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Articolo estratto dal testo “Parliamoci Chiaro: il modello delle quattro distanze per una comunicazione efficace e costruttiva” copyright Gribaudo Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.

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In questo articolo continueremo a parlare della distanza relazionale concentrandoci sui tre conflitti comunicativi (o incomunicabilità) che possono nascere dalla mancanza di codici comunicativi, sfere ideologico-valoriali e referenti condivisi.

Mancanza di codici comunicativi condivisi

Ogni volta che parliamo, emettiamo messaggi, ma non è detto che al destinatario arrivi esattamente il messaggio che noi stavamo pensando. Quando il codice comunicativo è “rotto” o non condiviso, abbiamo una rottura della comunicazione (es: stile comunicativo altoborghese vs. stile comunicativo diretto e offensivo, oppure stile pessimista vs. stile ottimista, ecc…)

Quando due stili invece sono diversi ma hanno alcuni gradi di similarità, la comunicazione si fa più piacevole, e possibile. È l’esempio di uno stile ottimista che incontra uno stile positivo, oppure di uno stile accademico che incontra uno stile scientifico, e tante altre possibilità. 

La completa rottura di codice, o completo breakdown comunicativo, avviene quando si utilizzano due lingue dalle radici molto diverse (per esempio tedesco vs. coreano) in un canale che non permette la visualizzazione del comportamento non verbale, e senza possibilità di traduzione.  

Utilizzare due lingue completamente diverse (o solo in parte diverse) nel parlato aiuta già a far passare qualche messaggio tramite il canale paralinguistico e le espressioni facciali: per cui, anche se non è possibile entrare nei dati della comunicazione in corso, è possibile coglierne i toni. 

I suggerimenti principali sulla D2 sono di cercare di capire i codici della controparte e fare sforzo di adattamento, accettare anche di negoziare i contenuti della conversazione, e per la parte tecnica della trasmissione, fare messaggi brevi, con pause, per favorire l’elaborazione dei messaggi stessi. 

Mancanza di sfere ideologico-valoriali condivise

Dato che non esistono due visioni del mondo assolutamente uguali, dobbiamo concedere alla comunicazione il suo status vero, di ponte tra realtà diverse, di collegamento tra diversità. 

Quando le diversità si fanno troppo ampie, incompatibili, la rottura della comunicazione diventa un fatto concreto. Spesso sono le sfide, quelle vere, come il far crescere figli, incontrare difficoltà economiche o lutti e malattie, a far venire fuori i valori veri e gli atteggiamenti latenti, che non sarebbero mai emersi senza la crisi. In questa condizione, è possibile che il legame si rafforzi ancora di più, o che invece si vada al breakdown o rottura della comunicazione e della relazione. 

Un suggerimento importante per la D3 è quello di comunicare sapendo in partenza che troveremo differenze valoriali, ideologiche, di atteggiamenti e di credenze, e di non pretendere di trovare nostri cloni, ma accettare di comunicare nelle diversità.

Mancanza di referenti comuni

Facciamo il punto. L’incomunicabilità viene descritta nel modello delle Quattro Distanze come uno stato dovuto alla presenza di una o più “distanze” tra i due comunicatori. 

  • D1 – Prima Distanza: differenze nei ruoli e nelle personalità, tali da rendere impossibile l’accettazione del ruolo e quindi da rompere la comunicazione per non accettazione dei ruoli dell’altro o della relazione” 
  • D2 – Seconda Distanza: differenze sul tema della conversazione oppure incomunicabilità di codice, cioè il fatto di non avere un codice comune e condiviso per poter comunicare, che si tratti di una lingua vera e propria, o di uno stile comunicativo almeno in parte comune. 
  • D3 – Terza Distanza: divergenze nei valori, nelle ideologie, nelle credenze personali di portata tale da rendere totalmente incompatibili tra i due comunicatori e da bloccare la comunicazione o provocare il ritiro di una delle due parti non appena emergono. 

Dopo questo riassunto delle prime tre distanze, passiamo alla D4 (Distanza Referenziale). Il tema della D4, e della rottura della comunicazione sulla D4, riguarda l’incomunicabilità delle esperienze, o il fatto di avere avuto esperienze completamente diverse di una situazione, o di non aver mai condiviso un certo referente, sia esso un oggetto, una situazione, o uno stato emotivo.

Ci sono esperienze che sono difficilmente comunicabili, altre che non sono comunicabili per niente. Lo sforzo della comunicazione empatica, infatti, è comprendere esperienze e stati d’animo che noi non abbiamo potuto vivere, capendoli come se fossimo la persona che parla. Per certi temi, invece, esiste una sostanziale incomunicabilità di fondo, soprattutto per le sensazioni fisiche, viscerali e corporee (bodily-felt sense). 

Se non sono mai stato su un taxi colorato a tre ruote, la mia immagine mentale del taxi sarà quella che si è formata in base alla mia esperienza di vita.  E se due persone interagiscono usando lo stesso termine, per due esperienze di vita o oggetti mentali diversi, abbiamo una rottura comunicativa. 

In altre parole, spesso pensiamo di parlare della stessa cosa, ma non lo stiamo facendo. Parlarsi chiaro vuol quindi dire anche spendere qualche parola in più per “metacomunicare”, per “parlare delle parole”, per spiegare i termini e la nostra immagine mentale collegata.

La D4 ci parla anche delle esperienze intraducibili, quelle che puoi condividere solo ed unicamente con chi ha avuto la stessa, o simile, esperienza (es: partorire). Questo vale per tutte le azioni che l’altro con cui comunichiamo non abbia esperito direttamente. 

Un concetto fondamentale per la comunicazione è quello del felt sense, o “sensazione provata”, sviluppato da Carl Rogers. Questo concetto è importante perché ci avvicina alla vera natura della comunicazione. L’incontro e lo scambio comunicativo sono sempre connotati dai tentativi di espressione di qualche tipo di sensazione difficile da esprimere, un incontro comunicativo tra i felt sense. Il “ponte” che la parola e il messaggio cercano di costruire è tra i felt sense delle persone, per cui non c’è da meravigliarsi di quanto sia difficile comunicare alle persone correttamente come stiamo, ascoltare ed essere chiari quando il tema conversazionale riguarda i sentimenti e le emozioni, gli stati d’animo, e non oggetti fisici. 

In altre parole, stiamo attenti a dare per scontato di essere capiti facilmente, e di capire facilmente i concetti altrui. Teniamo sempre attivo l’allarme che ci segnala quanto sia facile e probabile che avvengano incomprensioni e malintesi, e molto probabilmente avremo ragione. 

libro "Parliamoci Chiaro" di Daniele Trevisani

Per approfondimenti vedi:

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching