Le comunicazioni che osserviamo tra due persone o in un gruppo sono solo la punta dell’iceberg di processi relazionali più forti che agiscono tra le persone, i Sistemi Motivazionali Interpersonali (SIM) (Bercelli 2004). Alcuni dei SIM più riconosciuti sono: attaccamento, seduzione, agonismo e cooperazione. Un leader deve essere molto attento a quale SIM si attiva nei suoi collaboratori e nella squadra. Il conflitto e i malfunzionamenti dei gruppi partono dal sistema di comunicazione osservabile nella dinamica del gruppo.
Il principio di cooperazione agisce come collante principale del gruppo, ma anche altri sistemi possono attivarsi per aumentarne il dinamismo. Tra questi:
• l’agonismo (interno tra i membri del team o tra il team e altri soggetti esterni). L’agonismo può essere positivo quando scatena la ricerca della propria performance, ma deleterio se determina meccanismi di distruzione che vanno a discapito dell’intero gruppo;
• la seduzione, un SIM in genere relegato alla vita privata, può agire in background nei meccanismi di sviluppo del carisma del leader;
• l’attaccamento può essere utile in alcune fasi iniziali del coaching e mentoring che il leader sviluppa per affiancare i nuovi arrivati nel team.
Un principio di base di qualità della leadership è definibile come segue.
La qualità della vita nei gruppi di lavoro e la performance dei gruppi stessi è correlata a:
• capacità del leader nell’attivare meccanismi cooperativi nei membri del team, ove la cooperazione sia fattore indispensabile per il raggiungimento del goal;
• ampiezza del repertorio motivazionale e capacità di attingere a sistemi motivazionali diversi (attaccamento, seduzione, competizione).
Comunicazioni amministrative e comunicazioni emozionali nei gruppi
Il leader che si concentra solo sul gruppo e non sui suoi risultati commette un errore.
Un team comprende sia il fattore umano che il risultato atteso. Intrinseci al ruolo di leader vi sono una grande mole di comunicazioni di routine e di scambi di dati prettamente informativi e organizzativi. Dov’è quindi il confine tra capacità manageriali di organizzazione e altre (più emozionali) quali l’ascolto in profondità?
Riportiamo ora una dicotomia tra sistemi comunicazionali di grande rilevanza al fine di sviluppare le competenze comunicazionali nella leadership:
• comunicazioni amministrative;
• comunicazioni emozionali/esperienziali.
Nelle comunicazioni di natura “amministrativa” lo scambio è simile a quello necessario a un capitano di nave per attraccare: scambi di parole ridotti al minimo, comunicazione essenziale, segnalazione di eventi solo se realmente indispensabili all’azione. Ogni parola in più, ogni battuta non necessaria, ruba tempo e risorse mentali. Diviene inutile e controproducente per il risultato (attraccare, per una nave), o peggio portatrice di distrazione e possibili incidenti o disastri (non cogliere una segnalazione di pista occupata per un aereo).
Nelle comunicazioni di natura “emozionale” ed “esperienziale” i soggetti sono invece impegnati a trasferirsi stati d’animo e vissuti. Lo scambio è simile al dialogo profondo tra amici su quale sia lo stato di soddisfazione verso il momento che si sta vivendo, a come si viva il proprio matrimonio o rapporto, o ancora all’ascolto profondo che un genitore dedica al proprio figlio, o un terapeuta verso il cliente, o il tentativo di scambiarsi le sensazioni prodotte da un paesaggio mozzafiato.
La confusione presente nel campo della leadership e più in generale nel campo della direzione delle risorse umane è proprio sul tipo di comunicazione da attivare (dare ordini o ascoltare, parlare al cervello o parlare al cuore). Nella leadership sono entrambe necessarie.
Il capitano della nave deve avere grandi doti di comunicazione amministrativa nel momento dell’attracco, o nella gestione dell’emergenza in un mare forza sette, ma deve anche sapere parlare al cuore dell’equipaggio nei momenti in cui questo è importante: motivazione, gratificazioni, analisi di problemi personali e stati di crisi, risoluzione di conflitti interpersonali.
Ogni gruppo e ogni coppia evolvono, nel tempo, verso stati conversazionali diversi dai quali sono partiti. Una coppia (marito e moglie) può avviare il proprio rapporto, durante il fidanzamento, con una forte componente emozionale (in che cosa credo io, in che cosa credi tu, che senso ha per te la vita, che cosa vorresti costruire assieme, che cosa sogniamo di fare assieme), per poi discendere sempre più, a mano a mano che procedono gli anni, verso dialoghi di tipo prettamente amministrativo: “Hai pagato la bolletta? Esco alle 18, riesci a passare tu all’asilo? La cucina nuova ti piacerebbe più bianca e nera o gialla con i pallini verdi? Hai visto come era sciupata Carola ieri sera? Volevo mettere su dei cerchi in lega nuovi, da 17 o 18 pollici, che cosa ne pensi? Chi taglia il prato questa volta? Sei passata a prendere il vestito grigio? Oggi sono stata dal parrucchiere e c’era un sacco di gente”.
Ognuno di questi atti comunicativi ha una componente di dati e una di emozioni, oppure può essere spento su entrambi i fronti.
Il fatto che si parli di gusti o preferenze personali non è sufficiente per far divenire un rapporto di tipo emozionale.
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Un’adeguata esplorazione del cliente permette di capirne le esigenze, ma anche di prefigurare il costo della relazione (fisico e relazionale) e il potenziale della relazione.
L’esame dei due livelli di identità (chi siamo noi, chi sono loro) permette di trovare uno spazio di condivisione entro il quale costruire qualche forma di progetto.
Le potenzialità della relazione possono essere capite solo in seguito ad una diagnosi accurata, non devono essere considerate in modo affrettato.
Una diagnosi può far emergere importanti “pepite informative”, dati e informazioni sulle quali basare l’analisi. Queste “pepite informative” sono racchiuse un giacimento informativo al quale non è facile arrivare, e la cui esplorazione richiede professionalità e training.
La consapevolezza di “chi siamo” e di “chi è di fronte a me” (con chi tratto), permette di analizzare lo spazio progettuale, le potenzialità del lavoro che possiamo avviare assieme.
I tratti principali della potenzialità del rapporto
Le opportunità del rapporto
Alcune domande chiave per aprire un ragionamento sulle opportunità della relazione: Che opzioni posso offrire ora, e che spazi si possono aprire in futuro? Quanto sono concreti i progetti avviabili? È un rapporto che sembra concluso in un singolo progetto o vi sono spazi di continuità? Che reti relazionali positive si aprono se il progetto va a buon fine (ingresso in network, nuove conoscenze, sviluppo di immagine)?
Rischi del rapporto
Vi sono rischi nel lavorare con questo soggetto? Rischiamo di perdere risorse, energie, rischiamo di non essere pagati o non adeguatamente, rischiamo di perdere know-how senza avere nulla in cambio? Sono in grado di apprezzarci? Quante e quali forze esterne possono impedirmi di raggiungere i risultati?
Limiti e confini attuali
Dove è bene fermarsi, dato l’attuale stato di maturazione del rapporto? Faccio bene a espormi molto e subito? È bene testare il comportamento di questo soggetto nella realtà (es: se rischio un mancato pagamento del primo intervento, devo evitare di farne altri a rischio: devo mettere alla prova la serietà del cliente prima di perdere valore o erogarlo gratis).
Limiti e confini massimi
Dove potrà mai arrivare questo rapporto, anche se il cliente applica il massimo della sua buona volontà e le circostanze sono favorevoli? Dove si arresterà per forza lo spazio di questa collaborazione? Fino a che punto vale la pena investire energie e risorse su questo cliente?
Piano di cooperazione attuale
Cosa risulta saggio fare ora, alla luce delle informazioni disponibili, sui potenziali attuali e futuri? Quali progetti possiamo avviare subito?
Piano di cooperazione futuro
Posso avviare un sistema di contatto abbastanza frequente, tale da farmi restare vicino al cliente? Riesco ad acquisire anche le future opportunità? Tengo gli spazi aperti per farlo? Mi accontento di chiudere un progetto o cerco di conquistare la relazione e quindi anche il valore futuro che quel cliente potrà esprimere?
Profondità di relazione
Riesco a raggiungere livelli di co-makership (costruire progetti congiunti), di reale partnership? Si, no, solo in parte? Su quali piani possiamo collaborare in profondità? Quali sono gli ostacoli a collaborare in profondità?
Progettazione congiunta
Su quali progetti posso stimolare un “lavorare assieme”? È possibile avviare una ricerca e sviluppo congiunta? Possiamo fare qualcosa di più che non sia vendere e comprare, ma costruire assieme un progetto che porti entrambi ad entrare dove da soli non arriveremo? Possiamo coinvolgere il cliente nel progettare soluzioni, affinché egli le senta più “sue”?
Terza cultura
La prima cultura è quella del cliente. La seconda cultura è quella del venditore o altro interlocutore. Dall’incontro tra le due realtà può nascere qualcosa di nuovo, una “terza cultura” che apre spazi nuovi di mercato per entrambi. Una terza cultura è il risultato del lavoro di più menti che scambiano tra loro informazioni, valori, linguaggi, e arricchisce il rapporto. Quando tra due aziende nasce una cultura comune, frutto del lavoro svolto assieme, il vantaggio competitivo della relazione è sicuramente maggiore, rispetto a quando si svolgono semplici forniture su richiesta.
Presidio comunicativo e Total Quality Communication
Chi presidia le comunicazioni con quel cliente, sia quotidiane, di servizi, tecniche o istituzionali? Abbiamo la consapevolezza di chi ai vari livelli manda messaggi a quel cliente (anche sul piano tecnico, di servizio o customer care, o amministrativo, ad esempio, e non solo commerciale)? Chi controlla la qualità dei messaggi che inviamo? Chi tratta con quel cliente è all’altezza di farlo? Esiste un piano per dare continuità ai messaggi? Abbiamo un piano per dare spessore alla relazione mantenendo “caldo” il contatto, e presidiare il cliente?
Nel compiere questo tipo di analisi dobbiamo sempre considerare che:
nessuna relazione è perfetta;
il nostro scopo non è amarci, ma lavorare assieme;
dobbiamo apprendere a convivere con culture aziendali diverse dalle nostre;
siamo qui per lavorare e non per regalare il nostro sapere o i nostri prodotti;
dietro ad ogni uscita (tempo, denaro, attenzione, energie umane) deve esservi qualche forma di entrata, monetaria o immateriale;
i bilanci non si fanno solo con il denaro;
il valore di apprendimento che una relazione offre può farci produrre salti di qualità fondamentali per la nostra stessa azienda.
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Sintesi lavori del gruppo Master Domino, Scuola Coop, composto da:
Achille Congedo (Responsabile Commerciale Extralimentare, SAIT), Antonio Audo (Responsabile Area Progettazione, Promogeco/Novacoop), Gabriella Caprotti (Responsabile AAGG e Sicurezza, Coop Italia CNNA), Tullio Waldner (Responsabile Rete di Vendita Diretta e Associata, SAIT), Camillo Lonardi (Respnsabile Ricerche di Marketing e Analisi di Geomarketing, Coop Lombardia).
Sensibilità è…
Immedesimarsi – vedere le cose con gli occhi degli altri
Autenticità
Coinvolgere
Percepire ed interpretare i segnali deboli anche in modo plurisensoriale
Superare le apparenze e i pregiudizi
Attenzione e rispetto
Ascolto
Esercizio costante
Correlazione con il contesto
Curiosità ed interesse verso le persone
CHI DEVE AVERE SENSIBILITA’
Tutti, all’interno del proprio ruolo e del proprio contesto
QUANDO SI DEVE AVERE SENSIBILITA’
Sempre
DOVE ?
Ovunque
COME ?
Con onestà intellettuale
Con l’esempio
Con dimensione estesa
SENSIBILITA’ DI RUOLO
Coniugare e valorizzare la sensibilità dei singoli finalizzandola agli obiettivi aziendali