il prodotto viene percepito positivamente. L’immagine del prodotto appaga il consumatore in quanto si accosta positivamente alla sua ideal self-image. Eventuali comunicazioni tecniche sono curate, ben realizzate e utilizzano i codici comunicativi comprensibili e adeguati al target.

SAT-B (bassa soddisfazione di prodotto e alta soddisfazione d’immagine): questa condizione caratterizza il forte gradimento del marchio abbinata ad un non-gradimento del prodotto. La pressione alla conformità potrà determinare in ogni caso un acquisto, che diverrà più un acquisto di marchio che non una scelta di prodotto. Anche se il consumatore si rende conto che esistono prodotti tecnicamente migliori a prezzi inferiori, il forte livello di fidelizzazione al marchio e l’elevata attrazione per l’immagine del marchio rendono possibili acquisti di questo tipo.

SAT-C (alta soddisfazione di prodotto, bassa soddisfazione d’immagine): il prodotto acquistato risponde alle attese tecnico-prestazionali, ma viene abbinato ad un’immagine non gradita o scarsa. La probabilità di acquisto è in genere bassa, ma può variare in funzione della tipologia di consumatore (un consumatore funzionale, che si cura meno dell’immagine, non darà peso elevato a questo fattore). Poiché la CS di immagine è, basilarmente, CS individuale, il SAT-C produce una condizione di dissonanza cognitiva per il consumatore.

SAT-D (bassi livelli di soddisfazione sia di prodotto che di immagine): il prodotto non soddisfa le attese, è distante dalla prestazione ideale. Non si conforma all’immagine ricercata dal consumatore. La probabilità di acquisto è bassa.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Interazioni dei livelli di soddisfazione

Customer satisfaction

Qualità complessiva percepita

Qualità di prodotto

Qualità di canale distributivo

Fidelizzazione di canale

Gestione del canale

Qualità del rapporto

Immagine dell’azienda

Standard comportamentali

Controllo degli standard aziendali

Psicologia del prezzo

Promesse di vendita

Consonanza di immagine

Valore percepito

Prezzo vs qualità

Customer expectations

Customer loyalty

Prodotto di valore

Customer feedback

Value proposition

Esperienza del cliente

Customer engagement

Valutazione del prodotto

Customer retention

Customer value analysis

Brand reputation

Customer needs

Product differentiation

Prodotti premium

Return on investment (ROI)

Customer trust

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Il cliente può avere difficoltà, o non percepire immediatamente, il valore che si nasconde dietro la soluzione o il prodotto. Tra gli errori più gravi del venditore vi è senza dubbio la “presunzione della chiarezza del valore”.. Compiere questo errore significa supporre che il cliente debba cogliere il valore di una proposta automaticamente. Significa pretendere che tutti debbano vedere e capire ciò che noi vediamo e capiamo perfettamente.

La psicologia cognitiva ci aiuta a capire questo fenomeno. È per tutti scontato che nell’insieme di chiazze sottostanti sia presente qualcosa?

L’immagine dimostra il “principio dell’emergenza” nella percezione. Le regioni locali dell’immagine non contengono sufficiente informazione per formulare un’ipotesi di contenuto, ma non appena l’immagine viene riconosciuta come quella di “un cane”, i contorni percettivi della figura iniziano a prendere forma, riempiendo i perimetri visuali in regioni nelle quali i contorni sono assenti nello stimolo reale.

Certamente, il dalmata che annusa la strada diventerà una normalità per chi è abituato a vederlo, ma non necessariamente per un osservatore casuale.

Lo stesso processo di percezione si applica all’impresa e ai suoi servizi. Ad esempio, per l’impresa che propone servizi internet o formazione aziendale, il potenziale e il valore delle soluzioni offerte sono chiari, palesi, e “parlano da soli”. Per il cliente no.

In questo, ed in altri casi, il cliente va “aiutato a capire”, il che è possibile solamente adottando un approccio centrato sul cliente. Adottare un approccio di vendita e di marketing “centrato sul cliente” significa riconoscere due cose: (1) il cliente non è né un “pollo da spennare”, un soggetto al quale chiedere tanto per poi dare poco, né (2) il padrone dell’azienda o del venditore.

Il cliente è semplicemente una persona, un soggetto, con il quale dobbiamo stabilire un rapporto di business franco, diretto, personale. La base delle relazioni di successo è la trasparenza reciproca. Il cliente è un soggetto che deve essere capito in profondità, ma che al tempo stesso deve essere stimolato a rapportarsi verso l’azienda con la stessa volontà di comprendere.

Questa differenziazione emerge ad esempio nel modo di gestire le obiezioni o di fissare il prezzo. Le scuole tradizionali di vendita insegnano a fissare il prezzo partendo da un punto superiore (target price) per poi scendere a prezzi più bassi man mano che prosegue la trattativa, sino al punto di cedimento (soglia inferiore del range negoziale).

Un approccio centrato sul cliente produrrebbe invece una modalità di comunicazione del prezzo di questo tipo, di fronte ad un’obiezione: «abbiamo analizzato in profondità i tuoi obiettivi, abbiamo capito che l’azienda è a questo punto del suo ciclo di vita, e vuole fare un salto di qualità. Abbiamo analizzato assieme cosa occorre per fare questo salto, quali sono le risorse necessarie. Se mi chiedi di tagliare il prezzo devi però dirmi cosa vuoi tagliare, quali obiettivi non vuoi più raggiungere, o se vuoi impiegare risorse di qualità più scarsa. È questo che vuoi? Proviamo a ripercorrere assieme cosa succede nel caso A, e cosa può succedere nel caso B …. Tu dove vuoi arrivare veramente?». Il marketing moderno non è il “regno del più furbo”, ma il regno delle relazioni. Soltanto chi riuscirà a stabilire relazioni forti, empatiche e reciprocamente umane con il cliente può aspirare a qualche forma di successo.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Percezione del valore

Principio dell’emergenza

Ipotesi di contenuto

Perimetri visuali

Stimolo reale

Approccio centrato sul cliente

Range negoziale

Target price

Empatia

Fidelizzazione

Customer relationship management (CRM)

Interazione cliente-azienda

Personalizzazione

Coinvolgimento del cliente

Customer satisfaction

Customer loyalty

Esperienza cliente

Retention marketing

Programmi fedeltà

Comunicazione bidirezionale

Feedback del cliente

Customer engagement

Customer lifetime value (CLV)

Customer retention

Marketing esperienziale

Customer-centric

Advocacy del cliente

Gestione della clientela

Marketing di relazione

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching