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vendite complesse

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© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Non è sufficiente vendere di più (le vendite possono essere in crescita anche per altri fattori, congiuntura favorevole e fattori che non dipendono dal venditore). Ciò che a noi interessa è l’atteggiamento di professionalità, le vendite in cui il risultato è dovuto alla propria preparazione, una conseguenza del fatto di migliorarsi come persone. Ci interessano le vendite nelle quali la persona si esprime e non quelle “facili”, in cui non si può capire quanto valore aggiunto è stato portato dalla persona e quanto sia il suo reale contributo.

Nel terreno professionale della vendita e negoziazione troviamo enormi potenziali di ricerca sullo sviluppo umano e organizzativo.

La vendita consulenziale tocca da vicino il tema del Potenziale Umano e dello Sviluppo Personale – poiché ogni progetto andato a buon fine richiede che l’essere umano che lo conduce funzioni al pieno del suo potenziale, libero da blocchi psicologici e condizionamenti culturali, con un corpo che lo aiuti e non lo freni, e un team che operi in modo affiatato e trovi coesione e comunicabilità interna. Questi risultati sono decisamente importanti sotto il piano del potenziale umano in azione.

La vendita complessa tocca anche, anzi, si compenetra e avvinghia, nei temi di sviluppo organizzativo – poiché una vendita di successo, una negoziazione produttiva – sono il successo di un cantiere di lavoro, un laboratorio di progettazione e azione, entro un teatro di azione che impegna interi team e a volte intere aziende in un unico sforzo congiunto.

Il principio del Potenziale Umano chiede a chi si occupa di vendita una attenzione particolare alla coltivazione del proprio livello di forma fisica e mentale, di preparazione e di spessore morale, e non solo risultati a fine trimestre.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Esistono enormi bisogni di crescita professionale e formazione in chi opera seriamente nella vendita e nella negoziazione.

I contributi (libri, corsi) disponibili sul mercato sono condotti prevalentemente in modo semplicistico, puntano ad un lettore/partecipante che si presume sostanzialmente abbastanza stupido, poco consapevole, da ammaestrare, bisognoso solo di strutture preconfezionate in cui essere impacchettati, regole da un minuto valide con tutti, scorciatoie per imbonire un soggetto-cliente che si presuppone manipolabile o sciocco, tutto il contrario di quanto sappiamo essere utile nella vita reale.

La nostra visione è invece quella di un professionista della negoziazione che dobbiamo preparare a gestire incontri con persone di alto livello, per nulla facili da persuadere o da gestire tramite trucchetti.

Questo evidenzia la necessità per il venditore di crescere sul piano prima di tutto personale, morale e culturale, entro una palestra di vita e professionale dalle enormi opportunità, offerta dalla vendita complessa e dalla negoziazione avanzata.

Per farlo, servono strumenti sul Potenziale Umano e non solo un addestramento alla vendita cieca e standardizzata. L’accademia e la ricerca universitaria non aiutano, come dicevamo, snobbando il tema della vendita e della negoziazione, disinteressandosi a quello che è in realtà un enorme laboratorio di scienze della comunicazione, di sperimentazione sulle dinamiche comunicative, e di formazione.

Possiamo allora cercare luce nella manualistica professionale, ma la maggior parte della letteratura e della formazione sulla vendita e negoziazione (nel mainstream, la tendenza dominante) punta a ridurre i fattori di complessità (a nasconderli, a non esaminarli, perché troppo difficili) e questo si traduce nel proporre formulette semplici – one minute” “fast and easy” – pericolose.

Ma la realtà è complessa, la vendita e la negoziazione sono complesse, la psicologia umana è complessa.

Provate a sostituire un fornitore strategico, e si scatenerà una guerra contro di voi. In termini di comunicazione interpersonale, proverete sulla vostra pelle quanto vi sia completamente inutile accavallare la gamba quando il buyer la accavalla (e altre regole di cosiddetto “rispecchiamento”), o altre bugie semplicistiche come queste, che vengono insegnate in molti corsi di vendita.

Muoversi all’interno di questo ambiente è una sfida per ogni professionista. Gestire una vendita e una negoziazione richiede competenze multi-variate, che provengono da tante discipline diverse e convergono poi in un unico momento: il momento della verità, l’incontro umano, la trattativa, i messaggi reali che ci si scambiano le persone, le conversazioni con il cliente, in azienda, al ristorante, e in ogni momento di verità e vita vissuta.

Nel mondo delle arti marziali esistono competizioni di tipo MMA (Mixed Martial Arts) dove i combattenti possono usare qualsiasi tecnica (boxe, calci, prese, lotta a terra, leve articolari). Questi atleti, gladiatori contemporanei, scoprono ben presto il bisogno di doversi affidare a più preparatori o studiare più discipline, e l’insufficienza della propria esperienza precedente mono-disciplinare. Scoprono il bisogno di doversi allenare in modo permanente e su più discipline (es, mattina boxe, pomeriggio lotta, sera potenziamento muscolare). Lo stesso accade per gli “agonisti” della negoziazione e della vendita. La preparazione deve essere permanente, e utilizzare più discipline e arti, per poter essere pronti nei tanti “momenti della verità”.


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In una negoziazione avanzata troviamo tutte le difficoltà, i limiti e le barriere date dall’incomunicabilità umana, amplificate dalle barriere culturali e organizzative, dalle abitudini stratificate, dagli stereotipi, e da interessi contrapposti che spesso sembrano antagonistici, uno contro l’altro. Rompere questo circolo vizioso è un principio basilare.

Una regola fondamentale della vendita complessa è il bisogno di trovare il “Common Ground”, i valori e principi condivisi, sui quali costruire i piani successivi. Ad esempio, chiarire che per entrambe le parti sia importante non solo il prodotto ma l’affidabilità reciproca.

Dobbiamo anche considerare che esiste quasi sempre una componente “interculturale” nel fare vendita e negoziazione ad alti livelli: le persone che interagiscono tra loro hanno culture diverse e regole implicite diverse (anche entro la stessa nazione), ed ancora maggiormente quando si rapportano tra loro manager di nazioni diverse. Questo complica il quadro.

La vendita consulenziale e la negoziazione sono tra le attività più complesse e impegnative svolte dall’essere umano. Durante una interazione di vendita o una negoziazione possiamo assistere ad un incontro tra mondi mentali distanti, culture diverse, stili linguistici e manageriali antitetici, differenti psicologie, scontri tra strategie e tattiche comportamentali, e spesso – ad un livello profondo – la collisione tra visioni del mondo contrastanti, accompagnata da forte incomunicabilità.

Lo stretching comunicazionale permette alle persone che svolgono vendita e negoziazione di diventare più flessibili dal punto di vista comunicativo, saper utilizzare un linguaggio “tecnico” quando serve, e in altri momenti un linguaggio più “manageriale”, ed in altri ancora uno più “umanistico e valoriale”.

Vendere in America Latina, il giorno dopo in Germania, e la settimana successiva in Giappone, non richiede solo un aggiustamento di fuso orario, ma anche di “registro comunicativo”. Passare da un incontro con un dirigente del marketing ad un incontro con il responsabile della produzione, entro la stessa azienda-cliente, richiede ancora una volta una capacità di cambiare rapidamente stili comunicativi e sintonizzarsi su una “modalità di ricezione” adeguata ad interlocutori diversi. Questo ancora maggiormente se più interlocutori diversi tra loro sono presenti entro la stessa stanza.

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E’ verissimo che un “ascolto finalizzato” ha anche lo scopo di capire meglio uno scenario e fare una proposta migliore.
Ma così non è sempre. Molti confondono questa fase di ascolto con una fase da fare il più in fretta possibile, e magari anche saltare, per poi “inondare” l’altro di informazioni e dati, sperando di convincere.
Dobbiamo assolutamente distinguere tra attività comunicativa di ascolto, e attività comunicativa finalizzata a persuadere. Se confondiamo i due piani, soprattutto senza rendercene conto, avremo compiuto un grave errore comunicativo.

La tecnica della vendita avanzata evolve verso una dinamica di rapporto sempre più consulenziale, dove diventa fondamentale la diagnosi (ascoltare e capire) prima ancora della persuasione pura (esprimersi e convincere).

La complessità dei mercati e degli scenari ci obbliga a sviluppare le capacità di essere attenti ed empatici (capire l’altro), condurre diagnosi del cliente, dell’interlocutore, della situazione.

Questo produce un forte cambio di paradigma, dove prima erano fondamentali le capacità espressive (parlare), diventano essenziali le competenze di ascolto, di diagnosi (saper ascoltare, capire), e quindi le competenze progettuali (studiare e costruire soluzioni basate sulla diagnosi).

Sapere di avere buona capacità di analisi inoltre aumenta la sicurezza nella fase di comunicazione e produce un’immagine di maggiore autorevolezza e assertività. Questo si traduce in un forte incremento della capacità comunicativa e negoziale.

Tutto ciò non è semplice. Ma non è ancora abbastanza.

La fase di analisi e ascolto richiede il ricorso a:

  • domande aperte,
  • domande chiuse,
  • domande di precisazione,
  • riformulazioni e verifiche di comprensione,
  • riepiloghi, sommari,
  • rispecchiamento dei contenuti.

Le domande devono essere poste solo dopo che si sia creato lo spazio psicologico per farle, chiedendo il permesso al cliente di porgli alcune domande che servono per poter realizzare proposte sensate.
Durante la fase di analisi è essenziale il ricorso alla carta e penna per prendere appunti, sotto forma di parole chiave, ed un precedente allentamento alle tecniche di memorizzazione, intervista e Analisi della Conversazione (Conversation Analysis, CA).

I due livelli delle domande: domande interiori e doman­de esterne

Tutti noi abbiamo curiosità e dubbi, che però raramente esprimiamo. A volte non lo facciamo per pudore (quante volte fai sesso in un mese? = invasione dello spazio psicologico altrui), altre volte per titubanza strategica (vorrei chiedergli quanto sono disposti a pagare ma non lo faccio per timore che mi dicano una bugia sulla quale poi non saprei come argomen­tare), e per tante altre ragioni.
Un’operazione fondamentale è distinguere tra:

  • domande interiori: quello che vorremmo davvero sapere, quello che abbiamo bisogno di sapere;
  • domande esteriori: le mosse conversazionali che poniamo in essere, i modi con i quali arriviamo ad ottenere quelle informazioni.

Le attività connesse alle due domande:

  • domanda interiore: bisogni informativi di base, la domanda reale che ci stiamo ponendo e a cui vorremmo risposta (es.: quanti soldi avete a disposizione?);
  • domanda esteriore: la domanda che è adeguata e consentita ad un certo stato di relazione, in base al grado di familiarità con il soggetto, di trasparenza comunicativa, di tempo disponibile (es.: avete già fissato un budget per questa iniziativa?)

Come ho esposto nel volume “Negoziazione Interculturale”, l’ascolto è una delle abilità più critiche della negoziazione e della vendita. Lo stereotipo classico del venditore intento a “parlare sull’altro”, a “vincere nella conversazione”, ad avere sempre l’ultima parola, è sbagliato.
L’approccio empatico prevede una concezione opposta: ascoltare in profondità per capire la mappa mentale del nostro interlocutore, il suo sistema di credenze (belief system), e trovare gli spazi psicologici per l’inserimento di una proposta.

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In una negoziazione avanzata troviamo tutte le difficoltà, i limiti e le barriere date dall’incomunicabilità umana, amplificate dalle barriere culturali e organizzative, dalle abitudini stratificate, dagli stereotipi, e da interessi contrapposti che spesso sembrano antagonistici, uno contro l’altro. Rompere questo circolo vizioso è un principio basilare.

Una regola fondamentale della vendita complessa è il bisogno di trovare il “Common Ground”, i valori e principi condivisi, sui quali costruire i piani successivi. Ad esempio, chiarire che per entrambe le parti sia importante non solo il prodotto ma l’affidabilità reciproca.

Dobbiamo anche considerare che esiste quasi sempre una componente “interculturale” nel fare vendita e negoziazione ad alti livelli: le persone che interagiscono tra loro hanno culture diverse e regole implicite diverse (anche entro la stessa nazione), ed ancora maggiormente quando si rapportano tra loro manager di nazioni diverse. Questo complica il quadro.

La vendita consulenziale e la negoziazione sono tra le attività più complesse e impegnative svolte dall’essere umano. Durante una interazione di vendita o una negoziazione possiamo assistere ad un incontro tra mondi mentali distanti, culture diverse, stili linguistici e manageriali antitetici, differenti psicologie, scontri tra strategie e tattiche comportamentali, e spesso – ad un livello profondo – la collisione tra visioni del mondo contrastanti, accompagnata da forte incomunicabilità.

Lo stretching comunicazionale permette alle persone che svolgono vendita e negoziazione di diventare più flessibili dal punto di vista comunicativo, saper utilizzare un linguaggio “tecnico” quando serve, e in altri momenti un linguaggio più “manageriale”, ed in altri ancora uno più “umanistico e valoriale”.

Vendere in America Latina, il giorno dopo in Germania, e la settimana successiva in Giappone, non richiede solo un aggiustamento di fuso orario, ma anche di “registro comunicativo”. Passare da un incontro con un dirigente del marketing ad un incontro con il responsabile della produzione, entro la stessa azienda-cliente, richiede ancora una volta una capacità di cambiare rapidamente stili comunicativi e sintonizzarsi su una “modalità di ricezione” adeguata ad interlocutori diversi. Questo ancora maggiormente se più interlocutori diversi tra loro sono presenti entro la stessa stanza.

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La tecnica della vendita avanzata evolve verso una dinamica di rapporto sempre più consulenziale, dove diventa fondamentale la diagnosi (ascoltare e capire) prima ancora della persuasione pura (esprimersi e convincere).

La complessità dei mercati e degli scenari ci obbliga a sviluppare le capacità di essere attenti ed empatici (capire l’altro), condurre diagnosi del cliente, dell’interlocutore, della situazione.

Questo produce un forte cambio di paradigma, dove prima erano fondamentali le capacità espressive (parlare), diventano essenziali le competenze di ascolto, di diagnosi (saper ascoltare, capire), e quindi le competenze progettuali (studiare e costruire soluzioni basate sulla diagnosi).

Sapere di avere buona capacità di analisi inoltre aumenta la sicurezza nella fase di comunicazione e produce un’immagine di maggiore autorevolezza e assertività. Questo si traduce in un forte incremento della capacità comunicativa e negoziale.

Tutto ciò non è semplice. Ma non è ancora abbastanza.

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© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Il face-to-face è una dimensione fondamentale del Business, assolutamente trascurata per importanza e per budget ad essi dedicati, in rapporto alla spesa in promozione, advertising e pubblicità classici.
Se confrontiamo quanto budget le imprese dedicano alla pubblicità, e quando alla formazione per il face-to-face, notiamo una sproporzione enorme.
Molte imprese dedicano alla crescita delle competenze di comunicazione interpersonale dei propri collaboratori una cifra pari a zero. Altre lo fanno solo con i residui di bilancio, se qualcosa avanza.
E questo equivale a depotenziare e impoverire il capitale umano dell’azienda.
La confusione tra comunicazione pubblicitaria e comunicazione interpersonale è un errore di cui si pagano le conseguenze. In ogni trattativa, in ogni messaggio via email, in ogni telefonata sbagliata, in ogni presentazione poco efficace, le lacune di formazione si trasformano in una sindrome di sconto su sconto, perdita di potere negoziale, perdita di trattative, perdita di clienti veri, perdita di senso di efficacia personale.
Queste micro-perdite sono tanto dannose quanto poco capite dalle imprese, che le metabolizzano male, additandole come “frutto del destino” o della concorrenza agguerrita, o della congiuntura. No. Spesso la questione va ricercata nella preparazione e formazione adeguata, che mancano.
La maggior parte delle aziende svolge affari con altre aziende e non ha un consumatore finale (end-user) colpibile con messaggi pubblicitari classici. E, tuttavia, le imprese si ostinano a cadere nel tranello delle tentazioni pubblicitarie, e a distogliere budget dalla preparazione delle persone verso spot e altre forme mediate. Gli affari veri, negli incontri veri, nelle trattative che contano, li conducono le persone, e queste vanno preparate.
Riportare i budget dal fronte pubblicitario alla formazione di chi comunica tutti i giorni, è un dovere di ogni amministratore più consapevole del fatto che oggi, nel mondo dell’impresa, la differenza la fanno le persone.
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Nella vendita consulenziale sono significative diverse competenze, ne citiamo alcune, e molte altre emergeranno durante la lettura:

  • Conoscenze sulla comunicazione umana (verbale, paralinguistica, non verbale);
  • Conoscenze di negoziazione, anche interculturale e internazionale;
  • Capacità di ascolto empatico e ascolto attivo;
  • Capacità di progettazione soluzioni (Solutions Selling);
  • Capacità di esaminare i sistemi decisionali, mappare i poteri, creare “sociogrammi decisionali”;
  • Key Leader Engagement: coinvolgere i Key Decision Makers, gli influenzatori chiave, inquadrare i personaggi chiave che possono facilitare o rallentare la vendita;
  • Riconoscere dissonanze cognitive, comportamentali, conversazionali, anche quando si presentano in formato molto attenuato o nascosto;
  • Capacità di percezione aumentata; percepire i segnali deboli;
  • Capacità di micro-analisi: saper scomporre il flusso esperienziale in “frames”, localizzare brani significativi, fenomeni e comportamenti;
  • Saper riportare correttamente, a colleghi e membri del team, dati e comportamenti osservati (funzioni di debriefing e reporting);
  • Capacità di sintonizzazione emozionale ed esperienziale;
  • Saper utilizzare un repertorio di stili comunicativi vasto e sapersi rapportare ad interlocutori diversi (stretching comunicazionale);
  • Capacità di concludere le trattative e fidelizzare verso futuri steps, capacità di chiusura, di conclusione.

Il tratto comune alle diverse scuole di vendita consulenziale, al di la delle differenze, è la visione strategica della centralità della relazione.
La vendita consulenziale, al contrario della comunicazione pubblicitaria, è un lavoro estremamente interattivo e fluido, basato sul rapporto interpersonale, sulle capacità di sviluppo di relazioni solide, rapporti umani significativi, e sensibili.
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La vendita consulenziale è anche un’area di ricerca, supportata da diversi formatori e ricercatori. Tuttavia non è per tutti. Solo formatori Senior e venditori Senior di alto livello sono in grado di capire il valore di una ricerca seria sui processi psicologici di vendita e le implicazioni che la psicologia del marketing ha per chi opera sul campo.
Spesso, in questo campo, i formatori riempiono una lacuna dovuta alla totale assenza di interesse per il fenomeno della psicologia della vendita da parte del mondo universitario, quasi sempre “impegnato altrove” (conferenze, seminari, etc.), ma non sullo studio della vendita aziendale business to business.
Eccezione importante avviene negli USA, dove in alcune realtà accademiche di punta, la vendita è riconosciuta come una delle aree più importanti di ricerca da parte delle Business School che preparano i futuri manager, sia perché vi riconoscono un territorio di sperimentazione ricchissimo di sfumature (si pensi ad esempio agli studi di psicologia della persuasione) e anche per il fatto che essa viene riconosciuta come motore principale del successo delle imprese.
In pochi istanti di trattativa sbagliata si possono far saltare interi anni di lavoro. Il fatto di avere interessi in gioco molto elevati, fa dirigere attenzione verso quest’area da parte dei pochi e migliori istituti, ricercatori e imprese.
Tuttavia, i ricercatori che se ne occupano non sono venditori in prima persona, non hanno che una vaghissima e distante comprensione del fenomeno pratico che stanno studiando, e quindi mancano nell’includere nelle analisi fattori determinanti.
Si pensi ad esempio al problema pratico di quanto variano le capacità comunicative e conversazionali, le capacità di ascolto, e attenzione (es. cogliere o non cogliere una “mezza affermazione”) man mano che aumenta lo stato di stanchezza fisica e mentale del venditore o negoziatore.
Un venditore Senior è anche in grado di auto-monitorarsi nei propri livelli di energie, e capire quando è il momento di recuperare e fermarsi, quando la sua conversazione rischia di essere amputata e dimezzata dalla sua stanchezza fisica che avanza.
E qui “sbattiamo” contro i limiti della ricerca così come condotta attualmente. Un ricercatore di scienze della comunicazione, poniamo uno specialista in “analisi della conversazione”, mai includerebbe nel suo studio fenomeni fisico-biologici, in quanto la sua disciplina gli impone di limitarsi agli scambi conversazionali. E questo non fa altro che impoverire l’analisi.
Avete mai provato a condurre trattative importanti e ritrovarvi stanchi? Allora sapete di cosa sto parlando. E sapete quanto sia fondamentale curare lo stato di forma fisica e mentale del venditore, e non solo la comunicazione “esterna”. Per questo, il nostro approccio deve considerare non solo la vendita, ma anche il venditore, come un sistema delicato di energie, al quale applicare attenzioni.
Senza un venditore preparato, e in condizioni ottimali di energie e condizione psicofisica, la vendita non trova il supporto del fattore umano.
Serve quindi scienza, unita a pratica di vendita, e questo è terreno della nostra formazione.
La vendita consulenziale si inquadra all’interno delle trattative complesse (Complex Sales) ed ha sempre una forte componente psicologica e a volte psicanalitica. Il gioco tra le parti diventa un gioco tra “maschere caratteriali” e a volte tra “corazze psicologiche” che le parti indossano per non lasciar trasparire la verità. Vedere la verità oltre la cortina di fumo è parte del gioco.
Per migliorare le capacità di vendita dobbiamo capire il processo psicologico di acquisto, la mappatura dei decisori chiave, degli influenzatori e gatekeeper, dei leader aziendali e opinion leader professionali o amicali, da contattare per praticare un Key Leader Engagement strategico.
Il processo di formazione alla vendita consulenziale prevede l’addestramento progressivo all’incontro con un cliente complesso, niente a che fare la formazione da palcoscenico.
Si tratta preparare la persona ad incontrare in modo professionale i bisogni consci, subconsci e inconsci del cliente, che possono trovarsi addirittura in contrapposizione, in contraddizione, in conflitto (conflitto intrapsichico, o conflitto interpersonale), e generare dissonanze con cui apprendere a far conto.
Spesso – nelle vendite complesse – il cliente non esiste nemmeno, sostituito da un decision-network, una rete di influenzatori e decisori che svolgeranno una discussione ad un tavolo nel quale non parteciperai.
È il caso delle trattative per la vendita di forniture tramite gara d’appalto, nelle quali il ruolo consulenziale parrebbe marginale ma invece diventa determinante in quanto crea le condizioni affinché, nel momento della decisione, la maggior parte delle persone che conta abbia già scelto.
Ruolo del consulente di acquisto, secondo la scuola della “Psicologia di Marketing e Comunicazione” diventa fare emergere i diversi livelli della psicologia del cliente (conscio, subconscio, inconscio) e supportare un processo decisionale positivo, coerente con il futuro aziendale, garantendo in questo modo un rapporto basato sulla relazione d’aiuto e la partnership autentica di tra venditore consulenziale e cliente.
Nel nostro modello, le energie di cui si alimenta un venditore consulenziale sono le competenze che egli sa di possedere, e nessun doping può sostituire una formazione seria e un coaching in profondità.
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I negoziatori professionali e i venditori consulenziali sono abili comunicatori front-line, ma anche ottimi strateghi, sanno con chi devono passare un’intera giornata, e con chi invece persino un minuto è sprecato.
Sanno riconoscere le strategie dei buyer e rispondere con contro-mosse.
Sanno relazionarsi non solo ai buyer, ma anche con innumerevoli altri soggetti, di cui citiamo solo una lista minimale, rispetto alla enormità di diversi ruoli con cui effettivamente ci si trova a trattare.
Alcune tipologie di soggetti con i quali è importante saper trattare:

  • i proprietari, la proprietà aziendale, familiare o finanziaria;
  • persone vicine ai proprietari (familiari, amici, consulenti);
  • membri del Consiglio di Amministrazione;
  • i Direttori Finanziari;
  • i Direttori di Produzione;
  • i politici, sino ai massimi livelli locali, regionali o nazionali;
  • amministratori e dirigenti di enti pubblici e enti locali;
  • partiti politici, sindacati, influenzatori;
  • gatekeepeers (letteramente, “controllori del cancello”): coloro i quali possono bloccare un progetto o idea (potere di veto);
  • componenti tribali di un clan, es. il un capo-tribù di una regione di cui cercare l’appoggio in quanto svolge un ruolo di “gatekeeper”;
  • il “capo tribù organizzativo” di una grande impresa o multinazionale;
  • la segretaria di direzione o segretario particolare di un dirigente.

Ragionano quindi in termini di stakeholders – i “portatori di interessi” – coloro i quali sono in qualche misura coinvolti o da coinvolgere nelle scelte, o sui quali vi saranno ricadute e conseguenze, e di gatekeepers – coloro i quali possono bloccare il fluire di un progetto. Su questi soggetti, sanno attuare strategie di Key Leader Engagement (KLE): coinvolgimento dei decisori chiave, avvicinamento relazionale.
Non seguono solo ed unicamente i canali standard di vendita e i canali ufficiali di acquisto.
Mappano le reti di potere (Power Matrix) dei sistemi che devono penetrare per capire dove sono i bisogni relazionali, i possibili varchi. Sanno capire chi è il leader di una cordata aziendale o di un certo clan aziendale interno.
Sanno muoversi nelle multinazionali così come nelle periferie dei paesi emergenti, e, se serve, nei ghetti. Sanno gestire incontri diplomatici e con informatori, legali e illegali.
Sanno muoversi anche tra i magazzini, nei reparti di produzione, nei meandri aziendali che non si vedono in genere nelle copertine patinate delle brochure istituzionali.
Possono tranquillamente arrivare a contattare l’amante di un dirigente per ottenere informazioni, o carpire un dato da un colloquio con un impiegato alla macchina del caffè.
Non tutte le trattative si svolgono nei grattacieli New York, al contrario di quanto si vede nei film, in tutte esiste qualche componente tribale e sotterranea con la quale fare i conti.
I venditori consulenziali Senior sono, metaforicamente, più simili a dei Samurai, o meglio dei Ninja, allenati al combattimento in ogni condizione, preparati, addestrati, forti, e capaci di usare la strategia, più che la forza bruta.
Sanno mappare i sistemi decisionali. Sanno muovere leve e strategie alternative per raggiungere il risultato.
Sono negoziatori in grado di muoversi su mercati diversi e internazionali, interculturali, poiché – come tutti sappiamo – i business puramente intra-nazionali sono sempre meno frequenti o destinati a chi fa pura sub-fornitura.
Le vendite semplici, o vendite distributive, diventano rare, relegate alla bottega, in via di scomparsa, alla Grande Distribuzione, al Business-to-Consumer, e nemmeno in questi campi nulla viene più lasciato al caso.
Molti nuovi business arrivano soprattutto dai mercati emergenti, paesi in via di sviluppo, o da tecnologie nuove ed ignote, in cui qualsiasi logica conosciuta può saltare, e nessun corso universitario ti può preparare abbastanza.
Servono quindi capacità trasversali: ad esempio, la capacità di mappare i sistemi decisionali.

Nell’analisi della Power Matrix (la matrice del potere), la rete di rapporti in corso permette al Team di Vendita o al Venditore Senior di individuare dove sono gli spazi di manovra, capire che segnali lanciare e a chi; con chi è bene farsi vedere o non farsi vedere, e perché.
Un negoziatore Senior o venditore Senior dopo aver mappato i poteri, deve saper praticare attivamente Key Leader Engagement (KLE), la capacità di coinvolgere (engage) i Key Leaders o decisori chiave di una partita negoziale. Ovunque vi siano strategia e poste elevate in gioco, la capacità di Key Leader Engagement è vitale. Può anche ricorrere ad “agenti” o delegare parte del lavoro di KLE da eseguire. In questo caso, tali agenti devono essere assolutamente competenti e consci del territorio delicato nel quale si stanno movendo. Devono sapere qual è l’End-State (Stato Atteso) del loro progetto, chi o cosa devono influenzare, che impressione desiderano creare di noi, dei competitors, e delle forze in campo.
Non è un caso se queste sono oggi considerate tra le competenze più forti anche nel mondo militare, in particolare nella branca delle cosiddette InfoOps (Information Operations), e delle PsyOps (Psychological Operations), le aree del campo militare deputate alla raccolta di informazione strategica e alla comunicazione strategica.
I negoziatori e venditori Senior sono anche psicologi.
In particolare, si distinguono non solo nella capacità di “vendere” ad un cliente ipotetico o astratto, ma di lavorare entro i budget mentali dell’interlocutore1.
Questo significa anche saper attivare la Budget Deviation (spostamento di budget nella direzione da noi desiderata), creare le condizioni affinché il cliente acquisti. Se necessario, applicano strategie per far riconsiderare al cliente i tipi di investimento che sta compiendo e ri-direzionarli (ri-centrarli) verso le aree che ci interessano. Di questi temi, anche la ricerca si sta occupando2.
In questo, operano anche su terreni difficilissimi, come il saper mappare i budget mentali del cliente, creare budget mentali adeguati, affinché egli vi attinga per svolgere l’acquisto.
Come ho già esposto in “Psicologia di Marketing”:
Il budgeting mentale consiste nelprocesso diattribuzione delle risorse a capitoli mentali di spesa separati (mental accounts). Il fenomeno – centrale per la nostra teoria – comprende meccanismi quali la categorizzazione cognitiva (distinzione mentale tra tipologie di spesa), l’assegnazione di budget a categorie distinte, l’assegnazione di priorità, il tracking della spesa, l’attribuzione di una spesa ad un certo capitolo mentale. In generale, le ricerche nell’area evidenziano che i consumatori e le imprese (buyer, imprenditori) valutano le proprie spese ed investimenti prima di tutto in relazione ai propri account mentali. Cerchiamo, tramite la seguente figura, di rendere visivo il concetto.
L’individualità umana rende, necessariamente, il budgeting mentale un fenomeno che assume proprietà diverse da persona a persona, e da cultura a cultura. Pertanto, dobbiamo attenderci una certa diversità e variabilità nella modalità di attribuzione e categorizzazione delle risorse.
Chi si occupa di Strategic Selling deve quindi fare i conti con questo meccanismo, rendersi conto che i bilanci e i budget economici sono solo una riflessione dei modelli di pensiero del cliente, e su questi modelli di pensiero bisogna lavorare. Come ho esposto in “Psicologia di Marketing”:
Per l’azienda, si evidenzia la necessità di prestare attenzione ai budget mentali ancora prima che a quelli scritti nei bilanci. Questa esigenza viene rafforzata da ricerche svolte da Heath e Soll (1996)3 da cui emerge che quando un budget mentale è troppo basso, le persone evitano di acquistare beni in quell’account sebbene non siano sazi di beni di quel tipo e sebbene non manchino risorse reali e fondi per acquistarli. Questo causa uno stato di underconsumption (consumo insufficiente di una categoria necessaria) che in azienda si traduce in sotto-investimento in aree indispensabili (ad esempio la formazione).
Questa varietà di sfide rende lo Strategic Selling un lavoro davvero delicato, complesso, e strategico, per cui ribadiamo l’affermazione che dà il titolo a questo sotto-capitolo: Negoziatori, Venditori e Comunicatori Senior sono persone fuori dall’ordinario.

1 Alcune tra le prime ricerche sul Mental Budgeting sono esposte in Heath, C. (1995), Escalation and de-escalation of commitment in response to sunk costs: the role of budgeting in mental accounting. in Organizational Behavior and Human Decision Processes, 62, 38-54. Vedi anche Henderson, P.W., & Peterson, R.A. (1992), Mental accounting and categorization, in Organizational Behavior and Human Decision Processes, 51, 92-117.

2 Vedi, nel campo della Consumer Research, la ricerca di. Stilley K. M, Inman J & Wakefield K. L. (2010), Planning to Make Unplanned Purchases? The Role of InStore Slack in Budget Deviation, in Journal of Consumer Research, 2010, 37:2, 264-278

3 Heath, C., & Soll, J. (1996). Mental budgeting and consumer decisions. Journal of Consumer Research, 23.

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