Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo “Team leadership e comunicazione operativa. Principi e pratiche per il miglioramento continuo individuale e di team”
Riconoscere gli stati conversazionali
Una delle competenze comunicative più centrali nella direzione è l’abilità nel riconoscere e gestire gli stati conversazionali nei gruppi.
In ogni gruppo o riunione circolano dosi massicce di comunicazioni inutili o controproducenti, veicolate con stili distruttivi. Mescolate a messaggi utili ai processi e al clima. Questi due aspetti vanno osservati e distinti.
Osservando la comunicazione come un flusso di liquido, è come se dal rubinetto dell’acqua potabile vedessimo uscire sabbia, fango, veleni, che si mescolano all’acqua, o ancora se l’acqua uscisse a getti, alternata a bolle d’aria e spruzzi. Non sarà molto facile o piacevole bere da quel rubinetto.
In una riunione aziendale, per esempio, possiamo riconoscere quando qualcuno attiva dinamiche di “chiacchiera da bar” o propone un “teorema da piccolo professore” con affermazioni non supportate da alcun dato. Se il riconoscimento funziona, possiamo attivamente decidere di ricercare uno stato conversazionale più adeguato.
La leadership conversazionale consiste anche nel respingere i tentativi di alcuni membri di produrre una conversazione malata, riconoscendo quando avviene il boicottaggio della riunione, il boicottaggio di un’analisi seria del problema, o quando accade il tentativo di attacco al ruolo, e qualsiasi altra forma di azione distruttiva.
Processi specifici della leadership conversazionale
La leadership conversazionale applicata richiede che si attivino i seguenti processi.
Osservare per capire
• Chi sta gestendo la conversazione, chi attua linee d’azione finalizzate a conquistare il potere nella conversazione.
• Come vengono presi i turni di parola (per concessione di un leader, con tecniche di richiesta di permesso, con sovrapposizione e intrusione aggressiva sul parlato altrui).
• Valutare se vi sono soggetti che monopolizzano la conversazione e altri che rimangono passivi nel gruppo.
• Capire se vengono interrotti brani conversazionali inopportunamente, e da parte di chi.
• Di che cosa si parla (argomento, argomenti multipli, contenuti centrali e laterali, sfumature di contenuto).
• Se l’argomento è centrato, decentrato o completamente sfocato rispetto agli obiettivi della conversazione (centratura della conversazione).
• Se viene tenuto il focus su un argomento o si cambia argomento (opportunamente o inopportunamente).
• Se il tempo in cui un argomento è trattato è adeguato.
• Se il luogo in cui un argomento è trattato è adeguato.
• Se il contesto relazionale in cui un argomento è trattato è adeguato.
• Se lo stile e l’approccio utilizzati nella conversazione sono produttivi.
Intervenire sugli elementi
• Riappropriazione del potere conversazionale fissando le regole dall’inizio (imprinting della leadership conversazionale).
• Gestione diretta dei turni di parola, concessione dei turni a terzi (turn taking e turn management).
• Sanzione delle interruzioni, sovrapposizioni e intrusioni aggressive sul parlato altrui, sollecitazione all’intervento di partecipanti che non stanno intervenendo, ove necessario (rinforzi negativi);
• Apprezzamento per stili conversazionali positivi, contributi attivi e atti conversazionali produttivi (rinforzi positivi).
• Content management (fissazione dell’argomento, della scaletta, dei contenuti centrali e laterali, delle sfumature di contenuto).
• Ricentraggio conversazionale: se l’argomento è centrato, decentrato o completamente sfocato rispetto agli obiettivi della conversazione (centratura della conversazione).
• Topic shifting: cambio di argomento quando opportuno.
• Conversational timing e time management: decisione del tempo adeguato per trattare un certo argomento, inteso sia come durata necessaria che come momento nel giorno, settimana, mese o anno, o altri parametri temporali.
• Intervento assertivo per bloccare conversazioni che cercano di avviarsi fuori dai tempi ideali o fuoriuscire dai tempi ideali o fissati (fuoriuscite conversazionali).
• Setting management: valutazione del luogo e ambiente in cui un argomento viene trattato. Intervento assertivo per bloccare conversazioni che cercano di avviarsi in ambienti dai climi inadeguati (rumore, temperatura, umidità, affollamento, disturbi esterni).
• Climate management: valutazione del contesto relazionale in cui un argomento è trattato (propensione alla collaborazione, clima disteso o ricettivo vs. indisponibilità al dialogo o clima tossico e ostile che rende la conversazione impossibile). Analisi dei rumor psicologici che intervengono sulla conversazione e interventi di eliminazione.
• Azione assertiva sullo stile ottimale atteso dai partecipanti e rilevazione, persona per persona, sul fatto che l’approccio o stile utilizzato nella conversazione sia o meno produttivo (azione sul code switching, il cambio di codice comunicativo).
Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:
- Studio Trevisani – Formazione Aziendale Blog con aggiornamenti giornalieri
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