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© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano.

Educare il cliente può entrare anche in programmi di marketing innovativi (educational marketing) basati sull’anteporre alla vendita un forte momento formativo del cliente.

Un approccio integrato all’educazione al consumo richiede la presa di coscienza forte, nella persona, del fatto che le proprie energie psichiche sono limitate, il tempo lo è ancora di più, e queste non vanno sprecate. Da questo discenderà anche una maggiore consapevolezza su come utilizzare al meglio le proprie risorse economiche. 

Lo stesso approccio pedagogico vale per la formazione aziendale. Solo quando i manager si renderanno conto di quanto male stanno gestendo il proprio tempo, con che priorità distorte, e con che budgeting mentale inadeguato alle nuove sfide di scenario e della concorrenza, potrà avvenire un reale percorso di crescita aziendale. I meccanismi autopersuasivi generati dall’educational marketing sono ampiamente più efficaci della persuasione pubblicitaria, in quanto si basano sull’auto-riflessione aiutata dal venditore consulente,e non sull’immissione “ad imbuto” di dati e parole vuote.

In termini aziendali e di marketing, l’analisi del mental budgeting evolve lungo due direzioni, legate ai due principali fenomeni del budgeting mentale budget setting e budget tracking.

  • i sistemi di budget setting: come le persone ed i manager pianificano le proprie disponibilità di denaro e risorse a certe categorie di spesa, in relazione a certe categorie di beni;
  • I sistemi di expense-tracking: come le persone ed i manager tengono traccia delle proprie spese, dove avvengono le distorsioni.

Nel budget setting, è stato dimostrato, già in studi degli anni ’30, che diverse persone, anche per somme molto basse, come le “paghette settimanali” o i sussidi, adottano comportamenti di separazione fisici, come buste separate, contenitori di ceramica e porcellini, con targhette o etichette che indicano “per il cinema”, “per l’abbigliamento”, “per la pizzeria”, ecc… 

Il fatto che esistano persino contenitori fisici per separare i budget evidenzia la consistenza del fenomeno. Tra i meccanismi incisivi:

  • Le dinamiche di trasferimento di fondi tra accounts mentali, o riallocazione dei budget mentali nel consumatore. (es: spendere il denaro dell’affitto in un night club, posticipare l’acquisto di una cucina per la casa in favore di un gioiello, togliere fondi al cibo per passarli al miglioramento del proprio guardaroba, ecc.)
  • i meccanismi di riallocazione dei budget mentali nell’azienda, es: continuare ad investire in tecnologia se il bisogno reale è in know-how e formazione delle risorse umane, la nascita della consapevolezza della necessità di cambiare il modo di investire, le resistenze al cambiamento ecc.. 
  • i sistemi generali di riallocazione dei budget (spostamento di risorse e priorità) tra tipologie di bisogno categoricamente diverse lungo la piramide di Maslow. 

Ad esempio, in termini formativi personali, è estremamente utile per un adolescente imparare a capire che, ad un certo punto della propria vita, inizia il meccanismo di costruzione di una immagine sociale ed identità, e questo incide sulle proprie spese. Questo produrrà una maggiore consapevolezza si sè, la presa di coscienza del fatto che l’affermazione di una propria identità può avvenire in tanti modi, e non solo consumando ciò che tutti gli altri consumano. Questo percorso di attualizzazione del Sè, così ben identificato da Carl Rogers, merita futuri approfondimenti cui dedicheremo prossime trattazioni.

Ma spostiamoci ora nel campo dei budget mentali dell’azienda. Per il manager o imprenditore è utile soffermarsi a considerare se le risorse aziendali siano equamente divise tra i diversi account, oppure se vi siano categorie alle quali è stata data priorità esagerata, e accounts mai finanziati o sottofinanziati.

Per l’azienda, si evidenzia la necessità di prestare attenzione ai budget mentali ancora prima che a quelli scritti nei bilanci. Questa esigenza viene rafforzata da ricerche svolte da Heath e Soll (1996)[1] da cui emerge che quando un budget mentale è troppo basso, le persone evitano di acquistare beni in quell’account sebbene non siano sazi di beni di quel tipo e sebbene non manchino risorse reali e fondi per acquistarli. Questo causa uno stato di underconsumption (consumo insufficiente di una categoria necessaria) che in azienda si traduce in sotto-investimento in aree indispensabili (ad esempio la formazione).Allo stesso tempo, un budget mentale sovrafinanziato (al di fuori delle esigenze reali della persona) produrrà fenomeni di acquisto eccessivo (overconsumption), che in azienda sfociano in acquisti strani e difficilmente spiegabili in un’ottica di competitività reale (es: nuovi macchinari, per prodotti la cui esigenza non è affatto dimostrata, nuovi prodotti che producono flop di mercato, PC a chi non li sa e non li vuole usare, scanner in uffici in cui nessuno sa nemmeno utilizzare il computer, fotocopiatrici industriali per uffici che producono due fotocopie al giorno, ecc.).

L’imperfetta allocazione dei budget è stata dimostrata anche da Heath (1995) in campo finanziario, ad esempio nella determinazione del portafoglio degli investimenti, nel quale i consumatori risultano spesso carenti nella capacità di aderire a progetti promettenti. 

Il fenomeno di budget setting va attentamente seguito anche da un punto di vista sociale. Se i giovani diventano sempre meno abituati ed abili a darsi priorità di spesa e separazioni di budget mentali, ma “spendono finché anno”, questo crea futuri manager meno preparati, futuri genitori in balia delle promozioni più sciocche e meno capaci di prendersi cura dei figli, o persino meno propensi a farne. Se il “tenore di vita materiale target” (avere) non viene bilanciato da un “obiettivo totale di vita” (essere), l’uomo viene sopraffatto dal fenomeno di acquisto anziché diventarne padrone, e le imprese sono meno in grado di far leva sulla qualità. In altre parole, la mancanza di consapevolezza nel budget setting crea futuri uomini e donne incapaci di darsi degli obiettivi. Tale risultato, crediamo, non dovrebbe essere auspicabile da nessuno. Nemmeno dal sistema aziendale, che, darwinisticamente parlando, trae vantaggio dalla capacità discriminativa del consumatore quando le aziende più capaci vengono maggiormente premiate, mente in un sistema di “consumatori sciocchi” anche aziende venditrici di fumo possono fare affari e prosperare.

© Articolo estratto con il permesso dell’autore dal testo di Daniele Trevisani – “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Vietata la riproduzione senza citazione della fonte.

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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Temi e Keywords dell’articolo:

  • La psicologia del marketing
  • Educational marketing
  • Filosofia di vendita
  • Budget mentali
  • Budget setting
  • Meccanismi autopersuasivi
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  • Accounting
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  • Distribuzione del budget aziendale
  • Budget management
  • Allocazione degli investimenti
  • Business plan
  • Attualizzazione del sé
  • Impulsi d’acquisto
  • Budget per la formazione dipendenti
  • Welfare aziendale

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

I capitoli mentali

Il budgeting mentale consiste nel processo di attribuzione delle risorse a capitoli mentali di spesa separati (mental accounts).

Il fenomeno – centrale per la nostra teoria –  comprende meccanismi quali la categorizzazione cognitiva (distinzione mentale tra tipologie di spesa), l’assegnazione di budget a categorie distinte, l’assegnazione di priorità, il tracking della spesa, l’attribuzione di una spesa ad un certo capitolo mentale. In generale, le ricerche nell’area evidenziano che i consumatori e le imprese (buyer, imprenditori) valutano le proprie spese ed investimenti prima di tutto in relazione ai propri account mentali.

Ipotesi di ripartizione delle risorse totali in account mentali – Mental Accounts :

  • spese per vacanze
  • tempo per stare con gli amici
  • regali
  • libri e formazione
  • spese per il tempo libero
  • spese per la propria salute
  • spese per il cibo
  • riserve per imprevisti

L’individualità umana rende, necessariamente, il budgeting mentale un fenomeno che assume proprietà diverse da persona a persona, e da cultura a cultura. Pertanto, dobbiamo attenderci una certa diversità e variabilità nella modalità di attribuzione e categorizzazione delle risorse.

Le teorie dei budget mentali hanno due forti implicazioni:

  • livello consumer: capire come il consumatore destina le proprie risorse.
  • Nella tecnica di vendita aziendale business-to-business: capire come l’acquirente aziendale (buyer) reagirà ad una proposta, partendo dalla previsione o rilevazione del modo di gestire le risorse aziendali (struttura cognitiva degli investimenti).

Ciascuna proposta si associa infatti ad una o più caselle di bisogno.

Il mental budgeting acquista connotazioni molto diverse da soggetto a soggetto, anche in funzione dei valori dell’individuo. Persone abitanti nello stesso palazzo, ma diverse per stili di vita, valori e personalità (un pensionato settantenne, o un giovane DJ che vive di notte) faranno uso estremamente diverso della stessa somma. 

Assegnare un budget ad un account significa dedicare una parte delle proprie risorse (tempo, denaro, pensiero ed energie mentali, tempo speso nel comunicare) ad una certa forma di impiego.

Il budgeting mentale non distingue nettamente tra risorse monetarie e altre risorse (es: energie, tempo, impegno). Destinare 1000 dollari ad un viaggio, o destinare 10 ore della propria vita a qualcuno, sono entrambe forme di investimento delle proprie risorse limitate (denaro, tempo). Il concetto di budget assume una valenza ampia, indicando qualsiasi cosa costituisca una risorsa per l’individuo.

Meccanismi di ricarica dei budget

In termini monetari, quando avviene una spesa, questa viene addebitata ad uno degli account mentali. In seguito, l’account verrà ricaricato in relazione alle entrate economiche dell’individuo. Sino a quel punto, la probabilità di acquisto di quella categoria di prodotto rimarrà molto bassa, in quanto gli account non dispongono di risorse infinite, ma sono legati ai redditi delle persone o ai capitali d’investimento e budget di spesa disponibili nelle aziende. Avverrà in altre parole una resistenza ad attuare ulteriori spese in quella categoria, poiché esse andrebbero a discapito di altre categorie. La categoria, in altre parole, si “asciuga” fintanto che essa non viene nuovamente riempita da risorse entranti.

Ad esempio, l’acquisto di un biglietto per il cinema andrà a discapito del budget “intrattenimento”, per cui nella stessa settimana il budget intrattenimento avrà subito un segno meno. L’acquisto di un farmaco per il mal di testa, invece, non andrà ad inserirsi nello stesso budget mentale, ma sotto una categoria diversa (ad esempio, medicinali e spese per il corpo).

La ricarica del budget può avvenire sia in proporzione alle nuove risorse entranti, sia in maniera non proporzionale. In questo caso si determina un income source effect (effetto fonte: la tendenza ad assegnare risorse in funzione della loro provenienza, es: denaro vinto a spese superflue, vs. denaro sudato a spese importanti), come approfondiremo in seguito.

Attingere alle risorse e trasferire risorse tra account

L’educazione, la cultura, la famiglia, i colleghi, in pratica ogni soggetto sociale con il quale ci si interfaccia, finiscono per creare pressioni affinché la persona formi e attinga ai budget mentali secondo certe regole. Un esempio classico è rappresentato dal detto “prima il dovere poi il piacere”, che definisce pedagogicamente come l’individuo debba ripartire le proprie risorse temporali.

Ed ancora, un certo comportamento (giocare a pocker con denaro, scommettere su lotte tra animali) può essere sanzionato in una cultura e premiato in un’altra. Le culture agiscono sia sul modo con cui si formano gli account mentali (strutturazione cognitiva) che sulla accettabilità del modo di attingere alle risorse.

Nel mental budgeting possono verificarsi meccanismi distorsivi del tracking mentale, consapevolmente o meno, per rendere più accettabili alcune scelte. Ad esempio potrei decidere di inserire la spesa di un ristorante nell’account del cibo, anziché in quello dell’intrattenimento, se il budget mentale dell’intrattenimento è già stato accorciato, oppure ancora per poter considerare integro, non toccato, quel budget, e quindi poterne disporre in futuro senza patemi d’animo.

Alcune tecniche di autopersuasione consistono nel convincersi che una determinata spesa vada assegnata ad un budget mentale accettabile per la propria coscienza, diminuendo l’angoscia e la dissonanza che si creerebbe a fronte di una spesa inutile o socialmente riprovevole. Ad esempio, per uno sportivo l’acquisto di vitamine e integratori può essere trasformato da spesa narcisistica (soggetta a possibili sensi di colpa) a “investimento nella propria salute e vitalità”, ed inserito nel budget dei prodotti medico-sanitari di natura preventiva, o meglio ancora nei “prodotti per il rendimento professionale”.

Viene quindi ad eliminarsi una pericolosa fonte di dissonanza per il soggetto, che realizzerà l’acquisto senza ansie e con maggiore convinzione.

Una questione importante nella determinazione dei budget mentali è la modalità di determinazione delle categorie: quante sono, e come vengono definite le diverse categorie di budget mentali? Quali categorie hanno confini rigidi e quali più sfumati? Quali sono vicine e quali distanti?

Per iniziare una prima categorizzazione di diversi accounts mentali, abbiamo sviluppato un modello di “piramide degli accounts”. 

La piramide degli accounts mentali

La piramide combina due modelli di base: il potere temporale del prodotto (anticipatorio, omeostatico, risolutivo) e il potere categorico del prodotto (sopravvivenza, sicurezza, ambiente, sociale, self). Ne emerge una struttura con caselle/spazi psicologici potenziali all’interno dei quali si collocano i budget mentali di un cliente, buyer o consumatore.

Secondo il nostro modello, nel destinare le proprie risorse, i soggetti cercheranno di “riempire” le caselle della piramide valutando le proprie disponibilità.  All’interno di ciascuna categoria, ma anche trasversalmente alle categorie, ogni persona individua il valore di un prodotto o servizi. Un valore che proviene da una singola casella, o “attinge” a diverse caselle.

L’analisi permette di costruire un profilo del valore mentale del prodotto/servizio per il soggetto. Vediamo un esempio applicativo.

L’esempio, riguarda l’analisi dei moventi del cliente di un centro sportivo, il quale pratica karatè e bodybuilding. L’analisi dei moventi – realizzata tramite interviste in profondità – evidenzia come il profilo di valore si collega a diversi budget mentali (mental accounts):

  • budget legato alla propria salute fisica in quanto da bambino egli soffriva di problemi articolari (account – risoluzione problema fisiologico);
  • bisogno di sentirsi inconsciamente più forte e sicuro nella eventualità dovesse accadere una lite o aggressione (account – proiezione sulla sicurezza);
  • bisogno di passare in tranquillità un paio d’ore dopo una giornata stressante (account – risolutivo ambientale);
  • poter avere (inconsciamente) una “argomentazione di vendita del Self” forte negli incontri galanti, del tipo “sai, io sono uno sportivo” (account – anticipatorio sociale);
  • mantenere elevata l’immagine di sé (account – omeostatico del Self). 

Ogni cliente di un centro fitness fa uso di categorie mentali personali ed attinge da account singoli o multipli per giustificare a se stesso la spesa. Un suo compagno di palestra, potrebbe avere motivazioni anche diverse.

I casi di dominanza di un account sono spesso dovuti a motivi radicali che hanno a che fare con i critical incidents della persona, gli avvenimenti (positivi o negativi) che ne hanno segnato l’esistenza.

Lo studio dei fenomeni di categorizzazione ha evidenziato che alcuni prodotti o elementi di una categoria rappresentano la categoria molto più perfettamente di altri. Ad esempio, il cinema rappresenta quasi perfettamente la categoria “intrattenimento”.

Time management cognitivo

Analizziamo 100 minuti della nostra vita. Di questi, quanto tempo mentale dedichiamo al passato, quanto al presente, quanto al futuro? Quanto a pensieri negativi e quanto a pensieri positivi?

La stessa giornata può essere costellata da diversi momenti. In alcuni il tempo è totalmente assorbito in un passato negativo (ad esempio, progettare una vendetta per un torto subito), in altri a godere di una situazione (esempio: abbronzarsi con una leggera brezza di mare), e altri ancora a progettare un futuro positivo (es: scegliere una località di vacanza e fantasticare sui momenti belli che potranno accadere).

L’analisi delle cognitive resource allocation riguarda il modo con cui le persone gestiscono le proprie energie mentali. In termini di management, risulta utile ad esempio per valutare con che criteri, e con che grado di efficienza e qualità, un manager utilizza il proprio tempo (time management aziendale). Ma anche dal punto di vista sociale l’analisi è preziosa, ad esempio per capire come un giovane in cerca di un’occupazione impiega il proprio tempo (time management individuale). 

Le risorse cognitive (moneta preziosissima in quanto veramente limitata) sono spese da molte persone e imprese senza cognizione di causa. Non è difficile notare manager impegnati soprattutto a combattere lotte intestine, perdendo di vista il cliente, e ad impiegare lì la maggior parte delle proprie risorse mentali, o, ancora peggio, perdersi in attività illogiche (il massimo dirigente di una società per azioni che spende due giorni di lavoro per capire chi ha rubato un portacenere all’ufficio export – fatto realmente accaduto). Ma questo avviene anche ad altri livelli. Numerose ricerche sociali evidenziano che un largo numero di disoccupati vaga senza una destinazione, non sapendo come utilizzare al meglio le proprie risorse mentali. Diversi giovani disoccupati utilizzano i soldi di cui dispongono in attività inutili al fine, quali i videogiochi.

Questo ci porta a valutare che, in termini di educazione al consumo e di marketing, sia necessario eliminare la distinzione concettuale tra spesa delle proprie monete e spesa delle proprie energie (temporali e cognitive). Sarebbe sbagliato insegnare a degli adolescenti come fare la spesa al supermercato senza trattare il tema del “come fare la spesa con il proprio tempo”, sapersi orientare in attività che portano alla crescita della persona.

L’equazione “ tempo : gestione del tempo = denaro : gestione della spesa ” è una delle innovazioni curricolari che dovrebbero entrare in molti programmi scolastici. 

Educational marketing

Educare il cliente può entrare anche in programmi di marketing innovativi (educational marketing) basati sull’anteporre alla vendita un forte momento formativo del cliente.

Un approccio integrato all’educazione al consumo richiede la presa di coscienza forte, nella persona, del fatto che le proprie energie psichiche sono limitate, il tempo lo è ancora di più, e queste non vanno sprecate. Da questo discenderà anche una maggiore consapevolezza su come utilizzare al meglio le proprie risorse economiche. 

Lo stesso approccio pedagogico vale per la formazione aziendale. Solo quando i manager si renderanno conto di quanto male stanno gestendo il proprio tempo, con che priorità distorte, e con che budgeting mentale inadeguato alle nuove sfide di scenario e della concorrenza, potrà avvenire un reale percorso di crescita aziendale. I meccanismi autopersuasivi generati dall’educational marketing sono ampiamente più efficaci della persuasione pubblicitaria, in quanto si basano sull’auto-riflessione aiutata dal venditore consulente,e non sull’immissione “ad imbuto” di dati e parole vuote.

In termini aziendali e di marketing, l’analisi del mental budgeting evolve lungo due direzioni, legate ai due principali fenomeni del budgeting mentale budget setting e budget tracking.

  • i sistemi di budget setting: come le persone ed i manager pianificano le proprie disponibilità di denaro e risorse a certe categorie di spesa, in relazione a certe categorie di beni;
  • I sistemi di expense-tracking: come le persone ed i manager tengono traccia delle proprie spese, dove avvengono le distorsioni.

Budget setting

Nel budget setting, è stato dimostrato, già in studi degli anni ’30, che diverse persone, anche per somme molto basse, come le “paghette settimanali” o i sussidi, adottano comportamenti di separazione fisici, come buste separate, contenitori di ceramica e porcellini, con targhette o etichette che indicano “per il cinema”, “per l’abbigliamento”, “per la pizzeria”, ecc… [1]

Il fatto che esistano persino contenitori fisici per separare i budget evidenzia la consistenza del fenomeno. Tra i meccanismi incisivi:

  • Le dinamiche di trasferimento di fondi tra accounts mentali, o riallocazione dei budget mentali nel consumatore. (es: spendere il denaro dell’affitto in un night club, posticipare l’acquisto di una cucina per la casa in favore di un gioiello, togliere fondi al cibo per passarli al miglioramento del proprio guardaroba, ecc.)
  • i meccanismi di riallocazione dei budget mentali nell’azienda, es: continuare ad investire in tecnologia se il bisogno reale è in know-how e formazione delle risorse umane, la nascita della consapevolezza della necessità di cambiare il modo di investire, le resistenze al cambiamento ecc.. 
  • i sistemi generali di riallocazione dei budget (spostamento di risorse e priorità) tra tipologie di bisogno categoricamente diverse lungo la piramide di Maslow. 

Ad esempio, in termini formativi personali, è estremamente utile per un adolescente imparare a capire che, ad un certo punto della propria vita, inizia il meccanismo di costruzione di una immagine sociale ed identità, e questo incide sulle proprie spese. Questo produrrà una maggiore consapevolezza si sè, la presa di coscienza del fatto che l’affermazione di una propria identità può avvenire in tanti modi, e non solo consumando ciò che tutti gli altri consumano. Questo percorso di attualizzazione del Sè, così ben identificato da Carl Rogers, merita futuri approfondimenti cui dedicheremo prossime trattazioni.

Ma spostiamoci ora nel campo dei budget mentali dell’azienda. Per il manager o imprenditore è utile soffermarsi a considerare se le risorse aziendali siano equamente divise tra i diversi account, oppure se vi siano categorie alle quali è stata data priorità esagerata, e accounts mai finanziati o sottofinanziati.

Per l’azienda, si evidenzia la necessità di prestare attenzione ai budget mentali ancora prima che a quelli scritti nei bilanci. Questa esigenza viene rafforzata da ricerche svolte da Heath e Soll (1996)[2] da cui emerge che quando un budget mentale è troppo basso, le persone evitano di acquistare beni in quell’account sebbene non siano sazi di beni di quel tipo e sebbene non manchino risorse reali e fondi per acquistarli. Questo causa uno stato di underconsumption (consumo insufficiente di una categoria necessaria) che in azienda si traduce in sotto-investimento in aree indispensabili (ad esempio la formazione).

Allo stesso tempo, un budget mentale sovrafinanziato (al di fuori delle esigenze reali della persona) produrrà fenomeni di acquisto eccessivo (overconsumption), che in azienda sfociano in acquisti strani e difficilmente spiegabili in un’ottica di competitività reale (es: nuovi macchinari, per prodotti la cui esigenza non è affatto dimostrata, nuovi prodotti che producono flop di mercato, PC a chi non li sa e non li vuole usare, scanner in uffici in cui nessuno sa nemmeno utilizzare il computer, fotocopiatrici industriali per uffici che producono due fotocopie al giorno, ecc.).

Il fenomeno di budget setting va attentamente seguito anche da un punto di vista sociale. Se i giovani diventano sempre meno abituati ed abili a darsi priorità di spesa e separazioni di budget mentali, ma “spendono finché anno”, questo crea futuri manager meno preparati, futuri genitori in balia delle promozioni più sciocche e meno capaci di prendersi cura dei figli, o persino meno propensi a farne. Se il “tenore di vita materiale target” (avere) non viene bilanciato da un “obiettivo totale di vita” (essere), l’uomo viene sopraffatto dal fenomeno di acquisto anziché diventarne padrone, e le imprese sono meno in grado di far leva sulla qualità. In altre parole, la mancanza di consapevolezza nel budget setting crea futuri uomini e donne incapaci di darsi degli obiettivi. 

Tale risultato, crediamo, non dovrebbe essere auspicabile da nessuno. Nemmeno dal sistema aziendale, che, darwinisticamente parlando, trae vantaggio dalla capacità discriminativa del consumatore quando le aziende più capaci vengono maggiormente premiate, mentre in un sistema di “consumatori sciocchi” anche aziende venditrici di fumo possono fare affari e prosperare.

Income source effects

L’effetto della fonte di risorse (income source effect) sulle scelte di spesa (budget setting) è una delle dinamiche studiate all’interno della ricerca sul mental budgeting. Questi studi dimostrano come i budget mentali di spesa dipendano anche dal tipo di fonte del reddito. In altre parole, le risorse entranti vengono rese disponibili ai diversi accounts a seconda di dove provengono, del tipo di sforzo necessario per ottenere il denaro, della modalità con sui è stato ottenuto. 

Ad esempio, una ricerca ha dimostrato come le persone tenderanno a spendere più volentieri una cifra in una vacanza non pianificata (account mentale autoconcessivo, autogratificativo) se il denaro proviene da un regalo o vincita altrettanto imprevista, piuttosto che se provengono da un premio di produzione o da uno stipendio[3]. Il fatto di provenire da una fonte inattesa e più frivola fa inserire questa cifra in un budget mentale meno “controllato” e più volitivo. Il fatto di provenire da una fonte lavorativa li avrebbe fatti inserire con maggiore facilità, ad esempio, in un budget di “acquisti per la casa” o “acquisti necessari”. 

Questi risultati indicano che il principio basilare dell’economia classica della fungibilità del denaro (ciascuna banconota è uguale a ciascuna altra banconota) non si applica nella psicologia del consumatore: il consumatore attribuisce un peso a ciascuna banconota a seconda della fonte di quella banconota, e la inserisce (spesso senza rendersene conto) all’interno di un certo budget mentale.

Budget mentali, acquisti aziendali e cultura d’impresa

Nell’ambito dell’azienda, è indispensabile creare nell’imprenditore la tendenza a far propri meccanismi di income source effect. Occorre generare la consapevolezza che linee di produzione profittevoli devono finanziare la ricerca e sviluppo, e l’innovazione, perché quando tali linee non lo saranno  più, non esisterà più nessuna possibilità: sarà troppo tardi.

Allo stesso tempo, aumenti di profitti dovuti a congiunture favorevoli (es: aumento dell’export causato dal deprezzamento della moneta nazionale) devono essere viste come income source da destinare maggiormente alla sperimentazione e al consolidamento, rispetto ad altri profitti che vengono ottenuti in tempi normali. Anche nell’azienda, quindi, le banconote che entrano “non hanno lo stesso odore”.

Nel campo delle vendite business-to-business, i budget aziendali di spesa ed investimento riflettono i budget mentali del management (titolari o altri decisori e influenzatori). Capire i budget mentali di un imprenditore o acquirente è assolutamente rilevante per il venditore di beni innovativi e servizi evoluti all’impresa. Non ci sarà da stupirsi di fronte ad un diniego, se nei budget mentali degli investimenti del titolare d’azienda o del buyer non vi è una percentuale di spesa destinata all’innovazione o alla sperimentazione, così come non si potrà impostare una trattativa altro che sul prezzo senza sapere sino a che punto un prodotto/servizio ricade nei budget mentali previsti dall’acquirente potenziale.

Ad esempio, nel campo della formazione, la domanda “Avete definito un budget annuale per la formazione?” è un buon punto di partenza per inquadrare i sistemi di budget setting dell’interlocutore nella vendita dei servizi formativi all’impresa. Se la risposta è sì, questo sarà un indicatore della presenza di un budget mentale aperto rispetto a tale voce di spesa. Se la risposta è no, si aprirà un altro percorso, diverso, di “vendita della categoria di prodotto”, nel quale lo scopo primario sarà sensibilizzare il soggetto verso la tipologia di soluzione, i suoi risultati (preventivi, anticipatori, omeostatici) ancor prima che verso la specifica offerta formativa. 

La proposta deve essere riconducibile all’interno di categorie che il soggetto possa almeno inquadrare. 

Per il venditore di servizi all’impresa, quindi, dovrà essere valutato e compreso il grado di complessità cognitiva del soggetto fronteggiato, sviluppando la capacità di adattare la propria comunicazione in relazione alle categorie disponibili. In caso contrario, il venditore potrà affrontare l’impresa di “creare una nuova categoria mentale” nell’interlocutore, con lo sforzo che questo comporta. La non comprensione delle categorie, in un soggetto cognitivamente semplice, può provocarne il rifiuto (“non ho un budget mentale per queste cose, e fra l’altro non capisco nemmeno cosa siano, grazie lo stesso”). Una delle più forti competenze del venditore è la capacità di sintonizzazione dello stile comunicativo e di visualizzazione dei risultati, per creare tangibilità nella proposta.

Sistemi di tracking

Il tracking delle spese riguarda la valutazione di come si stanno spendendo le proprie risorse. Ogni volta che avviene una spesa, infatti, questa va assegnata ad un certo account. L’analisi se le spese siano o meno conformi agli account mentali in proprio possesso, richiede un meccanismo articolato in due stadi: (1) rilevazione: le spese devono essere prima di tutto notate, cioè il soggetto deve accorgersi che è in atto una fuoriuscita di proprie risorse, e (2) assegnazione: l’uscita deve essere assegnata all’account pertinente. Una spesa non andrà a discapito di un budget mentale se uno o l’altro passaggio vengono meno.

In termini aziendali, un problema diffuso si colloca proprio nel punto 1, ovvero nella scarsa consapevolezza di come vengono gestite le proprie risorse. Analizzando dall’interno la vita di molte aziende, si scopre che non ci si rende minimamente conto di spendere enormi energie, tempo e denaro solo per rimediare ad errori organizzativi. Questo rende meno necessaria, meno percepibile, l’urgenza di una investimento in formazione o un intervento di total-quality per eliminare alla radice gli errori.

Ed ancora, finché non si scopre e tocca con mano quanto sia ingente l’ammontare di perdite (mancate vendite) dovute ad errori di impostazione della vendita e di comunicazione front-line, non si attiverà l’esigenza di predisporre un budget specifico. Il problema, in altre parole, rimane sotterraneo. Pertanto, non vengono computate come perdite quelle che in realtà sono perdite, e non vengono previsti investimenti adeguati in formazione del personale di vendita. Questo può accadere anche per diverse altre aree.

Principio – Dell’identificazione delle strutture cognitive dell’interlocutore e ricostruzione dei budget mentali

La competitività dipende dalla capacità del venditore nel:

  • rilevare come il cliente assegna risorse e crea budget mentali (comprendere le strutture cognitive e gli accounts mentali del cliente al quale si trova di fronte);
  • rilevare i fenomeni di distorsione nei budget (underconsumption, overconsumption, presenza di accounts errati, mancanza di accounts necessari);
  • contribuire alla presa di consapevolezza nel cliente della necessità di modificare non solo i propri acquisti, ma anche i propri accounts mentali se egli vuole conseguire nuovi risultati.

Il venditore si posiziona, a questo punto, come consulente del cliente. Egli  contribuisce alla chiarificazione del suo quadro psicologico. Fornisce un contributo che va ben al di là del rapporto di acquisto e vendita, verso la consulenza di direzione e la terapia cognitiva di acquisto. In questo rapporto è possibile, infatti, rilevare alcuni elementi che possiamo definire “terapeutici”. 

Se l’analisi, la rivisitazione e focalizzazione delle categorie mentali del cliente produce in esso una presa di coscienza, emerge una  consapevolezza dei propri metodi di ragionamento sbagliati, dei quali non ci si era mai accorti prima. Uno shock positivo. Un impulso che produce crescita.


[1] Bakke, E.W. (1940). The unemployed worker. New Haven: Yale University Press.

[2] Heath, C., & Soll, J. (1996). Mental budgeting and consumer decisions. Journal of Consumer Research, 23.

[3] Henderson, P.W., & Peterson, R.A. (1992). Mental accounting and categorization. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 51, 92-117.

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Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo Budget mentali e psicologia economica sono :

  • Accounts mentali del cliente
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  • Budget setting
  • Budget tracking
  • Capitoli mentali
  • Categorie di budget mentali
  • Cognitive resource allocation
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  • Risorse mentali
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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Bisogni umani e leve di vendita

L’uomo non è solo macchina riproduttiva o una somma di cellule biologiche, ma dispone di una coscienza che gli permette di fare ragionamenti profondi su se stesso, sul significato della vita, sul senso dell’esistenza.

La riflessione antropologica ha evidenziato due prime classi di bisogno: i bisogni relativi alla sopravvivenza biologica e i bisogni culturali.

Il primo tipo di valori è chiamato dalla psicologia sociale moderna con il termine di valori acquisitivi, e sono finalizzati alla garanzia della possibilità di sopravvivere “materialmente” e di mantenere adeguatamente l’unità della famiglia. Il secondo tipo di valori, che si possono riassumere nel concetto generale di libertà, sono quelli relativi ai vari modi di autorealizzarsi e di esprimersi creativamente, come personalità autentiche, nei diversi campi della vita. (Tullio-Altan, 1983)

Queste due diverse esigenze creano un delicato equilibrio – tra bisogni di sicurezza e bisogni di libertà, tra aspirazioni alla propria autorealizzazione ed esigenze contingenti, basilari, di sopravvivenza di se stessi e della famiglia – un equilibrio che nelle società moderne non è stato ancora trovato.

Piramide di Maslow e implicazioni sulle pulsioni di acquisto

Stante la centralità del concetto di bisogno nel comportamento di acquisto, diviene necessario elaborare una teoria dei bisogni adeguata. 

Lo psicologo Abrham Maslow ha realizzato una utile classificazione delle gerarchie di bisogno e motivazione, nota come piramide di Maslow, che comprende 5 classi[1]:

  1. motivazioni su base fisiologica;
  2. motivi di sicurezza, di ansia/aggressione;
  3. amore e senso di appartenenza;
  4. autostima e prestigio;
  5. autorealizzazione e successo.

In base a questa scala Maslow afferma che, una volta soddisfatti i bisogni di livello inferiore (fisiologici), l’individuo sia portato a spostare la propria attenzione su livelli sempre superiori, fino ai bisogni di autorealizzazione e successo.

Abbiamo rielaborato questa scala, con alcune modificazioni, per costruire un modello finalizzato al marketing, identificando 5 tipologie, che rispetto al modello originale sviluppano alcune differenze. 

La più forte di queste variazioni consiste nel dividere nettamente i bisogni d’immagine interna (autoimmagine) dai bisogni di immagine esterna (immagine sociale). Questo è necessario per meglio categorizzare i relativi prodotti e il loro “appeal” per il cliente.

Bisogni di sopravvivenza

Alla base della classificazione si collocano i bisogni essenziali di sopravvivenza, cioè i bisogni fisiologici come bere, mangiare, riposare – i quali, se non soddisfatti, portano alla morte nel breve periodo. I prodotti che fanno leva su tale bisogno costituiscono i prodotti primari.

Bisogni di sicurezza

Soddisfatti i bisogni di sopravvivenza, i bisogni ulteriori sono quelli di sicurezza, di protezione dalle insidie della natura e dagli uomini, quindi la casa, l’abbigliamento, la difesa del proprio nucleo familiare, trovare una fonte stabile di sostentamento economico. Numerose tipologie di prodotto – dalle assicurazioni alla casa assumono “funzione protettiva” per il consumatore. 

Bisogni ambientali

Si manifestano nella necessità di avere un ambiente di vita (persone, spazi fisici) favorevole e non ostile. Ad esempio, abitare in una casa confortevole, avere un vicinato piacevole, lavorare in un luogo nel quale ci si trovi bene in termini di spazi e persone. 

I prodotti a valenza “ambientale” possiedono quindi la proprietà di migliorare la qualità degli ambienti – fisici e psicologici – nei quali il consumatore vive. 

Nel metodo ALM abbiamo diviso i bisogni ambientali in due categorie: bisogni ambientali fisici (temperature, aria, calore, umidità, spazi sufficienti al movimento, luoghi di vita e lavoro, ecc..) e bisogni ambientali psicologici (i climi organizzativi sul lavoro, gli ambienti umani e relazionali, lo stare bene in famiglia o con gli altri, con i propri vicini o amici).

Bisogni sociali

Consistono nella necessità di vedersi riconosciuti socialmente, vedersi accettati dagli altri, proteggere la propria “faccia”, acquisire potere e immagine presso gli altri, in particolare presso i propri gruppi di riferimento (ingroup). I prodotti “status symbol” hanno la proprietà di avvicinare l’immagine dell’individuo all’immagine da esso desiderata presso gli “altri”, soprattutto in termini di status socioeconomico.

Nella quarta classe, Maslow include anche la funzione di autostima, mentre nell’approccio ALM essa è stata da noi spostata all’ultimo gradino della piramide, per meglio evidenziare la differenza tra (1) prodotti con potere di auto-immagine (azione su se stessi), i quali hanno l’obiettivo di modificare o migliorare  l’immagine di sè, e (2) prodotti con funzione di etero-immagine (azione sugli altri), i quali vengono acquistati con l’obiettivo di elevare o modificare l’immagine che gli altri hanno dell’individuo.

Bisogni di autorealizzazione o del “Self”

Esprimono la necessità di avvicinarsi al proprio ideale di se stessi, all’immagine di sé ideale (ideal self image). 

Al centro di questi bisogni si collocano concetti come divenire “il meglio di se stessi”, star bene con il proprio io, auto-accettarsi, e quindi avvicinare la propria immagine alle aspirazioni e ideali del soggetto. 

Prodotti con funzione “autorealizzativa” possiedono  la proprietà di facilitare questo percorso di avvicinamento al sè ideale, sviluppando l’auto-immagine.

Priorità nella soddisfazione dei bisogni

La priorità nella soddisfazione dei bisogni, in via generale, parte dai livelli di base per giungere ai livelli più elevati man mano che i bisogni di base sono soddisfatti. Questa priorità influisce sui budget mentali degli individui, definendo l’allocazione di risorse che i consumatori sono disposti a realizzare. I budget mentali possono essere infatti considerati i meccanismi di pensiero con i quali i soggetti designano la ripartizione delle proprie risorse.

La priorità sviluppata da Maslow, secondo cui i bisogni vengono soddisfatti partendo dal livello più basso fino al livello superiore, subisce tuttavia uno stravolgimento sostanziale nelle società occidentali, in cui molti antepongono l’immagine esterna o l’autorealizzazione alla sicurezza o a bisogni più basilari. Ad esempio, preoccupandosi più di possedere un’auto d’immagine che non una casa propria, oppure dedicando molto tempo alle relazioni sociali e meno alla carriera.

Si assiste quindi ad uno scavalcamento di priorità che modifica sostanzialmente anche le modalità e priorità di acquisto, rettificando i budget mentali allocati alle diverse categorie di bisogno, con una tendenza a far crescere la quota allocata per bisogni immateriali (immagine e autorealizzazione).

Tipologia di bisogno e sensibilità al prezzo

Esistono evidenze che spingono a sostenere che il consumatore sia tanto meno sensibile al prezzo quanto più “alta” è la funzione del prodotto nella scala di Maslow modificata. 

In altre parole, prodotti con valenza autorealizzativa o di immagine vengono valutati e scrutinati meno analiticamente in termini di costo. 

Ad esempio, nel caso in cui un buyer aziendale (responsabile degli acquisti aziendali) debba rinnovare la dotazione di tute da lavoro nella fabbrica, egli analizzerà le diverse opzioni attentamente in termini di rispondenza a costi di mercato e tramite analisi comparative. La stessa persona utilizzerà criteri meno stringenti per l’abito da sposa della figlia, considerando le valutazioni sociali e la valenza emotiva del prodotto. 

Si suppone cioè che la psicologia di consumo occidentale sia molto analitica quando si tratta di acquisti “funzionali” e necessari, ma divenga meno razionale e attenta ai costi quando l’atto di consumo riguarda la propria immagine o l’autogratificazione. Questa ipotesi rende necessario uno spostamento del focus aziendale su come creare valore in termini di immagine e autorealizzazione.

Aggregazione di proprietà valoriali

Una domanda importante a questo punto diviene la seguente: le proprietà dei prodotti sono da attribuire ad un’unica categoria o possono esistere prodotti con funzione multipla? La creazione di valore può seguire due percorsi: la creazione di valore diffuso o la creazione di valore localizzato, cioè concentrato in una singola categoria. 

Percorsi di creazione del valore

  • Strategia diffusa
    Si prefigge di creare valore lungo una serie di molteplici leve e funzioni. Offre possibilità di coprire più bisogni contemporaneamente. Gli svantaggi consistono nell’aumento dello sforzo e diluizione dello stesso lungo più fronti.
  • Strategia focalizzata
    Si prefigge di convogliare tutte le energie progettuali lungo una (o poche) variabili, estremamente significative nella scelta.Ha il pregio di raggiungere picchi elevati di potere di soddisfazione sulle variabili critiche. Il rischio è elevato se si scelgono variabili errate.

I prodotti possono soddisfare contemporaneamente diverse tipologie di bisogno inserite nella scala di Maslow.

Nel mercato dell’auto, una autovettura qualsiasi soddisfa il bisogno di spostamento di un padre di famiglia, ma un’autovettura prestigiosa potrà soddisfare anche – contemporaneamente – il bisogno di affermare uno status, così come un’autovettura a forte connotazione sportiva potrà risolvere (almeno in parte) anche la necessità di avvolgere la propria immagine di un’aura dinamica, vincente e aggressiva. 

Nelle aree “alte” della piramide, si può notare come la funzione di consumo e fruizione di prodotto assuma connotazioni di “cerimonia di consumo” con funzione di ostentazione presso gli altri o anche presso sé stessi. 

Il prodotto può assumere una duplice valenza: (1) funzionale e (2) cerimoniale, al tempo stesso. Si pensi ad esempio alle modalità teatrali di fumare che alcuni mettono in atto, o al modo con cui un cocktail può essere bevuto in una discoteca, con funzioni di proiezione d’immagine.

Esistono quindi prodotti che dispongono di funzioni singole e prodotti che realizzano funzioni multiple.

La seconda legge del valore di prodotto

Siamo quindi in grado di formulare un secondo modello di valore del prodotto all’interno del metodo ALM, basato sulla numerosità dei bisogni risolti e sul grado di profondità risolutiva che il prodotto riesce a fornire. 

Nel modello, il valore proviene sia (1) dal numero di stati categorici di bisogno sui quali incide il prodotto, che (2) dalla forza o potere del prodotto nell’incidere sul singolo stato del bisogno, e (3) dalla rilevanza della categoria per il soggetto (priorità soggettiva della categoria di bisogno).

Un valore elevato di prodotto può essere ricercato sia :

  1. ampliando il numero di stati attaccati,
  2. aumentando le proprietà risolutive sul singolo stato di bisogno,
  3. convogliando le risorse per generare potere risolutivo sui tipi di bisogno prioritari per l’individuo.

Prodotti che incidono fortemente su un singolo stato saranno inferiori a prodotti che incidono fortemente su più stati (proprietà sommatoria del valore). 

Prodotti che incidono fortemente su uno stato critico saranno superiori a prodotti che agiscono su più stati di bisogno (elevata dotazione funzionale), ma con azione poco rilevante (proprietà localizzativa del valore).

Creare il valore dove conta

La seconda legge ci porta a riflettere ulteriormente sulla necessità di creare valore ed investire sui fattori realmente critici. Vediamo un esempio nel mercato del fitness (centri fitness, marketing sportivo). Se il cliente di un centro fitness valuta al primo posto l’ambiente sociale del club (persone simpatiche, possibilità di realizzare incontri con l’altro sesso, fare amicizie, socializzare) e al secondo posto la dotazione di attrezzi disponibile (pesi, macchine, attrezzature), un investimento nel fattore “creazione dell’ambiente sociale” avrà efficacia superiore rispetto ad un investimento in attrezzature.

Allo stesso modo, se in un lavoro si ricerca la crescita professionale, il valore di un’offerta lavorativa ad elevato potenziale di carriera sarà complessivamente più elevato di un’offerta meglio pagata ma dalle basse prospettive di crescita.

Lo stesso processo mentale si riscontra in ogni tipologia di scelta: l’assegnazione di priorità diverse e pesi diversi alle variabili di valutazione rappresenta una costante dei processi decisionali – seppure spesso inconscia. 

Come abbiamo sottolineato, dal punto di vista manageriale possiamo evidenziare due strade per la creazione del valore: (1) la strategia sommatoria – aggiungere caratteristica su caratteristica, proprietà su proprietà, riempiendo il prodotto di valore diffuso su tutti gli strati, oppure (2) la strategia localizzata. Una strategia localizzata si prefigge di concentrare le proprietà e gli attributi di prodotto su poche specifiche aree che possiedono, tuttavia, alta rilevanza per il cliente target (es: per un’auto, puntare tutto sulla sicurezza).

Il massimo valore creabile con un determinato budget, si potrà raggiungere concentrando lo sforzo progettuale di prodotto su diversi attributi pesanti rispetto alla categoria di rilevanza principale per il soggetto target, e aggiungendo un corollario di attributi a scendere lungo le priorità soggettive. 

In termini di impostazione strategica, questo significa, ancora una volta, creare soluzioni molto personalizzate, possibili solo grazie ad un’analisi in profondità della psicologia valoriale degli individui. 

Il coinvolgimento del consumatore e del cliente nella creazione di soluzioni, quindi, rappresenta un punto di partenza obbligato, e induce a rivedere il modello standard di comunicazione (dall’azienda al cliente) come insufficiente rispetto alle reali necessità di sviluppo aziendale. Il processo di creazione del valore richiede lo sviluppo di sistemi evoluti di ingresso della comunicazione (dal cliente all’impresa), feedback e comprensione dei meccanismi di priorità nelle scelte del cliente, che vanno ben oltre i semplici questionari o interviste realizzate da casalinghe o studenti universitari.

Da questa discussione emerge un ulteriore assioma della competitività.

Principio – Creazione del valore psicologico del prodotto

  • La competitività dipende dalla capacità aziendale di creare valore percepito nella propria offerta, sviluppando – singolarmente o addittivamente – le proprietà del prodotto relative ad uno o più bisogni sottostanti per il fruitore (bisogni di sopravvivenza, di sicurezza, ambientali, sociali e di immagine,  di autorealizzazione e Self-Image);
  • Il valore dipende da: (1) numero di categorie intaccate dal prodotto per (2) efficacia di intervento sulla specifica categoria, per (3) l’importanza o peso che il soggetto attribuisce alla specifica categoria intaccata (priorità soggettiva).

La conoscenza del tipo di argomentazione da utilizzare è necessaria per la corretta impostazione della tecnica di vendita. Inoltre, la formulazione della legge del valore categorico di prodotto può essere utilizzata per definire a priori il product concept: l’idea di prodotto da sottoporre a test di mercato.

Un ulteriore utilizzo della legge di valore categorico consiste nella sua possibilità di identificazione dell’argomentario di vendita, a due livelli:

  • Argomentario di vendita dell’immagine aziendale: i motivi per cui è interessante fare business con noi, cosa ci differenzia dagli altri, cosa ci rende un partner indispensabile, che contributo unico possiamo dare.
  • Argomentario di vendita del prodotto: quali bisogni risolve il prodotto, che caratteristiche tecniche e prestazionali lo differenziano dagli altri, che benefit possiede, che servizio e garanzie lo corredano, dove e perché è migliore della concorrenza.

[1] Maslow, A.H. (1954). Motivation and personality. New York, Harper. Trad it: Motivazione e personalità, Roma, Armando, 1977.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Le parole chiave di questo articolo Le relazioni tra bisogni umani e comportamento d’acquisto sono :

  • Bisogni ambientali
  • Bisogni di autorealizzazione
  • Bisogni di libertà
  • Bisogni di sicurezza
  • Bisogni di sopravvivenza
  • Bisogni sociali
  • Bisogni umani
  • Budget mentali
  • Creazione di valore diffuso
  • Creazione di valore localizzato
  • Immagine di sé ideale
  • Legge del valore di prodotto
  • Piramide di Maslow
  • Processo di creazione del valore di prodotto
  • Pulsioni di acquisto
  • Soddisfazione dei bisogni
  • Stati categorici di bisogno
  • Valore categorico di prodotto
  • Valore psicologico del prodotto

© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Vi sono diversi tipi di clienti:

  1. Clienti di tipo (1): ottimi. Sono clienti e situazioni che meritano sforzo e attenzione, impegno e dedizione, e possono portare benessere e valore. Su di essi, l’investimento in tempo e risorse di vendita e in tempo e risorse di negoziazione ha senso.
  2. Clienti di tipo (2): inutili. Sono pure perdite di tempo. Non hanno reale interesse o capacità, sono solo curiosi o il tempo da dedicare ad essi supera abbondantemente i rientri di breve, medio e lungo periodo. 
  3. Clienti di tipo (3): dannosi. Costituiscono veri e propri danni, producono assorbimento di risorse e tempo senza restituire alcunché, furto di idee o lavoro non pagato, o danneggiano l’immagine aziendale contaminandola con scarsa reputazione. La loro acquisizione è una tragedia e non certo un successo.

Se non capiamo la realtà del cliente, oltre le sue apparenze, non sapremo mai con chi stiamo veramente trattando.

Capire la realtà del cliente richiede:

  • la raccolta di dati e informazioni preliminari (prima della visita), anche tramite attività di Business Intelligence;
  • l’utilizzo dell’empatia strategica, delle tecniche di domanda, intervista e ascolto attivo (durante la visita).

Dai dati disponibili, è possibile compiere una valutazione del potenziale, una misura del grado di possibile interesse del cliente. 

Il potenziale si può distinguere in :

  • potenziale economico, misura il fatturato generabile dal cliente : volumi di acquisto x LTV (Life-Time Value: valore del ciclo di vita del cliente) – costi progettuali, tecnici e logistici di ingresso.
  • potenziale relazionale, misura i benefici che quel cliente può portare alla nostra rete di conoscenze, al nostro know-how, alla nostra entratura in settori che ci interessano : ampiezza e qualità del network relazionale in cui è inserito + immagine e prestigio – costi relazionali di ingresso.

Analisi e raccolta di dati preliminari di Business Intelligence sul cliente B2B

Fonti principali per raccogliere dati:

  • sito internet dell’azienda: prestare attenzione sia ai contenuti che allo stile comunicativo;
  • materiali cartacei, documentazioni, cataloghi, listini;
  • contatti con soggetti informati (altri clienti, fornitori, consulenti);
  • raccolta di dati da informatori:
  • schede aziendali disponibili su database online;
  • ricerche informative mirate in internet (es: articoli giornalistici), consultazione di siti specializzati in ricerche aziendali;
  • ricerche in internet tramite “frase esatta”;
  • ricerche in internet tramite analisi di chi “punta” (inserisce links) verso l’azienda in questione: analisi delle reti di collegamenti;
  • indagini presso i clienti dell’azienda (per capire forze e debolezze);
  • visite ghost customer o contatti telefonici di simulazione d’acquisto, per raccogliere dati e informazioni non filtrate, tramite sistemi diretti ad osservare le risposte comportamentali reali dell’azienda.

Analisi del cliente durante le fasi di contatto e colloquio

Oltre ai dati reperibili da fonte umana e su internet, larga parte delle informazioni veramente rilevanti del cliente sono insite nel cliente stesso, nella sua psicologia, nelle sue motivazioni.

Per comprendere queste motivazioni d’acquisto e le esigenze sottostanti, è necessario ricorrere a forme di intervista, analisi, interessandosi realmente e cercando di far propria la mission della vendita consulenziale “analizziamo il cliente e offriamo soluzioni adeguate”.

Per capire il cliente in fase di acquisto è necessario saper cogliere le sfumature, interpretare le tensioni sottostanti il movente d’acquisto.

Modello Trevisani Tensione-Impulso-Movente-Azione per un approfondimento relativamente al suo utilizzo nelle fasi di colloquio:

La teoria della motivazione vede come unità motivante di base la tensione. Gli impulsi si innestano su stati di disequilibrio percepito, che creano spinta alla risoluzione del problema. L’impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui si crea un collegamento mentale: la percezione che un prodotto/servizio sia lo strumento risolutivo del problema. L’azione di acquisto ne è il risultato, premesso che l’individuo disponga delle risorse o decida di procurarsele.

  1. Tensione : Percezione di un disequilibrio,
  2. Impulso : Ricerca di un nuovo equilibrio,
  3. Movente : Identificazione strumenti di risposta,
  4. Azione : Acquisto del prodotto/servizio.

Si tratta di inquadrare il fenomeno di acquisto all’interno dei vissuti psicologici dell’individuo. Se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel soggetto, avremo identificato potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione si tramuterà presto in un bisogno di mercato e nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca di mercato sui bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità di marketing.

Anche nel campo delle vendite azienda-azienda, se riusciamo a comprendere cosa provoca tensione nel buyer aziendale, avremo identificato le leve motivazionali dell’azienda acquirente, e potremo regolare di seguito (o creare appositamente) la nostra offerta.

L’analisi del cliente, secondo il modello evidenziato, deve permetterci di portare a galla:

  • le differenze tra lo stato attuale e lo stato desiderato, e la tensione psicologica che questa differenza genera: il disequilibrio che il cliente percepisce, chi lo percepisce esattamente, chi no, e per quali motivi
  • le idee o soluzioni che il cliente sta cercando di implementare, come il cliente vede un “equilibrio ottimale” nelle aree che vuole trattare, per esempio : quale rete di vendita ottimale vorrebbe avere, come deve essere composta, che caratteristiche deve avere)
  • gli strumenti di risposta cui il cliente ha pensato, per esempio : formazione, consulenza, affiancamento, acquisto, leasing, outsourcing;
  • i decisori coinvolti nell’azione di acquistare un corso, o una consulenza o un qualsiasi altro prodotto e servizio, come attivarli, quali sono le barriere o resistenze e procedere verso la chiusura positiva.

Dall’analisi del cliente deve quindi emergere un profilo in grado di dirci:

  • cosa lo muove verso la ricerca di un acquisto;
  • che soluzioni ideali sta pensando o elaborando;
  • chi sono i decisori critici coinvolti.

La scheda cliente

Una scheda cliente si compone in genere di due parti:

  1. quantitativa/descrittiva
  2. qualitativa/osservazionale.

In particolare :

La sezione quantitativa/descrittiva contiene le principali informazioni disponibili, includendo:

  • fatturato;
  • numero di dipendenti; 
  • sede centrale e sedi ulteriori;
  • nomi dei principali decisori aziendali;
  • principali prodotti trattati e principali mercati di riferimento;
  • nuovi mercati di interesse, cui l’azienda si sta rivolgendo;
  • trend aziendali primari (fase recessiva, fase di stabilità, fase di sviluppo);
  • disponibilità di budget economici per l’acquisto;
  • apertura dei budget mentali (apertura mentale) verso la tipologia di acquisto e di prodotto da vendere.

Come si può notare, alcune di queste informazioni sono di facile accesso, pubblicamente disponibili, mentre altre richiedono lavoro di Business intelligence accurato.

La Sezione qualitativa e osservazionale contiene le principali informazioni soprattutto qualitative e meno statistiche (salvo alcuni punti), includendo:

  • storia ed evoluzione degli acquisti nei riguardi dei nostri tipi di prodotto/servizio;
  • storia ed evoluzione degli acquisti nei riguardi della nostra tipologia aziendale;
  • mappa dei poteri e dei decisori rilevata in sede di intervista;
  • moventi e possibili motivazioni d’acquisto;
  • tipologia di fornitura possibile e spazi di manovra;
  • rapporti con i fornitori attuali (ottimi, neutri, pessimi, e altre sfumature);
  • problemi passati generati dai fornitori di cui l’azienda ha sofferto;
  • natura dei canali di accesso ai budget economici e budget mentali (finestre temporali, chi e quando può accedervi, chi ne è escluso), chi decide in azienda.

L’intervista di vendita

Ogni intervista di vendita ha scopi strategici. 

Prima dell’intervista è necessario realizzare una lista di informazioni da raccogliere, evidenziando tutte le informazioni indispensabili per poter offrire una buona soluzione consulenziale.

Ogni azienda ha esigenze informative specifiche e peculiari, per cui non è possibile ricorrere a modelli standard. L’invito è piuttosto quello di adattare un approccio di vendita consulenziale alle proprie esigenze.

La tecnica da utilizzare è quella del confronto interno tra colleghi (peer coaching, supporto tra pari) o tra venditore e direzione (coaching direzionale, tutoraggio, mentoring).

Ogni settore merceologico ha le proprie esigenze informative. Ad esempio, per una società di formazione che desidera dare risposta ad un bisogno formativo verso un’impresa, in modo mirato, sarà importante sapere:

  • quanta formazione – rispetto al tema da trattare – è stata fatta sinora presso l’azienda cliente (prospect), e con che esito;
  • quale e quanta abitudine alla formazione esista in azienda, e a quali metodi formativi sono abituati i soggetti;
  • quale è il grado di soddisfazione verso i fornitori precedenti;
  • che modelli di formazione sono stati adottati in precedenza;
  • quali di questi hanno dato risultati e quali no;
  • che tipologia di intervento formativo ha in mente l’interlocutore (residenziale, in outdoor, interno all’azienda, affiancamenti, etc);
  • quali bisogni muovono l’esigenza formativa. Perché nasce e in chi nasce il bisogno di formazione;
  • se esistono fruitori ostili, che non vorrebbero partecipare alla formazione ma saranno chiamati a farlo, e quale linea tenere in questo caso;
  • quale sia il grado di ricettività e collaboratività (gli atteggiamenti d’ingresso) nelle persone da formare, sei vi siano dei possibili boicottatori;
  • se sia stata svolta una analisi dei fabbisogni formativi e se si con metodi e risultati;
  • se siano state analizzate o valutate altre strade per raggiungere l’obiettivo (es: coaching one-to-one);
  • quale clima psicologico e aziendale si vive;
  • se il budget previsto sia adeguato;
  • se sia in corso una “gara” o “appalto” tra diversi possibili fornitori, o si stia cercando una soluzione basata sulla “prima risposta soddisfacente ricevuta” ;
  • se la prestazione richiesta è meramente esecutiva o invece prevalentemente consulenziale, o un mix delle due;
  • quanto sforzo progettuale sia necessario e se il cliente sia disposto a pagarlo;
  • …. altre informazioni necessarie emergenti dall’analisi.

In seguito alla comprensione di questi fenomeni, sarà possibile offrire una soluzione consulenziale diversificata:

  • soluzione A…
  • soluzione B…
  • soluzione C…

Ciascuna di queste avrà diversi benefici e costi, e potrà essere negoziata basandosi sulle risposte del cliente.

Ogni azienda deve adattare l’approccio consulenziale ai propri bisogni specifici, e questi momenti di focalizzazione devono essere condotti tramite riunioni interne (prima), analisi sul cliente e non lasciati alla buona volontà del venditore.

Focalizzare le energie nella vendita consulenziale

Ogni trattativa aperta o in fase di apertura è un fattore di assorbimento di energia. L’energia prende forma di attenzione mentale, ore di lavoro, telefonate, incontri, trasferte, e altri atti necessari per concludere una vendita.

Le energie personali ed aziendali, tuttavia, sono una risorsa preziosa, non sono illimitate o producibili a piacimento. E pertanto, vanno ben gestite.

Dobbiamo chiederci quante trattative aperte contemporaneamente possiamo avere. Il numero di trattative aperte o progetti-cliente aperti, è uno dei fattori di analisi primario per capire se le energie sono ben canalizzate o si stanno disperdendo.

Dobbiamo focalizzare le energie in particolare sulla chiusura delle linee aperte, procedendo per pochi clienti alla volta (principio di focalizzazione) o (al massimo) lavorare per batch (piccoli gruppi di clienti da acquisire, per poi passare ad altri nuovi clienti da acquisire).

In particolare:

  1. Non dobbiamo sopravvalutare le nostre energie.
  2. Non dobbiamo considerarle illimitate. 
  3. Dobbiamo concentrarle dove conta, verso la chiusura di ciò che è avviato. E, prima di tutto, avviare linee su clienti per noi prioritari.

Tramite tecniche di bioenergetica manageriale e psicoenergetica manageriale, ed esercizi di lifestyle training, è possibile decisamente ottenere incrementi significativi nel livello di energie personali, sia biologiche che psicologiche, ma non all’infinito.

Uno dei fattori chiave di successo della vendita consulenziale è quindi saper coltivare le proprie energie e direzionarle con buone priorità.

Fissare i clienti su cui concentrarci

Per fissare le priorità, i clienti su cui concentrarci, possiamo utilizzare una schema che includa: 

  • Flussi economici in ingresso dal cliente,
  • Flussi in ingresso immateriali: denaro, prestigio, know-how.
  1. Clienti di tipo A : sono quelli da cui si può ricavare fatturato e utili, ma scarso apprendimento o scarse entrature e prestigio.
  2. Clienti di tipo B : sono quelli dai quali si ricava modesto utile o fatturato, ma ci aiutano enormemente ad ampliare il nostro prestigio o le nostre conoscenze ed entrature.
  3. Clienti di tipo C : assommano rientri economici elevati a rientri di immagine e conoscenze elevati.
  4. Clienti di tipo D : sono invece poco profittevoli, o scarsi pagatori, e in più assorbono tempo e risorse senza apportare valori aggiunti di immagine o di conoscenza.

Messaggio: ogni cliente può apportare un valore economico o un valore relazionale (entrature, prestigio, immagine), ed è necessario ricercare la costruzione attiva di un parco clienti che contenga clienti dal valore economico e relazionale elevato.

Il parco-clienti va costruito, e non subìto.


Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Budget mentali e psicologia economica.
Il budgeting mentale consiste nella divisione delle proprie risorse tra capitoli mentali di spesa separati (mental accounts).

Quando sbagli nella costruzione di questi capitoli mentali, in pratica, sbagli tutto nella vita. Vediamo perchè e cosa si può fare.

psicologia-di-marketing-e-comunicazione© Di Daniele Trevisani, dal testo “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management“. Franco Angeli editore, Milano.

Il fenomeno – centrale per la nostra teoria –  comprende meccanismi quali la categorizzazione cognitiva (distinzione mentale tra tipologie di spesa), l’assegnazione di budget a categorie distinte, l’assegnazione di priorità, il tracking della spesa, l’attribuzione di una spesa ad un certo capitolo mentale.

In generale, le ricerche nell’area evidenziano che i consumatori e le imprese (buyer, imprenditori) valutano le proprie spese ed investimenti prima di tutto in relazione ai propri account mentali. Cerchiamo, tramite la seguente figura, di rendere visivo il concetto.

Fig. 8.1 – Ipotesi di ripartizione delle risorse totali in account mentali

budget-mentali

Che struttura dai ai tuoi budget mentali? Hai dedicato lo stesso budget alla tua Formazione e alla tua Crescita Personale almeno quanto per il tuo ultimo cellulare o la tua bici? E pensi che dovrebbero valere la stessa cifra?

L’individualità umana rende, necessariamente, il budgeting mentale un fenomeno che assume proprietà diverse da persona a persona, e da cultura a cultura. Pertanto, dobbiamo attenderci una certa diversità e variabilità nella modalità di attribuzione e categorizzazione delle risorse.

Le teorie dei budget mentali hanno due forti implicazioni:

  • A livello consumer: capire come il consumatore destina le proprie risorse.
  • Nella tecnica di vendita aziendale business-to-business: capire come l’acquirente aziendale (buyer) reagirà ad una proposta, partendo dalla previsione o rilevazione del modo di gestire le risorse aziendali (struttura cognitiva degli investimenti).

Ciascuna proposta si associa infatti ad una o più caselle di bisogno.

Il mental budgeting acquista connotazioni molto diverse da soggetto a soggetto, anche in funzione dei valori dell’individuo. Persone abitanti nello stesso palazzo, ma diverse per stili di vita, valori e personalità (un pensionato settantenne, o un giovane DJ che vive di notte) faranno uso estremamente diverso della stessa somma.

Assegnare un budget ad un account significa dedicare una parte delle proprie risorse (tempo, denaro, pensiero ed energie mentali, tempo speso nel comunicare) ad una certa forma di impiego. Il budgeting mentale non distingue nettamente tra risorse monetarie e altre risorse (es: energie, tempo, impegno).

Destinare 1000 dollari ad un viaggio, o destinare 10 ore della propria vita a qualcuno, sono entrambe forme di investimento delle proprie risorse limitate (denaro, tempo). Il concetto di budget assume una valenza ampia, indicando qualsiasi cosa costituisca una risorsa per l’individuo.

Meccanismi di ricarica dei budget

In termini monetari, quando avviene una spesa, questa viene addebitata ad uno degli account mentali. In seguito, l’account verrà ricaricato in relazione alle entrate economiche dell’individuo. Sino a quel punto, la probabilità di acquisto di quella categoria di prodotto rimarrà molto bassa, in quanto gli account non dispongono di risorse infinite, ma sono legati ai redditi delle persone o ai capitali d’investimento e budget di spesa disponibili nelle aziende. Avverrà in altre parole una resistenza ad attuare ulteriori spese in quella categoria, poiché esse andrebbero a discapito di altre categorie. La categoria, in altre parole, si “asciuga” fintanto che essa non viene nuovamente riempita da risorse entranti.

Ad esempio, l’acquisto di un biglietto per il cinema andrà a discapito del budget “intrattenimento”, per cui nella stessa settimana il budget intrattenimento avrà subito un segno meno. L’acquisto di un farmaco per il mal di testa, invece, non andrà ad inserirsi nello stesso budget mentale, ma sotto una categoria diversa (ad esempio, medicinali e spese per il corpo).

La ricarica del budget può avvenire sia in proporzione alle nuove risorse entranti, sia in maniera non proporzionale. In questo caso si determina un income source effect (effetto fonte: la tendenza ad assegnare risorse in funzione della loro provenienza, es: denaro vinto a spese superflue, vs. denaro sudato a spese importanti), come approfondiremo in seguito.

Dedica tempo e risorse alle cose che ti fanno crescere come persona, che ti formano, che ti migliorano, crea spazi nella tua mente per questo, dedicagli le tue migliori risorse mentali ed economiche, sono gli unici investimenti che porterai con te sempre, e dei quali le persone che ami usufruiranno veramente

Un esercizio pratico

Ogni banconota che ricevi dal tuo lavoro, prendine 1 su 5 e mettila in una busta speciale, con su scritto “Per la mia formazione e crescita personale”. Potrai destinarla a fare formazione per te, ad esperienze formative, master, seminari, eventi, corsi, quello che vuoi, purchè siano cose serie. Se non lo puoi fare con banconote di carta, fai un prelievo dal tuo conto e apriti quello che vuoi, un conto postale dedicato, una ricaricabile postale o bancaria… ma finchè non fai questa operazione di divisione fisica, il tuo budget mentale sarà solo astratto. E se una volta non puoi, non fa niente, intanto il Budget Mentale è stato creato e più lo alimenti, più lui alimenterà te!

Fine parte 1… il resto, alla prossima puntata…

© Daniele Trevisani, Facebook Human Potential Profile