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Pubblichiamo il primo di due articoli sul tema dell’ascolto. Nel primo articolo, giusto per non farci mancare un pò di ironia, identifichiamo i livelli di ascolto errati, e come questi riescono a distruggere una relazione e creare climi pessimi. Nel prossimo articolo, vedremo finalmente il lato positivo dell’ascolto e le modalità positive. Buona lettura!

scala livelli di ascolto

Come riconoscere le modalità di ascolto negative: quando e come dare il peggio di sè sbagliando tutto il possibile nell’ascolto (e riconoscere quando accade, per evitarlo)

Copyright Daniele Trevisani www.studiotrevisani.itwww.danieletrevisani.it www.comunicazioneaziendale.it – estratto con modifiche dell’autore, dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace”. Milano, Franco Angeli editore, 2019.

 Che differenza c’è tra domanda e accusa?

Un’accusa è quella a cui non si risponde, a una domanda si risponde.

dal film “I Predoni” di Steven C. Miller

Nei miei incarichi come Formatore ho trovato spesso utile fare un lavoro di ricerca che porti ad una sorta di “scala” o “termometro” della qualità dei livelli di ascolto. Da un ascolto criticante ad un ascolto empatico, la differenza è parecchia, e tangibile. Tratteremo in un articolo apposito i livelli positivi, ma per ora concentriamoci su quelli negativi, anche per cercare di evitarli, in prima persona, come si evita un masso lungo la strada. Riconoscere gli errori, in sé e negli altri, fa decisamente bene.

Partiamo quindi dai livelli decisamente negativi: Gli elementi negativi dell’ascolto sono quelli che ti fanno star male, quando li subisci. Generano il sentimento di non essere capiti, o trascurati, o non considerati per quanto si dice e nemmeno come persone. Vanno contro, in pratica, ad un bisogno basilare di ogni essere umano: essere capiti. Un bisogno tanto forte come quello d’aria.

Per dare il peggio di sè nell’ascolto è sufficiente interrompere, giudicare, non ascoltare, distrarsi, ascoltare mentre si guarda la tv o si digita su uno smartphone, non guardare le persone, distorcere ogni possibile interpretazione, insomma, un intero bagaglio di errori qui appena accennati, che di seguito potrete esplorare meglio.

Forse non si desiderava tanto essere amati, quanto essere capiti.

(George Orwell)

L’ascolto schermato o distorsivo

L’ascolto schermato blocca o amputa parte dei dati provenienti dal canale uditivo e li distorce, così come fa per gli altri canali: vista, tatto, gusto, olfatto. L’esito è non capire, non prestare attenzione, distorcere i dati in ingresso. Letteralmente, capire una cosa per l’altra. Accade quando si è troppo stanchi per ascoltare, o l’ascoltatore sta vivendo uno stato emotivo non adeguato ad un ascolto di qualità (es, rabbia, frustrazione, euforia, passione, e tante altre emozioni di forte intensità) e vi sono quindi stati interni che si frappongono ad un ascolto di qualità.

Vi sarà capitato molto spesso di essere dall’altra parte, nel ruolo della persona che parla, e di non essere affatto capiti, o addirittura completamente fraintesi. Bene, ora avete una precisa etichetta per questa condizione.

L’ascolto giudicante/aggressivo

 Essere incompresi da coloro che amiamo è la condizione peggiore per vivere e affrontare ogni giorno gli impegni della vita. L’incomprensione pesa come una montagna e traccia solchi profondi sull’anima.

 (Romano Battaglia)

L’ascolto giudicante/aggressivo è caratterizzato dal fatto che il ricevente non ascolta veramente, ma raccoglie stralci di informazioni per poi emettere immediatamente sentenze e giudizi. Quando riguarda noi, possiamo dire che stiamo “mettendo su un muro” verso l’altra persona, tale che non importa nemmeno cosa dica, come lo dica, è tutto sbagliato “a prescindere”. Quello che possiamo chiamare un “riverbero negativo” può toccare sia il tema “quello che hai detto sul tema x è una stupidaggine”, oppure andare direttamente al cuore, attaccando la persona stessa e non la sua frase “sei un egocentrico e non capisci niente”.

Questa seconda forma di offesa è molto più grave della prima perché investe la persona nella sua totalità: “tu sei”, e non in una sua azione delimitata “tu fai x e non mi piace quel x”. L’ascolto giudicante si fa con le parole ma non solo. Può emergere anche da una smorfia sottilissima emessa in modo non verbale quale “storcere il naso” durante un’affermazione altrui che non approviamo, e non è da confondere con la partecipazione emotiva a quanto detto dall’altro. L’ascolto aggressivo innesca la spirale aggressione-odio. È veramente un nemico delle relazioni umane e dell’umanità più in generale.

 La pace non può essere mantenuta con la forza; può essere conseguito solo la comprensione.

 (Albert Einstein)

Ascolto apatico o passivo

Che poi ci sono cose peggiori di un’assenza. Una presenza distratta.

 (manuela_reich, Twitter)

L’ascolto apatico o passivo è caratterizzato dalla nostra o altrui “assenza mentale”, ed è negativo. Privo di energia, stanco, “morto”, spento, distratto. E’ un ascolto vuoto di segnali, praticato da una persona disinteressata, o incapace nell’ascoltare, spesso totalmente assorbita dai suoi processi interni, dai suoi ragionamenti interiori, in cui le parole ascoltate non fanno breccia. Come se volessimo lanciare freccette su una cassaforte blindata, quelle freccette si infrangono e cadono. Niente entra veramente. La comunicazione e i messaggi sfiorano solo queste persone, e dire che capiranno poco di quanto detto, è fargli un regalo.

Ascolto a tratti

Il fattore principale di distrazione non sono le chiacchiere della gente che ci circonda, ma quel chiacchiericcio che avviene all’interno della nostra mente. Per poter raggiungere una perfetta concentrazione è necessario mettere a tacere queste voci interiori.

 (Daniel Goleman)

Un ascolto attento in alcuni momenti, distratto in altri. E’ un meccanismo che crea un ascolto pessimo.

L’ascolto a tratti è estremamente comune, probabilmente lo stato più realistico delle interazioni medie quotidiane.

Ascoltiamo, poi qualcosa del contenuto altrui ci “accende” perché connesso ai nostri interessi, allora forse facciamo una domanda di approfondimento, poi il contenuto altrui cambia, o ci viene in mente qualcosa, saltiamo da un pensiero ad un’altro, la testa “va via”, o sentiamo  una frase di una conversazione altrui che ci attira, ci perdiamo, “andiamo via” dalla conversazione, anche se fisicamente siamo ancora li. Il modo più rapido per applicare un ascolto sbagliato “a tratti” è di ascoltare con un media acceso, ascoltare mentre si digita su una tastiera o schermo, ascoltare con la tv accesa o con un monitor acceso, che possiamo considerare “sottofondo” ma sottofondo non è, in quanto da esso escono informazioni che a volte ci catturano, e questo è uno degli ascolti peggiori in assoluto, tranne che per alcuni momenti di “presenza mentale”.

Lo sforzo di parlare con qualcuno che ascolta “a tratti” è enorme, sia fisico che emotivo. Dopo questa rassegna di ascolti pessimi, andremo in un prossimo articolo ad esaminare i tipi di ascolto di natura migliore, certamente con la consapevolezza che l’ascolto incide sulle nostre vite e su quelle delle persone che ci circondano, e – non poco – sulla qualità del lavoro in azienda.

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Copyright Daniele Trevisani www.studiotrevisani.itwww.danieletrevisani.it www.comunicazioneaziendale.it – estratto con modifiche dell’autore, dal libro “Ascolto Attivo ed Empatia. I segreti di una comunicazione efficace”. Milano, Franco Angeli editore, 2019.

Dall’ascolto selettivo, attivo, empatico e simpatetico

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    condivisibile, si prega di citare sempre la fonte.

  • © Daniele Trevisani, Volume “L’ascolto Attivo: Metodi e Strumenti per l’ascolto attivo ed empatico”. Anteprima editoriale, Franco Angeli editore Milano, 2019.
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Ascolto Selettivo

Con l’ascolto selettivo superiamo la “zona rossa” dell’ascolto ed entriamo in modalità che possono essere utili.

L’ascolto selettivo, pur non essendo empatico negli intenti, va a cercare informazioni molto precise, che possono essere sia oggettuali (cose, persone, tempi) che emozionali (stati d’animo, sentimenti), rispetto ad un certo episodio o tema in fase di esplorazione.

Chi vuole fare ascolto attivo deve conoscere l’ascolto selettivo, perché in alcuni momenti è essenziale saper “smontare un episodio” negativo, per capire cosa non fare più, e saper smontare episodi positivi, per capire i fattori di successo che siamo riusciti a creare, e come si sono succedute precisamente le catene di eventi.

Alcune tecniche di ascolto qui diventano fondamentali:

  • Reflecting: fare da specchio, riformulare quanto si è capito. Consente di poter precisare meglio e apre altro contenuto.
  • Deflecting. Riconoscere immissioni di temi che non c’entrano e riuscire a farli uscire dalla conversazione, smorzarli ed espellerli.
  • Probing. Mettere alla prova un’informazione con una domanda collegata, es chiedere “visto che mi hai detto che è arrivato tardi, quando è poi arrivato?”. Utile per approfondire.
  • Recap: ricapitolazione e rilancio. Fare delle ricapitolazioni di quanto raccolto sinora e aprire “ok siamo arrivati al punto in cui ti presenti per il colloquio, ti fanno aspettare, tu inizi ad agitarti, entri e non sai più cosa dire. Poi cos’è successo?”
  • Contatto: costanti segnali di contatto visivo, cenni del capo, espressioni gutturali e paralinguistiche (uhm, ah, oh), tutto ciò che sia segnale “Fàtico” (i segnali fàtici sono quelli che dicono, in sostanza, “ci sono”, sono qui per te).

Tutte queste tecniche saranno approfondite meglio quando parleremo di “analisi della conversazione”, tuttavia è bene già da ora sapere che esistono, e che un ascolto attivo, selettivo o empatico, usa tecniche precise, oltre alla volontà

Nell’ascolto selettivo, siamo estremamente focalizzati nel capire una cosa specifica, una questione specifica su ciò che pensa l’altra persona, o un’informazione precisa che vogliamo cogliere.

Tutto il resto non ci interessa.

La nostra presenza mentale è accesa, acuta, ma diretta come un laser verso un punto informativo, e non – come nell’ascolto empatico – accogliente verso qualsiasi cosa emerga.

Quando emerge qualcosa che non ci interessa, riportiamo con domande la conversazione sul “focus” che ci interessa.

In termini di efficienza ed efficacia dell’ascolto selettivo, le nostre domande diventano “diagnostiche” solo quando riescono a depurare il quadro da ciò che non ci interessa veramente per cui per praticarlo bene serve tecnica e studio.

Anche nella vita quotidiana accade, e non c’è da preoccuparsene. La questione può essere “a che ora tornerai a casa?” e può interessarci solo e unicamente avere un’ora, e nient’altro.

Dobbiamo preoccuparci invece se l’intenzione è di fare ascolto attivo ed empatico su un vissuto emotivo e umano, ed escono solo domande di precisazione.

Se chiediamo con ascolto selettivo “dove vorresti andare in vacanza” l’ascolto andrà ad incentrarsi solo sul “dove” trascurando però il “come”, la “natura sottile” del tipo di vacanza che l’altro vorrebbe fare.

Praticare ascolto selettivo non è in se sbagliato o giusto. Dipende dalla coerenza tra il nostro scopo sottostante e il tipo di domande che escono.

L’ascolto selettivo non è in sè quindi nè giusto nè sbagliato, possiamo valutarlo in base al fattore empatia – se il nostro scopo è creare empatia, va dosato molto attentamente. L’empatia è un processo che “accoglie” piuttosto che escludere e quindi l’ascolto selettivo è ottimo per raccogliere dati e molto scarso per far entrare veramente le emozioni.

Ascolto attivo

Un buon ascoltatore aiuta ad ascoltare noi stessi.
(Yahia Lababidi)

Quando pratichiamo ascolto attivo siamo immersi in un’attività speciale. Stiamo dando interesse, nostro tempo, nostra energia, per capire una persona, i suoi dati, i suoi contenuti, le sue intenzioni, e un brano della sua storia.

Le persone sono generalmente diffidenti nell’aprirsi e raccontare di sè stessi, del proprio intimo, persino a se stesse. L’ascolto attivo offre una “piattaforma di vita” dove le parole altrui e i pensieri altrui possano delicatamente e progressivamente poggiarsi.

Perchè ad ogni apertura, segue una maggiore apertura, sino a che il “nucleo” della persona si rivela per ciò che è, nel suo splendore, nel suo dolore, nella sua verità.

Arrivare al “nucleo” richiede tanta strada, ma si può fare. Dal nulla dell’ascolto schermato, ogni piccolo passo in avanti verso il “condividere” è sempre significativo.

“Parlate delle vostre cose il meno possibile e solo a quelli che sapranno darvi incoraggiamento e ispirazione.”

Florence Scovel Shinn

La persona si impegna nell’ascolto, di base, vuole ascoltare, lo considera un fatto importante, importante al punto di frenare il suo pensiero, il dire come la pensa, frenare il fatto di “prendere il turno della converazione” per fare un’arringa o esprimere opinioni.

L’ascolto attivo si concentra sul fatto di ascoltare. Lo fa con le parole, con le domande, e anche con il corpo, utilizza segnali corporei e paraverbali di partecipazione a quanto detto, riformulazioni e ricapitolazioni dei contenuti percepiti, e altri dispositivi linguistici e non verbali che servono per dare il segnale “quello che dici mi interessa, ti sto seguendo”.

Si può praticare ascolto attivo per due grandi classi di interessi, persino opposte una dall’altra.

Lo si può fare come atto estremo di amore, un dono che facciamo ad una persona amica, o un momento di grande umanità in cui ci interessiamo agli altri.

Oppure, può trattarsti di un ascolto estremamente strategico, un ascolto professionale nel quale le informazioni racchiuse nella mente di qualcun’altro ci servono. Ci servono per aiutare l’altro stesso, come nel coaching o nella terapia, o ci servono per dirigere un’organizzazione, o per prendere decisioni, come nella leadership.

In ogni caso, quanto abbiamo nella nostra mente si arricchisce sempre, grazie all’ascolto degli altri.

Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri.
(Leonardo da Vinci)

E’ naturale che da un ascolto attivo emergano più informazioni e la persona possa anche esporre informazioni emotive, tanto più profonde quanto più l’ascoltatore s’impegnerà nel non dare giudizi, non giudicare, non interrompere, non “interpretare”.

L’ascolto attivo richiede energia, impegno, un corpo riposato, una mente attenta e vigile. Quando siamo in questa modalità, anche un solo cenno di sopracciglio non colto, può farsi perdere informazioni preziose.

“Uno non può distrarsi un momento che rimane fregato per tutta la vita!”

Micaela Ramazzotti – Anita

Ascolto empatico

Ascoltare senza pregiudizi o distrazioni è il più grande dono che puoi fare a un’altra persona.
(Denis Waitley)

L’empatia è uno stato superiore, estremamente avanzato, di una relazione umana. Potremmo definirlo un apprendere a mettersi nei panni degli altri per poter sentire quello che essi provano.

L’empatia in sè non è nè buona nè cattiva, e infatti si può utilizzare l’empatia strategica anche per capire come ragiona un ricercato, e quale sarà la sua prossima mossa (empatia strategica).

In generale, nei rapporti umani quotidiani e professionali, l’empatia è positiva ed è anche merce rara.

La coscienza empatica si fonda sulla consapevolezza che gli altri, come noi, sono esseri unici e mortali. Se empatizziamo con un altro è perché riconosciamo la sua natura fragile e finita, la sua vulnerabilità e la sua sola e unica vita; proviamo la sua solitudine esistenziale, la sua sofferenza personale e la sua lotta per esistere e svilupparsi come se fossero le nostre.

Il nostro abbraccio empatico è il nostro modo di solidarizzare con l’altro e celebrare la sua vita.

(Jeremy Rifkin)

L’empatia è rara perché richiede la sottile capacità di sintonizzarsi emotivamente, e capire i livelli più nascosti, emotivi e personali, del vissuto del nostro interlocutore, più che i dati numerici o oggettuali che ci espone.

Utilizza inoltre la metacomunicazione (letteralmente “comunicare sulla comunicazione stessa”) ad esempio chiede senza timori il significato di un termine che non comprende, o, nelle poche occasioni in cui l’ascoltatore parlerò, lo farà per spiegare concetti che servono al processo comunicativo stesso.

L’ascolto empatico è di una rarità impressionante. Possiamo dire di averlo incontrato l’ultima volta in cui una pesona ci abbia dedicato un’ora di tempo senza raccontarci niente di lui o lei, e ascoltando solo quello che noi avevamo da dire, e facendoci domande per capire meglio, non solo le nostre informazioni, ma le nostre emozioni. Bene, se è successo, si è trattata probabilmente di una sessione di coaching, di counseling o di terapia.

Periodi più brevi ma dotati della stessa intensità di ascolto si incontrano a volte nella vita, nelle amicizie vere, o tra veri compagni sul lavoro, ma non è detto che l’attenzione sia sempre tutta e solo spostata su uno dei soggetti, come invece avviene nell’empatia.

E del resto, se servono corsi specifici per imparare l’empatia, è perchè la scuola, la formazione, i libri, sono sempre molto spostati sul parlare bene, sul comunicare dicendo noi cosa pensiamo, piuttosto che sull’ascoltare.

Come c’è un’arte di raccontare, solidamente codificata attraverso mille prove ed errori, così c’è pure un’arte dell’ascoltare, altrettanto antica e nobile, a cui tuttavia, che io sappia, non è stata mai data norma.
(Primo Levi)

La componente più difficile dell’ascolto empatico è certamente la sospensione del giudizio.

Se qualcuno dice “ho picchiato mio figlio” o “ho gettato il sacco della spazzatura dal finestrino”, è praticamente impossibile non giudicare negativamente.

Ma la “sospensione” del giudizio significa appunto “sospenderlo”, non farlo sparire. Sospenderlo affinchè possiamo meglio capire cosa, dove, come, perchè avvengono certe cose. Se non lo facessimo avremmo perso larga parte delle informazioni che invece potevano uscire.

Il giudizio è la parte meno interessante dell’ascolto.

(Anonimo)

Ascolto simpatetico

A volte, ci sono delle simpatie così forti che, incontrandosi per la prima volta, sembra di ritrovarsi.

 (Alfred de Musset)

L’ascolto simpatetico ha il fine non solo di ascoltare ma anche di dimostrare affettività e simpatia verso l’altro. È un ascolto non necessariamente migliore di quello empatico, ma solo diverso.

Nell’ascolto simpatetico, la priorità è dare all’altro la sensazione di piacevolezza e vicinanza.

È essenziale far capire che ci interessa quanto sta dicendo, non solo per i dati, ma per la persona che li esprime. Ascoltare in questo caso diventa parte di un gioco che ha una componente seduttiva, quello che ci interessa non è solo una fredda analisi di dati e parole, ma vi è un forte stato di ammirazione o apprezzamento.

Dimostra quindi calore umano, piacere della relazione, gradimento dell’altro, sia con le parole che con il sistema non verbale.

Consideriamo un fattore molto pratico. L’ascolto simpatetico è un ascolto che “avvicina”, e avvicinare relazionalmente la persona che vogliamo ingaggiare può essere un’ottima strategia psicologica per aprire poi varchi verso un ascolto più profondo.

“Noi siamo soliti considerare come buoni ascoltatori solo quelli che condividono le nostre opinioni.”

François de La Rochefoucauld

L’ascolto simpatetico può essere facilmente giudicato come un ascolto “ruffiano”, ma chiediamoci se viviamo in una società avara di complimenti o prodiga di giudizio e accusa quando facciamo qualcosa di male, mentre quando facciamo qualcosa di buono, il silenzio predomina.

Allora, un ascolto simpatetico, quando ci sta, quando c’è l’occasione, non è mai un regalo di poco conto.

Se quando ascoltiamo qualcuno, qualcosa di positivo riverbera in noi, lasciamo che sia, e non vergognamoci a farlo trasparire come apprezzamento.

“Il canto del mare termina sulla riva o nei cuori di chi l’ascolta?”

Khalil Gibran

Concludiamo con una breve riflessione.

Nel corso del libro incontreremo tante tecniche, modalità, strategie, per praticare un ascolto attivo e in profondità. Per entrare nella mente e nei cuori, o per estrarre informazioni, o per lavorare assieme meglio.

Ma qualsiasi sia il nostro intento e il bagablio di tecniche, ve ne è una, che davvero non posso insegnare ma solo suggerire: la volontà di ascolto.

La chiave per un buon ascolto non è la tecnica, è il desiderio.

Fino a quando non vogliamo davvero capire l’altra persona,

non potremo mai ascoltare bene.
(Steve Goodier)

 

  • Anteprima editoriale esclusiva per i lettori del blog, realizzata dall’autore del libro, articolo condivisibile, si prega di citare sempre la fonte.
  • © Daniele Trevisani, Volume “L’ascolto Attivo: Metodi e Strumenti per l’ascolto attivo ed empatico”. Anteprima editoriale, Franco Angeli editore Milano, 2019.
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