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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

La preparazione efficace per le vendite strategiche e le trattative complesse

Spiegare in poche righe in cosa consista il Get-Ready Mind Set non è facile, ma a tal fine userò una metafora: è il lavoro di preparazione che compie un pugile, un Karateka, o un Kickboxer, quando devono affrontare un incontro importante. 

Comprende lo studio del suo curriculum e della sua storia, del modo in cui si muove. La ricerca dei suoi punti di debolezza e di forza. 

Dopo avere analizzato l’”altro”, è il momento di analizzare se stessi: in cosa sono forte, dove ho margini per migliorarmi? Dove è bene potenziarsi e dove è inutile? Quale potenziamento specifico mi conviene affrontare per quell’incontro? E come traduco tutto questo in un piano di allenamento?

Si procede poi con la costruzione delle strategie di combattimento e delle tecniche specifiche da utilizzare. Si costruisce una tabella di marcia, si testa sul ring il grado di progresso e lo stato di preparazione con degli sparring partner

training

Ci si allena sia nelle capacità fondamentali (forza, resistenza, velocità) che nelle tecniche specifiche. Nessun dettaglio viene trascurato.

È un lavoro che combina strategia al duro allenamento quotidiano in palestra fatto di sudore e fatica, per automatizzare le tecniche da usare nell’incontro. E, nelle migliori scuole, non viene trascurato il Training Mentale, dell’atleta, le tecniche di concentrazione e rilassamento, la capacità di focalizzazione, la ricerca dello stato mentale più proficuo, che tenga lontani i “rumori mentali di fondo” permettendo all’atleta di esprimersi al meglio.

In ogni incontro è importante saper tener fuori dall’arena i rumori mentali di fondo, i retropensieri che rischiano di depotenziarci, di farci perdere lucidità tattica e consapevolezza situazionale (Mental Noise Theory).

In azienda così come nello sport, per potenziarsi, per essere all’altezza della sfida, per poterla affrontare, non ci si affida al destino, o alla speranza di essere fortunati, ma alla preparazione.

preparazione

Vendite e negoziazioni in ambienti complessi richiedono capacità specifiche e addestrabili, in particolare: (1) di analisi strategica e (2) di psicologia della comunicazione. Ossia competenze di alto livello. Niente che si possa stereotipare o imparare a memoria. 

Così come il combattente si prepara nella palestra, il negoziatore può prepararsi tramite role-playing e simulazioni. Così come il combattente analizza il proprio avversario, ne mappa i punti di forza e debolezza, altrettanto possono fare le aziende che vogliono arrivare pronte negli incontri strategici.

La preparazione efficace per le vendite strategiche e le trattative complesse abbraccia alcuni fronti di fondamentale importanza:

  1. La volontà interiore di adottare un approccio consulenziale, con tutto ciò che ne deriva: comportamenti consulenziali, una mente da analista ancora prima che da venditore o negoziatore, e una formazione psicologica e comunicazionale forte, che dia supporto al proprio metodo e all’azione;
  2. la conoscenza di sé e dei propri punti di forza e debolezza, unita alla piena consapevolezza del mix dei valori (value mix) che la propria persona e la propria impresa/organizzazione possono generare per un cliente o per qualsiasi Stakeholder (portatore di interessi) con cui trattiamo;
  3. la conoscenza dell’altro: le sue vulnerabilità, i suoi meccanismi decisionali, equilibri e squilibri, le dissonanze, i problemi che vive i quali possono generare uno stato di bisogno o di necessità, le pulsioni e tensioni in grado di innescare moventi d’acquisto e portarci alla conclusione (chiusura positiva) di una trattativa;
  4. gli spazi, opzioni e modalità di relazione che sono in grado causare successo, le trappole che invece possono generare un fallimento, le insidie, le linee di azione e il senso del “viaggio” da intraprendere per arrivare alla meta costruendo il cammino, passo dopo passo.

Muoversi entro il quadro mentale dell’interlocutore

L’approccio mentale del comunicatore professionale e del negoziatore è completamente centrato sugli obiettivi da raggiungere valutando il quadro mentale degli interlocutori

Nessuno può comunicare nel vuoto, parlando ad un muro. I comunicatori, venditori e negoziatori professionali parlano “con” qualcuno, devono trattare o negoziare “con” qualcuno. Devono capire come la controparte ragiona.

Come sostiene un esperto nel coaching di vendita Senior, Antonio Greci:

1.     Lo Strategic Selling è un modo di essere.

2.     Lo Strategic Selling non è una procedura. 

3.     I professionisti dello Strategic Selling si riconoscono dal fatto che ascoltano in profondità.

4.     Il talento principale di chi pratica Strategic Selling è essere naturalmente empatici[1].

La presenza degli “altri” ci obbliga quindi a diventare analisti, a capire – giusto per citare quale variabile tra le tante – (1) se stiamo trattando con una persona o azienda che ha una forte propensione alla pianificazione (Propensity to Plan) o che pianifica poco; (2) se il nostro interlocutore cerca un rimedio rapido e immediato, mosso da urgenze, o non ha fretta; (3) se trattiamo con persone materialiste o grette o invece dal forte spessore umano; (4) se stiamo lavorando con qualcuno che cerca un puro vantaggio personale o invece un vantaggio per la propria azienda di appartenenza, o un mix di entrambi, quali sono i benefici che la nostra controparte cerca per sé e quali per l’azienda. 

È altrettanto essenziale capire (5) se esistono gli spazi per vendere un singolo prodotto o se – al contrario – riusciremo a creare le condizioni per diventare fornitore continuativo e di fiducia, un partner pluriennale, di un cliente con cui costruire progetti di lungo termine[2].

Alcuni clienti agiscono istintivamente, persino irrazionalmente, altri ragionano con logica fredda e numerica. 

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Su nessuna di queste variabili possiamo dare per scontata la psicologia dell’acquirente. Ogni acquirente ha un profilo psicologico da inquadrare.

Possiamo infatti avere a che fare con persone orientate a pianificare il meno possibile, la cui prospettiva temporale si esaurisce nella giornata di domani (se va bene, per non dire di oggi stesso), o persone orientate al lungo periodo, che costruiscono non solo per sé ma anche per chi li seguirà nella vita e in azienda. 

Le prime non si pongono il problema di quali saranno le conseguenze a lungo termine delle loro scelte. Le seconde si. 

Secondo la Grande Legge degli Indiani Irochesi, ogni decisione doveva essere valutata in base agli effetti che essa avrebbe avuto sino alla settima generazione futura: gli effetti quindi sui loro bambini, e sui figli dei figli, sulle vite altrui, con il risultato di produrre una grande saggezza. 

Tuttavia, non possiamo pensare di trattare solo con persone sagge, o solo razionali, o solo emotive. 

La negoziazione prevede l’incontro con la varietà umana

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Dobbiamo entrare nell’assetto mentale adeguato a trattare con qualsiasi tipo di mentalità, incontrare qualsiasi tipo di atteggiamento, di cultura, e di valori. In caso contrario, saremmo abili solo con un certo tipo di cliente e handicappati verso altri. Possiamo pensare ad un concetto di “stretching comunicazionale” che ci metta in grado di essere efficaci con diversi tipi di cliente. In questo sta la flessibilità dei comunicatori e negoziatori professionali.


[1] Greci, Antonio (2010), Educazione alla vendita: fondamenti di Vendita Consulenziale e Strategica, materiale didattico riservato, Associazione Culturale Medialab Research per lo sviluppo della Ricerca sulla Comunicazione e Potenziale Umano (www.medialab-research.com). 

[2] Vedi in materia l’articolo di Lynch Jr. John G., Richard G. Netemeyer, Stephen A. Spiller, Alessandra Zammit (2010), A Generalizable Scale of Propensity to Plan: The Long and the Short of Planning for Time and for Money, in Journal of Consumer Research, Vol. 37, June 2010


Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

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©  Tratto dal libro “Il Coraggio delle Emozioni” di Daniele Trevisani

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Incominciai anche a capire che i dolori, le delusioni

e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti

e toglierci valore e dignità, ma per maturarci.

(Hermann Hesse, Peter Camenzind)

 

I critical incidents, o casi critici, sono episodi degni di esame, i punti della vita nei quali abbiamo incontrato il dolore, un corso di eventi non previsto, non voluto, che ci ha lasciato spiazzati, o trovato impreparati: una perdita mentre pensavamo di vincere, un litigio, un’incomprensione, un conflitto, un evento negativo o anche un evento positivo inatteso, uno stato dell’umore disgraziato.

In altri casi i critical incidents come incidenti o eventi clamorosi non si manifestano, lasciando posto ad un’emozione sorda che si associa ad un periodo della vita o ad alcune giornate in cui sentiamo solo un umore disturbato ma non perché.

I critical incidents possono essere eventi drammatici o invece di piccola portata, ma comunque significativi, come lo svegliarsi male e non capire cosa lo provoca. O un incubo notturno che ci ha tediato e che non riusciamo a spiegarci.

Non chiederti che esatti comportamenti hai sbagliato, ma che linea di azione hai tenuto! Quali atteggiamenti sono nati? Perchè quelli e non altri?

Può trattarsi di un accadimento che ci ha riguardato e non riusciamo ad interpretare, non riusciamo a capire cosa sia successo. Possono essere casi di vita come la perdita di un lavoro, o una trattativa andata male, una gara persa, un litigio, una relazione che non va, o anche solo la difficoltà a raggiungere i propri obiettivi quotidiani.

Può anche trattarsi di una malattia fisica o sofferenza psicologica. In ogni caso, la vita ci presenta continuamente sfide che non riusciamo a vincere, o cadute, e alcune di queste fanno male. L’essenziale è che il critical incident sia isolabile e localizzabile, trasformato in un episodio specifico da esaminare, e in qualche misura narrabile.

Dal momento in cui comunichiamo ad un Coach o Counselor competenti un Critical Incident, si apre la porta della sua comprensione.

Esiste una forte analogia tra il piano fisico e il piano mentale.

I trigger points riguardano, in fisiologia, i punti dolorosi al tatto, come in una contrattura muscolare. I trigger points segnalano quasi sempre un problema sottostante latente, un’infiammazione, una contrattura, un trauma ancora attivo, un malfunzionamento di un organo, di un muscolo, di una articolazione.

Rimangono in genere silenziosamente dolorosi, nello sfondo, finché una attività di “palpazione”o diagnosi non li fa emergere, come quando si cerca di localizzare dove fa male e improvvisamente si scopre il punto doloroso.

Vogliamo utilizzare qui questo concetto anche in chiave psicologica e di crescita personale e organizzativa, come immagine interessante in una psicologia del Coaching, per indicare gli argomenti che trovano in noi o nei clienti nervi scoperti, i punti dolorosi del piano esistenziale che quando incontrati ci fanno soffrire, o provocano reazioni.

Nell’organizzazione, sono i punti e argomenti che “fanno male” perché si connettono a disagi sottostanti, a “buchi neri” del Fattore Umano.

Esaminare i critical incidents (casi critici) e i trigger points (zone di dolore) è utile per prendere coscienza dello stato esistenziale attuale e suoi possibili miglioramenti. E soprattutto, per non mentire a se stessi su quali siano i nostri veri bisogni di auto-miglioramento, quali sono le “verità” di noi stessi che ci sono spesso taciute, spesso ignote, e quasi sempre ben lontane dall’essere comprese fino in fondo.

 

La minima deviazione iniziale dalla verità si moltiplica col tempo di migliaia di volte. (Aristotele)

 

©  Tratto dal libro “Il Coraggio delle Emozioni” di Daniele Trevisani