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Psicologia Marziale. La preparazione psicologica prima di una gara, negli sport da ring, nelle forme marziali (e …per la vita)

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© articolo Di Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore, Coach, Counselor d’Impresa, Maestro 9° Dan Sistema Daoshi,

Conoscere e gestire l’attivazione psicologica generata da una gara, distinguere l’attivazione positiva da quella negativa, e dirigerla verso i canali giusti. Vale per il ring. Vale per la vita. Valer in ogni campo.

Estratti con modifiche dell’autore, dal libro Il Potenziale Umano

Che si tratti di arti marziali o sport da ring, di azienda o famiglia, prima e durante una situazione cui attribuisci un significato personale forte, tutti vivono stati emotivi alterati. Si tratta di una forma di “attivazione” psicologica, a volte piena di tranelli che dobbiamo conoscere.

L’attivazione può prendere due strade:

  • Attivazione positiva: vivere l’evento nei suoi lati più belli, sentendone soprattutto i lati positivi, il piacere dell’esperienza, il gusto della passione e dell’azione, il fluire delle propri energie vitali.
  • Attivazione negativa: l’evento si carica di ansia, tensione, distrugge le energie mentali, rende la persona incapace di esprimere liberamente se stessa, le sue potenzialità, e annienta di colpo tutta la sua preparazione.

Per tantissimi motivi, i praticanti nelle società occidentali vivono soprattutto nel secondo stato. Nessuno insegna veramente loro cosa fare, al di là del dare consigli derivanti dal buon senso. Un buon punto di partenza è iniziare a esaminare le credenze potenzianti e le credenze depotenzianti che si generano prima di una gara.

Le credenze potenzianti sottostanti l’attivazione positiva sono:

  • non ho bisogno di dimostrare niente a nessuno, che vinca o che perda il mio valore viene dal mio essere, dal mio allenamento, e non dal mio piazzamento
  • chi ha detto che non posso sbagliare? Faccio del mio meglio, ma io posso sbagliare come ogni essere umano
  • non devo far contenti gli altri, ma cercare le emozioni positive che questo evento può darmi
  • si vive una volta sola, e questa giornata è un inno alla vita, da gustare e gioire come tale.

Le credenze de-potenzianti che generano attivazione negativa sono:

  • devo assolutamente dimostrare che valgo
  • non posso permettermi di sbagliare, devo essere teso al massimo
  • gli altri saranno delusi se sbaglio e non posso deluderli
  • da questa giornata dipende tutto.

Vi sono tecniche applicabili per aumentare le energie positive nel pre-gara. Ne citiamo una che tutti possono praticare.

Esercizio di visualizzazione (visual imagery) pre-gara

La tecnica consiste nella visualizzazione positiva: ogni giorno (per circa 20 giorni), per 30 minuti, occorre creare uno “spazio mentale vuoto” nel quale ricercare la condizione migliore. Se ci alleniamo ogni giorno per il corpo, lo stesso dobbiamo fare per la mente.

Occorre distendersi su un divano, o su un letto con doppio cuscino (non spiegherò in dettaglio tutti i motivi di questi accorgimenti, che hanno motivi tecnico-fisiologici complessi).

Occorre inoltre coprirsi e non avere luci forti sugli occhi. L’esercizio di visualizzazione va svolto ad occhi chiusi. Occorre inoltre una musica di sottofondo rilassante (es, musiche Reiki, o altre musiche sinfoniche, orientali, o classiche, niente di “agitato”).

  1. Nella prima fase occorre concentrarsi solo sul respiro, respirare lentamente e profondamente, senza troppo sforzo.
  2. Nella seconda fase (derivante dal Training Autogeno) si avvia la pratica delle ripetizioni mentali: occorre ripetere mentalmente e molto lentamente la frase “il mio corpo è pesante (5 volte), e io sono calmo, tranquillo, sereno. Il mio corpo è pesante, e io sto bene”. Vi sono numerose varianti a queste frasi, ma l’essenziale è che siano frasi positive, sul “sentirsi bene” nel presente e non nel futuro (evitare di dire, ad esempio, “ed io starò bene”, ma dire “e io sto bene”).
  3. Fase di visualizzazione positiva: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi, mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda, mentre si combatte, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come dovremmo essere: felici, rilassati, appagati di quello che stiamo facendo senza nessuna ossessione per il risultato, ma solo sentire il piacere di quello che stiamo vivendo.
  4. Vedersi nel combattimento o in azione, vedere i colpi fluire, vedersi padroni del proprio corpo e della situazione, vedersi al meglio di come possiamo essere. Nelle forme, vedersi muovere esattamente come vorremmo, vedere il proprio corpo che fluisce nel movimento, alternando velocità e rallentamento, pienamente padroni.
  5. Fase di visualizzazione negativa: vedersi mentalmente mentre ci si prepara negli spogliatoi in modo agitato e teso, con movimenti bruschi, osservarsi mentre si viaggia verso la destinazione, mentre ci si riscalda tesi e nervosi, mentre si combatte incapaci di fare quello che sappiamo fare, e vedersi in tutte queste fasi esattamente come non vorremmo essere: tesi, ossessionati per il risultato, agitati. Nel combattimento, vedere i colpi che non partono, vedersi incapaci di parare e schivare, vedersi poco padroni del proprio corpo e della situazione. Nelle forme, vedersi sgraziati, vedersi scivolare o sbagliare.
  6. Ritorno alla visualizzazione positiva: ripetere la fase di visualizzazione positiva.
  7. Fase di meditazione o “raffreddamento”: fermare i pensieri consapevoli, immaginare un luogo della natura che amiamo, lasciare che la mente vaghi, lasciare che i pensieri vadano e vengano, lasciare che i pensieri si susseguano liberamente, sino ad arrivare ad un sentimento di rilassamento (in genere, arriva dopo alcune sessioni).
  8. Fase di ripresa: muovere lentamente mani e piedi, stirarsi ad occhi chiusi, rialzarsi lentamente, stirarsi ancora, riprendere a muoversi lentamente, alzarsi lentamente dopo essersi stirati.

Questa sequenza è la prima che insegno svolgere nei miei corsi di training e coaching agonistico. Ve ne sono molte altre che non possono essere descritte perche prevedono azioni fisiche che pratico sulla persona – compressioni, trazioni, e altre tecniche derivanti dalla psicologia organismica – che non possono essere facilmente descritte ma vanno provate su di sé per essere capite.

Capire e dominare la tensione psicologica pre-gara

Al di la della tecnica che useremo, dobbiamo capire però la radice del problema: la generazione dell’ansia e la sua gestione.

L’ansia, uno dei mali più drammatici della società contemporanea, è stret­tamente correlata allo stress.

L’ansia è – nella nostra visione – il prodotto di un incremento di attivazione mentale (arousal) mixato ad emozioni negative (paura, angoscia, timore, apprensione). La sola attivazione mentale, di per se positiva, acquisisce nell’ansia sfumature negative e innesca un dialogo interiore tutto centrato sugli eventi negativi, producendo un “sequestro emotivo” della persona.

L’ansia può essere uno stato permanente o prodursi in relazione ad alcuni eventi scatenanti o trigger (eventi che l’individuo vede come problematici, es, parlare in pubblico, stare in situazioni pubbliche, o prendere un aereo, una galleria, o in ambiti sociali e nella vita di relazione).

Alcuni autori erroneamente espongono il concetto di “ansia positiva”, intesa come fonte di energie. In realtà è corretto trattare come fenomeno ipoteticamente positivo unicamente l’arousal (aumento dell’attivazione mentale), mentre l’ansia – espressa come un correlato tra attivazione ed emozioni negative – porta con sé numerosi rischi dal punto di vista psicoenergetico.

Si distingue nella letteratura tra:

  • ansia di stato (collegata ed eventi specifici, es., prendere l’ascensore), e
  • ansia di tratto (componente ansiosa più permanente, insita nella personalità dell’individuo, con componenti che possono essere sia di derivazione genetica che apprese durante la vita).

Il training psicoenergetico adeguato consiste in diverse linee di attacco:

  • eliminare l’arousal connesso agli eventi scatenanti o trigger, tramite tecniche di rilassamento, refraiming cognitivo o ristrutturazione cognitiva; eliminare l’ansia situazionale nei contesti precisi in cui si presenta (es., prima di una lezione, prima di un discorso pubblico);
  • associare gli eventi scatenanti o trigger ad emozioni positive, con una ristrutturazione cognitiva profonda, es. trasformare l’ansia da lezione in gioia per l’essere protagonista di una relazione d’aiuto, gioia del dare e dell’aiutare il prossimo a capire o a crescere; questo richiede smontare la componente competitiva insita nella prestazione didattica (io contro loro) e sostituirla con la componente della relazione di aiuto (io per loro);
  • affrontare la componente ansiosa della personalità e quella appresa (ansia di tratto). Questo può richiedere di andare alla ricerca del disagio trans-generazionale (assorbimento di ansia dai genitori e altri referenti importanti nel passato della persona) e degli schemi mentali appresi che la producono e mantengono in vita. Quando sono stati appresi? Da chi? Come rimangono attivi? Quali relazioni personali e culturali la mantengono elevata? Quali abitudini dobbiamo sradicare? Quali inserire? Un lavoro profondo richiede anche la ricerca dei messaggi genitoriali o sociali assimilati che la alimentano (es.: devi riuscire a qualsiasi costo), delle credenze disfunzionali che vivono nella mente dell’individuo, e come virus mentali la danneggiano, dei prototipi cognitivi personali (relazioni tra valori, credenze, atteggiamenti) che la nutrono (es.: devi sempre essere perfetto altrimenti non vali).

Principi del Potenziale Umano, n.4  – Ansia ed energie mentali

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • si innesca nell’individuo attivazione (arousal) associata ad emozioni negative, rispetto a compiti, situazioni, aspetti della vita o dell’esperienza;
  • l’individuo possiede una componente elevata di ansia di tratto (ansia caratteriale) assimilata durante la crescita o alimentata da prototipi di pensiero e credenze disfunzionali,da modelli di pensiero assorbiti dai genitori o dalla società non localizzati e schermati;
  • l’individuo subisce ansia situazionale, e non pratica attività di riduzione localizzata tramite tecniche di rilassamento o altre forme di training;
  • l’individuo non affronta il fenomeno della propria ansia di derivazione trans-generazionale (trasmissione del disagio psichico) in modo sistematico;
  • l’individuo non ricerca ed affronta i propri prototipi cognitivi disfunzionali (sistemi di pensiero) produttori di ansia e gli stili di vita che la alimentano.

Le energie mentali aumentano quando:

  • l’attivazione (arousal) per azioni o eventi viene ripulita dalle componenti emotive negative;
  • l’individuo riesce a localizzare e ridurre l’ansia di stato (ansia legata a task specifici e situazioni specifiche);
  • vengono svolti con successo interventi di riduzione dell’ansia di tratto (elemento ansioso della personalità, ansia caratteriale);
  • vengono localizzati e riconfigurati i prototipi di pensiero che alimentano l’ansia e il disagio psichico, anche di fonte traumatica, transgenerazionale o culturale;
  • vengono praticate attività costanti e programmatiche di riduzione dell’ansia, con un programma specifico seguito professionalmente, volto anche alla rivisitazione dello stile di vita.

Dott. Daniele Trevisani, elaborato dall’autore dal libro Il Potenziale Umano, Franco Angeli editore, Milano

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Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei 8° Dan Sistema DaoShi® Bushido – formatore di atleti e istruttori di Muay Thai, MMA, Kickboxing, Karate  (Kumite), Taekwondo, Full Contact, Sanda, K1, Autodifesa. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile e campione universitario USA alla University of Florida.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali formatori italiani nella formazione risorse umane, formazione formatori, coaching, formazione di manager, di istruttori e trainer.

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Chi è interessato a riprodurre o citare l’articolo deve chiederne autorizzazione scritta all’autore, via email. L’indirizzo di email è visibiile sul sito www.studiotrevisani.it – Non sono ammesse modifiche al testo.

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Un articolo scaricabile e leggibile cliccandoci sopra, dalla Rivista storica delle Arti Marziali in Italia, Samurai, la n. 1 – disponibile nelle edicole di tutta Italia, Samurai mese di Febbraio

Articolo Lo Scopo Profondo Allenamento Marziale e Combat

Un articolo di cultura marziale utile anche per l”azienda, per coltivare la nobiltà d’animo e la crescita personale e non dimenticare mai perchè viviamo, e lo scopo del nostro agire

Articolo dal libro Self Power pubblicato sulla rivista Samurai di settembre 2015 sul concetto di “Soglia di Efficacia Personale”, i 6 tipi di sfida. Estratto con elaborazioni dal libro Self Power. Psicologia della Motivazione e delle Performance

Articolo sulla rivista Samurai di settembre sul concetto di

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Articolo di: dott. Daniele Trevisani, Maestro e Mental Trainer http://www.danieletrevisani.com

Se vogliamo che la Forza vinca, il nostro destino deve essere pilotato dalla nostra mente. Per cui, la pratica per migliorare se stessi e potenziarsi – mente e corpo – deve essere quotidiana.

Allenare la mente significa averla amica, alleata, e non nemica, non un problema in più da gestire.

Allenare la mente richiede atti di volontà. Ad esempio, fare un ultima ripresa al sacco, o un ultimo kata, quando altri si fermerebbero.

Si tratta di avviare un percorso di allenamento alla coltivazione dell’energia fisica e mentale, con tecniche diverse in ogni stadio della vita.

Da bambini, da ragazzi, da adulti, da anziani. Sino all’ultimo secondo – possiamo sempre imparare qualcosa, e ogni apprendimento è energia.

Il corpo è plastico, reagisce agli stimoli positivi potenziandosi (allenamenti, alimentazioni corrette o sbagliate, pensieri positivi o pensieri negativi).

Anche la mente è plastica, si modifica nella struttura neuronale, nelle idee e credenze che vi circolano, in base a come e quanto la nutriamo (dieta comunicazionale) e a quanto pratichiamo training mentale e altre pratiche per tenerla pulita, libera da virus mentali come apatia, ansia, noia, accettazione della sofferenza inutile, per nutrirla di concentrazione, rilassamento, focalizzazione, desiderio e passione di vita.

Se vogliamo che vinca il Buio, basta lasciarsi andare alla tv spazzatura, vivere da pecora nel gregge e ingoiare la pillola “produci, consuma, muori” e non pensarci più. Questa, lo dirò subito, non è la nostra strada.

 

“I will not allow anyone to walk through my mind with their dirty feet”

Non permetterò agli altri (o non permetterò a nessuno) di attraversare la mia mente con i loro piedi sporchi.

Mahatma Gandhi

 

Cominciare a dire “questo si e questo no” è un ottimo inizio per l’autodeterminazione. Iniziare a porsi domande sui messaggi che ci arrivano: “il mio istinto mi dice che questo personaggio è credibile e che posso fidarmi”?

Ancora migliore è filtrare i messaggi in ingresso come se si trattasse di vero e proprio cibo che può essere “nutriente” o “avvelenato”.

Non lasciamo che sia il destino a decidere di cosa ci nutriremo, decidiamolo noi, con forza.

Chiudere i canali del mondo tossico e far entrare in noi aria pulita

I furti più pericolosi sono quelli che ti vogliono togliere l’energia per vivere. I veleni più pericolosi sono quelli che ti impediscono di usare la mente come un diamante limpido, la vogliono inquinare e portare nella melma anziché lasciarla volare alta, libera e luminosa.

Liberarsi dai “ladri di energia” e dai “veleni mentali” è un dovere fondamentale per chi cerca le performance e la liberazione di sè. Che si tratti di persone che non ti vogliono bene, di pensieri distorti che ti vivono dentro, o di interi sistemi culturali, inizia a chiederti cosa ti toglie energie e quando succede. E’ un passo fondamentale verso l’emancipazione. Poi inizia a chiederti dove ne potrai trovare, e non temere. Fai esperimenti di avvicinamento a queste energie. Di continuo.

La Dieta Comunicazionale misura il grado di “nutrimento comunicazionale“, le idee buone e fresche che entrano e ci fanno bene, i programmi che ci aiutano a pensare, un corso, un film o libro o persona… non importa davvero quale sia la fonte. Ciò che conta è il messaggio che entra.

Nella Dieta Comunicazionale misuriamo anche il tasso di “intossicazione comunicazionale“, i messaggi tossici che cercano di addentrarsi in noi, dalle fonte più varie come film, esempi di vita, comportamenti, dialoghi sentiti per strada o al lavoro, cose viste nei comportamenti da genitori e insegnanti, o trovate su libri e letture.

Chi ti dice che ti devi allenare di più a costo di ammalarti ti sta mentendo, chi si occupa del tuo potenziale personale e cerca di fartici avvicinare non ti sta mentendo. Impara a riconoscere le bugie.

Chi vuole disintossicarsi deve assolutamente chiudere i canali di accesso del “mondo tossico” verso la propria mente e aprire canali puliti. Deve porre una barriera assoluta all’ingresso di ulteriore immondizia mentale e darsi tempo di fare pulizia. E deve assumere “antibiotici mentali” e “antivirali mentali”, da ogni fonte pulita possibile, come libri buoni, corsi selezionati, letture, persone positive che aiutino a crescere.

I migliori guerrieri fanno più male con la mente che con il pugno.

Daniele Trevisani

libro per il mental coaching nelle arti marziali e crescita personale

Un libro che piace molto a chi pratica arti marziali e sport di combattimento perchè ne cattura l’essenza riportandola alle azioni e sfide della vita di tutti i giorni, a casa, nelle aziende, nelle relazioni umane. In ogni contesto di vita, le arti marziali hanno tanto da insegnare a tutti.

Molto del lavoro sulle Arti Marziali è frutto di 30+ anni di pratica personale attraverso discipline diverse, come Maestro, e in seguito come Mental Coach di agonisti di tante discipline.

Per chi dirige invece Team Marziali e Agonistici negli Sport di Combattimento, il volume Team Leadership e Comunicazione Operativa parla esattamente di come valorizzare le capacità individuale, creare spirito di squadra, stare attenti alle componenti emotive del team e creare comunicazioni interne di qualità, per arrivare ad un team nel quale le persone ne escano accresciute, migliorate, prima di tutto come persone e non solo come praticanti di arti marziali o sport da ring. copertina_team_leadership_comunicazione_thumb

Ma cosa caratterizza il mondo delle arti marziali, quanto è vasto?

Questo elenco – a seguire – di Arti Marziali e Combat contiene il link ad ogni disciplina, per approfondirne la storia e rende l’idea della grande varietà di questo mondo e delle tante culture che lo compongono. Può non contenere alcune discipline di nicchia o nuove creazioni ancora non codificate in modo ufficiale ma comunque praticate nel mondo.

Altre risorse su:

Arti marziali africane

Camerun

Egitto

Kenya

Madagascar

Senegal

Sudafrica

Sudan

Altre arti marziali africane

Arti marziali asiatiche

Arti marziali cinesi (中國武術)

I centinaia di differenti stili di arti marziali cinesi sono chiamate collettivamente Kung-fu (功夫), Wu-shu (武術), Kuo-shu (國術), o Quan-Fa (拳法) a seconda delle persone o gruppi di esse che le praticano.

Indonesia

Arti marziali indiane

Arti marziali giapponesi (日本武芸)

(vedi anche budo, koryu budo and gendai budo)

Okinawa

Arti marziali coreane (韓國武術)

Mongolia

Borneo

Myanmar

le arti marziali Burmese sono collettivamente chiamate thaing

Cambogia

Laos

Tibet

Malesia

Filippine

Troppe per elencarle qui; controlla la lista degli stili eskrima. La maggior parte delle arti marziali native sono derivati dell’Eskrima. Le altre arti che sono state importate recentemente o anche create o che son qualcosa di diverso sono:

Samoa Orientali

Singapore

Sri Lanka

Taiwan

Thailandia

Arti marziali vietnamite

Uzbekistan

Arti marziali europee

Danimarca

Finlandia

Francia

Germania

Grecia

Gran Bretagna

Irlanda

Islanda

  • Glima o lotta islandese

Italia

  • Kenjitsu Hasakido Shuhari
  • Newfight
  • Scherma tradizionale italiana
  • Pugilatus caestis
  • Kick jitsu
  • Lotta gladiatoria (nell’antichità romana, vedi anche elenco delle categorie di gladiatori romani)
  • Lotta campidanese
  • Luctatio
  • T’Ien Shu
  • Sa strumpa
  • Kombo
  • Scherma col bastone da passeggio italiano o canna italiana
  • arti marziali di bastone italiane
  • Gambetto genovese (forma di lotta)
  • Tecniche italiane di coltello
  • Daoshi Bushido (Holistic MMA as Human Potential Research). A Discipline focusing on the merge of Mental Training and Fighting Skills, developed by Master Daniele Trevisani. It divides into internal techniques (Personal Energy) based on slow movements, and external approaches based on fighting drills from 15 different combat styles. The aim is that of preparing athletes on their full Human Factor Spectrum, or bringing new approaches to the training of Special Forces, Safety and Security, Risk Management, and also in Mental Training for managers, leaders and Team Commanders, in increasing mental skills during difficult operations.
  • Nova Scrimia. In Italy, UK, USA and Mexico, one of the main organization teaching Italian Martial Arts from the documented period that goes from the XV century to the XX century is Nova Scrimia. Nova Scrimia promotes the teaching of the Italian School of Fencing and Swordmanship, starting as described by Master Fiore dei Liberi in his 1410 treatise Flos Duellatorum in Armis et sine Armis, also known as “Fior di Battaglia” (The flower of Battle), and followed by either the rich and uninterrupted literature of Italian fencing, and by the direct teachings and lineage of the Italian fencing Masters of dueling, self defense and sport combat fencing methods and schools (swords, sticks, daggers/knives, unarmed). The curriculum is divided into modern methods and historical schools, both are studied and practiced for contemporary applications and current use in competitive fighting, dueling and defense. The methods include the use of medieval and renaissance swords, one and half hand sword (spada una mano e mezzo), side sword (spada da lato), the rapier (la striscia), the duelling sabre (spada e sciabola da duello o da terreno), venetian and bolognese dagger styles, short range fencing, different staff and stick fighting methods, Venetian Cornoler stick fighting and hand-to-hand combat (based on grappling and striking methods, ancient boxing and wrestling methods and free hand fencing). All these fencing methods are always characterized to be a “scherma accompagnata”, meaning a kind of fencing that always actively uses both hands, with or without a weapon (sword and dagger, two swords, sword and buckler, sword and cape, dagger and cape, two sticks, two daggers, etc.) and in any case it always makes use of the unarmed hand in an active fencing strategy, as if it is a second weapon, a typical characteristic of the Italian school of fencing. All methods, united by the same framework of the art and science of fencing, are practiced for combat and for self defense. Nova Scrimia is a research group that started unofficially in 1990 and was founded officially in 1999 in Italy. The founder group (or brotherhood) was enriched over time by experts, professionals and passionate people with different expertise: academic, scientific or historical background and curricula; people who brought and contributed with different Italian fencing traditions, people with solid different martial art curricula. Nova Scrimia Research Group is a collective and collegial work developed to preserve, protect, promote and actualize the Italian Martial Art tradition. Nova Scrimia Italian Martial Art school is based on: preserving the specific fencing principles (like geometry, anatomy and physics); following the science of fencing evolved in Italy and the efficacy of the Art collected and transmitted by the teaching over centuries of experience in duels and battles; maintaining the specific Italian attitude and culture of the dueling and of the fighting that characterize the Art; and finally adapting, at the same time, to the needs, knowledge, culture and technology of the present time.

Norvegia

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Svezia

Svizzera

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Arti marziali mediorientali

Iran

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Arti marziali sudamericane

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Arti marziali nordamericane

Canada

U.S.A.

Hawaii

Messico

Costa Rica

Cuba

Haiti

Porto Rico

Altre arti marziali

Arti Marziali: Approfondimento Culturale

Con arte marziale si intende un insieme di pratiche fisiche, mentali e spirituali legate al combattimento. Originariamente utilizzate per aumentare le possibilità di vittoria del guerriero in battaglia, oggi sono una forma di percorso di miglioramento individuale e di attività fisica completa oltre che difesa personale.

Il termine è entrato nell’uso comune agli inizi degli anni sessanta quando vennero introdotte in occidente le arti marziali orientali e talvolta viene associata solo a queste ed in particolare alle arti marziali cinesi, giapponesi e coreane. In realtà già dal 1500 i sistemi di combattimento in Europa venivano definiti in questo modo, un manuale inglese di scherma del 1639 in particolare lo utilizzava riferendosi specificatamente alla “scienza e arte” del duello di spade, facendolo derivare dal latino poiché “arte marziale” significa letteralmente “arte di Marte“, il dio romano della guerra.[1]

Oggi, le arti marziali vengono studiate per varie ragioni: ottenere abilità di combattimento, autodifesa, sport, salute fisica e forma di ginnastica, autocontrollo, meditazione, responsabilizzazione sull’uso della forza, acquisire confidenza col proprio corpo, sicurezza nelle proprie capacità e consapevolezza dei propri limiti. A questo scopo in Giappone e in Cina, si pratica il taiso un particolare tipo di allenamento associato alla preparazione atletica di chi pratica arti marziali. Alcune arti marziali sono considerate “tradizionali” e sono legate ad uno sfondo etnico, religioso o culturale, mentre altre sono moderni sistemi sviluppati da un fondatore o da un’associazione.

Varianti e scopi

Esiste una grande varietà di arti marziali sviluppate in luoghi e periodi molto diversi tra loro. In generale, esse condividono un obiettivo comune: sconfiggere fisicamente una persona, o difendersi da un’aggressione fisica. In molte arti marziali, l’apprendimento va al di là dell’abilità di combattimento, includendo l’accrescimento delle capacità fisiche e mentali.

Le arti marziali possono essere suddivise sulla base di vari criteri, fra i quali:

Una caratteristica comune delle arti marziali è la codifica di tecniche di combattimento. Un metodo tradizionale di insegnamento, soprattutto nelle arti marziali dell’Asia orientale, è la “forma” (in cinese: lu 路, in giapponese: kata 型). Questa è una sequenza di tecniche prestabilite da eseguire contro uno o più avversari immaginari; in alcune discipline sono presenti forme in cui due o più praticanti si affrontano.

In generale, nei vari sistemi di combattimento si utilizzano una o più delle seguenti tecniche: tecniche di mano (pugni, mano aperta, gomiti), tecniche di gamba (calci, ginocchia), prese, proiezioni, leve articolari, pressione su punti vitali, armi.

Per focalizzazione tecnica

Disarmato

Le arti marziali a mano nuda possono essere raggruppate in quelle che si focalizzano sull’uso di colpi e quelle lottatorie, oltre che quelle che coprono entrambi i campi (spesso all’interno del contesto delle arti marziali ibride).

Percussioni

Lotta

Armato

Le arti marziali tradizionali che allenano il combattimento armato spesso includono un largo spettro di armi bianche, fra cui spade e armi inastate. Queste tradizioni si ritrovano soprattutto in arti come eskrima, silat, Kalarippayattu, kobudo e scherma tradizionale, specialmente quelle del rinascimento italiano e del rinascimento tedesco. Varie forme di arti marziali cinesi includono armi come parte del loro curriculum.

A volte, allenarsi con un’arma specifica può essere considerato uno stile di arti marziali di suo. Questo accade soprattutto nelle arti marziali giapponesi con discipline come il kenjutsu (spada), il bojutsu (bastone) o il kyudo (arco). Similarmente, le arti marziali occidentali e gli sport da combattimento includono le discipline della scherma moderna e sistemi di combattimento col bastone come la canne de combat o il singlestick, nonché il tiro con l’arco.

Per applicazione o intento

Discipline orientate al combattimento
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Sport da combattimento e Difesa personale.

Nelle arti marziali occidentali, l’obiettivo principale è sempre principalmente la sconfitta di un avversario, soprattutto il suo annientamento per sopravvivere in un contesto di difesa personale o in uno scontro armato in un campo di battaglia, ma anche la semplice dimostrazione di superiorità tramite un duello, all’arma bianca (scherma tradizionale) o a mani nude (“noble art of self defense”[2][3]). Con lo sviluppo delle armi da fuoco e la regolamentazione di leggi sui diritti civili che limitavano o condizionavano certe pratiche, le arte marziali in occidente si sono gradualmente trasformate in particolari sport da combattimento (come la scherma sportiva, la lotta olimpica o il pugilato) oppure sono riemerse con la connotazione dei cosiddetti “metodi” o “sistemi” difesa personale (come Kaisendo, CQB, krav maga, combatives, kepap, hashita, wilding o sambo) per far fronte a esigenze di autodifesa in un contesto urbano o per scontri da strada.

Le arti marziali orientali in genere considerano il confronto fisico giustificabile solo come mezzo di difesa. Molte di loro per contrappeso possono risultare connesse anche con la religione e la spiritualità. Numerosi sistemi sono stati fondati o diffusi o praticati da vari tipi di monaco, per esempio. Per esempio, il gatka è un’arte marziale armata creata dai sikh della regione del Punjab, mentre la casta dei Kshatriya hanno un’altra loro corrispettiva arte marziale chiamata Shastar vidya. Gli stili giapponesi, quando si preoccupano delle qualità non fisiche del combattimento, vengono influenzate fortemente dalla filosofia zen. Concetti come “mente vuota” o “mente del principiante” sono ricorrenti. L’Aikido, per esempio, può avere una forte connotazione filosofica sul flusso dell’energia e sullo scaturire della pace, come idealizzato dal suo fondatore Morihei Ueshiba. Le arti marziali coreane pongono enfasi sullo sviluppo filosofico e spirituale del praticante. Un tema ricorrente in molti stili coreani, come il taekkyeon e il taekwondo, è il valore della “pace interiore” in un praticante, raggiungibile solo tramite la meditazione individuale e l’allenamento.

La disciplina russa del Systema mostra tecniche di respirazione e rilassamento, come elementi del pensiero della chiesa ortodossa russa, per raggiungere la consapevolezza di sé e la calma interiore, oltre che per rendere beneficio al praticante secondo vari livelli: fisico, psicologico e spirituale.[4]

Molte arti marziali, soprattutto asiatiche, includono nel loro insegnamento anche pratiche di medicina tradizionale. Questo è prevalente soprattutto nelle arti marziali indiane tradizionali che possono insegnare varie forme di medicina indiana tradizionale.[5] Le arti marziali tradizionali cinesi insegnano alcuni aspetti della medicina tradizionale cinese come il qigong, l’agopuntura, e l’agopressione.

Alcune arti marziali in varie culture possono essere praticate in una forma simile alla danza per varie ragioni, come per evocare la ferocia in preparazione della battaglia o come dimostrazione di abilità in una maniera stilizzata (quest’ultimo motivo fa sì anche che varie arti marziali si concentrino sull’esecuzione di forme o su coreografie). Alcune discipline incorporano musica, soprattutto percussioni ritmiche.

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Danza di guerra.

Storia e diffusione

La storia delle arti marziali è a doppia faccia, una militare ed una sportiva, a loro volta derivanti dalle esigenze più primordiali degli insediamenti umani e cioè la caccia e la difesa del territorio. Esse definivano rispettivamente il rapporto dell’uomo con l’ambiente e con altri uomini. In entrambi i casi, privo di armi naturali obiettivamente pericolose, l’uomo dovette ricorrere allo sviluppo tecnologico per la sopravvivenza.[6]

La storia delle arti marziali di tutto il mondo è complessa. Molti gruppi di persone hanno avuto bisogno di difendersi in qualche momento e hanno per questo sviluppato tecniche di combattimento. Sebbene queste tecniche di combattimento si siano rivelate col tempo obsolete, soprattutto con l’avvento delle armi da fuoco, le arti marziali sono sopravvissute. Questo è in parte dovuto all’importanza culturale che le arti marziali hanno rivestito in determinate aree, e in parte alle loro funzioni di ginnastica e allenamento fisico e mentale; altri motivi sono l’applicazione sportiva che alcune di queste hanno assunto col tempo, e l’utilizzo che ne viene fatto nell’addestramento militare di alcuni paesi.

Arti marziali in Asia orientale

Praticare arti marziali è ancora un’usanza molto diffusa in Cina
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Arti marziali cinesi, Arti marziali coreane e Arti marziali giapponesi.

La scarsa presenza di fonti storiche riguardanti le arti marziali in Asia non ci permette di stabilire con esattezza la nascita e l’evoluzione di queste arti. Si sa però che la maggior parte di esse deriva per lo più da alcune tecniche di lotta della Cina del nord sviluppatesi durante la dinastia Zhou (XI-III secolo a.C.). Da queste prese forma una serie di tecniche di combattimento che già allora erano considerate un’arte e che durante la dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) venivano chiamate Chi Ch’iao, che significa “abilità e talento”, o Shou Po, ossia “mano che colpisce a pugno”.

Le tecniche di lotta diffuse in Cina entrarono in contatto con i principi filosofici del Buddhismo Chán intorno al VI secolo d.C.; questo incontro si fa tradizionalmente risalire all’arrivo del leggendario monaco Bodhidharma nel tempio di Shaolin, anche se questo avvenimento si confonde con la leggenda. I principi filosofici del buddhismo influenzarono moltissimo le arti marziali in Cina e in Giappone, elevandole da semplici metodi di combattimento ad arti per la ricerca della perfezione fisica e spirituale. Con la successiva diffusione di queste elaborate arti marziali per tutta la Cina, avvenne una gran differenziazione dovuta all’incontro con altre filosofie come il Taoismo e il Confucianesimo e alle condizioni geografiche in cui andarono a svilupparsi. Fu forte l’influenza che queste arti marziali provenienti dalla Cina ebbero sulle nascenti arti marziali nel resto dell’Asia.

L’insegnamento delle arti marziali in Asia ha storicamente seguito il tradizionale principio insegnante-discepolo, comune ad ogni tipo di apprendimento. Gli studenti apprendono attraverso uno stretto sistema gerarchico al cui vertice sta il maestro:

  • Sensei (先生?) in giapponese;
  • 老師S, lǎo shīP, Lao ShihW, letteralmente “vecchio maestro” o 師傅S, Shī fuP, Shih fuW, letteralmente “maestro padre” in cinese;
  • Sah Bum Nim (사범님?) in coreano;
  • Guru (गुरू) in hindi;
  • Kallari Gurukkal in malayalam dell’India meridionale.

In alcune arti marziali influenzate dal confucianesimo, gli studenti più anziani sono considerati come fratelli e sorelle maggiori, quelli più giovani come fratelli e sorelle minori. Tali intime relazioni servono per formare un buon carattere, pazienza e disciplina.

Nella tradizione di alcune arti marziali gli studenti devono ricevere una certificazione da un maestro che gli permette di continuare negli studi; in altri sistemi, specialmente in Cina, lo studente non riceve alcuna certificazione rimanendo semplicemente per anni sotto la continua guida e valutazione di un maestro. Questa pedagogia, che è ancora preservata e rispettata in molti stili tradizionali, si è indebolita a vari gradi in altri ed è stata completamente rifiutata da alcune scuole, soprattutto in occidente.

In occidente l’interesse per le arti marziali dell’Asia orientale è iniziato alla fine del XIX secolo, a causa dell’incremento degli scambi commerciali tra l’America e Cina e Giappone. Le prime dimostrazioni di arti marziali erano fatte da asiatici negli spettacoli vaudeville, e questo le rese, agli occhi degli occidentali, mere esibizioni drammatiche. Con la permanenza in Giappone di molti militari statunitensi dopo la Seconda guerra mondiale, cominciò l’adozione in occidente di alcune tecniche e poi successivamente dell’intero sistema delle arti marziali, e dagli anni sessanta arti giapponesi come il karate e il Jūdō divennero molto popolari. Allo stesso modo, con la guerra in Corea, l’esercito statunitense ebbe la possibilità di scoprire la principale arte coreana, il Taekwondo, e farla conoscere in occidente. Dagli anni settanta il cinema di Hong Kong cominciò ad interessarsi alle arti marziali cinesi (lì fu coniato il termine Kung-fu per queste arti), soprattutto grazie alle grandi capacità dell’attore Bruce Lee, inventore del Jeet Kune Do, sulla base degli insegnamenti del maestro Yip Man nello stile da combattimento Wing Chun, il quale contribuì enormemente alla diffusione del genere dapprima negli USA e successivamente nel resto del mondo. Già dagli anni ottanta i film di kung fu divennero un grande successo anche ad Hollywood.

Anche in altre regioni dell’Asia si sono sviluppate complesse arti marziali che a loro volta si suddividono in svariati stili, che sono molto meno noti in occidente. Tra esse va citata lo sport da combattimento thailandese denominato Muay Thai noto per via di alcune pellicole cinematografiche (come Ong Bak). In Indonesia si trovano un gran numero di arti che vanno sotto il nome di Silat, tra cui il Kateda e il Sindo. In India si trova la complessa arte del Kalarippayattu, in Malesia il Kuantao, in Vietnam i più noti Vovinam Viet Vo Dao e Thuật Cổ Truyền Việt Nam (tra cui Lam Sơn võ đạo, Hóa Quyền Đạo- Phakwondo, Bình Định, Tây Sơn, Hồng Gia Việt Nam, Nhat-Nam, Sa Long Cương). È difficile stabilire le origini di queste arti, che alcuni ritengono siano nate in questi luoghi, ma che hanno molti aspetti in comune con le più antiche arti provenienti dalla Cina, ad eccezione delle arti marziali indiane che sembrano essere ancora più antiche, o delle arti marziali malesi, indonesiane e filippine (Kali, Arnis, Eskrima) che hanno effettivamente una discendenza diversa, soprattutto indiana ed araba pur avendo successivamente assorbito anche dalle arti cinesi con le quali sono venute in contatto.

Arti marziali in Europa

Il pugilato era praticato già nell’Antica Grecia

Il manoscritto MS I.33, datato circa al 1290, mostra scherma con spada e brocchiero.
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Arti marziali europee.

Alcune forme di arti marziali erano già presenti nelle civiltà classiche europee. Nell’antica Grecia lo spirito di combattimento faceva parte dello stile di vita e il pugilato (pygme, pyx), la lotta (pale) e il pancrazio (pankration, da pan che significa “tutto” e kratos che significa “forza”) erano fra le forme di competizione olimpiche più apprezzate. A Roma erano praticate tecniche di pugilato derivanti dal pancrazio e nelle arene si scontravano gladiatori alle volte in combattimenti marziali.

Alcune forme di scherma tradizionale (quelle forme di scherma nate prima delle tre classiche armi da scherma inserite nei giochi olimpici moderni) sono sopravvissute, e molti gruppi stanno lavorando per ricostruire le antiche arti marziali europee. Il processo di ricostruzione avviene attraverso lo studio di dipinti e di rappresentazioni di diagrammi di movimento. Questo è comunque insufficiente a carpire la dinamica di un’arte marziale, e diventano necessari sperimentazioni pratiche. In genere le persone addette alla ricostruzione di un’arte marziale sono esperte anche in un’altra simile che abbia ancora una tradizione viva, dalla quale attingono principi comuni a entrambe.

Molte delle arti marziali praticate in Europa divennero presto obsolete con l’avvento delle armi da fuoco. Alcune come il pugilato, la lotta, la scherma sono sopravvissute divenendo sport. Anche in Italia c’erano diversi tipi di arti marziali, soprattutto quelle legate all’utilizzo di uno o due bastoni, spesso di lunghezze differenti, dato che non era spesso permesso a chi non era nobile di portare la spada. Un esempio sono il bastone genovese, il bastone pugliese o quello siciliano. Quest’ultimo, oggi denominato Liu Bo, era utilizzato prevalentemente dai ceti più poveri per autodifesa, ad esempio contro i briganti durante la dominazione borbonica, ed è ancora praticato. Arti marziali senza armi che sono sopravvissute sino ad oggi includono il pugilato inglese, la lotta olimpica, il savate francese, s’istrumpa sarda. Alcuni sistemi con armi sono sopravvissuti come sport tradizionali e come metodi di autodifesa, e sono ad esempio il Jogo do Pau del Portogallo, e il Juego del Palo delle isole Canarie.

Altre tecniche di arti marziali sono diventate sport a cui noi non diamo più un valore combattivo, tra queste ci sono alcuni esercizi ginnici come il cavallo con maniglie che simula la necessità di un cavaliere di cambiare posizione e di combattere sul dorso di un cavallo. Origini più antiche sono per il getto del peso e il tiro del giavellotto, entrambe armi usate specialmente dai romani, e le tecniche di Scherma moderna nelle sue tre specialità: Fioretto, Spada e Sciabola.

Arti marziali nelle Americhe

I popoli nativi del Nord America avevano i loro addestramenti marziali che cominciavano sin dall’infanzia. Molti nativi americani si consideravano guerrieri e si allenavano con archi, coltelli, lance, asce e mazze da guerra. Queste ultime erano considerate le armi marziali più nobili, con le quali si disputavano i duelli. I guerrieri acquistavano le loro abilità nell’arco e nella mazza per tutta la loro vita. Secondo le testimonianze storiche più recenti, dimostrarono un’impressionante abilità nell’uso delle mazze da guerra, tanto da essere paragonati ai maestri di spada europei.

Se si escludono le arti di combattimento degli indigeni americani, nel Nord America sono state principalmente importate quelle europee in seguito alla colonizzazione (come la boxe, la scherma e la lotta), e più tardi quelle asiatiche che hanno avuto una notevole diffusione e sviluppo nel XX secolo. Fa eccezione il jeet kune do, lo stile di combattimento elaborato dal celebre artista marziale e attore Bruce Lee. Sebbene fosse considerato dal suo stesso inventore un “non stile”, il jeet kune do possiede tecniche e strategie di combattimento proprie. Questo sistema di combattimento si distingue principalmente per il background tecnico essenziale e per essere caratterizzato da movimenti molto fluidi e adattabili. Bruce Lee si ispirò ai principi del pugilato e della scherma ed in piccola misura al wing chun e ad altri stili di combattimento cinesi. Il jeet kune do è principalmente un’arte di combattimento da strada basata sull’attacco e sul contrattacco che mette al primo posto il principio dell’intercettazione.

Nell’America meridionale la più famosa e diffusa arte marziale è la Capoeira, creata dagli immigrati africani in Brasile intorno al XVI secolo. Per evitare di essere puniti dai padroni, gli schiavi neri che praticavano la Capoeira la dissimulavano in una danza. Col tempo questi due aspetti si sono uniti formando un’arte che è a metà tra un ballo acrobatico e una tecnica di combattimento. Un’altra arte marziale di origine brasiliana è il Ju jitsu brasiliano: è lo sviluppo, principalmente ad opera di Carlos ed Hélio Gracie, degli insegnamenti di jiu-jitsu impartiti dal Diplomatico e Maestro Mitsuyo Maeda durante la sua permanenza in Brasile. A metà del secolo scorso ha avuto inizio la diffusione del Vale Tudo.

Arti marziali in Africa

Il Moraingy è un’arte marziale tradizionale del Madagascar che ha avuto origine nella costa occidentale dell’isola durante la dinastia Maroseranana (16751896) del regno dei Sakalava, che con il tempo si è diffusa in tutto il Madagascar e nelle vicine isole Riunione, Comore, Seychelles e Mauritius.[7]

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Questo elenco contiene il link ad ogni disciplina, per approfondirne la storia e rende l’idea della grande varietà di questo mondo e delle tante culture che lo compongono. Può non contenere alcune discipline di nicchia o nuove creazioni ancora non codificate in modo ufficiale ma comunque praticate nel mondo.

Arti marziali africane

Camerun

Egitto

Kenya

Madagascar

Senegal

Sudafrica

Sudan

Altre arti marziali africane

Arti marziali asiatiche

Arti marziali cinesi (中國武術)

I centinaia di differenti stili di arti marziali cinesi sono chiamate collettivamente Kung-fu (功夫), Wu-shu (武術), Kuo-shu (國術), o Quan-Fa (拳法) a seconda delle persone o gruppi di esse che le praticano.

Indonesia

Arti marziali indiane

Arti marziali giapponesi (日本武芸)

(vedi anche budo, koryu budo and gendai budo)

Okinawa

Arti marziali coreane (韓國武術)

Mongolia

Borneo

Myanmar

le arti marziali Burmese sono collettivamente chiamate thaing

Cambogia

Laos

Tibet

Malesia

Filippine

Troppe per elencarle qui; controlla la lista degli stili eskrima. La maggior parte delle arti marziali native sono derivati dell’Eskrima. Le altre arti che sono state importate recentemente o anche create o che son qualcosa di diverso sono:

Samoa Orientali

Singapore

Sri Lanka

Taiwan

Thailandia

Arti marziali vietnamite

 

Uzbekistan

Arti marziali europee

Danimarca

Finlandia

Francia

Germania

Grecia

Gran Bretagna

Irlanda

Islanda

  • Glima o lotta islandese

Italia

Norvegia

Olanda

Portogallo

Polonia

Russia

Scozia

Serbia

Spagna

Svezia

Svizzera

Ungheria

Arti marziali mediorientali

Iran

Israele

Turchia

Arti marziali sudamericane

Argentina

Bolivia

Brasile

Cile

Colombia

Ecuador

Perù

Venezuela

Arti marziali nordamericane

Canada

U.S.A.

Hawaii

Messico

Costa Rica

Cuba

Haiti

Porto Rico

Altre arti marziali

 

Portale Sport: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di sport

Simona%20Galassi%20WBC%20champ galassi02sub galassi_2simona_galassi_21Proponiamo volentieri in questo blog l’esperienza di avvicinamento della Campionessa Mondiale di Boxe Simona Galassi, al mondo del Training Mentale… un avvicinamento in punta di piedi, l’ingresso in un mondo nuovo e poco conosciuto, e probabilmente l’apertura di nuovi orizzonti non solo nello sport…

Il Diario di SIMONA Il Diario di SIMONA

05/02/2013

NUOVE FRONTIERE DELL’ALLENAMENTO: IL TRAINING MENTALE.

A seguito della mia inaspettata e soprattutto pesante sconfitta nella sfida mondiale dell’ottobre scorso è stato necessario   per me sottopormi ad una attenta radiografia (in senso figurato naturalmente !!) che mi guardasse dentro nel profondo per capire cosa mi aveva portato ad essere sul ring così diversa dalla Campionessa che ci saliva poco tempo prima….  certo la lista dei problemi di questa carriera professionistica è molto lunga…le difficoltà economiche, la mancanza di supporti logistici, di datsport_focus_image36ce9dd926e88767c7f795ed938f83e8e certe e di concretezza sono solo alcune tra le motivazioni di usura fisico-mentale che rendono impossibile una programmazione utile e sensata per arrivare al top ad un evento importante come una impresa mondiale…

…però nonostante i continui rinvii e le incertezze della gara, grazie al mio preparatore Davide Carli ero riuscita ad arrivare in uno stato fisico soddisfacente e quindi? cos’è mancato?… è ancora difficile ammetterlo ma ciò che non è salito sul ring quella sera sono state la mia determinazione di sempre, la convinzione e la voglia di soffrire…certo non poco per chi nella vita fa del suo mestiere il pugilato ma purtroppo capita che  per superare momenti difficili si compia l’errore di mentire a se stessi e di andare avanti svuotati delle proprie certezze fingendo di averle come dote naturale ed invece anch’esse sensibili alle carenze di rafforzamento e bisognose di allenamento…

Nel valutare questi aspetti ho parlato con più persone al riguardo e più volte si è accennato all’utilità del training mentale, una nuova frontiera che si sta ampiamente allargando nel mondo sportivo, soprattutto ad alti livelli….       Nella mia testa, profana ed ignorante sull’argomento, mi domandavo di cosa si trattasse e già mi immaginavo a parlare con uno strizzacervelli sul senso della mia vita e del perchè delle mie scelte…beh!! niente di tutto ciò:  l’occasione di incontrare il Dott. Daniele Trevisani e di potermi avvicinare grazie alla sua disponibilità a questo tipo di allenamento mi ha concesso di conoscere un’ interessante strada di potenziamento psicologico su una base applicativa assolutamente pratica:

La lezione si basa infatti su due momenti di allenamento fondamentali e distinte: una parte di allenamento dinamico, in piedi ed in movimento, al sacco,a coppie o in gruppo dove si affrontano ed applicano le tematiche sulla percezione sensoriale, i tempi di reazione, gli atteggiamenti mentali nelle diverse fasi del combattimento e le reazioni, istintive o controllate alle stesse…insomma un modo di rendere cosciente e migliorabile ciò che si  vorrebbe o dovrebbe fare nella strategia del match…

la seconda parte, a terra, è invece dedicata alla meditazione ed alla stimolazione mentale vera e propria cercando di migliorare l’atleta nella capacità di rilassamento , di visualizzazione e controllo mentale…..sono entrata in questa disciplina in punta di piedi, con tantà curiosità ed un pizzico di circospezione ma in poche lezioni ho potuto apprezzare spunti di lavoro interessanti consapevole che l’ allenamento non interessa solo il fisico e che per emergere le doti mentali siano fondamentali anche nello sport….quindi che dire…buon allenamento a tutti!!!

fonte: http://www.simonagalassi.it/diario-simona.php#!prettyPhotoDiario[diarioSimo]/0/

Come autore e coach mi occupo da oltre 25 di formazione di atleti sia nella pallavolo, nell’atletica giovanile e nelle arti marziali. Ed è soprattutto in questo settore, dopo aver formato 4 campioni Italiani, 1 campione intercontinentale e 4 campioni mondiali di Kickboxing, che riconosco quando la mente possa fare la differenza (per info sui temi di psicologia marziale, ved inoltre il blog Daoshi Human Potential – in particolare la sezione sul Potenziale Umano).

Posso quindi affermare che il lavoro di Simone rappresenta qualcosa di nuovo, in termini di integrazione olistica e di saperi direzionati verso la comprensione della materia.

Un ottimo volume che si occupa come definisce l’autore Matteo Simone, di sport e non solo. Citando alcune frasi della’autore:

  • “integrazione di aspetti della Psicologia dello Sport con tecniche della Psicoterapia della Gestalt, il protocollo EMDR adattato alle prestazioni eccellenti e l’Ipnosi Ericksoniana”
  • “un lavoro di definizione degli obiettivi sfidanti, chiari, raggiungibili dal quale partire per individuare le risorse, qualità, caratteristiche occorrenti da acquisire o potenziare per raggiungere tali obiettivi”

  Clic qui per acquistare il volume “Psicologia dello Sport e non solo” su IBS

Alcuni temi che troverete nel volume, estratti dall’indice:
Capitolo I
Approccio, metodiche e tecniche
1.1. Colloqui con l’atleta – 1.2. Incontro con l’altro – 1.3. Respirazione e visualizzazione – 1.4. Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)

Capitolo II
Aree e aspetti di intervento
2.1. Autoefficacia e prestazione sportiva – 2.1.1. Come rafforzare le convinzioni di autoefficacia di riuscita – 2.2. Gestire l’ansia nello Sport – 2.3. Goal setting: definizione con l’atleta degli obiettivi – 2.4. Stato di grazia (flow) – 2.5. Autoconsapevolezza – 2.6. Le abilità sportive del disabile – 2.7. Promozione della salute e benessere fisico negli ambienti di lavoro

Capitolo III
La maratona
3.1. Perché uno corre? – 3.2. Come affrontare il periodo di preparazione atletica – 3.3. Preparazione mentale alla maratona – 3.4. Visualizzazioni e metafore per affrontare al meglio una maratona – 3.5. Ultramaratoneti videointervistati dallo psicologo

Capitolo IV
Doping
4.1. Definizioni, controlli e legislazione – 4.2. Steroidi anabolizzanti: motivazioni e giustificazioni riferite – 4.3. Motivazione estetica all’uso di sostanze dopanti
8 Psicologia dello sport e non solo

Capitolo V
Salute transculturale
5.1. La percezione di altre realtà – 5.2. L’esperienza che riesce a elevare la consapevolezza

Capitolo VI
Psicoterapia della Gestalt
6.1. La relazione cliente–psicoterapeuta della Gestalt – 6.2. Psicoterapia creativa

Capitolo VII
Introduzione all’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)

Capitolo VIII
Psicologia dell’emergenza
8.1. Cosa fa lo psicologo nelle emergenze? – 8.2. Tecniche per fronteggiare il trattamento del trauma – 8.3. L’intervento psicologico in Abruzzo
125 Bibliografia

FACCIAMO UNA BUONA AZIONE! NON CI COSTA NIENTE E POSSIAMO FARE DEL BENE. Allora… FACCIAMOLO!
…che lo sport faccia bene ai bambini (lo dice anche il buon senso) lo si sapeva. Questa ricerca lo dimostra scientificamente. Soprattutto gli effetti su:

  • – rendimento scolastico e propensione allo studio
  • – ossigenazione del cervello
  • – riduzione dello stress
  • – attivazione di nuovi neuroni (azione positiva per la crescita dell’intero Sistema Nervoso Centrale = migliore capacità di concentrazione, fluidità del pensiero, intelligenza corporea, sociale ed emotiva)

Il documento di sintesi nel quale troviamo questi dati è il seguente (immagine formato jpg, è sufficiente cliccarvi sopra per chi desidera stamparlo e divulgarlo):
bambini e sport - arti marziali per bambini
I bambini di oggi sono chiusi nelle loro camere o nelle scuole, attaccati alla tv e alle playstation, ipo-cinetici, stressati.
Alcune discipline tipiche (calcio, nuoto, volley etc), appena vedono qualcuno che spicca, finiscono nel vederli solo come moneta da rivendere appena cresciuti, e non si curano di loro veramente, scartando e mettendo da parte chi non regge il ritmo. E alla fine bruciano il bambino anzichè farlo crescere.
Credo personalmente, e la scienza oggi lo dimostra, che discipline marziali (anche combat con supervisione di pedagogisti) possano dare loro davvero qualcosa di più per crescere sani. Non solo nel corpo ma anche nella mente.
Le discipline marziali sono in grado di generare doti di coordinamento psicomotorio di altissimo livello. Lavorano inoltre sui valori, sulla comprensione di sè e degli altri, sulla relazione, sul rispetto. Questo le rende speciali.
Qualsiasi disciplina, senza distinzione, va bene, purchè condotta da Maestri e Istruttori responsabili che vogliano veramente coltivare il Potenziale Umano dei bambini e non solo forgiare campioni e scartare gli altri.
Se noi esistiamo c’è un motivo. E se questo si realizza nell’aiutare gli altri, e prima di tutto i bambini, abbiamo trovato una delle cause più nobili per cui lottare. Si dimostra di essere dei Fighter soprattutto lottando per delle cause giuste.
Direi che sarebbe bene appendere il volantino in ogni palestra italiana. Cosa ne dite?
Un saluto
dott Daniele Trevisani,
Nota sull’autore. Daniele Trevisani è Master of Arts University of Florida, Esperto in Potenziale Umano e Coaching, Direttore dell’omonimo Studio di Formazione Human Potential & Communication Research. E’ autore del volume Il Potenziale Umano, edito da Franco Angeli. In campo sportivo è diplomato FIF, Sensei 8° Dan Sistema Daoshi, Coach esperto in Bioenergetica e Training Mentale per agonisti internazionali in arti marziali e combat. Sui temi della formazione, del coaching e del potenziale umano è inoltre consulente e formatore di organismi internazionali quali NATO e ONU.
ps… mi sembra doveroso citare questo documento, affinchè tutti lo possano divulgare

  • Fonte: UNESCO, Service des Loisirs, Geneve, 1992.Diritti dei Bambini nello sport
    1 Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino
    2 Diritto di fare lo sport
    3 Diritto di beneficiare di un ambiente sano
    4 Diritto di essere trattato con dignità
    5 Diritto di essere allenato e circondato da persone qualificate
    6 Diritto di segire allenamenti adeguati ai propri ritmi
    7 Diritto di misurarsi con giovani che abbiano la stessa probabilità di successo
    8 Diritto di partecipare a gare adeguate
    9 Diritto di praticare il suo sport nella massima sicurezza
    10 Diritto di avere tempi di riposo
    11 Diritto di non essere un campione