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©Copyright. Articoli estratti con il permesso dell’autore dai libri di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano e “Solution selling. Il manuale della vendita consulenziale”. Franco Angeli editore, Milano.

Elaborazione originale a cura di Cinzia Zocca.

Le Triadi di Heider sono un concetto sviluppato dallo psicologo Fritz Heider nel contesto della teoria dell’equilibrio. Oggi rappresentano uno strumento potente nel campo della vendita e del marketing perché mettendo in relazione un individuo, un’altra persona e un oggetto, offrono una prospettiva utile per comprendere e influenzare il comportamento dei consumatori.

Le triadi essenziali di Heider sono otto, distinguibili equamente in equilibrate (quando si verifica una consonanza cognitiva) o in squilibrate (quando originate da profonde dissonanze cognitive). Nelle triadi che abbiamo descritto vengono considerate solo 3 entità, ma nella realtà il mercato presenta delle dinamiche ben più complesse che richiedono analisi scientificamente comprovate per riuscire a navigare la mappa mentale delle associazioni conscie, subconscie e inconscie del cliente, e che riescano a farne comprendere i comportamenti così da realizzare così azioni di previsione strategica.

Oltre alle 3 entità descritte, nella decisione d’acquisto e nella valutazione di un prodotto entrano in gioco connotazioni culturali e valoriali, il sistema di credenze del cliente ed altre variabili sociali che ne riempiono di contenuti simbolici l’immagine, rendendo così altamente complessa l’interpretazione degli scenari di mercato.

1. Comprendere le relazioni

Le Triadi di Heider aiutano a comprendere come le relazioni tra un consumatore (P1), un prodotto o servizio (X) e un’influenza esterna come un amico, un testimonial o una recensione (P2) possano influenzare le decisioni di acquisto. Se queste relazioni sono in equilibrio (ad esempio, a P1 piace X e a P2 piace X), il consumatore è più propenso a fare un acquisto. Comprendere queste dinamiche permette alle aziende di progettare strategie di marketing più efficaci, favorendo relazioni positive tra tutti gli elementi della triade come descritto nella seguente tabella:

2. Implementare le strategie di marketing

Il marketing può beneficiare di questo strumento per individuare le migliori strategie che consentano all’azienda di influenzare positivamente le scelte del cliente o di aumentare la Brand Reputation. Alcune azioni che, ad esempio, consentono di influenzare positivamente il cliente sono:

  1. Testimonial e Influencer: Utilizzare testimonial o influencer che sono apprezzati dal target di mercato può creare una triade positiva. Se i consumatori vedono una figura di riferimento che apprezza un prodotto, sono più inclini a considerare positivamente quel prodotto, portando ad un aumento delle vendite.
  2. Recensioni e Feedback: Le recensioni positive possono influenzare significativamente la percezione dei prodotti. Quando i clienti vedono che altri utenti simili a loro apprezzano un prodotto, si crea una triade positiva che rafforza la loro intenzione di acquisto.
  3. Branding e Identità del Marchio: La costruzione di un’identità di marchio forte e coerente che risuona con i valori e le emozioni dei consumatori può generare una triade positiva. Se i consumatori si identificano con i valori del marchio e percepiscono che il marchio è apprezzato da persone simili a loro, ciò favorisce un atteggiamento positivo verso il prodotto.

3. Creare esperienze positive

Le aziende possono utilizzare le Triadi di Heider per creare esperienze di acquisto che bilanciano positivamente tutti gli elementi coinvolti. Ad esempio, fornendo un eccellente servizio clienti, prodotti di alta qualità e creando comunità di clienti soddisfatti, si possono costruire relazioni equilibrate e positive che incoraggiano la fedeltà e il passaparola.

Comprendere le modalità con cui un cliente valuta in modo positivo la proposta di un prodotto o servizio richiede un calcolo cognitivo, che può essere compensativo o discriminante. Si tratta cioè di assegnare un punteggio al prodotto o servizio offerto sulla base di variabili utilizzate nel processo e, quindi, di fare emergere i criteri di scelta che possono influenzare la decisione di acquisto (Key Variables).

Ciascuna variabile dovrebbe essere poi ponderata in base agli attributi del prodotto e all’importanza assegnata ad ognuno di essi, così che la valutazione possa rispecchiare più nel dettaglio ciò che compensa o discrimina nella scelta.

La complessità del processo di scelta cresce con l’aumentare delle persone coinvolte e degli scenari, di conseguenza individuare le Key Variables è essenziale per comprendere come la Wish-list del cliente condiziona la scelta, come il cliente pensa e quali processi decisionali l’individuo e i gruppi mettono in atto.

La ricerca e l’analisi consentono alle aziende di ottenere dei vantaggi competitivi che si traducono in maggiori interventi sui prodotti o servizi e in migliori strategie di comunicazione, pricing e distribuzione.

Come sottolineano Darley, Glucksberg, Kamin e Kinchla (1986),[1]

… l’effetto del principio dell’equilibrio è così forte che la gente lo usa spesso con valore predittivo. Se io (P) trovo simpatica la persona O, e quella trova simpatico un terzo (X), ritengo che anche a me sarà simpatico X.

[1] Darley, J.M., Glucksberg, S., Kamin, L.J, Kinchla, R.A., (1984). Psicologia. Bologna: Il Mulino. Edizione originale: Psychology. Englewood Cliffs: Prentice-Hall, 1984.


Lo stesso procedimento di associazione cognitiva viene realizzato in relazione al processo di consumo, dove alcuni modelli vengono presi semioticamente come punti di riferimento dell’appartenenza ad una classe sociale o di un certo stile valoriale.

4. Gestire la reputazione

Le Triadi di Heider sono utili anche nella gestione della reputazione aziendale. Le aziende devono monitorare costantemente le percezioni dei consumatori e le relazioni tra il loro marchio, i clienti e le influenze esterne. Rispondere prontamente alle critiche e migliorare continuamente l’offerta di prodotti può aiutare a mantenere un equilibrio positivo nelle triadi, proteggendo e migliorando la reputazione del marchio.

Conclusioni

Le Triadi di Heider offrono un modello prezioso per comprendere e influenzare il comportamento dei consumatori. Attraverso l’analisi e l’ottimizzazione delle relazioni tra consumatori, prodotti e influenze esterne, le aziende possono sviluppare strategie di marketing più efficaci, migliorare l’esperienza del cliente ed aumentare le vendite. Questo approccio non solo favorisce la crescita economica, ma aiuta anche a costruire marchi forti e duraturi che risuonano profondamente con i consumatori.

In conclusione, comprendere come vengono sviluppate o influenzate le decisioni di acquisto significa individuare i processi mentali del cliente posto di fronte ad una scelta tra più alternative, comprendere le variabili in campo, le variabili critiche ed i meccanismi di scelta, oltre che valutare la probabilità di successo di un prodotto o servizio.

Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Triadi di Heider

Equilibrio cognitivo

Relazioni sociali

Psicologia sociale

Teoria del bilanciamento

Influenza interpersonale

Formazione delle attitudini

Dissonanza cognitiva

Processo decisionale

Comportamento del consumatore

Motivazioni di acquisto

Persuasione

Consenso sociale

Scelte di acquisto

Marketing

Fattori psicologici

Stereotipi

Identità sociale

Riferimenti sociali

Bias cognitivi

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

Un primo fattore di scelta del consumatore consiste nell’identificare la categoria di prodotto (e non il prodotto specifico) che possiede la proprietà di soddisfare il BSS (bisogno sottostante servito). Un esempio di macro-scelta può essere: come utilizzare proficuamente il tempo libero del sabato sera? Le soluzioni che vengono considerate dal consumatore entrano nel campo psicologico – ad esempio la scelta tra la categoria “cinema” e altre possibilità di utilizzo del tempo libero – costituiscono la vera scelta di partenza. La scelta di un film specifico richiede che il consumatore abbia già compiuto una precisa scelta di campo: “acquistare” il macro-prodotto “cinema”, piuttosto che il macro-prodotto “discoteca” o “ristorante”.

Una delle prime fasi della vendita è infatti l’ingresso del prodotto nel campo psicologico dell’acquirente, dove prima esisteva un vuoto, o esistevano unicamente alternative della concorrenza.

Se il consumatore decide di utilizzare il tempo libero andando al cinema, la scelta di marca consiste nello scegliere quale film vedere, e la scelta di canale determina in quale cinema recarsi, se la stessa pellicola è presente in più sale.

Lo stesso procedimento avviene per altri settori. Vediamo un esempio nel settore finanziario. Se il bisogno da soddisfare riguarda un investimento, la scelta si orienta prima di tutto tra le diverse alternative possibili: beni, deposito bancario, azioni, buoni del tesoro, polizze vita e altre forme di investimento.

In seguito – scelta la categoria di investimento ritenuta migliore, poniamo l’azionario – vengono comparate le opzioni presenti all’interno di quella.

La mancanza di un’offerta confacente alle aspettative a livello di marca (la mancanza di una offerta appetibile di investimento azionario) può ri-orientare il consumatore verso la scelta di una diversa categoria di prodotto (ad esempio, un investimento in immobili).

In altre parole, il contesto competitivo, o arena competitiva, è in realtà assai più vasto rispetto a quanto può apparire a prima vista considerando solo la concorrenza tra marchi.

Ricordiamo che questo modello di consumer behavior (comportamento del consumatore) è basato su criteri di razionalità abbastanza elevati. Infatti è molto logico (ma difficile) fare una valutazione esaustiva delle innumerevoli forme di investimento possibili per impiegare una certa somma, spaziando dall’oro alle case, dai diamanti ai titoli di stato, dalle azioni ad un appartamento o terreno, e questo richiede un consumatore evoluto.

Anche in questo caso, il consulente professionale di vendita/acquisto deve riuscire a sviluppare un ampio arco di soluzioni (funzione di orientamento), per poi indirizzare il cliente verso le scelte migliori (funzione di focalizzazione), ed infine individuare la scelta adatta (funzione localizzativa).

Per quanto riguarda l’implicazione manageriale del concetto di concorrenza allargata, dobbiamo considerare che il suo mancato riconoscimento genera una sottovalutazione della reale arena competitiva, con relativi rischi.

L’arena competitiva è infatti costituita da:

  • marchi concorrenti nella stessa categoria di prodotto (concorrenti diretti);
  • tipologie di attività potenzialmente alternative nella risoluzione del BSS (concorrenza sul BSS);
  • tipologie di prodotto succedaneo o alternative (concorrenti indiretti);
  • diversione dal BSS e reindirizzamento ad altri bisogni (concorrenza extra-BSS).

In termini aziendali questo richiede la capacità di osservare e monitorare la concorrenza da un punto di vista molto ampio:

Ad esempio, un tour operator deve considerare la realtà virtuale come un serio concorrente. È esattamente il concorrente più forte, a causa della sua capacità di attrarre persone che possono visitare, virtualmente, ma sempre meglio grazie al miglioramento tecnologico, altri luoghi e ricavarne emozioni.

Per questo, il tour operator dovrà differenziare la propria offerta in turismo fisico e turismo digitale, tramite un adeguato business plan, oppure dovrà ricercare un riposizionamento di nicchia, consapevolmente, e prepararsi a cedere quote di clienti alle aziende del turismo virtuale.

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Scelta del consumatore

Categoria di prodotto

Bisogno da soddisfare

Scelta di campo

Categoria di prodotto

Campo psicologico del cliente

Aspettative di marca

Contesto competitivo

Comportamento del consumatore

Concorrenza allargata

Diversificazione dell’offerta

Competizione indiretta

Sostituti di prodotto

Mercato allargato

Innovazione di prodotto

Nuovi entranti

Settori correlati

Strategie di diversificazione

Cambiamenti tecnologici

Ecosistema competitivo

Flessibilità strategica

Disruptive innovation

Analisi SWOT

Barriere all’entrata

Mercati emergenti

Trend del settore

Convergenza di mercato

Competitività globale

Strategie di alleanza

Rischi competitivi

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Secondo un orientamento antropologico, la cultura (insieme di modalità di percezione, comunicazione e visione del mondo) può essere considerata una delle determinanti principali dei bisogni percepiti da una persona, nonché dei comportamenti, inclusi quelli di consumo. L’influenza culturale determina in larga misura i consumi intellettuali e sociali e le modalità di risposta a bisogni di livello superiore (i gradini elevati della scala di Maslow), ma incide anche sulla modalità di soddisfazione dei bisogni primari (gli elementi di base della scala di Maslow), ad esempio nella scelta del cibo.

Tra i casi più noti di influenza culturale sulla modalità di soddisfare bisogni di base, ad esempio, le culture Islamiche pongono barriere al consumo di carne di maiale, e richiedono una macellazione del bestiame scrupolosamente confacente ai dettami religiosi, così come in India la mucca assume valore di sacralità, o negli Stati Uniti e in occidente non è visto di buon occhio, culturalmente parlando, mangiare cani o gatti.

Il relativismo culturale di marketing rende ogni cultura un pianeta simbolico a se stante, con le proprie leggi e norme valutative dei prodotti e della comunicazione. Questo si traduce in chiara esigenza di capire la dimensione culturale del consumo, soprattutto per quelle imprese che si rivolgono a target culturali differenziati, ad esempio ai gruppi immigrati (vedi il caso dei banchi di carne macellata secondo il rito islamico, largamente presenti nei supermercati delle zone ad alta densità immigrativa), o l’adattamento culturale del prodotto e della comunicazione per l’accesso ai mercati distanti ed emergenti (marketing interculturale).

Il fallimento di molti programmi alimentari o di profilassi condotti dalle agenzie internazionali nei paesi poveri, è dato, in larga misura, dalla scarsa conoscenza antropologica della cultura locale, che produce metodi di intervento controculturali e non accettabili dai destinatari. Operare nel buio culturale genera alta probabilità di fallimento.

La cultura determina inoltre in larga misura le modalità di ricezione e trattamento dei messaggi pubblicitari e persuasivi. Le ricerche hanno dimostrato che negli Stati Uniti esistono differenze tra consumatori religiosi e atei nel trattamento della comunicazione pubblicitaria, dove i soggetti di religione protestante tendevano ad essere più critici e valutativi della pubblicità rispetto agli atei.

Il fattore culturale porta un italiano a consumare volentieri pasta piuttosto che insetti, mentre in realtà il valore nutrizionale di questi è superiore. In alcune culture orientali essi costituiscono un normale piatto di portata e nessuno verrebbe colto da malore se essi fossero serviti a tavola. Allo stesso tempo, un pasto a base di hamburger consumato all’interno di un fast-food può essere considerato una modalità di unire la famiglia, oppure una modalità di “adesione all’imperialismo americano che estende la propria influenza anche sul modo di cibarsi”.

In altre parole, la cultura determina la “lettura” che le persone danno dei comportamenti di consumo, e dei prodotti, si pone come interfaccia tra soggetto e realtà, e crea “frames interpretativi” che guidano le conseguenti reazioni.

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Bisogni percepiti

Comportamento di consumo

Influenza culturale

Soddisfazione dei bisogni

Relativismo culturale di marketing

Valutazione del prodotto

Dimensione culturale del consumo

Adattamento culturale del prodotto

Fattori culturali

Valori culturali

Norme sociali

Identità culturale

Consumo simbolico

Tradizioni

Riti di consumo

Influenze etniche

Comportamento di acquisto culturale

Acculturazione

Globalizzazione

Comportamento del consumatore

Differenze interculturali

Classi sociali

Stereotipi culturali

Marketing interculturale

Stili di vita

Consumo ostentativo

Brand perception

Cultural branding

Moda e tendenze culturali

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Qualsiasi scelta di acquisto ha un margine di errore (che il consumatore cercherà in vari modi di ridurre) e produce timori di perdita in chi la compie.

Le perdite possono distinguersi in perdite assolute e in perdite relative. Una perdita assoluta accade quando la prestazione ricercata non viene ottenuta affatto. Ad esempio, acquisto un nuovo sistema operativo per il mio PC per ottenere più stabilità, e ottengo meno stabilità (prima si bloccava due volte al giorno, adesso quattro). Una perdita relativa si ottiene quando, successivamente all’acquisto, il consumatore si accorge che era possibile trovare lo stesso prodotto, ma ad un prezzo migliore, o a condizioni migliori, o che un prodotto concorrente offriva prestazioni migliori allo stesso prezzo, oppure ancora il prodotto fornisce una prestazione inferiore alle aspettative. Ad esempio, scopro che un negozio della stessa città offriva quelle scarpe speciali da escursione, che stavo cercando, con uno sconto del 40%. Oppure ottengo un miglioramento nella velocità di connessione molto basso rispetto all’investimento fatto per acquistare la nuova linea di telecomunicazione.

Il consumatore ricercherà sia l’evitazione di una perdita assoluta  (acquistare un prodotto che non risolve il problema), che l’evitazione di una perdita relativa (situazione in cui il prodotto raggiunge solo parzialmente il suo scopo, o vi è la percezione che il problema potesse essere risolto con minore esborso di risorse). Per farlo, ricercherà informazioni diagnostiche utili ad orientarsi. Accumulate le informazioni necessarie, quindi, deciderà.

Pertanto, il modello di decisione formalizzato è sostanzialmente basato sul processo di input-elaborazione-output.

Kotler, in un classico del marketing[1], evidenzia uno schema di acquisto così composto:


[1] Kotler, P. (1993). Marketing management. Torino, Isedi.

Sottolineiamo che questo modello funziona soprattutto negli acquisti maggiormente razionali o consci, là dove il soggetto è consapevole di quali siano le variabili in gioco, e si dia una strategia di acquisto. Il che non accade molto spesso.

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Scelta di acquisto

Rischio della perdita

Aspettative del cliente

Evitare la perdita

Modello decisionale

Consapevolezza delle variabili

Strategia di acquisto

Decisione d’acquisto

Analisi dei bisogni

Ricerca di informazioni

Ricerca di informazioni

Valutazione delle alternative

Acquisto

Post-acquisto

Coinvolgimento del cliente

Customer journey

Marketing mix

Comportamento del consumatore

Funnel di vendita

Brand loyalty

Customer satisfaction

Esperienza d’acquisto

Strategia omnicanale

Targeting

Segmentazione del mercato

Lead generation

Conversion rate

Retargeting

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Le informazioni raccolte sui possibili fornitori o sui prodotti non hanno tutte lo stesso peso. Infatti, nei processi di scelta solo le informazioni altamente diagnostiche hanno il potere di generare fiducia nelle proprie valutazioni (van-Wallendael, 1995)[1]. La diagnosticità di un’informazione riguarda la sua pertinenza rispetto alla capacità di discriminare le caratteristiche ricercate. Ad esempio, nell’acquisto di un computer, la composizione chimica della vernice esterna non ha un potere diagnostico, ma lo avranno i termini di garanzia, le prestazioni assicurate, la velocità, e altre informazioni. Il marchio visibile su un prodotto (ad esempio uno zaino da scuola) può essere del tutto ininfluente per un genitore, e assolutamente strategico per la figlia, influenzata dalla moda del momento e dal fatto che tutte le amiche nella classe hanno quello zaino, e non uno zaino qualsiasi.

Il problema del rapporto tra informazione e consumo non è affatto lineare. Infatti la qualità della decisione migliora al crescere della quantità di informazione posseduta, ma solo in linea teorica. Nella realtà, quando la quantità di informazione eccede la capacità elaborativa, il decisore viene sovraccaricato da informazioni, rendendo il processo decisionale lungo e difficoltoso (overload informativo). Il consumatore si trova quindi costretto a ridurre e scegliere le proprie fonti informative.

Questo porta spesso ad affidarsi alle proprie relazioni, a rivolgersi ai consigli degli altri, ad osservare quanto fanno gli altri, per un aiuto nella scelta, sfruttando, in un certo senso, la fatica decisionale già svolta da altri.

Sheth e Parvatyar (1995)[2] hanno analizzato le tematiche del Relationship Marketing, evidenziando che i consumatori utilizzano la propria rete di conoscenze per ridurre le scelte possibili (ricerca di suggerimenti, osservazione del comportamento già svolto da altri, imitazione). Lo scopo sottostante è l’intento di semplificare i compiti di consumo e acquisto, ridurre la necessità di information processing, diminuire il rischio percepito e mantenere la consistenza cognitiva e il comfort psicologico, riducendo l’ansia di scegliere.


[1] Van Wallendael, L.R. (1995). Implicit diagnosticity in and information buying task: How do we use the information that we bring with us to a problem?  Journal of Behavioral Decision Making, 8, 245-264.

[2] Sheth, J. N., & Parvatiyar, A. (1995). Relationship marketing in consumer markets: antecedents and consequences. Journal of the Academy of Marketing Sciences, vol. 23, 255-271.

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Processo di scelta

Diagnostica delle informazioni

Fiducia nelle valutazioni

Qualità dell’informazione

Capacità elaborativa

Fatica decisionale

Relationship marketing

Riduzione del rischio

Propensione al rischio

Analisi del rischio

Decisioni informate

Percezione del rischio

Comportamento del consumatore

Valutazione del rischio

Tolleranza al rischio

Modelli decisionali

Raccolta dei dati

Interpretazione dei dati

Strategia di mitigazione

Fattori psicologici

Analisi predittiva

Profilo di rischio

Consapevolezza del rischio

Big data analytics

Feedback del cliente

Incertezza e decisioni

Customer insights

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Diversi studi hanno evidenziato la presenza di un search cost effect (il costo della ricerca di informazioni): l’acquirente cercherà ulteriori informazioni solo fintanto che il costo marginale della ricerca non eccede il beneficio marginale ricavabile dall’informazione.

Le ricerche di informazioni, per una singola scelta, non possono durare tutta la vita. Ad un certo punto si fermeranno, considerato il tempo e costo necessario per la ricerca stessa, in comparazione a quanto vi sia in gioco in termini di acquisto.

Gli studi sul campo hanno confermato che lo sforzo di ricerca cresce in genere al crescere delle somme coinvolte. Le somme assumono tuttavia una valenza diversa a seconda di quanto l’esborso pesa sulle finanze della persona. Un investimento di 2000 dollari, se rappresenta il 70% delle risorse disponibili del soggetto, avrà una forte valenza emotiva, e vi sarà forte timore di sbagliare, mentre, se rappresenta lo 0,01% del totale disponibile, la preoccupazione di sbagliare avrà valenza emotiva inferiore (effetto di riduzione proporzionale della criticità economica dell’investimento).

Vi sono molti casi, tuttavia, di mancanza di equilibrio manageriale nel tempo dedicato a valutare la bontà delle proprie spese e decisioni, soprattutto in campo aziendale. A volte decisioni miliardarie o dagli effetti potenzialmente devastanti sull’azienda (in caso di errore) vengono prese senza perdere tanto tempo nella ricerca di informazioni indispensabili, mentre per decisioni tutto sommato stupide ed ininfluenti si perdono intere giornate in riunioni, o si investono somme ingenti in consulenza, in tempo manageriale e complesse ricerche.

Una Giunta comunale può dedicare enormi energie per la ricerca dei materiali e la scelta del colore del marmo di una futura fontana nella piazza del paese (che probabilmente non verrà mai costruita), e non predisporre, in compenso, un budget sufficiente (o non porsi il problema nemmeno) per la formazione professionale del personale dell’ente e lo sviluppo delle capacità manageriali (variabile da cui dipende praticamente tutto, in termini di efficienza e risultato gestionale).

I costi di ricerca possono essere analizzati secondo diversi parametri (disgiunti o congiunti):

I consumatori si trovano spesso, oggi, nell’incapacità di elaborare tutta l’informazione presente sui mercati, particolarmente nei settori caratterizzati da rapida innovazione e cambiamenti tecnologici.

Il commercio elettronico e i canali internet accrescono a dismisura il mercato di offerta e l’informazione disponibile, così che per un determinato acquisto, mentre in passato esisteva solo il negozio del paese (e non si poteva comprare altro che lì), oggi esistono innumerevoli potenziali punti di vendita e fonti informative. L’esito è un possibile overload informativo, un eccesso di dati che il soggetto non riesce più a manipolare. Questo confonde il consumatore e crea un senso di inadeguatezza.

I consumatori devono quindi apprendere nuove competenze:

Questo curriculum di studi dovrebbe essere presente in ogni percorso scolastico di base, intermedio e superiore. Se si pensa a quanto tempo si perde nelle scuole per apprendere informazioni che non si utilizzeranno mai, e quanto tempo non si impiega ad apprendere come acquistare bene (azione che si compie ogni giorno della propria vita) viene da chiedersi se non vi sia una regia occulta che determina questo stato di cose, o se si tratti semplicemente di ignoranza o incapacità politica.

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Costo della ricerca di informazioni

Sforzo di ricerca

Valenza emotiva

Costi cognitivi

Overload informativo

Wish list

Scala dei bisogni

Affidabilità della fonte

Ricerca delle fonti

Comportamento del consumatore

Processo decisionale

Ricerca di informazioni

Fattori psicologici

Motivazioni di ricerca

Percezione del rischio

Attitudine alla ricerca

Fonti di informazione

Comportamento di ricerca online

Influenza sociale

Esperienza d’acquisto

Conoscenza del prodotto

Fattori demografici

Segmentazione del mercato

Decisioni informate

Analisi delle preferenze

Coinvolgimento del consumatore

Marketing cognitivo

Fidelizzazione del cliente

Strategie di comunicazione

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Nell’ambito dei comportamenti del consumatore, una delle principali aree di studio riguarda la scelta tra prodotti concorrenti e la valutazione delle alternative. Ad un certo punto, durante una comparazione, avviene l’innesco della decisione di acquisto. Cosa accada in termini valutativi durante questi momenti (che possono essere brevi, pochi minuti, come nella scelta di un colore di rossetto su un banco, o lunghi, anche mesi o anni, come nella scelta di una abitazione) non è del tutto chiaro. Analizzeremo quindi alcuni modelli che permettono di far luce su tali dinamiche.

Una delle principali caratteristiche del comportamento del consumatore è l’avversione alla perdita (loss aversion). Diverse ricerche indicano che nel consumatore, in media l’avversione alla perdita è superiore alla propensione al guadagno[1]. Le persone spesso richiedono un compenso maggiore per privarsi di un oggetto, rispetto a quello che sarebbero disposte a pagare per esso (effetto denominato endowment effect)[2]. Inoltre, le persone si differenziano in termini di propensione al rischio. Ipotizziamo di trovarci di fronte ad una scelta tra alternative. In un gioco a testa o croce, ci vengono fatte due proposte tra cui dover scegliere: l’opzione (a) consente di guadagnare 1000 dollari se vinciamo o vincerne comunque 100 se perdiamo; l’opzione (b) implica perdere 200 se si perde o vincere 2000 se si vince. Cosa scegliereste? A o b? In base a scelte di questo tipo, è possibile misurare la propensione al rischio (risk-taking) delle persone e degli imprenditori. Chi ha un basso livello di risk-taking tenderà a scegliere (a), la scelta sicura, mentre chi possiede un livello alto di risk-taking tenderà a scegliere (b), meno sicura ma dai potenziali di guadagno più alti.

La loss aversion è anche un fattore sociale e culturale, oltre che personale. Vi sono culture che premiano il “non prendere rischi” e favoriscono il lavoro dipendente rispetto al lavoro autonomo o la creazione d’impresa[3].

La perdita, sul mercato, si configura ogniqualvolta il cliente ritenga di aver esborsato denaro o altre risorse avendone ricevuto una prestazione non corrispondente. Si basa quindi su un meccanismo di calcolo differenziale di guadagni e perdite che si instaurano in una transazione.

Quanto guadagno e quanto perdo se scelgo questa linea di azione? Cosa mi costa acquistare, cosa mi costa non farlo? Riceverò in cambio ciò che spero?

Per risolvere alcuni di questi problemi, le persone attuano meccanismi di ricerca di informazioni. Il fabbisogno di informazioni e la ricerca di informazioni (information seeking) è connaturato al tentativo del cliente di evitare una perdita potenziale. Esso rappresenta una condizione comune nei momenti di scelta, nella quale il terrore di avviarsi verso una perdita viene in un certo senso monitorato, previsto e contabilizzato.

Ogni processo di ricerca rappresenta un momento di uncertainty reduction (riduzione dell’incertezza decisionale), e si prefigge di raggiungere la condizione psicologica che permette di prendere una decisione con serenità, avendone valutato tutti i pro e contro, e sentendo di aver fatto il possibile per decidere al meglio.


[1] Vedi ad esempio Kahneman, D. & Tversky, A. (1979). Prospect theory: an analysis of decision under risk. Econometrica 47, 263-291.

[2] Thaler R. (1980). Toward a positive theory of consumer choice. Journal of Economic Behavior and Organization, 1, 39-60, cit. in van Dijk, E., & van Knippenberg, D. (1998). Trading wine: on the endowment effect, loss aversion, and the comparability of consumer goods. Journal of Economic Psychology, 19, 485-495.

[3] In uno studio sul campo realizzato dall’autore su studenti 18enni all’ultimo anno di scuola professionale, in un territorio ad alto grado di disoccupazione giovanile, la valutazione di un alto grado di rischio connesso all’imprenditoria veniva ulteriormente rinforzata dall’opinione che la famiglia reagirebbe più positivamente alla notizia che il proprio figlio/figlia trovi un lavoro dipendente, rispetto alla notizia che il giovane intende avviare un impresa autonoma.

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Semantica articolo. Le parole chiave di questo articolo sono:

Scelta del prodotto

Analisi comparative

Decisione d’acquisto

Avversione alla perdita

Propensione al guadagno

Propensione al rischio

Risk-taking

Calcolo differenziale del guadagno

Ricerca di informazioni

Condizione psicologica

Comportamento del consumatore

Analisi del rischio

Tolleranza al rischio

Fiducia del consumatore

Influenza sociale

Innovazione e rischio

Percezione del rischio

Psicolgia del consumatore

Attitudine all’acquisto

Fattori motivazionali

Esperienza d’acquisto

Marketing persuasivo

Segmentazione del mercato

Vendita impulsiva

Consumo e rischio

Marketing emozionale

Modelli di acquisto

Strategia di mercato

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L’effetto della fonte di risorse (income source effect) sulle scelte di spesa (budget setting) è una delle dinamiche studiate all’interno della ricerca sul mental budgeting. Questi studi dimostrano come i budget mentali di spesa dipendano anche dal tipo di fonte del reddito. In altre parole, le risorse entranti vengono rese disponibili ai diversi accounts a seconda di dove provengono, del tipo di sforzo necessario per ottenere il denaro, della modalità con sui è stato ottenuto.

Ad esempio, una ricerca ha dimostrato come le persone tenderanno a spendere più volentieri una cifra in una vacanza non pianificata (account mentale autoconcessivo, autogratificativo) se il denaro proviene da un regalo o vincita altrettanto imprevista, piuttosto che se provengono da un premio di produzione o da uno stipendio[1]. Il fatto di provenire da una fonte inattesa e più frivola fa inserire questa cifra in un budget mentale meno “controllato” e più volitivo. Il fatto di provenire da una fonte lavorativa li avrebbe fatti inserire con maggiore facilità, ad esempio, in un budget di “acquisti per la casa” o “acquisti necessari”.

Questi risultati indicano che il principio basilare dell’economia classica della fungibilità del denaro (ciascuna banconota è uguale a ciascuna altra banconota) non si applica nella psicologia del consumatore: il consumatore attribuisce un peso a ciascuna banconota a seconda della fonte di quella banconota, e la inserisce (spesso senza rendersene conto) all’interno di un certo budget mentale.


[1] Henderson, P.W., & Peterson, R.A. (1992). Mental accounting and categorization. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 51, 92-117.

©Copyright. Articolo estratto con il permesso dell’autore dal libro di Daniele Trevisani: “Psicologia di Marketing e Comunicazione” Franco Angeli Editore, Milano

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Fonte di risorse

Scelte di spesa

Sforzo per ottenere denaro

Fungibilità del denaro

Psicologia del consumatore

Budget setting

Budget mentale

Teoria della fungibilità

Comportamento del consumatore

Percezione del valore

Bias cognitivo

Effetto framing

Spesa discrezionale

Scelte di consumo

Utilità marginale

Razionalità limitata

Psicologia economica

Decisioni di acquisto

Sostituibilità del denaro

Effetto dotazione

Sovraccarico di scelta

Heuristics finanziarie

Teoria del prospetto

Effetto ricchezza

Analisi costo-beneficio

Preferenze temporali

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Un’ipotesi di lavoro interessante che emerge dalle ricerche qualitative dell’autore, e che richiede una adeguata successiva validazione su più larga scala, è data dal collegamento tra sensibilità al prezzo e funzione del prodotto lungo la scala di Maslow. Esistono evidenze che spingono a sostenere che il consumatore sia tanto meno sensibile al prezzo quanto più “alta” è la funzione del prodotto nella scala di Maslow modificata.

In altre parole, prodotti con valenza autorealizzativa o di immagine vengono valutati e scrutinati meno analiticamente in termini di costo.

Ad esempio, nel caso in cui un buyer aziendale (responsabile degli acquisti aziendali) debba rinnovare la dotazione di tute da lavoro nella fabbrica, egli analizzerà le diverse opzioni attentamente in termini di rispondenza a costi di mercato e tramite analisi comparative. La stessa persona utilizzerà criteri meno stringenti per l’abito da sposa della figlia, considerando le valutazioni sociali e la valenza emotiva del prodotto.

Si suppone cioè che la psicologia di consumo occidentale sia molto analitica quando si tratta di acquisti “funzionali” e necessari, ma divenga meno razionale e attenta ai costi quando l’atto di consumo riguarda la propria immagine o l’autogratificazione. Questa ipotesi rende necessario uno spostamento del focus aziendale su come creare valore in termini di immagine e autorealizzazione.

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Sensibilità al prezzo

Funzione del prodotto

Immagine

Valore

Analisi comparative

Acquisti funzionali

Autorealizzazione

Prezzo

Sensibilità

Bisogni

Valore percepito

Elasticità della domanda

Sconti

Promozioni

Prezzi psicologici

Comportamento del consumatore

Mercato

Strategia di prezzo

Segmentazione del mercato

Prezzo dinamico

Costo

Budget

Reddito disponibile

Concorrenza

Posizionamento di prezzo

Prezzi premium

Equilibrio prezzo-qualità

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L’influenza dei valori sul consumo è un fenomeno osservato anche dalla ricerca in psicologia economica.

Allen e Ng (1999)[1] evidenziano come i valori culturali e umani possano aver una influenza diretta o indiretta sulla scelta dei prodotti, di direzione sia positiva che negativa.


[1] Allen, M.W, & Ng, S.H. (1999). The direct and indirect influences of human values on product ownership. Journal of Economic Psychology, 20, 5-39.

Una influenza valoriale diretta avviene quando il prodotto viene accettato o respinto soprattutto per ciò che esso simboleggia. Le scelte dirette direzionano tutto ciò che ha una valenza prevalentemente simbolica, ad esempio la propensione maggiore o minore a dotarsi di status symbol.

Un esempio di influenza diretta negativa (nel senso di ridurre la propensione all’acquisto) è dato dal rifiuto di acquistare carni da animali d’allevamento per motivi di disprezzo delle condizioni di sofferenza in cui essi sono tenuti (scelta valoriale, e non legata alla valutazione qualitativa del prodotto). Quando a questa si assomma una valutazione anche a livello indiretto (le carni d’allevamento sono piene di ormoni, scadenti, ecc..) si produce un ulteriore riduzione dell’intenzione d’acquisto.

Un esempio di influenza diretta positiva che genera incremento della propensione all’acquisto è l’acquisto solidale. Esso viene svolto tramite società (spesso non profit) che instaurano rapporti diretti con paesi del terzo mondo (scambio equo) con lo scopo di lottare contro lo sfruttamento dei paesi poveri.

In questi casi il valore sociale del bene – più che quello funzionale –  determina la scelta: il cliente vi trova una forma di adesione ad una corrente di pensiero, e l’acquisto simboleggia suoi valori sociali ed umani.

I valori umani possiedono anche una influenza valoriale indiretta sul consumo, stabilendo quali siano le caratteristiche salienti dei prodotti, i fattori che devono essere maggiormente considerati in un confronto.

Esempi di influenza indiretta sono diversi. Es: chi sente fortemente il valore del nazionalismo darà priorità al fattore “paese di provenienza” del prodotto (es: per un paio di scarpe, per un utensile) e ad altri fattori in cui si possa concludere che l’atto d’acquisto, in qualche modo, avvantaggia il proprio paese. Questo dato andrà ad inserirsi tra le diverse valutazioni del prodotto, ma non sarà l’unico elemento valutativo. Se tra i prodotti nazionali non si trovano le caratteristiche ricercate, la scelta potrà anche andare a prodotti esteri.

Allo stesso modo, la scelta di una normale lampadina viene influenzata indirettamente dai valori umani, quando fattori come l’ambientalismo e il risparmio energetico entrano fortemente in gioco nella scelta (piuttosto che la semplice potenza d’illuminazione o durata dei filamenti). Questi elementi valoriali ed al temo stesso prestazionali porteranno a scegliere lampade a risparmio energetico, piuttosto che lampade tradizionali. Lo stesso valore spingerà i soggetti a ricercare soluzioni energetiche per la casa (riscaldamento ambientale, riscaldamento dell’acqua, illuminazione) tramite fonti le più possibili naturali (es: energia solare). E per farlo, il consumatore sarà anche disposto a pagare un extra-price, un prezzo superiore alla soluzione tradizionale.

Esistono rapporti stretti tra valori, atteggiamenti e credenze. Mentre le credenze possono cambiare, l’atteggiamento, essendo frutto di numerose credenze, è più stabile, in quanto richiede il cambiamento di molte variabili.

I sistema dei valori è stabile e si modifica nel tempo solo lentamente (o a seguito di forti traumi o input molto incisivi). Gli sforzi aziendali saranno tanto più forti quanto più in profondità si vuole agire per cambiare l’atteggiamento verso un prodotto. In altre parole,  se non è facile modificare le credenze del consumatore, e ancora più difficile modificarne radicalmente gli atteggiamenti, è decisamente arduo (anche se non impossibile) trasformarne i valori.

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Influenza dei valori

Decisioni di acquisto

Simbologia del prodotto

Status symbol

Scelta valoriale

Intenzione d’acquisto

Acquisto solidale

Scambio equo

Credenze del consumatore
Motivazioni d’acquisto

Cultura aziendale

Valori personali

Brand loyalty

Etica del consumo

Responsabilità sociale

Sostenibilità

Comportamento del consumatore

Influenza sociale

Esperienza d’acquisto

Fiducia nel brand

Marketing etico

Prezzo e qualità

Impatto ambientale

Recensioni dei prodotti

Pubblicità mirata

Fedeltà al marchio

Innovazione

Emozioni d’acquisto

Soddisfazione del cliente

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching