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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

I Catalizzatori Formativi:

Nel metodo HPM, il formatore/consulente o coach non deve mai dare per scontato che per ottenere cambiamento su una leva sia sufficiente toccare quella singola leva. In sostanza:

  • per agire sui Saperi non è sufficiente lavorare sui Saperi;
  • per agire sul Saper Fare non è sufficiente lavorare sul Saper Fare;
  • per agire sul Saper Essere non è sufficiente lavorare sul Saper Essere.

Lo spirito di riuscita è parte del Metodo HPM così come lo spirito di rinuncia non ne fa parte ed anzi è qualcosa da cui stare alla larga.


Non rinunciare a provare a fare ciò
che vuoi veramente fare. 
Dove c’è amore e ispirazione,
non credo che si possa sbagliare.

Ella Fitzgerald

Per tentare nuove strade della vita e progetti in cui riversare amore e ispirazione dobbiamo mettere in sinergia diversi campi di forze e diverse “sostanze”.

Nel campo della chimica è noto il fenomeno per cui due sostanze, semplicemente mescolate tra di loro, possono non legarsi affatto e rimanere divise. Se prendi delle palline di ferro e le metti in un bicchiere il ferro non si scioglierà nell’acqua, ma rimarrà sotto forma di palline. Se versi una pastiglia di aspirina nel bicchiere invece questa si scioglierà e avrai ottenuto un liquido diverso dalla semplice acqua.

Perché le strutture delle diverse molecole si leghino tra di loro profondamente è necessaria la presenza di un catalizzatore. La Catalisi è quindi il fenomeno per cui alcune reazioni chimiche vengono accelerate (catalisi positiva) o ritardate (catalisi negativa) dalla presenza di alcune sostanze, i catalizzatori.

Lo stesso accade nella formazione e nel cambiamento. Se prendiamo la “sostanza umana”, l’essere umano, e vi aggiungiamo nuovi concetti per “mere exposure” (semplice esposizione), il soggetto non li farà mai veramente propri. 

La nostra esperienza ci porta alla consapevolezza della necessità di utilizzare i catalizzatori positivi (es. l’azione concreta in cui sia necessario utilizzare veramente i nuovi concetti), così come di rimuovere i catalizzatori negativi dal processo formativo.

I Catalizzatori Formativi, l'insufficienza dei saperi e i momenti della verità

L’insufficienza dei saperi:

Per incrementare i Saperi non è sufficiente un ascolto one-way o una pura esposizione (mere exposure), per prolungata che sia, ma è necessario utilizzare catalizzatori formativi – ad esempio l’azione su progetti e il problem solving che richiedano di mettere sul campo i nuovi saperi. 

Ad esempio, un preparatore sportivo sta studiando i principi dell’integrazione alimentare, frequenta seminari sugli integratori, legge libri e riviste da anni, ma tutto “scorre” nozionisticamente senza entrare veramente nel patrimonio di abilità personali.

Solo nel momento in cui egli debba preparare un piano di integrazione per uno sportivo potrà veramente mettere “a sistema” i suoi saperi, e scoprire le sue lacune. Nel momento in cui la realtà ci pone di fronte ad un problema che ci obbliga a “sapere”, il sapere diventa urgente e indispensabile. 

Lo stesso discorso vale per il lavoro sulle competenze e saperi manageriali. Possiamo leggere cento libri sulla comunicazione che ci parlano degli “stili comunicativi”, e scoprire che ne esistono tanti, esempio:

  • Poetico
  • Empatico
  • Assertivo
  • Ottimista
  • Pessimista
  • Ingegneristico
  • Anglofono

…e ogni altro stile praticabile. Finché lo leggiamo, sarà solo un vago concetto. Quando invece con tecniche di “active training” qualcuno ce li farà interpretare, ce li farà provare ed allenare, per quanto sia lo sforzo di cambiare stile comunicativo, allora e solo allora il concetto si farà strada in noi e inizierà a passare da un vago “sapere” ad un più concreto “saper fare” e “saper essere”.

Per cambiare davvero e assimilare il nuovo bisogna provare, bisogna sperimentare, bisogna agire, bisogna mettere in conto di fallire, di essere goffi, di apprendere per prova ed errore, fino a raggiungere l’eccellenza.

Sbagliare, in questo metodo, non è veramente sbagliare, ma un passo in più verso il successo.

L’arte di vincere la si impara nella sconfitta.

Simon Bolivar

Test di realtà, reality check, momenti della verità:

Credere di potere è essere già a metà strada.

Theodore Roosevelt

I test di realtà (reality check) sono una tecnica di coaching e formativa sviluppata nel metodo HPM, con la quale si cerca di osservare i comportamenti sul campo di una persona o di un’azienda, in condizioni reali, per acuire la consapevolezza dello stato di cose reale.

Questo vale anche per testare i propri personali comportamenti in prove di verifica dei livelli di competenza ed abilità raggiunti, e fare il punto di un percorso di Deep Coaching.

Un reality check può essere svolto anche per via telefonica per testare la qualità del servizio di un’azienda o di un operatore, o tramite canali digitali o ancora tramite canali interpersonali.

Cosa andiamo ad osservare in un reality check? Questo è un esempio di livelli di analisi per valutare la qualità di un servizio di customer service telefonico:

Reality check applicato alla qualità del servizio telefonico di un contact center con specifica attenzione alle capacità di ascolto.

  1. Cosa voglio (per che motivo sto attivando un contatto)?
  2. Chi contatto?
  3. Attraverso quale canale?
  4. Cosa capiscono di quello che mi serve veramente?
  5. Come ascoltano o come sanno ascoltarmi?
  6. Quanto capiscono?
  7. Come si comportano?
  8. Che principi guida latenti usano?
  9. Da cosa si evince?
  10. Come si sarebbero dovuti comportare?
  11. Che dissonanze emergono?

Un approccio simile è esistente da tempo nel marketing, ad esempio sotto forma di ghost customer technique, dove vengono svolti acquisti reali presso aziende concorrenti, per misurarne la performance, la capacità di servizio e la qualità relazionale. L’applicazione con finalità formative e di coaching si deve (per quanto di nostra conoscenza) a nostre sperimentazioni.

Ad esempio, in un modulo formativo o di coaching dedicato al tema dell’ascolto ed empatia, si può procedere con dei reality check telefonando a concessionarie d’auto per verificare con quanta attenzione i venditori ascoltino i nostri bisogni, o se li ascoltino affatto. Si può verificare se ci offrono una prova di guida, se ci tengono ad avere i nostri dati per richiamarci in caso di bisogno, e tanto altro. 

Dopo una serie di telefonate dove si sarà constatato con mano che le persone non sanno ascoltare o non sono formate ad ascoltare, l’urgenza di un lavoro sull’ascolto aumenta molto. E soprattutto, nasce da una sperimentazione concreta avuta dagli allievi, e non solo da un concetto teoricamente esposto come possibile dal coach o formatore.

L’applicazione che ne realizziamo a fini formativi ha dato eccellenti riscontri in termini di apertura al cambiamento del partecipante all’evento formativo. 

reality check possono essere sia rivolti a sé stessi (es: cercare di risolvere un problema), sia sulla propria organizzazione (vedere come essa risponde, come le singole persone rispondono) o su altri (realizzando un apprendimento che deriva dall’osservazione mirata di comportamenti altrui).

Grazie agli auto-test di realtà (vedere se si è in grado di risolvere un problema reale), posso scoprire qualcosa di me, posso “sapere di non sapere”. Ad esempio, se voglio diventare un preparatore atletico, grazie al test di realtà prendo consapevolezza di avere molta conoscenza teorica sui singoli integratori nutrizionali, ma di non avere ben chiaro come funzioni la relazione tra diversi integratori, la sinergia tra sostanze, cioè se rischio di mandare il mio cliente all’ospedale con un’intossicazione associando diverse sostanze tra di loro.

Posso anche scoprire di sapere molto su quali integratori siano utili per uno sport di potenza, ma la realtà può mettermi di fronte un atleta di karate che abbisogna di velocità esplosiva e non di molta massa muscolare, e questo può mettere in crisi la mia presunzione iniziale di conoscenza.

Ecco, quindi, che solo dopo avere affrontato molti casi in cui devo mettere alla prova e rivedere le mie conoscenze potrò dire di possedere veramente le nozioni (i Saperi) sugli integratori. Senza il passaggio sul “saper fare” questo non sarebbe stato possibile. E l’esempio degli integratori per un preparatore atletico è solo un esempio, lo stesso principio si potrebbe applicare ad un problema manageriale, o di leadership, o di comunicazione, e a qualsiasi altro obiettivo.

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

Se pensi di aspettare il “momento giusto” per la tua crescita personale e per la tua formazione, sappi che il momento assolutamente perfetto non arriverà mai, e il momento giusto è adesso.

Procrastinare, nel senso di posticipare, fa male, ma posticipare la propria formazione fa ancora più male.

Non aspettare. Non sarà mai il momento giusto.

Napoleon Hill

Vediamo quindi di approfondire di cosa si parla quando si vuole fare formazione esperienziale e Deep Coaching in modo serio.

Una divisione classica degli obiettivi formativi distingue tra:

  • Saperi: teorie, terminologie, conoscenze, elementi culturali e saperi tecnici da acquisire;
  • Saper Fare: le classiche “skills” o competenze pratiche;
  • Saper Essere: gli atteggiamenti, i comportamenti interpersonali, i sistemi di credenze, i valori di fondo che adottiamo, e le priorità generate dal “modo di essere”.

Nel mondo anglofono, si riferisce spesso lo stesso concetto come “triangle” of attitudes, skills and knowledge (triangolazione tra atteggiamenti, capacità e conoscenza). La derivazione di questa tipologia può essere ricercata soprattutto negli studi di Bloom degli anni ‘50, che distingue tre diversi domini di apprendimento[1]:

  • cognitive – cognitivo (il conoscere);
  • affective – affettivo (atteggiamenti, sentimenti);
  • psychomotor – psicomotorio (relativo al fare).

Negli studi di Bloom, tali categorie vengono ulteriormente sub-analizzate, con individuazione di ulteriori sotto-domini e sotto-variabili, di estremo interesse (rimandiamo il lettore all’opera originale per ulteriori approfondimenti). 

Nel metodo HPM, non volendo e potendo in questa sede fare uno studio storico retrospettivo, ci proponiamo di concentrarci su un utilizzo delle categorie il più operativo possibile. Per ciascuno di questi elementi proponiamo come necessario calcolare un obiettivo formativo o di coaching specifico, o appurare se sia o meno intenzione del cliente agire su di esso.

Integrazione 3 Saperi con modello X Y

Principio 4 – Situation Analysis e Goals Analysis:

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

Buona focalizzazione delle:

  • conoscenze in ingresso;
  • abilità in ingresso;
  • atteggiamenti preesistenti.

Buona focalizzazione di:

  • conoscenze in uscita e conoscenze attese;
  • abilità in uscita e abilità attese:
  • atteggiamenti in uscita e cambiamenti attesi negli atteggiamenti.

Dobbiamo ora realizzare un passaggio delicato: integrare il modello X-Y e quello dei 3S con il modello HPM che fa da sfondo ad ogni azione di coaching in profondità e di formazione.

Integrazione di modelli diversi come strada maestra per un metodo di coaching olistico

Integrazione di modelli diversi come strada maestra per un metodo di coaching olistico

Dare corpo ad un metodo integrato e olistico è l’obiettivo del sistema HPM.

Il metodo HPM è un metodo olistico che spinge la persona verso l’osare incursioni in nuovi territori del sapere, del saper essere, del saper fare, consapevoli che nessun successo è facile ma richiede anzi prova ed errore.

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

La sigla HPM comprende il senso del “dare forma”, costruire o modellare (Modeling), ma anche produrre impulso e stimolazione positiva. 

Si applica, a seconda degli scopi sottostanti, al fronte del potenziale umano (Human Potential Modeling), o al lato della prestazione umana (Human Performance Modeling)[2].
I due lati della medaglia sono corrispondenti, in quanto l’accesso al proprio potenziale è la base sia per il benessere che per prestazioni efficaci quando serve. 

Il principio fondamentale risponde al bisogno primario di ogni persona di liberare e crescere le risorse individuali, essere sé stessi al massimo livello possibile, accedendo a nuovi livelli di benessere, autorealizzazione, e pienezza della vita. 

In ultimo, si tratta di un viaggio verso la libertà.
La libertà della tua mente.
La libertà del tuo spirito, che mai nessuna gabbia potrà racchiudere.

Nel Metodo HPM è previsto ampio spazio per le tecniche di training mentale e di rilassamento, con una moltitudine di approcci ed esercizi, e tuttavia il principio di fondo di “tenere duro” nel proprio tendere alla crescita personale è presente e forte.

Ci sono due regole nella vita:
1. Non mollare mai;
2. Non dimenticare mai la regola n° 1.

Duke Ellington

Possiamo fare un grande sforzo di integrazione fra modelli diversi per arrivare ad un coaching veramente olistico e ad una formazione veramente profonda ed olistica.

Per ciascuna delle sei celle del modello HPM, dobbiamo chiederci che cambiamenti vorremmo produrre, “da dove a dove” vorremmo portare la persona, e questo sia sui saperi (conoscenze), sui saper fare (competenze) e sugli atteggiamenti e valori (saper essere).

Principio 5 – Integrazione tra modelli per il Deep Coaching (Metodo HPM):

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

  1. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie fisiche (bioenergetiche). 
  2. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie mentali (psicoenergetica),
  3. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle micro-competenze in grado di fare la differenza (micro-skills).
  4. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle macro-competenze e macro-skills.
  5. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Progettualità e capacità di fissare obiettivi da concretizzare.
  6. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Spiritualità, evoluzione della missione e visione, dei valori e del Life Purpose (scopo di vita).
  7. Corretta integrazione tra i vari livelli di intervento sulle varie celle, con una regia olistica del timing e del processo di formazione e di Deep Coaching.
  8. Per ciascuna variabile, localizzazione e pulizia del quadro di analisi da letture e diagnosi errate della situazione attuale (False X), da falsi obiettivi o obiettivi distorti (False Y), e da strumenti sbagliati per raggiungere lo scopo (False Z).

La visualizzazione grafica di questo lavoro di integrazione è presentata nel modello seguente:

Figura 5 - Rappresentazione schematica Modello Deep Coaching

Figura 6 - Rappresentazione schematica Modello Deep Coaching con false x e false z

[1] Bloom, B.S.(Ed.) (1956-1964). Taxonomy of Educational Objectives. New York: David McKay Company Inc.

[2] In altre parole, la declinazione della sigla HPM può riguardare sia il tema del dare impulso e forma (Modeling) al potenziale non competitivo delle persone (Human Potential Modeling), sia il lato competitivo, la prestazione, il fronte agonistico (Human Performance Modeling).

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

“Il pessimismo non ha mai vinto nessuna battaglia.”

Dwight Eisenhower

Le quattro caratteristiche del Capitale Psicologico interagiscono le une con le altre. Quando una persona ha speranza è maggiormente disposta a mettere in campo progetti e iniziative con ottimismo, conta sulla sua efficacia personale come risorsa su cui fare leva, e sa fronteggiare le avversità riprendendosi anche dopo insuccessi e fallimenti con rinnovata speranza, ottimismo ed efficacia.

Ma non solo. Esiste un effetto “contagio” di queste quattro dimensioni sia all’interno dell’azienda, dove le persone con elevato Capitale Psicologico sono in grado di immettere energie positive nei team a cui partecipano, sia verso il cliente, che percepisce l’ottimismo, l’energia e il senso di efficacia e volontà del venditore innalzando le proprie intenzioni di acquisto. Le performance complessive, quindi subiscono un forte impulso dall’immissione di Capitale Psicologico in azienda e in ogni persona possibile ad ogni livello.

Le ricerche dimostrano che un intervento di formazione sul Capitale Psicologico (PCI – Psychological Capital Intervention) è possibile e ha effetti netti e positivi sulle performance[1]. Le tecniche principali usate sono specifiche per ogni area, e si va dalle visualizzazioni guidate di sé stessi mentre si raggiunge un obiettivo, alla rivisitazione di successi passati, fino alla disaggregazione di un obiettivo in steps micro, misurabili e concretamente realizzabili. Il training e il coaching sul PCI può avvalersi di una innumerevole serie di tecniche per le quali rimandiamo a contatti diretti con l’autore[2].

Parlando di Business Coaching, l’impatto positivo dello PsyCap si ritrova nella riduzione dell’assenteismo, nel maggiore impegno (commitment) e nell’atteggiamento positivo verso il mercato e verso i clienti, sino alle migliori relazioni interne nei gruppi di lavoro e tra capi e collaboratori. L’effetto di contagio positivo avviene anche tra leader e collaboratori. Un collaboratore che ha a che fare con un leader dotato di alti livelli di PsyCap diventa generalmente più ottimista, più fiducioso nelle proprie risorse e nella possibilità di farcela, e meno preoccupato delle cadute in quanto sa che si potrà rialzare e potrà ripartire come o meglio di prima. Questo effetto a discesa della positività dall’alto verso il basso della gerarchia organizzativa è chiamato Downstream Effect.

Altri studi addirittura arrivano a dimostrare la presenza di un “effetto contagio positivo” a distanza, in azienda multinazionali ove i contatti possono essere anche e soprattutto digitali. Ebbene anche in questi contesti si è trovato che i leader globali di un’impresa con PsyCap positivo hanno un effetto contagio positivo sui propri collaboratori nel mondo[3].

Rich (1999)[4] ha trovato che i direttori di vendita possono incrementare l’ottimismo attraverso un supporto individualizzato, che nella nostra esperienza si traduce nel fare ricorso a sessioni di coaching e di mentoring. Per questo motivo, è bene che i leader e i direttori di qualsiasi tipo di team aziendale o sportivo imparino le tecniche del coaching e del mentoring e le applichino ai propri collaboratori per incrementare le performance e il benessere. 

Lo PsyCap è collegato direttamente al benessere generale dell’individuo[5], e quando una persona sta bene, il lavoro non può che riceverne benefici.

Una leadership autentica e autorevole è quindi uno degli scopi di ogni tipo di Deep Coaching.

Rivolgi il viso verso il Sole e le ombre cadranno alle tue spalle”

Proverbio Maori

Principio 3 – Sostegno e potenziamento del Capitale Psicologico (PsyCap):

Il cambiamento positivo viene favorito dall’incremento del Capitale Psicologico (PsyCap) della persona e del team, individuato dai seguenti fattori:

  1. incremento dei livelli di Hope (Speranza). La Speranza attiva e non passiva è caratterizzata dal potere della volontà (Willpower), dal potere di individuare strade per il successo personale o di un progetto (Waypower), e da un atteggiamento proattivo e non solo attendistico, nel quale si sviluppano progetti in modo attivo, concreto;
  2. incremento dei livelli di Efficacy (Efficacia e Autoefficacia). Capacità di lavorare sulle proprie risorse personali e incrementarle (saperi, saper essere, saper fare);
  3. incremento dei livelli di Resilience (Resilienza). Capacità di andare oltre le fasi negative o gli insuccessi e rimanere ancorati ai propri valori e visioni, perseverando nell’impegno con fiducia;
  4. incremento dei livelli di Optimism (Ottimismo). L’ottimismo attivo prevede la ricerca di campi di espressione personale sapendo attivare emozioni positive, motivazione e realismo;
  5. sinergie tra i diversi livelli dello PsyCap, tali che un intervento su un livello porti benefici anche ad altri livelli e ad altre persone (effetto di contagio positivo).

[1] Silvia Dello Russo, Psychological Capital Intervention (PCI): A Replication and Extension. September 2015 Human Resource Development Quarterly 26(3):329-347

[2] vedi form di contatto presso il sito www.studiotrevisani.it

[3] Story, Joana S. P.; Youssef-Morgan, Carolyn M.; Luthans, Fred; Barbuto, John E. Jr.; and Bovaird, James A., “Contagion effect of global leaders’ positive psychological capital on followers: Does distance and quality of relationship matter?” (2015). Management Department Faculty Publications. 141. University of Nebraska-Lincoln.

[4] Rich, Gregory A. (1999), “Salesperson Optimism: Can Sales Managers Enhance It and So What If They Do?” Journal of Marketing Theory & Practice, 7 (1), 53–6

[5] Wang, H., Sui, Y., Luthans, F., Wang, D., & Wu, Y. (2014). Impact of authentic leadership on performance: Role of followers’ positive psychological capital and relational processes. Journal of Organizational Behavior, 35, 5–21. https://doi.org/10.1002/ job.1850

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La sigla H.E.R.O viene utilizzata per ricordare più facilmente le quattro componenti (Hope, Efficacy, Resilience, Optimism), che andiamo ad esaminare con maggiore dettaglio.

  1. Hope – Speranza. Il potere della volontà e della determinazione

“Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore, piccola saggina sulla sponda del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio.
Se non puoi essere un’autostrada, sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole, sii una stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere. 
Poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita.”

Martin Luther King

La speranza si esprime nell’abilità di trovare degli scopi nobili da perseguire, fissare dei goal, automotivarsi nel raggiungere quei goals, e nell’abilità di determinare soluzioni alternative per raggiungere quei goal. La speranza esprime il potere della volontà (Willpower) e il potere di cercare strade alternative per portare avanti la propria volontà (Waypower).

Ad esempio, nel mondo della vendita, le persone con livello di speranza elevato sono migliori e più capaci nell’inquadrare vie multiple al successo della vendita e conseguire i propri goals in numerose situazioni. Ad esempio, quando le persone con alti livelli di speranza stanno eseguendo una determinata linea di azione finalizzata ad una vendita, o implementano una strategia di vendita e il loro percorso ha dei blocchi, essi mostrano la capacità di lanciarsi in vie d’azione alternative e continuare a perseguire il goal.

In ogni campo della vita e del lavoro, le persone che hanno speranza pensano sempre che ci sia una possibile via per raggiungere un certo scopo e non si scoraggiano, potendo contare sull’energia di una fede interiore nella capacità di avere successo o raggiungere un obiettivo nonostante le difficoltà.

2. Efficacy – Efficacia. La capacità di accettare sfide

“Nulla può impedire all’uomo con il giusto atteggiamento mentale di raggiungere il proprio obiettivo; nulla sulla terra può aiutare l’uomo con l’atteggiamento mentale sbagliato.

Thomas Jefferson

L’efficacia dal punto di vista del capitale psicologico rappresenta una credenza positiva nelle proprie abilità di accettare le sfide e perseguire lo sforzo necessario per avere successo (Luthans, Youssef, e Avolio 2007)[1] 

L’efficacia diventa la convinzione della persona, la sicurezza nelle sue abilità di mobilizzare la motivazione, le risorse mentali, e portarle entro corsi di azione necessari ad eseguire con successo un compito specifico entro un dato contesto.

Le persone efficaci hanno maggiore fiducia nelle lor attività, e di conseguenza diventano più persistenti e più capaci nell’impegnarsi in attività dirette ad un fine (Bandura 1986)[2]. La fiducia in sé diventa fiducia nelle proprie capacità e questo assume la forma di un circolo virtuoso in cui la persona non demorde e continua a perseverare sapendo di poter raggiungere un risultato. La persona con un alto livello di autoefficacia accetta anche grandi sfide, certa di avere le probabilità di successo o almeno di poterlo tentare con buona probabilità di successo. La persona efficace non solo accetta la sfida ma impegna il tempo e lo sforzo necessario per ottenere i propri goals.

3. Resilience – Resilienza. La capacità di rialzarsi

Il mondo ci spezza tutti quanti,
ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati.

Ernest Hemingway

La resilienza fa la differenza tra le persone che recuperano morale e volontà dopo un’avversità, e quelli che ne rimangono devastati a schiacciati (Block e Kremen 1996)[3]. La resilienza permette agli individui di “rimbalzare” positivamente e velocemente da uno o più eventi negativi (Masten 2001)[4].

La resilienza è una risorsa reattiva definita come la capacità psicologica di rialzarsi, di “rimbalzare in avanti” da una avversità, ritrovare la strada dopo una fase di incertezza, un conflitto, un fallimento, accompagnata anche da cambiamenti positivi, apprendimenti, progressi e nuove responsabilità.

Le persone con alto grado di resilienza recuperano livelli psicologici eguali o addirittura superiori ai livelli precedenti l’omeostasi, andando spesso anche oltre la condizione di partenza. Le persone intraprendono il viaggio positivo verso la resilienza ogni volta che riescono a recuperare da una situazione negativa, potenziando il proprio carattere e le proprie risorse psicologiche, dando il via ad una spirale di crescita positiva. 

Nella vita, la resilienza è fondamentale perché la vita stessa di chi si pone obiettivi ambiziosi è connotata per definizione da alti tassi di fallimento o rifiuto e il ruolo di chi prende questa via pone grandi sfide e aspettative di successo che non sempre si avverano. Senza resilienza, non sarebbe possibile avanzare nonostante le difficoltà e superarle, andare oltre e ripartire con volontà e determinazione sempre nuove.

Per quanto vivrai, continua a imparare a vivere.

Lucio Anneo

4. Optimism – Ottimismo. Creare ciò che si può fare e non fermarsi a ciò che non si può fare

“Possiamo lamentarci perché le rose hanno le spine,
oppure gioire perché le spine hanno le rose.”

Alphonse Karr

La quarta componente delle PsyCap è l’ottimismo, che rappresenta una visione positiva dei risultati, include emozioni positive, motivazione e realismo. 

Come osservato da Carver e Scheier (2002)[5], la differenza tra persone ottimiste e persone pessimiste non è triviale, in quando gli ottimisti differiscono nettamente nei loro approcci ai problemi e alle sfide e nelle modalità di adattarsi alle avversità.

Chi è ottimista, se non ha opportunità cerca di crearsele, se non ha una competenza si adopera per apprenderla, se non ha le conoscenze che gli servirebbero per avere successo le studia. Lo stesso vale per le relazioni umane. L’ottimismo ragionevole è una delle doti umane più nobili e rare.

“Non troverai mai un arcobaleno, se guardi in basso.”

Charlie Chaplin

[1] Luthans Fred, Carolyn M. Youssef, and Bruce J. Avolio (2007), Psychological Capital: Developing the Human Competitive Edge, New York: Oxford University Press.

[2] Bandura, Albert (1986), Social Foundations of Thought and Action: A Social Cognitive Theory, Englewood Cliffs: Prentice-Hall.

[3] Block, Jack, and Adam M. Kremen (1996), “IQ and Ego-Resiliency: Conceptual and Empirical Connections and Separateness,” Journal of Personality and Social Psychology, 70 (2), 349–361.

[4] Masten, Ann S. (2001), “Ordinary Magic: Resilience Processes in Development,” American Psychologist, 56 (3), 227–239.

[5] Carver, Charles S., and Michael F. Scheier (2002), “Optimism,” in Handbook of Positive Psychology, C. R. Snyder, and S. J. Lopez, eds., New York: Oxford University Press, 231–243.

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  • Energie fisiche
  • Energie psicologiche
  • Entusiasmo
  • Liberare il potenziale
  • Miglioramento personale
  • Motivazione
  • Ottimismo
  • Psicologia positiva
  • Perseveranza
  • Progettualità
  • Resilienza
  • Speranza
  • Spiritualità

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

Il concetto di Capitale Psicologico:

Il Capitale Psicologico (in Inglese PsyCap, Psychological Capital) è un concetto di estrema importanza per tutto il mondo della crescita personale e del management che diventa determinante anche e soprattutto per fare Deep Coaching.

Il capitale psicologico è definito come “uno stato di sviluppo psicologico positivo” caratterizzato da: 

  • avere fiducia (auto-efficacia) nel mettere in campo lo sforzo necessario per avere successo in compiti sfidanti, 
  • realizzare attribuzioni positive (ottimismo) sulle possibilità di successo ora e nel futuro, 
  • perseverare verso gli obiettivi (speranza), e, quando necessario, ridirezionare il percorso verso gli obiettivi, 
  • quando si incontrano cadute e avversità, sostenerli e rialzarsi (resilienza) per ridirezionarsi verso il successo“[1]

I quattro fattori primari sono quindi:

  • autoefficacia (Self Efficacy)
  • ottimismo (Optimism)
  • speranza (Hope)
  • resilienza (Resilience).
Il Modello PsyCa

Quando parliamo di Capitale Psicologico e sue componenti, non dobbiamo considerarlo come qualcosa di astratto, ma di molto concreto.

Per incrementare il proprio Capitale Psicologico occorre un allenamento quotidiano e un fare concreto

L’artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza lavoro 

Emile Zola

Il fattore Hope (speranza) è qualcosa di pratico, non è da confondere con una vaga o illusoria speranza che le cose migliorino o andranno bene. È costituito invece da una “speranza attiva” che si compone di determinazione, pianificazione (planning), volontà e potere della volontà (Willpower) e dalla volontà di cercare strade efficaci per arrivare ai propri scopi (Waypower).

Il fattore Efficacy è altrettanto concreto e comprende sia la chiara percezione di quali sono i progetti e le sfide per le quali possiamo dimostrare efficacia (autoefficacia, Self-Efficacy), che il fattore entusiasmo, un ingrediente fondamentale per la riuscita di qualsiasi progetto o volontà.

Il fattore Resilience (resilienza) è altrettanto un concetto attivo. Non è da confondere con un vago concetto di “forza d’animo” ma con un concretissimo sapersi risollevare dopo un fallimento o dopo che qualcosa ci ha ostacolato, unito alla perseveranza nel fare. Si compone di perseveranza, costanza, continuità, saper essere continuativi nella nostra azione anche a fronte di difficoltà, saper trovare strade alternative per il successo o linee d’azione alternative dopo che una certa azione non si è dimostrata efficace, e saper considerare ogni caduta o fallimento come qualcosa di temporaneo e sul quale possiamo risollevarci e imparare, per progredire con ancora maggiore efficacia.

Il fattore Optimism (ottimismo) è anch’esso da intendere come un ottimismo attivo. Comprende la sensazione di poter incidere sul futuro tramite le nostre azioni e le nostre scelte, e un buon livello di Locus of Control. Il Locus of Control è la variabile psicologica che indica quanto una persona è propensa ad assegnare al destino o al fato il proprio stato attuale e futuro (Locus of Control esterno) oppure considerare il proprio stato e il proprio futuro come qualcosa su cui possiamo anche incidere con le nostre scelte, comportamenti e atteggiamenti. (Locus of Control interno).[2]

Il Deep Coaching e il suo effetto sul Capitale Psicologico
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Va da sé che una persona con un Locus of Control interno (ma senza scadere nell’ossessività) abbia molta più volontà di agire rispetto a chi ha un Locus of Control completamente esterno.

Se io penso che non valga la pena impegnarsi tanto il destino è già scritto, non mi attiverò mai in niente e sarò solo fatalista. Se invece penso che il mio destino sia anche in parte frutto delle mie scelte, delle mie azioni e comportamenti, di sicuro mi impegnerò nello svolgere progetti concreti, programmi di crescita personale o professionale, e azioni positive.

Questo vale in qualsiasi campo della vita, nello sport, nell’azienda, nella politica e nel campo sociale.

Fai attenzione ai tuoi pensieri, perché diventano parole.
Fai attenzione alle tue parole, perché diventano azioni.
Fai attenzione alle tue azioni, perché diventano abitudini.
Fai attenzione alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere.
Fai attenzione al tuo carattere, perché diventa il tuo destino.

Lao Tze

Il concetto di Capitale Psicologico ha i propri fondamenti scientifici saldamente radicati nella Psicologia Positiva[3], una branca della psicologia che si occupa di come potenziare le risorse psicologiche delle persone anziché occuparsi di curare malattie psicologiche[4]. Come tale, questo tipo di psicologia si presta ad un utilizzo ad ampio spettro nell’impresa e in ogni ruolo, incluso quello del Deep Coaching.

Queste teorie suggeriscono che i quattro fattori citati siano risorse positive che agiscono in modo sinergico e non solo in modo singolo, amplificandosi l’una con l’altra fino a dare vita al massimo potenziale della persona

Possiamo considerare che il potenziale personale di un manager o di un venditore – ma anche di qualsiasi persona – sia dato dalle skills, le competenze o saper fare che la persona possiede, e dal substrato psicologico, caratteriale, morale, e dagli atteggiamenti verso la vita e verso gli obiettivi e le sfide che ciascuno possiede.

In presenza di skills forti e in combinazione con un Capitale Psicologico elevato, il potenziale personale di ogni individuo ne esce enormemente potenziato.

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli


Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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Altre risorse online:

Pubblicazioni e libri dott. Daniele Trevisani (Books published)
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[1] Luthans F. (2002a). The need for and meaning of positive organizational behavior. Journal of Organizational Behavior, 23, 695–706.

Luthans F. (2002b). Positive organizational behavior: Developing and managing psychological
strengths. Academy of Management Executive, 16, 57–72.

Luthans F, Avey JB, Avolio BJ, Norman S, Combs G. (2006). Psychological capital development: Toward a micro-intervention. Journal of Organizational Behavior, 27, 387–393.

Luthans F, Avolio BJ. (2003). Authentic leadership: A positive developmental approach. In Cameron KS, Dutton JE, Quinn RE (Eds.), Positive organizational scholarship (pp. 241–261).
San Francisco: Barrett-Koehler.

Luthans F, Jensen SM. (2002). Hope: A new positive strength for human resource development. Human Resource Development Review, 1, 304–322.

Luthans F, Youssef CM. (2004). Human, social, and now positive psychological capital management. Organizational Dynamics, 33, 143–160.

Luthans F, Youssef CM. (2007). Emerging positive organizational behavior. Journal of Management, 33, 321–349.

Luthans F, Youssef CM, Avolio BJ. (2007). Psychological capital. New York: Oxford University Press.

Luthans, Fred; Avolio, Bruce J.; Avey, James B.; and Norman, Steven M., “Positive Psychological Capital: Measurement and Relationship with Performance and Satisfaction” (2007). Leadership Institute Faculty Publications 11.

[2] Rotter J.B., (1954) Social learning and clinical psychology. New York, Prentice-Hall.

Rotter J.B., (1966) Generalized expectancies for internal versus external control of reinforcement. Psychological Monographs, General and Applied, 80, 1, (N. 609).

Levenson H., (1973) Multidimensional locus of control in psychiatric patients. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 41, 397-404.

Wallston B.S., Wallston K.A., Kaplan G.D., Maides S.A., (1976) The development and validation of the health related locus of control (HLC) scale. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 44, 580-585.

Wallston K.A., Wallston B.S., DeVellis R., (1978) Multidimensional Health Locus of Control (MHLC) Scales. Health Education Monographs, 6, 160-170.

Krampen G., (1991) Questionnaire of Competence and Control Orientation. Göttingen, Hogrefe

[3] Seligman, Martin E. P. (1998), Learned Optimism, New York: Pocket Books.

Seligman and Mihaly Csikszentmihalyi (2000), “Positive Psychology,” American Psychologist, 55 (1), 5–14.

Seligman, M. E. P. (2011). Flourish: A new understanding of happiness and well‐ being – and how to achieve them. London, UK: Nicolas Brealey

[4] Lopez, Shane J., and C. R. Snyder, (Eds.) (2009), Handbook of Positive Psychology
New York: Oxford University Press.

Temi e Keywords dell’articolo:

  • Autostima
  • Auto efficacia
  • Coaching
  • Competenze
  • Crescita personale
  • Crescita professionale
  • Efficacia
  • Energie fisiche
  • Energie psicologiche
  • Entusiasmo
  • Liberare il potenziale
  • Miglioramento personale
  • Motivazione
  • Ottimismo 
  • Psicologia positiva
  • Perseveranza
  • Progettualità
  • Resilienza
  • Speranza
  • Spiritualità

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.

Charles Bukovski

La crescita personale assomiglia ad un viaggio compiuto per ritrovarsi, o per scoprire chi siamo davvero, o cosa potremmo essere. Questo vale anche per la crescita professionale. Alla base di tutto vi è la volontà di accedere a nuovi livelli di vita, o a nuovi livelli professionali, e persino a nuovi stati emotivi. Per farlo con successo, tuttavia, serve un modello che ci guidi.

Il modello Deep Coaching, derivazione del Modello HPM (Human Potential Modeling) sviluppato per la crescita del potenziale umano, ha proprio questo scopo.

In particolare, un metodo di crescita personale o professionale deve rispondere ad alcune domande di base:

  1. quali fattori primari prendere in considerazione per liberare il potenziale e di conseguenza le performance?
  2. come si può attivare una buona formazione esperienziale e un coaching in profondità (Deep Coaching) per stimolare la crescita delle energie personali, delle competenze, della progettualità, sino ai valori e alla spiritualità?

Al centro di tutto questo ragionamento c’è la convinzione profonda che umano possa prendere in mano larga parte delle redini del suo destino. Per farlo, occorre fare alcuni cambiamenti radicali, proposti nel Metodo HPM (Human Potential Modeling), che qui trattiamo. Dobbiamo imparare a fare cose che non facevamo prima, come il lavoro bioenergetico sul corpo, il training mentale, e tante altre aree previste nel metodo, e farle diventare abitudini sane e positive per la nostra crescita personale.

Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto.

Nelson Mandela

Se fai tuo questo pensiero, scoprirai che puoi avventurarti in nuove strade della vita, crescere, migliorare e cambiare il tuo modo di pensare, il tuo corpo, il tuo stato mentale e la tua comunicazione e i rapporti con gli altri. Puoi arricchire emotivamente la tua vita. Puoi aiutare gli altri a migliorare a loro volta. Puoi lasciare un segno del tuo passaggio. Puoi dare un contributo alla Civiltà Umana.

Il metodo si interessa sia di chi opera nelle performance di élite (testato in 30 anni di lavoro sul campo nel top management, sport agonistici, ma anche progetti aziendali di alta rilevanza strategica) che della vita quotidiana, e delle azioni di tutti i giorni.

È convinzione diffusa che le performance siano sforzi destinati ad un fine. Vero, ma proviamo per un attimo ad invertire il punto di vista, ed osservare le performance umane come un “termometro”, un indicatore del grado di libertà e di auto-espressione raggiunto.

Questo ci permette di trovare un fine molto più nobile che non siano prestazioni aride e fini a sé stesse: l’elevazione verso livelli di energie, competenze e cause superiori, sia in senso materiale che spirituale.

Il tema dominante di tutto il nostro pensiero va ricentrato, e presto.

Dobbiamo spostarlo dal baratro di banalità in cui il pensiero comune, la televisione, i media commerciali, le letture stupide, e la cultura mediana cercano continuamente di spingerci per non farci pensare.

Dobbiamo cambiare i parametri che usiamo per valutare noi stessi e gli altri. Il conto corrente o la bellezza esteriore sono solo indicatori apparenti, e spesso fuorvianti, di chi sia veramente una persona e di quale sia il suo vero valore.

La motivazione di un coaching in profondità (Deep Coaching)

Dobbiamo liberarci dal cancro mentale che tu sia solo Genetica e tu non abbia alcuna possibilità di influire su ciò che sei, a cosa guardi, verso dove sei diretto, e quindi sul tuo futuro. Dobbiamo iniziare a praticare concretamente la crescita personale e non solo a desiderarla.

Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora.

Johan Wolfgang von Goethe

La tua dote genetica può aver deciso la tua altezza, ma sono nelle tue mani il tuo potenziamento muscolare, la tua flessibilità articolare, o il tuo peso, e persino la tua rapidità di ragionamento, o la liberazione dall’ansia mentale e dallo stress inutile, o da un’immagine di sé improduttiva e dannosa. Sono tutti fattori allenabili e lavorabili con un buon programma di coaching e di training, fatti in profondità.

Nel Deep Coaching dobbiamo mettere al centro la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva, di emancipazione e di crescita.

E, per crescere o reindirizzare il pensiero, le buone intenzioni non sono sufficienti. Serve un metodo che aiuti a canalizzare questo sforzo positivo.

Qualsiasi sia la tua età o condizione, non è mai troppo tardi per iniziare o intensificare un lavoro su te stesso orientato alla tua crescita personale o professionale.

Non si è mai troppo vecchi per fissare un nuovo obiettivo o per sognare un nuovo sogno.

C.S. Lewis

Le sei aree primarie del metodo HPM sono divise in tre macro-categorie: energie, competenze, direzionalità, e queste tre categorie a loro volta sono divise in due aree: soft e hard. Questo dà vita a sei celle di lavoro, sei aree di attività sulla crescita personale che valgono sia per le prestazioni fisiche che per quelle mentali o intellettuali. Ed inoltre, si prestano ad un’analisi delle performance sia individuali che di gruppo.

Vorrei esprimere un concentrato di senso in una frase su cui discutere:

Le performance sono un grande banco di prova per la condizione umana… ci parlano dell’istinto umano a crescere, esplorare nuovi orizzonti, ricercare… capire chi sei… e cosa puoi arrivare a fare.

Daniele Trevisani

Ogni gara o competizione mette in moto i principi delle performance, ogni sfida aziendale, sportiva, o personale, ogni progetto, ci costringe a fare i conti con il nostro stato di preparazione e le nostre energie. Ogni volta che sentiamo la volontà di cambiare e migliorarci, la chiamata verso una vita diversa si fa strada in noi e dobbiamo imparare ad ascoltarla e non a silenziarla. Mai.

Le buone intenzioni valgono poco se non diventano un progetto. E francamente, non è decisivo che un progetto abbia successo o fallisca, perché anche da ogni fallimento possiamo imparare. Possiamo evolvere solo se proviamo e ci avventuriamo in strade nuove.

Sbagli il 100% dei colpi che non spari.

Wayne Gretzky

Il viaggio verso la crescita delle energie umane, fisiche e mentali, è un percorso di esplorazione che deve diventare progetto, un progetto di Deep Coaching.

Ognuno può progredire partendo da qualsiasi stato o condizione.

Una persona depressa o ansiosa può iniziare a vedere una luce, e questo è già progresso, tanto quanto il miglioramento di un record mondiale in qualsiasi sport e disciplina.

Una persona immatura può maturare… chi si sente inadeguato in un lavoro può cambiare, ri-orientarsi, formarsi.

Un’impresa in crisi può generare nuove idee o trovare nuove strade, così come un’impresa vincente può fare da traino a tante startup e diventare fonte di utilità sociale per tutti.

Qualsiasi sia la condizione di partenza, occorre credere in sé stessi, nella possibilità di crescere, di migliorare, di fare dei salti in avanti.

Il progresso personale e professionale avviene solo se ci lavoriamo sopra concretamente. Il miracolo della vita è talmente grande che va celebrato e non sprecato, e come sottolinea Einstein:

Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: uno come se niente fosse un miracolo;
l’altro come se tutto fosse un miracolo.

Albert Einstein (citato in Michael J. Gelb, Il Genio che c’è in te)

Ogni volta che alleni il tuo corpo o la tua mente, rendi omaggio al miracolo della vita che ha reso possibile che in quel giorno tu ti sia potuto allenare e formare, mentre altri più sfortunati, non possono.

Ogni giorno che incontri un pensiero buono, ringrazia per l’incontro e fallo tuo.

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online:

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  • Cambiamento
  • Coaching
  • Coaching in profondità
  • Competenze
  • Crescita Personale
  • Crescita del potenziale umano
  • Crescita Professionale
  • Energie fisiche
  • Energie mentali
  • Evoluzione
  • Formazione esperienziale
  • Innovazione
  • Liberare il potenziale
  • Miglioramento personale
  • Obiettivi
  • Performance
  • Prestazioni individuali
  • Prestazioni di gruppo
  • Progettualità
  • Valori
  • Visione

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategie di comunicazione e marketing. Un metodo in 12 punti per campagne di comunicazione persuasiva”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Competenza tecnica e qualificazione dei membri interni ed esterni del Campaign Team

Di assoluta importanza e priorità è decidere quali siano i confini dei ruoli : chi deciderà la strategia del messaggio? Il creativo o lo psicologo, o il direttore commerciale? 

Se non chiariamo prima i confini del “chi fa cosa” la campagna sarà un continuo susseguirsi di rimpalli di responsabilità o lotte di potere, e in un caso o nell’altro non ne uscirà nulla di buono.

In ogni organizzazione la certezza della responsabilità nominale (un nome per ogni responsabilità) è un ingrediente fondamentale.

Nessun titolare d’azienda si affiderebbe ad un idraulico per un’operazione al cuore, e la comunicazione aziendale è materia altrettanto delicata. 

La comunicazione punta al cuore dell’azienda e al cuore del cliente.

Sbagliare la comunicazione produce danni. Gli errori costano cari. 

Per gestire una campagna di comunicazione dobbiamo quindi definire competenze scientifiche e di coordinamento forti, e delegare solo i compiti veramente amministrativi a chi ha competenze amministrative. Dobbiamo inoltre capire che molte competenze prima giudicate amministrative sono in realtà comunicazionali. 

Il fatto di considerare un operatore di telemarketing come amministrativo è un errore, in quanto il telemarketing è attività comunicazionale che richiede forti skills verbali, paralinguistiche e di ascolto, un training adeguato, e una selezione di partenza forte. Lo stesso vale per la vendita diretta.

Ancora di più vale per il Key Leader Engagement, la dove abbiamo persone fisiche che vanno ad ingaggiare leader e decisori. La preparazione deve essere massima.

Ogni campagna di comunicazione deve costruirsi sulle basi di un pool manageriale, tecnico e scientifico dalla consolidata esperienza e capacità.

I ruoli e le funzioni più importanti nell’impostazione di una campagna di comunicazione aziendale sono connessi alle sue diverse fasi. 

Mentre nelle grandi campagne di comunicazione, che dispongono di budget elevati, è opportuno che i ruoli siano assunti da diverse persone, nelle campagne di comunicazione e nelle campagne commerciali delle PMI è invece possibile accorpare diverse funzioni in più persone, considerando la realtà delle risorse disponibili.

In questo caso (accorpamento di più ruoli) dovremmo comunque distinguere quale “cappello” il soggetto stia vestendo nei diversi momenti della campagna, per evitare di confondere le responsabilità, che devono invece rimanere separate.

I ruoli e le funzioni principali della campagna di comunicazione

  • Direttore commerciale, direttore marketing, o titolare/proprietà: il direttore commerciale o direttore marketing (in alcuni casi la proprietà stessa) deve esplicitare il risultato da raggiungere in termini aziendalistici e verificare tramite le sue conoscenze dirette del mercato la fattibilità di alcune fasi della campagna. È il referente verso il quale la campagna deve produrre risultati.
  • Consulente in comunicazione: il consulente deve agire da direttore scientifico, facilitatore di processo e referente tecnico, esponendo le linee guida da seguire. Tra i suoi compiti si inseriscono la fissazione dei communication goals in accordo con la direzione commerciale, la supervisione scientifica dei processi di ricerca, message planning e communication planning, pre-test e verifiche di risultato, e la definizione della channel strategy.
  • Creativo: il creativo può ricevere il compito di elaborare un messaggio che concretizzi la linea di azione comunicativa decisa strategicamente dalla direzione e dai consulenti.
  • Copywriter: il copy è responsabile della redazione dei testi, e in alcuni casi della realizzazione degli scripts (strutture di comunicazione).
  • Ricercatore/analista: ha il compito di curare progetti di ricerca e realizzare raccolte dati (primari o secondari) che facciano luce sul problema, svolgendo inoltre le necessarie ricerche sui target primari e secondari. Se dotato di skills elevate, possiede le competenze per realizzare i test sperimentali di efficacia del messaggio (pre-test), ricerche qualitative e verifiche di risultato (post-campagna). Deve compiere analisi qualitative e/o quantitative.
  • Media-planner (solo nei casi di campagne tramite mass-media): ha il compito di verificare la disponibilità dei media e acquistare gli spazi media, considerando i  tempi e momenti di esposizione esatti nei quali il messaggio deve uscire, e i canali/media sui quali si intende comparire.
  • Key Leader Engagement Specialist (KLE): ha il compito di ingaggiare, contattare le persone chiave, i decision makers, gli influenzatori, e quando vi sono più Engager, gestire le operazioni di KLE e coordinarle
  • Project manager: ha il compito di coordinare le diverse risorse umane, i tempi e le risorse di progetto.
  • Finanziatore: reperisce le risorse per le diverse fasi. Può essere il titolare o un manager che gestisce un budget. Il più grave errore che può compiere è ricercare risultati elevati stirando un budget risicato su molteplici obiettivi, senza raggiungerne alcuno.

Partner potenziali e loro ruolo nella campagna di comunicazione

Molti progetti richiedono la presenza di partner qualificati. I partner possono essere sia strutture pubbliche e private, enti o aziende, consulenti o associazioni, fornitori o clienti, e altre entità cointeressate alla realizzazione degli obiettivi di progetto. 

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I partner devono avere ritorni forti e responsabilità accettate in modo altrettanto forte e chiaro.

E’ facile ignorare la responsabilità quando si è soltanto un anello intermedio in una catena di azioni.

Stanley Milgram

La costruzione di un network di progetto funge da facilitatore ed aumenta il peso politico dello stesso. Per un’azienda produttrice di utensili, riuscire a realizzare una campagna commerciale con il supporto o senza il supporto dei sui principali fornitori produce effetti decisamente diversi. Quando si riesce a creare una “cordata” di enti, aziende, persone, interessate agli esiti del progetto, il progetto ha più motori e più propulsori.

Per un club sportivo intenzionato a promuovere una nuova disciplina, il supporto di una federazione nazionale (che faccia sentire il proprio peso politico, e organizzi una dimostrazione pratica con atleti di alto livello) può fare la differenza.

Per un produttore di software, poter disporre di testimonianze dei principali clienti sui benefici ottenuti grazie alle soluzioni progettate, farli partecipare di persona come testimonial di un evento informativo, rappresenta un fattore critico di successo. In tutti questi casi, la sinergia tra attori di mercato aumenta il risultato finale dell’operazione.

Nel caso precedentemente riportato (l’azienda Secure) la campagna commerciale per la sicurezza degli stabilimenti chimici aveva negli Assessori all’ambiente e Sindaci dei comuni del territorio un cardine fondamentale, sia per il potere di boicottaggio che essi potevano assumere verso gli “inadempienti” alla fase di verifica della sicurezza in azienda, che per il potere di facilitazione del progetto o di co-finanziamento.

Deve essere tuttavia evitata la frammentazione decisionale: uno specifico ente o azienda – uno solo – deve assumere la leadership di progetto e i partner devono accettare le regole decise dal Project Leader.

Nella definizione delle partnership il problema principale dell’azienda è quello della motivazione dei partner stessi. Il leader deve porsi il problema di collocare – sul piatto della bilancia – ritorni importanti, inclusa l’immagine del far parte del progetto ma anche la visibilità, opzioni di incremento delle vendite, e altri ritorni, che siano in grado di motivare e incoraggiare un’effettiva partecipazione dei partner. 

La partecipazione dei partner può essere ripagata tramite ritorni d’immagine chiari (presenza del logo su ogni comunicazione) e/o anche tramite aumenti di vendite verificabili, e altre forme di ritorno per cui i partner non stiano solo “facendo un favore” (“nessuno fa niente per niente”, è un detto decisamente applicabile nel campo del business), ma ricavino concreti benefici dal partecipare alla campagna.

In un certo senso, la vendita del progetto ai partner è un sotto-piano di comunicazione innestato nella campagna. Se questo fallisce l’azienda si troverà a gestire la campagna da sola, contando su risorse e apporti esterni che non perverranno mai.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Non cogliere il calo bioenergetico o psicoenergetico del venditore

Le tecniche di vendita consulenziali vengono utilizzate soprattutto per vendite di alto profilo e con clienti di valore. È necessario che il leader sia sensibilizzato e abile nel riconoscimento dello stato di forma fisico e motivazionale del venditore. 

Per la vendita consulenziale servono energie elevate, sia fisiche che mentali. Serve concentrazione. Non ci si può permettere di fare un incontro delicato con il mal di testa o con la testa altrove, o poco motivati. Chi gestisce team di vendita deve monitorare ogni suo collaboratore rispetto al suo stato e se necessario intervenire.

La direzione di un team di vendita deve essere particolarmente attenta a far sì che le persone siano al migliore stato della propria forma, e cogliere i cali.

Questo si può notare particolarmente da:

  • Momenti di perdita di concentrazione e focalizzazione.
  • Dispersività logistiche, mancata ottimizzazione dei percorsi di vendita.
  • Perdere di vista la preparazione agli appuntamenti e arrivarvi poco preparati.
  • Materiali di presentazione scarsi o contenenti errori.

Quando si nota che un venditore ha continuo bisogno di rassicurazione su ciò che sta facendo, quando si nota che apre un progetto e non lo conclude, quando la mimica del volto e la postura sono segnate da stanchezza e demotivazione, è tempo di intervenire, senza indugi, sia con colloquio in profondità che con coaching e affiancamento, ma mai prima di avere capito “cosa non va realmente”.

Troppe posizioni aperte

Una “posizione aperta” significa un cliente che è in fase di acquisizione e sul quale non siamo ancora arrivati alla chiusura. Consentire che troppe posizioni siano aperte e non vengano concluse è un danno per l’organizzazione di vendita, che beneficia invece di un approccio sequenziale, di alta focalizzazione delle energie. 

Il rischio ed errore di cui parliamo qui, è quello di disperdere il proprio tempo ed energia mentale verso troppe “cose”, troppi progetti, troppi clienti, mentre il nostro tempo è per forza di cose, limitato.

Quando un uomo rivolge tutta la volontà verso una data cosa, finisce sempre per raggiungerla.
(Hermann Hesse)

Il leader del team di vendita deve prestare costante attenzione al numero di posizioni aperte in ciascun venditore, allo stato della trattativa, alla sua possibilità di concretizzazione, e impedire che altre posizioni si aprano senza che un numero N massimo di posizioni aperte vengano concluse (in positivo o in negativo, ma concluse).

La mancanza di monitoraggio della “temperatura” di vendita

Ogni vendita complessa abbisogna di un costante flusso di messaggi che mantengano caldo il contatto e non lasciare che il rapporto si raffreddi. Anche pochi giorni o settimane senza che le parti si sentano determinano una degenerazione del clima di “attivazione verso la conclusione”. La direzione vendite deve riuscire a monitorare l’andamento della “temperatura” delle negoziazioni in corso

Essere coach significa anche non permettere che la propria squadra si rilassi nel momento in cui dovrebbe rimanere tesa verso il risultato.

La concentrazione e la determinazione mentale sono i margini di una vittoria.

(Bill Russell)

Dimenticare la visione d’insieme del team

Le energie che un team può sviluppare sono più della sommatoria delle energie degli individui. Sono il risultato delle interazioni tra energie, e dipendono dalle configurazioni HPM di ciascuno (membro del team e leader).

Dimenticare la visione d’insieme del team

Ogni membro del team deve cercare di apportare il massimo livello di energie possibili, e coltivare le proprie con cura e sacralità, spendo che ogni sua energia diventerà energia per il gruppo e per la Direzione, e per chi sono stati i suoi Maestri nella via della vendita.

Non sforzarti di seguire le orme dei maestri: cerca ciò che essi cercavano.
(Ma-tzu)

Analisi del team come sistema energetico:

  • Osmosi in ingresso : immissione di valore, energie, competenze, nutrimento positivo del team.
  • Osmosi in uscita : depurazione di concetti e da elementi negativi, detossificazione del team

Ricordiamolo, le “osmosi” sono idee che filtrano dentro al team, persone o atteggiamenti, che possono essere sbagliati o buoni. Essere leader significa presidiare attentamente queste osmosi, favorire le osmosi positive, e contrastare duramente le osmosi negative.

Dimenticare la dimensione delle interazioni comunicative interne e della qualità quotidiana degli scambi comunicativi

Ogni team è tenuto assieme da un collante di comunicazioni e scambi comunicativi. La qualità di ogni singolo scambio conta.

Analisi del team come sistema di interazioni comunicative :

  • Chi comunica con chi?
  • Che modalità comunicative usano?
  • Che frequenza di contatti esiste?
  • Quali sono i contenuti utili che dovrebbero essere condivisi?

Non affiancare il venditore e mancare di osservarlo sul campo

Occorre vedere in azione le persone, sul campo, davanti al cliente, per capire come si comportano davvero e come comunicano davvero.

Le micro-competenze sono osservabili soprattutto sul campo. È sul campo che bisogna osservare la performance reale. Soprattutto per quanto riguarda le difficoltà di ascolto, e la gestione degli imprevisti, è necessario affiancare il venditore sul campo. Solo in seguito, sarà possibile dargli feedback e coaching affinché cresca e migliori.

Non fare adeguata formazione

Un team di vendita deve essere come una squadra di calcio o di volley, o un team di pugilato. Sia che si combatta da soli, o in gruppo, ci si allena, sempre.

Soprattutto verso le macro-competenze, è necessario un approccio di continua riqualificazione, che tocchi sia le aree di prodotto e le evoluzioni dei prodotti, sia un costante aggiornamento professionale nel marketing e nella vendita.

Mancare come riferimento per il mentoring e coaching dei venditori

Pronuncia sempre con riverenza questo nome – maestro – che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo.

(Edmondo De Amicis)

Mancare come riferimento per il mentoring e coaching dei venditori

Un vero Direttore Vendite o Direttore Commerciale deve essere anche il coach e il Maestro della propria squadra. Deve essere un riferimento soprattutto di solidità morale. Devi sapere che puoi contare su di lui/lei nei momenti di difficoltà. Sempre.

L’errore dell’assenza di un ruolo di supporto e aiuto è molto grave. Significa abbandonare le persone sul campo da sole.

Questo errore, gravissimo, consiste nel venir meno del leader del team di vendita come riferimento per lo sviluppo, come punto di riferimento morale, come “genitore” del team, con i suoi compiti “duri” di ispezione, monitoraggio e se necessario, ripresa, punizione, correzione – e i compiti di sviluppo, “emozionali”, di sostegno morale, professionale, supporto, senso di vicinanza, aiuto nelle difficoltà.

L’insegnante mediocre racconta. Il bravo insegnante spiega. L’insegnante eccellente dimostra. Il maestro ispira.

(Socrate)

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Copyright. Articolo estratto dal libro “Direzione Vendite e Leadership. Coordinare e formare i propri venditori per creare un team efficace” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Costruire il profilo ideale contro il quale comparare il soggetto

Per poter svolgere una buona valutazione del potenziale è necessario ricorrere alla profilazione. Per profilazione si intende la tecnica di mappatura di un profilo, in questo caso un profilo di competenze (saper fare), saperi e saper essere, rispetto al quale viene posizionato il soggetto.

Come arrivare alla profilazione

Per poter arrivare alla stesura di un profilo, è necessario compiere prima di tutto una raccolta delle caratteristiche, per poi organizzarla in aree, ed inserirla in una tabella.

Per raccogliere le caratteristiche è possibile ricorrere a diversi metodi:

  • ricerca sulla letteratura inerente la valutazione, le Human Resources, la psicologia sociale (soprattutto gli items inseriti all’interno dei differenziali semantici con i quali viene misurata l’immagine e il profilo nelle ricerche di psicologia sociale);
  • ricorso all’esperienza tramite colloquio a due, nel quale uno dei due soggetti funge da “serbatoio di esperienza” ed espone le caratteristiche positive e negative dei venditori da lui incontrati o gestiti, ed uno svolge da consulente, da “orecchio” attento a listare le variabili valutative che il primo usa mentre di fatto li valuta e li commenta.

Ecco un esempio di variabili valutative basato sul ricorso all’esperienza, in un tentativo di profilazione di area managers e venditori di ufficio export. 

  • creatività
  • capacità interculturale, sapersi comportare diversamente a seconda del paese nel quale ti trovi
  • capacità negoziali
  • capacità di analisi
  • saper fare un piano di sviluppo paese
  • analisi socioeconomica del sistema-paese, saper leggere i dati statistici e le tendenze sociali del paese
  • analisi struttura distributiva, sa capire come funziona la distribuzione in quel mercato
  • analisi qualitativa del mercato (gusti, tendenze, mode)
  • sa realizzare un piano pubblicitario e promozionale per il lancio di un prodotto
  • sa costruire partnership, piani di co-marketing
  • capacità di PR
  • autonomia logistica-organizzativa (viaggi, trasferte)
  • predispone campagne di comunicazione
  • capacità di negoziare con i fornitori locali 
  • conosce le tecniche costruttive del prodotto (fonts, pantoni, grafica editoriale)
  • sa creare concept di vendita (es: nuovi packaging) 
  • sa trovare chi realizza i concept (fornitori locali)
  • sa trovare i fornitori locali per promozioni 
  • sa condurre una riunione (meeting management)
  • prioritization skills: sa fissare le priorità
  • time management: sa gestire i tempi
  • assertività interna in azienda: sa esprimere le proprie posizioni, esigenze e richieste verso le altre aree e la direzione
  • source awareness: sa dove trovare le informazioni, conosce le fonti informative
  • ha capacità di ricerca autonoma di informazioni in internet
  • sa fare un’analisi del potenziale di vendita del paese
  • sa fare un budget di vendita e strutturarlo (per linee di prodotto e tempi)
  • collaboratività interna: non è geloso delle proprie informazioni verso la direzione, no egoismo, furbizia, non intende tenersi dati e potere
  • sa gestire filiali estere
  • sa finalizzare e chiudere le posizioni 
  • sa organizzare fiere all’estero e gestire la partecipazione aziendale
  • sa gestire i conflitti interni assertivamente (no ricorso all’aggressività immotivata, no passività)
  • sa fare planning con diagrammi Gantt
  • saperi finanziari e di controllo di gestione, vocabolario finanziario
  • sa i principi di matematica finanziaria
  • ha affidabilità personale, si può contare sulla sua parola
  • non è un confusionario
  • ha capacità relazionale
  • impegno, dedizione, committment verso l’azienda e il risultato
  • riesce a tenere una visione d’insieme sul mercato e sui progetti
  • comunica apertamente all’interno (no furbizie/astuzie strategiche, giochi tattici interni)
  • è smart, sveglia/o
  • buona capacità di utilizzo di software statistico-matematico (Excel)
  • sa realizzare presentazioni in PowerPoint
  • sa costruire un report professionale in word
  • sa realizzare mailing e e-mailing
  • buona autoefficacia e capacità di automotivazione
  • sa promuovere il branding dell’azienda
  • sa muoversi internamente (sa riportare al livello decisionale giusto)
  • rispetta i confini del suo ruolo
  • sa fare gruppo e squadra
  • ha un buon lifestyle e buona energia
  • non si tira indietro, non fa solo il minimo indispensabile
  • è serio/a
  • sa far crescere i junior, può essere un buon tutor
  • ha grinta/non ha grinta
  • è umorale (negativo)
  • è arrogante e/o presuntuoso (negativo)
  • è scontroso, difficile (negativo)
  • introverso/estroverso
  • disponibile a viaggiare in luoghi/nazioni pericolosi
  • è un incursore vs. sta nelle retrovie

Come si potrà notare, le caratteristiche sono listate senza un ordine logico, le formule verbali sono a volte imprecise e variabili, come emergono “durante la conversazione”.

Sarà compito successivo del sales manager sistemarle, formularle in modo comprensibile, ordinarle e creare un rating scale (tabella valutativa).

Costruisci il tuo profilo di venditore ideale

Dopo aver prodotto un elenco esauriente, è possibile raggruppare gli items (voci valutative) e passare alla costruzione e alla stesura del profilo del Il mio venditore ideale dove esplicitare :

  • le conoscenze tecniche e intellettuali attese ( Sapere )
  • gli atteggiamenti e “modi di essere” attesi ( Saper essere )
  • le azioni e compiti che ci attendiamo sappia svolgere bene ( Saper fare )

Ogni leader deve saper profilare cosa si attende.

Ciascuna direzione vendite, in ciascun mercato, deve procedere alla costruzione del suo profilo ideale. Non esistono profili standardizzabili validi per ogni azienda e per ogni occasione. Ogni azienda ha esigenze diversificate sia, sul piano tecnico-professionale, sia sul piano della personalità ideale.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Copyright. Articolo estratto dal libro “Il Potenziale Umano. Metodi e Tecniche di Coaching e Training per lo Sviluppo delle Performance” di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Il lavoro sul potenziale umano e sulle risorse umane

Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle e passano a fianco a se stesse senza meravigliarsi

(Sant’Agostino)

Concetti fondamentali: la visione della persona come sistema energetico

Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, generare impulso, contributo e stimolo alla crescita della persona, dei team e delle organizzazioni.

Il metodo ha due distinte sfere di applicazione, tra di loro collegate:

  • crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling, e
  • sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.

Il metodo contiene una concezione dell’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni.

Il metodo individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascuno di noi, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire, nel suo senso più profondo.

“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali.

L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o impresa, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training aziendale serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o un’organizzazione, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.

Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;

il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;

le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente,  le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;

le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;

goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;

visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.

Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.

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