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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Psicologia di marketing e comunicazione. Pulsioni d’acquisto, leve persuasive, nuove strategie di comunicazione e management”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore

Pulsioni d’acquisto: ragioni di un’analisi

Perché le persone acquistano? Sotto l’influsso di quali forze avvengono le scelte di mercato? E soprattutto, perché affrontare questo tema è così cruciale per la competitività delle aziende?

La vita di ogni persona e di ogni azienda è costellata da momenti d’acquisto. Nonostante questo dato incontrovertibile, la psicologia del consumo costituisce uno dei fenomeni meno studiati e meno tradotti in azienda, in buona parte a causa dell’impostazione classica che vedeva nel consumatore un soggetto razionale, che agisce secondo criteri logici. Capovolgendo quest’impostazione, rivolgeremo la nostra attenzione soprattutto alle dinamiche psicologiche, ai moventi nascosti, al “dark side” del consumo.

Per raggiungere gli obiettivi previsti, riteniamo necessario fornire una prima griglia di impostazione del lavoro, che divide i comportamenti di acquisto in base a motivazioni consce, subconscie ed inconsce. 

I tre livelli della motivazione d’acquisto :

  • Inconscio
  • Subconscio
  • Conscio

Una seconda considerazione ci spinge a rivolgere la nostra attenzione all’area della psicologia dei bisogni. L’atto di acquisto si lega innegabilmente a qualche forma di problema esistente nell’individuo (es: risolvere un dolore fisico tramite una medicina), o di aspirazione da raggiungere (es: in un’azienda, l’acquisto di un macchinario per aumentare la produttività), sia che si tratti di un bene povero che di un genere di lusso. Questi problemi o moventi sono il nesso che collega il prodotto alla scelta di acquisto.

Il comportamento degli individui, orientato a diminuire i problemi che li circondano, determina, in un certo momento del tempo, la nascita di una pulsione, un impulso d’acquisto, uno stimolo alla risoluzione dello stato di tensione[1]. Una strategia aziendale che non tenga in seria considerazione quali impulsi d’acquisto inserire nelle proprie offerte, non ha alcuna prospettiva di successo.

Conscio, subconscio ed inconscio

A volte risulta difficile spiegare il comportamento delle persone nella sfera del consumo e del rapporto con i prodotti. Ci animiamo per questioni apparentemente futili (quale film vedere…), ma ci abituiamo a fatti che non dovrebbero lasciarci dormire (es: la produzione di mine antibambino). Un impiegato dedica una vita a far raccolte di tappi di bottiglia, un bambino non va a scuola senza quello specifico zainetto, ecc… ecc…. I casi umani sono tanti. Ogni persona ha le proprie ansie, paure, speranze, illusioni, e queste si trasferiscono anche nel comportamento di acquisto (e di riflesso, sulle strategie di vendita).

Se dovessimo catalogare in “consapevoli vs. inconsapevoli”, “razionali vs. irrazionali”, “realmente utili vs. futili”, gli acquisti e i comportamenti del consumatore medio, saremmo costretti ad attribuirne buona parte al secondo tipo: illogico, irrazionale, difficile da spiegare.

Quando si entra nella sfera dei gusti e delle preferenze, esprimere consciamente perché odiamo un certo tipo di scarpe, un vestito di un certo colore, un’azienda tedesca piuttosto che italiana, vede spesso goffi tentativi di ricerca di spiegazioni. Quando queste vengono attuate, si dimostrano spesso vere e proprie “azioni di copertura”. In queste azioni, l’individuo si sforza di riportare una coltre di apparente razionalità in scelte altrimenti difficile da spiegare anche a se stessi. 

Il grado di consapevolezza delle proprie pulsioni, dei moventi d’acquisto, infatti decresce nel passaggio da conscio a subconscio ed inconscio.

Possiamo o meno essere d’accordo con le analisi freudiane, certo, tuttavia, risulta strano spiegare ricorrendo alla logica perché le persone non utilizzino più i cavalli come mezzo di spostamento a corto raggio, perché molte donne amino il giardinaggio, perché esistano gli sport violenti, perché i bambini siano attratti da attività quali lo smontare e il rimontare o l’arrampicarsi sugli alberi, perché esistano i rossetti, perché alcuni odino i computer, perché esistano le pellicce, perché.., perché…. infiniti perché ai quali non è possibile rispondere dando soluzioni meccaniche e razionali. 

Se analizziamo le trascrizioni scientifiche dei moventi d’acquisto – espresse dagli stessi consumatori – notiamo che in molti atti non appare niente di quanto previsto dall’economia classica. Il concetto di utilità razionale del prodotto a volte sparisce e l’acquisto diventa un fenomeno psicologico che risponde ad altre esigenze, ad esempio un “riempitivo psicologico”, una tecnica di “riparazione di stati emotivi negativi”, o un modo di affermarsi.

Man mano che procediamo nell’analisi dei moventi, notiamo che le motivazioni divengono sempre meno “superficiali” e razionali, ed emergono fattori nuovi. Le motivazioni di primo livello (il motivo apparente d’acquisto) sono progressivamente sostituite da concetti più complessi e la coltre di razionalità sparisce.

Continuando a scendere nel grado di introspezione, si nota che le motivazioni apparenti (del tipo, “l’ho comprato perché ne avevo bisogno”, o “mi piaceva, e basta”), non tengono. Il livello di profondità nella discesa verso il mondo nascosto a se stessi, l’area delle pulsioni profonde, può decifrare i significati simbolici ed il rapporto emotivo che si genera tra prodotto ed immagine di sè. Da queste analisi emerge spesso che il prodotto diviene strumento di proiezione d’immagine, o mezzo per raggiungere obiettivi strategici (seduzione, potere), e ciò avviene anche inconsapevolmente.

L’inconsapevolezza dei propri moventi non deve meravigliare. Vediamo una constatazione sulla natura umana, svolta in base al pensiero di Freud:

Per Freud la psiche è per la maggior parte inconscia. Essa assomiglia ad un iceberg, i nove decimi della quale sono nascosti o inconsci, e solo un decimo è in superficie o consapevole. Per questo i 9/10 dei nostri atti sono dettati da motivazioni inconsce. La parte consapevole, poi, si divide tra Io o Ego (la coscienza propriamente detta) e Super-io o Super-ego, che raccoglie i referenti morali e educativi. L’Io o Ego media tra motivazioni inconsce e motivazioni morali.

La psicoanalisi è pertanto un processo di autoconoscenza, perché aiuta a svelare l’inconscio, e a capire quali sono le motivazioni autentiche dell’individuo rispetto a quelle imposte dai modelli morali o educativi[2].

Il fatto che i moventi dei consumatori non siano sempre ben chiari, o le scelte delle aziende appaiano a volte controintuitive, deve portarci ad una prima riflessione generale: i consumatori e clienti sono macchine biologiche e sociali il cui funzionamento è lungi dall’essere compreso a pieno. Queste macchine a volte hanno dei comportamenti strani, ma le aziende, con questi comportamenti, devono fare i conti tutti i giorni.

A volte i desideri e le scelte di acquisto delle persone sono prevedibili, a volte non lo sono affatto. Se il campo del consumo fosse dominato dalle leggi della razionalità, vivremmo in un mondo diverso.

Le persone, sia come consumatori singoli che come decisori aziendali (buyer[3]), esprimono nei propri comportamenti tutta la natura umana, in cui subentra, spesso, un versante di irrazionalità e di scelte poco spiegabili.

Forniamo, in via iniziale, una prima tipologia di moventi d’acquisto:

  • pulsioni conscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da valutazioni razionali, consapevoli e quasi-scientifiche della convenienza di acquisto in relazione ad un’analisi accurata dei propri bisogni (personali o aziendali); 
  • pulsioni subconscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da associazioni inconsapevoli o solo parzialmente consapevoli tra l’atto d’acquisto e l’eliminazione di problemi reali o potenziali. Le pulsioni subconscie sono prevalentemente di natura culturale e ontogenetica (influssi che il soggetto ha subito durante la sua crescita e sviluppo, partendo dalla nascita);
  • pulsioni inconscie: gli impulsi d’acquisto governati da dinamiche non percepite dal soggetto, soprattutto provenienti dalle pulsioni ancestrali, istintuali, genetiche, recondite, le quali agiscono sull’individuo senza che egli stesso ne sia consapevole. Tali impulsi sono prevalentemente dovuti ad aspetti psicobiologici, associati a pulsioni derivanti dalla filogenesi dell’individuo (influssi che derivano dalla storia della specie e dalla sua biologia).

Un esempio di pulsione conscia è dato dalla percezione della necessità di possedere un ombrello se piove molto, o dotarsi di un mezzo di trasporto per raggiungere il lavoro, scegliendo accuratamente tra le diverse alternative esistenti (auto, treno, autobus, bicicletta, ecc..) e valutandone pro e contro razionalmente.

Un esempio di pulsione subconscia avviene durante la scelta di un capo di abbigliamento da parte di un impiegato di banca, nella quale egli a priori – inconsapevolmente – esclude dal campo delle proprie scelte soluzioni tipo babbucce orientali, tuniche africane o perizomi indiani, includendo invece mocassini o abiti “giacca e cravatta” o tuttalpiù maglioni e polo. Il fatto che la scelta avvenga all’interno di un “set mentale” di prodotti occidentali non è  completamente consapevole, e risponde ad esigenze di conformità spesso latenti e subconscie. Per quale motivo plausibile, razionale, un impiegato di banca non dovrebbe recarsi al lavoro in perizoma d’estate quando fa molto caldo? Proviamo ad anticipare le reazioni (dei colleghi, dei clienti) a questo comportamento, e lo capiremo immediatamente. Una pulsione subconscia alla conformità culturale è presente in moltissimi acquisti, senza che i consumatori se ne rendano conto.

Un esempio di pulsione inconscia è dato dal movente per cui un ragazzo maturo, non sposato o fidanzato, decide di recarsi in una palestra. In questa scelta può esistere un desiderio sottostante di aumentare la propria attrattività riproduttiva, ed acquistare maggiori chance di trasmettere i propri geni. Questo movente fisiologico e genetico, di origine animale, può avvenire al di fuori della consapevolezza della persona stessa.

Analisi dei moventi d’acquisto

  • Conscio : Razionale – Basato sull’algebra mentale (calcoli matematici di opportunità, comparazioni e valutazioni razionali) – Chiari modelli di valutazione, ogni variabile influente è nota – La persona sa esattamente cosa sta facendo, perché agisce così – Nessuna dimensione nascosta
  • Subcoscio : Subisce pressioni culturali, apprese durante la crescita ed interazione con gli input familiari, scolastici-educativi, amici, mass media, società – Agiscono ad un livello più profondo –  Le persone non sono sempre consapevoli delle forze culturali che agiscono su di loro –  Dimensioni nascoste, come l’appropriatezza culturale, la religione, la pressione dei gruppi, agiscono sulle scelte dell’individuo ad un livello  debolmente consapevole, poco razionalizzato
  • Incoscio : Forze genetiche agenti sull’individuo partono dai livelli più profondi della psiche –   Possiedono elementi comportamentali comuni al regno animale – Includono pulsioni sessuali, comportamenti di difesa-attacco, possesso, paura – Il comportamento di consumo, le scelte e le valutazioni dei prodotti, vengono influenzate inconsciamente – Dimensioni molto nascoste all’individuo stesso – Prevalentemente inconsapevoli

Mentre le motivazioni conscie si collegano ad acquisti apparentemente logici, l’analisi delle motivazioni subconscie ed inconscie si riferisce alle pulsioni che difficilmente sono spiegabili ricorrendo a modelli razionali. 

Lo spostamento dell’attenzione verso l’area del subconscio ed ancor più verso l’area dell’inconscio disturba la sensibilità di molti. Alcuni si oppongono all’intrusione soprattutto per questioni di interesse. Economisti e ricercatori possono infatti vedere il quadro complicarsi, le formule saltare, e sostanzialmente il potere scivolare di mano.

Altri oppositori sono coloro i quali vorrebbero l’essere umano emancipato dalla sua componente animale, considerano la componente pulsionale inconscia una sorta di decadenza verso la brutalità animale, una concessione agli impulsi che tutto il sistema educativo cerca di frenare, nascondere, negare. Capisco, sarebbe bello, ma ancora non è possibile. Il compito di un ricercatore è quello di capire, prima di tutto. Il compito di un manager è quello di agire, in base ad informazioni accurate. Se in questo stadio evolutivo dell’uomo, le pulsioni animali sono ancora presenti, non possiamo far finta che così non sia, e che questo non si innesti nei processi di marketing.

Vi sono zone del cervello la cui funzione è solo vagamente conosciuta ed il suo influsso sui comportamenti di acquisto non è mai stato veramente esplorato.

Questo influsso determina scelte che a volte possono apparire illogiche, ma che risultano comprensibili alla luce di una teoria delle pulsioni.

La ricerca dei moventi nascosti

Le nostre ipotesi vanno alla ricerca delle pulsioni e dei moventi profondi, oltre la pura espressione verbale e consapevole. Se considerassimo sufficienti le prime spiegazioni verbali fornite dai consumatori, per capire le dinamiche reali del loro comportamento, ci accontenteremo davvero di poco.

Non è facile per nessuno dare risposte a domande del tipo: “Quanto ha influito il personaggio di Superman nella costruzione del tuo modello di Sé ideale” (ad un ragazzo, ma specularmente questo vale per la Barbie in una ragazza). L’influenza può essere avvenuta, e molto forte, ma a livello inconscio, senza una chiara percezione del fenomeno.

La letteratura psicosociale è sin troppo ricca di studi che dimostrano quanta distanza esiste tra ciò che le persone dicono di fare e ciò che fanno veramente, tra l’immagine che proiettano all’esterno e la propria vera identità, tra quello che sono e quello che vorrebbero essere.

Differenziazione tra comportamenti reali e comportamenti dichiarati

  1. Area della non comunicazione di sè : ciò che faccio e penso, ma non si deve sapere, Percezione reale di sè – Comportamenti reali dell’individuo
  2. Area della proiezione d’immagine reale
  3. Area della proiezione d’immagine artificiale: ciò che dico di fare e dico di pensare, ma non corrisponde al vero, Identità proiettata – Comportamenti dichiarati

Un primo momento di analisi riguarda la distanza tra ciò che le persone proiettano, tra ciò che dichiarano, e i veri comportamenti e pensieri posseduti. In genere la collimazione tra queste sfere non è totale, ma esistono aree del Sè che non emergono (area 1), ed aree del Sè puramente proiettate (area 3). 

La ricerca di marketing ha evidenziato il fenomeno del Socially Desirable Responding (SDR) che riguarda la tendenza degli individui a proiettare di se stessi, quando intervistati formalmente o nella comunicazione interpersonale, un’immagine accettabile, positiva, rispetto alle norme culturali correnti, o alle norme dei gruppi di appartenenza. 

David Mick (1996)[6] ad esempio ha evidenziato le difficoltà insite nell’esplorazione del “dark side” del comportamento del consumatore, su temi quali il materialismo, l’uso di alcool e di droghe, l’acquisto compulsivo, i piccoli furti nei negozi, le scommesse, il fumo di sigaretta, e la prostituzione. 

Il Socially Desirable Responding avviene sia per incapacità di focalizzare le proprie motivazioni, che per volontà precisa di nascondere fatti, comportamenti e opinioni, di consumo, culturali e politiche. 

Impressions management e proiezione dell’identità

Un fenomeno estremamente diffuso è costituito dall’impressions management, il comportamento di gestione strategica della propria immagine verso gli altri. Questo viene attuato esprimendo pensieri e azioni conformi alle norme della buona convivenza sociale e della morale (e non ciò che si fa o si pensa realmente).

Paulhus (1984)[1] evidenzia come i soggetti intervistati nelle ricerche di mercato pratichino ampliamente impressions management e praticano tentativi di costruire le proprie risposte con lo scopo di riflettere un’immagine sociale positiva.

Un’ulteriore spiegazione del permanere di fenomeni di SDR (Socially Desirable Responding) anche in condizioni di anonimità deve portarci a chiederci: agli occhi di chi l’individuo cerca di apparire positivo? Solo agli occhi altrui? No. In realtà, l’impressions management avviene anche internamente all’individuo stesso, (self impressions management), in ogni momento in cui una affermazione provvede all’opera di costruzione dell’immagine ideale di se stessi (immagine di sé ideale o ideal self image).

Impressions management interno ed esterno : Ricerca della proiezione di un’immagine coerente, positiva, socialmente accettabile 

  • Self Impressions management : Ricerca della proiezione di un’immagine coerente, positiva, socialmente accettabile di se stessi. Si produce al fine di evitare dissonanze interne o ammissioni dolorose per la propria immagine personale e l’opinione di sè. Riguarda il rapporto con se stessi.
  • Others Impressions management : Ricerca della proiezione di un’immagine coerente, positiva, socialmente accettabile, con funzione esterna. Ricerca di costruzione di un’immagine per gli altri, al fine di migliorare il proprio ruolo, il posizionamento sociale e l’accettazione tra i gruppi di persone importanti per l’individuo. 

Scelte del cliente e dissonanza

Le ricerche di Leon Festinger[3] hanno ampiamente dimostrato il bisogno umano di evitare dissonanza tra i propri pensieri e le proprie azioni, sino al punto che – a fronte della percezione di una dissonanza interna – l’individuo modificherà le proprie opinioni o le proprie azioni per ricercare un equilibrio interno.

Il problema della dissonanza cognitiva nel marketing emerge in tutta la sua forza quando l’impresa non riesce a sviluppare un’immagine coerente tra qualità del prodotto, packaging, qualità del marchio, comportamento delle forze di vendita, materiali pubblicitari e internet, e ogni altro elemento comunicativo di contatto con il cliente.

Lungo il percorso di valutazione del prodotto, il consumatore o buyer può incontrare diverse fonti di dissonanza. Esponiamo alcuni esempi:

  • Dissonanza interna al prodotto. La dissonanza interna al prodotto emerge quando diverse caratteristiche dello stesso vanno in direzioni non compatibili l’una con l’altra. Ad esempio, una cucitura mal fatta in un abito da cerimonia (lo stesso difetto non disturberebbe più di tanto in un abito da giardinaggio). Oppure ancora, un paese di origine del prodotto che non rientra tra quelli graditi dal consumatore, pur essendo il prodotto perfetto dal punto di vista tecnico.
  • Dissonanza prodotto-venditore. Si presenta nelle situazioni in cui il prodotto piace, ma vi sono dubbi o scarso gradimento rispetto al punto di vendita, o sul venditore stesso. Posso essere estremamente attratto da un marchio di computer, ma non gradire assolutamente il modo di comportarsi arrogante del venditore esclusivista della zona.
  • Dissonanza prodotto-immagine. Posso gradire le caratteristiche tecniche del prodotto, ma non l’immagine che vi è associata. Può piacermi il prodotto Lacoste (in termini di qualità e finiture), ma non il soggetto tipico che indossa Lacoste. Posso amare il paesaggio visuale di Portofino, ma non i suoi frequentatori e la sua immagine di luogo d’elite.

[1] Vedi Rook, D.W. (1987). The buying impulse. Journal of Consumer Research, 14 (September), 189-199.

[2] Enciclopedia Rizzoli Larousse 2000.

[3] Il termine “buyer” viene utilizzato nel corso del testo per indicare la persona responsabile degli acquisti, o chi comunque assume un ruolo di cliente, acquirente, decisore o controparte rispetto al venditore.

[4] Mick, D.G. (1996). Are studies of dark side variables confounded by socially desirable responding? The case of materialism. Journal of Consumer Research, 23.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

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© Articolo estratto dal libro di Daniele Trevisani “Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse”. Franco Angeli editore, Milano. Pubblicato con il permesso dell’autore.

Capire i ragionamenti del buyer: analisi di alcuni metodi di calcolo cognitivo

Il concetto di matematica mentale, ha lo scopo di definire alcuni modelli di base sottostanti il ragionamento che attua il cliente. I modelli valutano le diverse caratteristiche delle alternative presenti sul mercato, al fine di realizzare previsioni sulle scelte di acquisto. 

Questi studi hanno sinora evidenziato alcuni modelli sottostanti, dei quali esporremo in seguito quelli più semplici e sufficientemente compresi.

In particolare ci concentreremo su:

  • metodo dei punteggi semplici;
  • metodo sottrattivo;
  • metodo moltiplicativo;
  • metodo degli scostamenti ponderati.

Una ulteriore differenziazione che analizzeremo è data dal tipo di ponderazione dei rapporti tra le variabili, consistente nell’utilizzo di: 

  • metodi di calcolo mentale compensativi, vs.
  • metodi di calcolo mentale discriminanti (pass or fail). 

I diversi metodi si ritrovano sia nelle decisioni individuali del consumatore che nelle decisioni di acquisto aziendale.

Metodo dei punteggi semplici

Questo metodo consiste nell’applicazione del concetto di “pagella del prodotto” o griglia valutativa semplice. Ogni caratteristica saliente del prodotto viene valutata, e ad essa viene assegnato un punteggio. Il prodotto selezionato sarà quello che ottiene la somma più alta. 

Chi non capisce come un cliente valuta le alternative, quali “materie” inserisce nella propria pagella mentale, non può vendere se non in condizioni di monopolio o mancanza di alternative, una condizione sempre più rara.

La predisposizione di una griglia richiede tuttavia un lavoro cognitivo importante, basato soprattutto sulla emersione delle variabili che si utilizzano per valutare (consapevolezza dei propri criteri di scelta). 

Infatti, per poter applicare una pagella devo prima “far uscire” le variabili o “materie” di valutazione, devo esplicitare quali sono le questioni per me importanti. 

Questo processo è utile per far emergere dal subconscio le variabili critiche dell’acquisto, (key variables) – durata, economicità, valutazione del servizio post-vendita, etc.

Le strutture delle pagelle mentali del consumatore non sono uguali, ma differiscono da persona a persona, da azienda ad azienda.

Nonostante sia di forte aiuto per comprendere la dinamica di scelta, il metodo della pagella di prodotto possiede diverse lacune. Il limite più grave è dato dall’eguaglianza dei pesi attribuiti alle variabili: in altre parole, si ragiona come se tutte le componenti della valutazione avessero peso uguale, mentre in realtà il peso delle variabili o caratteristiche di prodotto può essere diverso. 

Se dimentichiamo la problematica del “peso” di un fattore di scelta, ci illudiamo che ogni variabile sia importante quanto le altre, ma così non è.

L’azienda consapevole dei processi mentali del cliente sa investire nelle variabili più “pesanti”, quelle che producono effetti, e non dà priorità a variabili che il consumatore non utilizza o utilizza poco nelle proprie scelte.

Metodo sottrattivo

Un secondo processo di calcolo mentale rilevato dalle nostre ricerche, più complesso e scientificamente accurato, consiste nel comparare :

  1. le caratteristiche percepite nei vari prodotti o scelte, con 
  2. le caratteristiche di una scelta ideale. 

Il procedimento richiede un’operazione di sottrazione che faccia emergere le carenze del prodotto analizzato rispetto alla soluzione ideale.

Per chi applica la vendita consulenziale, occorre quindi porre domande su:

  1. che caratteristiche dovrebbe avere il prodotto ideale, e
  2. che caratteristiche dovrebbe avere un fornitore ideale di quel tipo di prodotti.

La somma delle carenze di ogni prodotto/servizio rispetto al prodotto ideale e al fornitore ideale viene raffrontata, scegliendo ciò che si discosta meno. 

In questo modo, il prodotto scelto sarà quello che minimizza il livello di insoddisfazione attesa.

La sua lacuna è tuttavia evidente: la mancanza di un “peso” per le variabili. Per esempio, la durata, l’economicità e il servizio assistenza, in questo tipo di ragionamento, potrebbero avere la stessa importanza relativa. Ma cosa succede se un consumatore attribuisce scarso peso ad una variabile? 

Mettiamo il caso che una madre acquisti il latte per i bambini e nel farlo ritenga che il latte a lunga conservazione sia alterato. Una buona valutazione sulla durata, in questo caso, non aumenta il valore del prodotto, ma dovrebbe anzi ridurlo.

Metodo moltiplicativo

Una sostanziale innovazione apportata dal metodo moltiplicativo consiste nel fornire un “peso” a ciascuna caratteristica nella decisione d’acquisto, cioè un’importanza diversa alle variabili di valutazione. Ogni variabile assume una rilevanza alta o bassa, diventando quindi poco o molto incisiva sulla scelta.

Ad esempio, nell’ambito di un pacchetto turistico o vendita di una crociera, la variabile “possibilità di socializzare” (partecipare a party e conoscere persone di altro sesso) avrà un peso maggiore per un single che per una coppia di sposi.

Secondo questo modello, i prodotti tra loro concorrenti vengono valutati dai clienti potenziali con un processo mentale che rapporta tra di loro:

  1. il livello di presenza degli attributi di prodotto e
  2. l’importanza (peso) data ai singoli attributi.

Il prodotto con punteggio complessivo più alto verrà selezionato. 

Queste variabili “pesanti” vengono chiamate nel metodo ALM “Key Variables”, o variabili chiave. Scoprirle è uno dei passi fondamentali di una vendita consulenziale.

Metodo degli scostamenti ponderati

Il metodo degli scostamenti ponderati è una modalità di calcolo cognitivo complessa, che comprende il valutare in un unico modello sia lo scostamento tra aspettative e prestazioni dei diversi prodotti, che il peso attribuito dal consumatore a ciascuna caratteristica del prodotto.

Metodo dei coefficienti di priorità bilanciati

Questa tecnica avanzata sviluppata nelle ricerche ALM consiste nel rilevare sul campo, tramite indagini psicometriche di prodotto:

  • il peso delle variabili valutative;
  • la loro direzione d’incidenza (positiva o negativa) tramite coefficienti di correlazione (coefficiente r, o correlazione di Pearson);
  • il gap che ciascun prodotto ha rispetto ai competitors;
  • la prevedibilità dei comportamenti del cliente rispetto al prodotto specifico
  • i margini di miglioramento che ciascun prodotto detiene, e le variabili specifiche sulle quali indirizzarlo (priorità).

Il risultato è la scoperta di un modello accurato di scelta che il cliente adotta nell’esprimere le valutazioni di prodotto o di un fornitore. 

La sua valenza strategica, tuttavia, consiste nel capire che è possibile andare alla ricerca empiricamente (con analisi sul campo) dei fattori chiave, dei pesi che i clienti assegnano alle variabili, facendo emergere quali sono le variabili importanti o poco importanti, e il tipo di influenza (positiva o negativa) che hanno sulla scelta. 

Questo consente di poter avviare azioni di miglioramento veramente significative, evitando di procedere nel buio o (peggio) di “tentare” in aree nelle quali non è più consentito fare errori (si pensi ad esempio a cosa significa oggi sbagliare un modello di auto, in relazione ai lunghi tempi e investimenti di progettazione e ingegnerizzazione che ne caratterizzano il time-to-market).

Modelli compensativi e modelli discriminanti

Le ricerche del laboratorio di matematica mentale hanno fatto emergere una considerazione importante: i modelli previsionali sopra analizzati sono fondamentalmente “compensativi”: un difetto o lacuna di un prodotto o di un fornitore, può essere compensato da altri pregi. 

Ma non sempre un cliente è disposto a “chiudere un occhio” su una lacuna. Alcune scelte, alcuni test ai quali viene sottoposto un prodotto o servizio, sono del tipo “pass or fail” (promosso o bocciato, presente o assente). 

Emerge quindi una sostanziale differenza tra due diversi modi di pensiero: compensativo e discriminante.

  • In un ragionamento compensativo la presenza di una caratteristica fortemente positiva può eliminare gli effetti di una caratteristica fortemente negativa, nel punteggio finale del prodotto/servizio o del fornitore. 
  • In un ragionamento discriminante il prodotto/servizio o il fornitore devono obbligatoriamente possedere alcune caratteristiche, senza le quali il modello (o il fornitore) sono esclusi a priori dalla scelta. Nessun punto di forza su altre caratteristiche può compensare la caratteristica mancante.

Nel campo degli acquisti di alimentari, se utilizziamo un modello compensativo possiamo ritenere che il risparmio reso possibile dal discount sia sufficiente a compensare la minore certezza di qualità delle merci disponibili. 

In altre parole, nelle formule compensative avvengono degli “scambi di valori” e il cliente “accetta” una lacuna in quanto altre caratteristiche del prodotto o servizio possono compensare le mancanze.

All’opposto, il ragionamento discriminante ricorre a sistemi mentali diversi di valutazione più rigidi. Tra questi:

  • la presenza di fattori di valutazione discriminante del tipo “presente/assente”. La caratteristica ricercata deve essere assolutamente presente, in caso contrario il modello viene espulso dal consideration set.[1] Es: se il modello di autovettura è disponibile in versione turbodiesel, esso rimane nel consideration set (la “rosa” di scelta), altrimenti viene espulso, al di là di qualsiasi altra valutazione sull’auto. La presenza della caratteristica diventa una variabile discriminante dell’acquisto.
  • l’introduzione di livelli di soglia al di sotto dei quali il prodotto viene eliminato dal set di scelta. Non si tratta qui di valutare la presenza/assenza di una caratteristica, ma di fissare livelli minimi o massimi di prestazione desiderata, lungo un continuum ordinale o numerico. Es.: un’azienda decide di rinnovare periodicamente, con metodo, il proprio parco PC ogni 3 anni, e di escludere dal consideration set ogni offerta che non prevede i 3 anni di garanzia on site (assistenza svolta direttamente in azienda). Ogni ipotesi di garanzia inferiore o che prevede che i PC vengano inviati altrove, viene scartata, non esiste alcuna altra caratteristica (potenza dei computer, sconti, dotazioni, ecc.) che possa compensarla.

Questi metodi di scelta possono essere definiti modelli “discriminanti”, e contengono scelte del tipo “promosso o bocciato” (pass or fail) che corrispondono a processi di matematica mentale più rigorosi e rigidi, in cui predominano i banchi o neri, e non le sfumature. 

Al contrario dei modelli compensativi, in cui il risultato di una variabile negativa poteva essere compensato da una variabile molto positiva, qui la comparazione finale avviene solo all’interno dei prodotti o soluzioni che superano le soglie critiche, i prodotti che entrano nel “consideration set” (il gruppo di alternative entro le quali avviene la scelta finale).

Fissare delle soglie produce il risultato di eliminare dalla rosa delle alternative (il consideration set) prodotti caratterizzati dalla mancanza di un fattore, e facilita il processo di scelta. 

In termini persuasivi, una nuova capacità dell’azienda che realizza prodotti e soluzioni di qualità, consiste nel condurre una riflessione guidata nel cliente, rispetto alle soglie minime sotto le quali il cliente stesso otterrebbe un danno dall’acquisto, anziché un beneficio.

Questa attività comunicazionale costituisce una forma di Customer Training (acculturazione del cliente) senza la quale non sarà possibile far apprezzare le differenze di prezzo che le aziende di qualità alta necessariamente richiedono, rispetto alle aziende di fascia inferiore.

Principio 8 – Capacità di produzione di criteri, soglie e discriminanti nella cultura d’acquisto del cliente

  • Il successo dell’azienda dipende dalla capacità di acculturare ed educare il cliente su quali siano le soglie e livelli minimi di qualità, prestazione, relazione,  contenuto – o di way-of-buying – al di sotto dei quali è svantaggioso per il cliente stesso avventurarsi – in relazione alle scelte di acquisto che il cliente sta per compiere.
  • Il successo di tale attività è tanto maggiore quanto il cliente percepisce un rischio concreto e personale nell’adottare il comportamento.
  • Il successo richiede inoltre la capacità di posizionarsi tra le possibili scelte che superano il criterio (ingresso nel consideration set).
  • Il successo dipende dalla capacità di effettuare sessioni di Customer Training che mettano il cliente in grado di capire, orientarsi, percepire e apprezzare le differenze. Un patto psicologico adeguato deve consentire di effettuare il training.

Alla ricerca delle key-variables

L’analisi dei casi sopra riportati permette di delineare un fenomeno dei processi di acquisto: esistono variabili critiche (key-variables), nel processo di acquisto, che assorbono la maggior parte dell’attenzione decisionale dell’individuo. Ad esempio, per un ragazzo giovane, amante delle autovetture sportive, il livello di aggressività del look dell’autovettura (es: doppi scarichi, cerchi in lega allargati, linea sportiva) assorbirà una quota elevatissima del peso decisionale, mettendo in secondo piano gli altri fattori (es. la sicurezza, il risparmio, lo spazio interno, la possibilità di carico bagagli), che divengono secondari. L’innamoramento verso il prodotto o verso il fornitore è generato dalle key variables e non da una analisi logica e razionale, asettica.

La complessità del processo di scelta cresce all’aumentare del numero di persone coinvolte (scegliere in gruppo è difficile senza adeguata leadership).

Questi dati consentono di capire come il cliente pensa, quali processi decisionali vengono attuati dagli individui e dai gruppi. Ciò permette di progettare comunicazioni strategiche, creare una strategia del messaggio definendo quali contenuti trasmettere al cliente per incidere sulla valutazione di prodotto o sulla percezione.

Esiste un forte legame quindi tra analisi dell’antropologia del cliente e comunicazione strategica.

Al di là degli esempi svolti, più in generale le aziende traggono beneficio dall’applicare un approccio di ricerca (comprensione e diagnosi delle variabili critiche che dominano il pensiero del cliente) al fine di progettare la propria  comunicazione e l’innovazione di prodotto/servizio.

Principio 9 – Capacità di identificazione delle variabili critiche e discriminanti

  • Il successo dell’azienda dipende dalla capacità di capire le variabili critiche e discriminanti che dominano la psicologia delle scelte del cliente (key variables).
  • L’emersione dei processi mentali di scelta deve essere condotta tramite apposite diagnosi di mercato orientate all’ascolto, ricerca in profondità delle variabili latenti, e utilizzando tecniche di analisi scientifica.

A livello metodologico, sia le tecniche qualitative che le tecniche quantitative si prestano all’analisi, con un approccio decisamente più efficace nel caso di utilizzo congiunto delle due metodologie.

Capire le dinamiche riferite alle key variables fa parte di un tipo particolare di vantaggio competitivo: il vantaggio competitivo di ricerca ed analisi, che consiste nella maggiore abilità dell’azienda di identificare i processi decisionali del cliente.

Queste competenze si traducono in una maggiore capacità aziendale di intervento sui prodotti/servizi (innovazione e miglioramento), e in strategie più efficaci a livello di comunicazione, pricing e distribuzione.

In sintesi, l’importanza dei nuovi metodi e approcci scientifici all’algebra mentale ha una valenza su numerosi fronti, e ci permette di capire:

  • il ragionamento del cliente posto di fronte ad una scelta tra alternative (processi mentali interiori del cliente);
  • quali variabili il cliente utilizza per valutare se un prodotto risulta o meno di gradimento (comprensione delle variabili in campo);
  • perché un prodotto viene scelto rispetto ad un suo concorrente (comprensione delle variabili critiche e meccanismi di scelta);
  • se e perché un prodotto verrà acquistato (comprensione del grado di possibile successo di un prodotto/servizio). 

[1] Per un approfondimento sul concetto di consideration set, vedi D. Trevisani, “L’arena di acquisto e la concorrenza psicologica”, in Psicologia di Marketing e Comunicazione, Milano, FrancoAngeli, 2001.

Altri materiali su Comunicazione, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Altre risorse online

Strumenti strategici per la vendita complessa e l’azione sulla psicologia del cliente

 

Obiettivo: entrare nei processi mentali del negoziatore, del buyer, del decisore e dell’organizzazione, applicando tecniche di analisi e di empatia. Capire come muoversi all’interno di organizzazioni che vedono la compresenza di decisori multipli e di influenzatori a vari livelli. Applicare una qualità di vendita estesa ad ogni sua singola fase, presidiando ogni frame della vendita

 

  • La mappa dei poteri e degli interlocutori nelle organizzazioni, e le implicazioni per la vendita complessa. Capire la mappa (sociogramma) per decidere come muoversi (action line)
  • Come ragiona il cliente: entrare nell’algebra mentale del cliente
  • Marketing pedagogico e acculturazione del cliente: aiutare a capire e ad apprezzare le differenze
  • Muoversi all’interno delle organizzazioni complesse nelle fasi di acquisto
  • Capire le obiezioni latenti del buyer rispetto alla “rendicontazione interna” delle scelte di acquisto
  • Capire la difficoltà decisionale del cliente e le motivazioni che la generano
  • Capire l’immagine personale e aziendale che proiettiamo e le sue distorsioni, ricevere feedback
  • Vendere attraverso le catene mezzi-fini (means-end chains), il passaggio dagli attributi concreti alle conseguenze funzionali sino ai valori terminali
  • Capire la customer experience e presidiare i frames esperienziali: agire nelle vendite complesse come sequenze di frames e non “chiusure in prima visita”
  • Applicare il Total Quality Selling, presidiare le fasi relazionali, e raggiungere il Total Quality Communication in Sales

 

Esercitazione pratica: sociogramma organizzativo, coinvolgimento dei decisori chiave e spostamento del focus sui decisori

 

Esercitazione: analisi di best practices e casi negativi

 

Esercitazione di gruppo: analisi di principi relativi alla Vendita Consulenziale, dal Volume “Comportamento d’Acquisto e Comunicazione Strategica”, di Daniele Trevisani (FrancoAngeli Editore), tra cui:

  • Principio 1 – Capacità di differenziare i contenuti della relazione
  • Principio 2 – Capacità di comunicare le differenze, l’identità e la filosofia aziendale
  • Prinicipio 20 – Agire sui criteri di scelta del cliente
  • Principio 21 – Capacità di identificazione delle variabili critiche
  • Principio 26 – Agevolare il buyer nella comunicazione delle scelte di acquisto
  • Principio 28 – Accettazione del prodotto e del marchio
  • Principio 31 – Riduzione del gap di autoconoscenza
  • Principio 36 – Analisi della Customer Experience e dei Frames Esperienziali

 

Pomeriggio

base: ALM4: volume Psicologia di Marketing e Comunicazione

 

Strumenti di comunicazione e negoziazione nella vendita complessa

Obiettivo: avviare un “laboratorio di comunicazione” in cui il partecipante possa sperimentare – nelle fasi di vendita e negoziazione – le nuove tecniche della psicologia della comunicazione e delle scienze della comunicazione

 

  • L’analisi degli spazi comuni e delle diversità culturali e linguistiche, alla ricerca della riduzione dell’errore comunicazionale
  • Trovare la linea d’azione (action line)
  • Impostazione delle piattaforme negoziali
  • Analisi e verifica delle condizioni di collaborazione efficace
  • Capire come la cultura interviene nella negoziazione e nel rapporto di vendita
  • Interpretare le interferenze culturali e decodificare le culture di acquisto
  • Agire con efficacia entro la cultura del cliente
  • Trasformare la relazione da istituzionale a personale: dal CRM al PRM

Strumenti comunicativi per la vendita complessa

 

  • Laboratorio di comunicazione e negoziazione complessa: produrre efficacia comunicativa gestendo gli stati conversazionali, e il repertorio di stili comunicativi
  • L’analisi della conversazione (Conversation Analysis) come strumento per “smontare” e capire le dinamiche comunicative nella vendita;
  • Le abilità conversazionali e le mosse conversazionali: turn management, topic setting, topic shifting, content management,
  • Le azioni conversazionali tattiche: ricentraggio, decentraggio, depistaggio
  • Gli stati conversazionali
  • La lotta per le identità
  • Analisi dei diversi livelli di ascolto e di significato nei messaggi
  • Tecniche di empatia e diagnosi
  • L’analisi delle fonti di incomunicabilità
  • Agire sulle 3 macro-fasi della negoziazione
  • Consapevolezza del non verbale durante le fasi di vendita
  • Tecniche di empatia e ascolto attivo
  • La gestione delle emozioni del rumore mentale di fondo nelle fasi di vendita

Esercitazioni

  • Esercitazione pratica: analisi della conversazione e tecniche conversazionali
  • Esercitazione pratica: analisi dei livelli di ascolto (4 ears)
  • Esercitazione pratica: analisi dei livelli di espressione (4 mouth)
  • Esercitazioni di strategia conversazionale: gestione del decentraggio, depistaggio e azioni di ricentraggio

 

Esercitazione di gruppo: principi di negoziazione avanzata e psicologia negoziale, dal Volume “Negoziazione Interculturale: Comunicazione oltre le barriere culturali. Dalle relazioni interne sino alle trattative internazionali”, di Daniele Trevisani (FrancoAngeli Editore), tra cui:

 

 

 

 

  • Principio 1 – Capire le barriere linguistiche e idelogiche che intervengono nella negoziazione
  • Principio 5 – Consapevolezza delle fonti culturali e dei propri imprinting sui sistemi di vendita
  • Principio 8 – Analisi dei dettagli
  • Principio 10 – Gestione delle mosse conversazionali
  • Principio 13 – Negoziazione dell’identità
  • Principio 16 – Strutturazione dei tempi negoziali
Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching