Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team

Qualità delle comunicazioni amministrative

La qualità delle comunicazioni amministrative è valutabile riferendosi alla Precisione e Chiarezza del Linguaggio (PCL). Precisione degli input, chiarezza delle comunicazioni in corso, definizione di modalità, tempi, luoghi, procedure, ruoli, responsabilità. Ogni informazione utile per l’attiva­zione, per rendere efficace l’intervento sul problema/obiettivo e ridurre il grado di incertezza (entropia). Ciò che aumenta l’entropia informativa (grado di caos e disordine informativo) è invece negativo.

Le comunicazioni amministrative, tra cui dare ordini e definire procedure, sono la componente operativa della gestione del potere. Il leader che trascuri completamente la componente amministrativa del gruppo cede spesso al­l’illusione del­l’autogestione. Come sottolineano Crozier e Friedberg (1978):

In fondo il progetto di autogestione contiene una finalità implicita generosa ma impossibile, il cui perseguimento è vano se non pericoloso: la soppressione di ogni potere. Fintantoché i partigiani del­l’autogestione non avranno ammesso che i rapporti di potere costituiscono una delle componenti essenziali dei rapporti di cooperazione e dei rapporti umani in generale, e che non potranno mai essere estirpati, rischieranno nei loro interventi di ottenere il contrario di ciò che si propongono.

Il leader quindi non può cedere al­l’illusione del­l’autogestione e deve includere nella sua attività diversi momenti di comunicazione amministrativa.

Nel farlo, tuttavia, emergono problematiche di competenza comunicazionale specifiche della comunicazione amministrativa, la quale ha parametri valutativi completamente diversi rispetto al fronte emozionale.

Il principio di minimizzazione dei problemi altrui all’interno del team

La qualità delle comunicazioni amministrative è dominata dal “prin­cipio della minimizzazione dei problemi altrui”.

Come evidenzia Trevisani (2000), nel­l’analisi dei flussi interni di comunicazione le regole da applicare sono le stesse che devono regolare una sana attenzione alla qualità delle comunicazioni esterne:

La catena del valore agisce anche al­l’interno del sistema aziendale. Ogni passaggio di dati e informazioni, ogni trasformazione fisica al prodotto o al servizio che avvenga al­l’interno del­l’azienda deve essere orientata ad aggiungere valore finale al cliente.

Il principio di minimizzazione dei problemi è uno dei principali modelli sviluppati nel metodo per migliorare l’organizzazione interna: molto spesso non occorre creare enormi rivoluzioni o applicare procedure fantascientifiche per accelerare i processi organizzativi interni. È sufficiente pensare a come noi vorremmo fosse realizzato il lavoro o il servizio, a come vorremmo ricevere noi stessi l’informazione o la pratica trattata, se fossimo dal­l’altra parte, riducendo i problemi per i nostri partner interni (Trevisani 2000).

Figura 7 – Flussi comunicativi nella catena del valore

flussi comunicativi

Esponiamo quindi il seguente principio di qualità della comunicazione amministrativa, integralmente derivato dal primo volume sul metodo ALM (Trevisani 2000).

Principio 6 – Qualità comunicativa e minimizzazione dei problemi altrui

Nei rapporti con colleghi, clienti interni, superiori e collaboratori: prima di trasmettere qualsiasi informazione, pratica o progetto, essi devono essere controllati per verificare che siano comprensibili, completi, funzionali, e creino meno complicazioni possibili al collega o fruitore interno del lavoro.

Il principio di minimizzazione dei problemi altrui deve entrare anche in sede progettuale e nei rapporti con il cliente, al fine di ridurre costi, tempi e problemi di organizzazione interna sin dall’inizio del processo.

La vaghezza della comunicazione come elemento strategico vs distruttivo

Dare ordini, impartire direttive, assegnare responsabilità, esercitare comunicazioni direttive, richiede precisione.

Desideriamo sottolineare che la precisione assoluta del linguaggio non esiste, come la filosofia del linguaggio ha da tempo dimostrato (Alston 1964, p. 143)[1]. Per esempio, se qualcuno ci domanda “che ore sono?”, nel­l’essere estremamente precisi dovremmo dire “Sono le 13, 33 minuti e 22 secondi”, ma subito dopo dovremmo dire 23 secondi, 24 secondi, e così via, rendendo la risposta grottesca. Anche definire esattamente dove inizia una “città” è difficile (nel senso comune, la “città” parte quando la popolazione supera i 1.000 abitanti, i 50.000 o i 200.000, o dove altro?).

Come evidenzia Alston (ibidem), nella misura in cui si ricercano delle specificazioni semplici e nette dei significati delle parole, inevitabilmente si vengono a fraintendere del tutto certe complessità.

La vaghezza è a volte utilizzata strategicamente (vaghezza strategica), per non rendere precisi i termini e lasciare margini di errore e dubbi nell’in­terlocutore. Alston evidenzia questo modello comunicativo in un esempio:

Vi sono contesti in cui è molto meglio fare uso di un termine vago sotto un certo aspetto che usare termini privi di questo tipo di vaghezza. Un contesto di tale genere è la diplomazia. Supponiamo che l’ambasciatore americano in Russia [nostra modifica, nel testo originale si legge URSS, NdA] abbia ricevuto l’incarico di dire: “il mio governo si opporrà energicamente a qualsiasi interferenza negli affari interni dell’Ungheria”. Questa frase è vaga a causa della vaghezza del­l’avverbio “energicamente”. In che cosa consiste un’opposizione energica? Esprimere semplicemente la propria disapprovazione in una conferenza stampa non sarebbe certo un’opposizione energica, mentre dichiarare guerra certo lo sarebbe. Ma dove deve essere tracciata una via di mezzo? Insistendo all’ONU su una risoluzione di forte opposizione? O con un’azione che coinvolga un embargo economico, o sostenendo la sovvenzione aperta di elementi antirussi in Ungheria, o inviando “consiglieri” militari? Il fatto interessante è che vi sarebbero gravi svantaggi nell’eliminare questa vaghezza; in una situazione in cui vi può essere un reale vantaggio strategico nel mantenere l’oppositore nel dubbio e scegliere un’alternativa alla luce delle circostanze del momento.

Nelle comunicazioni del leader, quando ricorrere alla vaghezza, e quando invece ricercare la precisione? Dove inizia una comunicazione precisa e di qualità, e dove scade in pignoleria inopportuna?

Riteniamo che questo campo sia estremamente variabile anche in funzione del contesto e della cultura del­l’organizzazione. Tuttavia, passi in avanti si possono fare in ogni contesto. Se partiamo dal principio che un team gestito con leadership emozionale non possa comunque trascurare la componente della chiarezza informativa, e debba operare nella trasparenza, allora è facile (sin troppo facile) trovare ogni giorno, nella vita quotidiana aziendale, messaggi che non rispettano tale principio.


[1] Nell’edizione italiana, vedi in particolare, sul tema della precisione, il capitolo “Le dimensioni del significato”, sottocapitolo “È possibile la precisione assoluta?”.

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Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.

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