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Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele TrevisaniIl potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance”. Franco Angeli editore, Milano.

Nella programmazione del training bioenergetico i fattori da considerare sono i seguenti:

  • stato organismico,
  • tools disponibili,
  • frequenza del training,
  • frazionamento,
  • durata,
  • intensità,
  • continuità.

Vediamo i seguenti punti in maggiore dettaglio.

Stato organismico, tools disponibili

 L’ana­lisi delle condizioni generali e momentanee dello stato organismico permette di evidenziare le priorità su cui intervenire.

L’analisi delle condizioni momentanee evidenzia i livelli di energia disponibili al momento del training, al fine di modularlo ed evitare sovraccarico o ipo-stimolazioni. Tools disponibili: La programmazione del training deve valutare gli strumenti disponibili, consistenti sia negli apparati fisici (attrezzi) che negli strumenti ambientali (set­ting, aule, sale, strutture, ambienti fisici quali mare, montagna, bosco, acque, attrezzi). In particolare per gli outdoor training, la disponibilità di aree naturali e strutture attrezzate deve essere attentamente progettata.

Frequenza del training

È necessario progettare la cadenza delle sessioni allenanti. La frequenza è determinata dall’intensità e dalle capacità di recupero. Sessioni molto intense richiedono frequenza allenante minore, maggiore dilatazione tra una sessione la successiva, per consentire tempi di recupero adeguati. Sessioni moderate possono richiedere invece tempi di recupero brevi e maggiore frequenza.

È da notare che per “training”, in campo organismico o bioenergetico, si intende un’attività fisica, mentre in termini di lifecoaching può essere training anche svolgere una attività non fisica ma mentale, o un training relazionale.

Frazionamento del training

Il frazionamento del training consiste nel dividere le sessioni in base a criteri, per far si che ogni sessione alleni specifiche aree o abilità, e l’intero organismo e le intere aree e abilità di interesse vengano ad essere allenate – area per area, abilità per abilità – con maggiore specificità e localizzazione.

È possibile allenare singoli distretti (esercizi di isolamento bioenergetico) o intere catene di distretti (esercizi a catena lunga). Il frazionamento consiste nella divisione del training in sessioni separate e dedicate a specifiche aree o distretti fisici, o a separate funzioni umane (es.: resistenza, forza, o in campo manageriale – decisione, ragionamento, logica, comunicazione, creatività).

In campo sportivo si possono creare frazionamenti in molti modi, ne esponiamo alcuni:

esercizi per la parte superiore vs. esercizi per la parte inferiore;

esercizi di trazione vs. esercizi di spinta;

esercizi lineari vs. esercizi angolari (tipo di movimento svolto);

esercizi a catena lunga (multi-articolari) vs. esercizi a catena singola (mo­no­-articolari);

esercizi singoli o a coppie;

esercizi di sollevamento vs. esercizi di percussione;

esercizi di forza vs. esercizi di abilità e coordinamento;

esercizi a prevalenza mentale vs. esercizi a prevalenza fisica;

esercizi sequenziali vs. esercizi in circuito (circuit training);

esercizi isometrici (tenere una posizione) vs. esercizi balistici (movimento);

… ogni altra forma di frazionamento efficace su base scientifica.

In campo manageriale possiamo frazionare il training organizzativo in molti modi, ad esempio:

esercitazioni a bassa difficoltà vs. esercizi ad alta difficoltà;

esercitazioni di ripasso o manutenzione vs. esercizi di nuova acquisizione;

esercitazioni creative vs. esercitazioni applicative;

esercitazioni individuali vs. esercitazioni di gruppo;

esercitazioni d’aula vs. esercizi outdoor;

esercitazioni in casi reali vs. simulazioni;

esercizi di apprendimento vs. esercizi di rimozione (unlearning)

training centrato sul sistema nervoso simpatico (attività di tipo agonistico, aggressivo, competitivo, ad alta tensione, under pressure) vs. training centrato sul sistema nervoso parasimpatico (attività di tipo rilassato, calmo, sereno, tranquillo, meditativo, low pressure).

La modalità di frazionamento e differenziazione tra attività che interessano il sistema nervoso simpatico (alta attivazione agonistica) vs. attività che interessano e stimolano prevalentemente il sistema nervoso parasimpatico (rilassamento e recupero), riguarda indistintamente il lavoro sul corpo così come la formazione relazionale e il coaching.

Nel metodo HPM viene utilizzata in particolare la “cartografia di Fisher”[1], una metodica poco nota, di frontiera, nata per mappare gli stati mentali, la percezione, sino agli stati alterati di coscienza (ASC – Altered States of Consciousness).

Si tratta di un’area di studi di alto interesse negli anni ‘60 e ‘70, oggi poco frequentata, ma assolutamente utile per localizzare i tipi di attivazione mentale. Questa scala è stata da noi ulteriormente rielaborata ed utilizzata su più fronti, per progettare training variati in termini di intensità e tipo di esperienza.

In generale, le tecniche di frazionamento servono per evitare la monotonia e la noia, ma anche la perdita di efficacia di una tecnica che derivano da una mancanza di varietà nel tipo di lavoro allenante svolto.

Permettono inoltre di creare tabelle allenanti e percorsi formativi basati su cicli allenanti, sequenze di input e stimoli, in cui le varie tipologie di esercizio o esercitazione vengono combinate nel tempo, dando luogo a maggiore varietà e maggiore efficacia.

Durata del training

La durata è un fattore soggettivo e non standardizzabile. Alcuni training manageriali hanno effetto operativo forte e significativo solo quando ci si dedica per una intera settimana ad un tema (es.: la negoziazione avanzata), così come si possono praticare micro-training di pochi minuti in un role-playing dedicato a preparare uno specifico incontro.

Anche sul piano fisico le durate sono variabili, da i ritiri di più settimane sino ai training di alta intensità e breve durata, in cui in un quarto d’ora l’organismo viene portato ad esaurimento (nello sport), o viene acquisita una micro-abilità molto localizzata.

Intensità del training e continuità

L’intensità riguarda il volume di lavoro nel tempo. Il fatto di racchiudere uno sforzo entro un tempo limitato, aumentando le necessità di attivazione dell’organismo, aumenta l’intensità. L’intensità può essere determinata dal tipo di esercizio, dalla riduzione dei tempi di recupero, dal grado di sovraccarico e di stress personale esperito durante il training.

La continuità richiede la progettazione di un ciclo di training in un arco temporale lungo. La continuità è uno dei fattori di maggiore successo nel training bioenergetico e manageriale, poiché gli effetti di condizionamento, supercompensazione, e incremento delle energie disponibili, sono cumulativi.

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Altre risorse online:

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[1] Fisher, Roland (1971), A Cartography of the Ecstatic and Meditative States, in: Science 26 November 1971: Vol. 174. no. 4012, pp. 897 – 904.

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Voglio trattare il concetto di “performance di continuità” – persone normali che fanno ogni giorno cose “incredibili” come accudire un anziano, allattare, svegliarsi la notte, guidare tutto il giorno tutti i giorni, o continuare a lavorare per quanto valgono in un paese nepotistico con tanta “burocrazia” e poca “meritocrazia” e nonostante questo… andare avanti… andare avanti lottando… andare avanti difendendo la propria partita iva o la propria autonomia, e cose similii, cose che diamo per scontate e non lo sono assolutamente..

In questo brano ne ho parlato nel volume “Self Power” che uscirà con Franco Angeli tra qualche mese

Articolo Copyright Daniele Trevisani, Studio Trevisani, dal volume “Self Power”, Franco Angeli editore, 2014

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La performance, “prestazione”, o “risultato”, è una parola di fatto confusa, da interpretare.

Il significato comune del termine performance comprende troppo spesso concetti di fisicità estrema, alta intensità (es.: sforzi massimali) e condizioni di picco – il massimo peso che puoi sollevare, in quanti secondi fai i 100 metri, etc – con il chiodo fisso di andare oltre i limiti. Questo è un errore fondamentale.

Le performance sono anche atti quotidiani, ripetitivi, azioni di bassa intensità, ma che richiedono una volontà e una forza interiore. Una volontà costante e prolungata, una continuità di impegno, non sono meno “prestazione” di un singolo gesto abbagliante. Anzi, valgono enormemente di più.

Portare avanti ogni giorno un carico, o anche solo cercare di farsi valere per i meriti, è una performance non indifferente. Lo è ancora di più in un sistema che non ti aiuta. Un sistema che premia il burocrate, il raccomandato, o chi va in prima pagina per le proprie labbra o denaro, e molto meno di chi si “sbatte” ogni giorno nel silenzio.

 

Onore a chi si sbatte ogni giorno nel silenzio e non va in prima pagina, sono questi i veri eroi. Sono eroiche le famiglie, i padri e le madri, gli studenti, i ricercatori, i pensatori, gli operai che si sacrificano per la famiglia o per far studiare i figli.

Le zecche che speculano sul lavoro di questa miriade umana, i “figli di…” che ereditano e poi dilapidano aziende, imperi o fortune, hanno ben poco di eroico. Se non hanno davvero prodotto loro stessi idee geniali, se non cercano di dare contributi, se non sono utili al mondo, sono unicamente parassiti.

Gustatevi le prime pagine, le vostre ville auto e aerei, perchè quando sarete polvere, di voi rimarranno solo le vostre idee… e se non ne avete, come di fatto non ne avete, allora sarete morti davvero.

 

Ogni giorno, ogni singolo giorno, in ogni vita, si producono performance che hanno qualcosa di eccezionale. Prendiamo il semplice atto del guidare un’auto nel traffico senza incidenti. Si tratta di una forma di performance davvero speciale, che mette in moto una grande quantità di competenze e abilità: percezione, localizzazione di ostacoli, targeting di pericoli, individuazione di segnali, gestione di indicatori dell’auto, manovre fisiche continue minimali ma che fanno la differenza tra la vita e la morte.

Eppure non ci pensiamo. Tra il nobile con autista e l’autista che guida la sua auto, l’autista è certamente il performer. Il nobile è solo una zavorra umana.

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Articolo Copyright Daniele Trevisani, Studio Trevisani, dal volume “Self Power”, Franco Angeli editore, 2014