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©Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo: “Solution selling. Il manuale della vendita consulenziale”. Franco Angeli editore, Milano.

Se non puoi essere un pino sul monte, sii una saggina nella valle, ma sii la migliore, piccola saggina sulla sponda del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non puoi essere un’autostrada, sii un sentiero. Se non puoi essere il sole, sii una stella. Sii sempre il meglio di ciò che sei. Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere. Poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita.” (Martin Luther King)

Nel nostro viaggio verso il successo e il benessere, la speranza si presenta come un’abilità fondamentale. Essa si manifesta nella ricerca di scopi nobili da perseguire, nell’automotivazione nel raggiungimento di questi obiettivi e nella capacità di trovare soluzioni alternative quando si incontrano ostacoli.

Nel modello di Psicologia Positiva, la speranza si declina in due aspetti cruciali: la volontà di agire e la determinazione nel cercare vie alternative per perseguire i propri obiettivi. Questa prospettiva ci conduce alla concezione di una “Speranza Attiva”, in cui l’individuo non si accontenta di sperare passivamente, ma si impegna attivamente nella ricerca di soluzioni e nel perseguimento dei suoi scopi con determinazione e passione.

Nel contesto della vendita, individui con un elevato livello di speranza sono in grado di individuare e perseguire con successo molteplici strategie per raggiungere gli obiettivi di vendita. Anche di fronte a blocchi o ostacoli, essi dimostrano una straordinaria capacità di adattamento e perseveranza nel perseguire i propri obiettivi.

In ogni ambito della vita e del lavoro, le persone con speranza attiva sono mosse da una fede interiore nella possibilità di raggiungere il successo nonostante le difficoltà. Ogni azione intrapresa per difendere ideali, migliorare il destino degli altri o combattere ingiustizie trasmette una piccola onda di speranza nell’umanità.

Un percorso di Coaching Efficace e Professionale esplora il potere della speranza attiva e come possa influenzare positivamente il nostro percorso verso il successo e il benessere personale e professionale.

©Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo: “Solution selling. Il manuale della vendita consulenziale”. Franco Angeli editore, Milano.

Nel mondo competitivo di oggi, la nostra percezione del controllo sulla nostra vita, nota come “Locus of Control”, gioca un ruolo fondamentale nel determinare la nostra volontà di agire. Chi possiede un Locus of Control interno, pur mantenendo un equilibrio sano, mostra una maggiore predisposizione ad agire rispetto a coloro che si affidano completamente a fattori esterni.

Quindi, se crediamo che il destino sia in gran parte plasmato dai nostri atteggiamenti, scelte e azioni, saremo più propensi ad impegnarci attivamente nella realizzazione dei nostri obiettivi personali e professionali. Questo concetto è valido in ogni aspetto della vita: dalla vendita allo sport, dall’azienda alla politica e al sociale.

Il pensiero del filosofo cinese Lao Tzu ci ricorda come i nostri pensieri si trasformino in azioni e queste, a loro volta, plasmino il nostro destino. È qui che entra in gioco il concetto di Capitale Psicologico, basato sui principi della Psicologia Positiva, che si concentra sul potenziamento delle risorse psicologiche anziché sulla cura delle malattie mentali.

Il Capitale Psicologico si compone di quattro fattori interconnessi – pensiero positivo, resilienza, fiducia e ottimismo – che agiscono sinergicamente per massimizzare il potenziale individuale. Queste risorse positive, quando coltivate e integrate, possono portare alla massima espressione delle nostre capacità.

Al centro di tutto ciò c’è l’importanza delle energie personali e dell’amore per il lavoro, come sottolineato da Carl Gustav Jung. Questo amore traslato nel lavoro, unito alle competenze e al substrato psicologico di un individuo, costituisce il suo potenziale personale. Quando questo potenziale è sostenuto da un alto livello di Capitale Psicologico, l’individuo si trova in una posizione di forza per affrontare sfide e perseguire i suoi obiettivi con passione e determinazione.

In sintesi, per raggiungere il successo personale e professionale, è essenziale coltivare il nostro Capitale Psicologico, credere nel nostro lavoro e nelle nostre capacità, e abbracciare ogni sfida come un’opportunità di crescita e realizzazione.

©Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo: “Solution selling. Il manuale della vendita consulenziale”. Franco Angeli editore, Milano.

L’Importanza dell’Ottimismo Attivo nel Potenziamento Personale e Professionale

Nel percorso di crescita personale e professionale, uno degli elementi chiave che può fare la differenza è l’ottimismo attivo. Questo concetto va oltre la mera speranza passiva, spingendoci a prendere in mano il nostro destino e a costruire il nostro futuro con impegno e determinazione.

Nel contesto del Modello PsyCap, l’ottimismo non è semplicemente una predisposizione a sperare che le cose vadano bene, ma implica una consapevolezza del potere che abbiamo di influenzare il nostro futuro tramite le nostre azioni e le nostre scelte. È la sensazione di avere il controllo sul proprio destino, rappresentata dal concetto di Locus of Control. (LOC)

Il Locus of Control indica quanto una persona tenda a attribuire al destino o al fato il proprio stato attuale e futuro (Locus of Control esterno), oppure consideri il proprio stato e il proprio futuro come qualcosa su cui possiamo influire attraverso le nostre scelte e i nostri comportamenti (Locus of Control interno).

È chiaro che coloro che hanno un Locus of Control interno, senza cadere nell’ossessività, tendono ad avere una maggiore volontà di agire rispetto a coloro che attribuiscono tutto al destino. Se crediamo che il nostro destino dipenda anche dalle nostre azioni e scelte, saremo più inclini a impegnarci in progetti concreti e azioni positive per il nostro sviluppo personale e professionale.

Questo concetto è valido in ogni ambito della vita, sia esso la vendita, lo sport, l’azienda, la politica o il sociale. Chiunque abbracci l’ottimismo attivo è più propenso a intraprendere azioni concrete per il proprio successo, piuttosto che rimanere passivo e fatalista di fronte alle sfide.

In conclusione, l’ottimismo attivo è una risorsa preziosa per il potenziamento personale e professionale. Coltivare un Locus of Control interno ci permette di assumere il controllo delle nostre vite e di perseguire i nostri obiettivi con fiducia e determinazione.

©Articolo estratto con il permesso dell’autore, dott. Daniele Trevisani, dal testo: “Solution selling. Il manuale della vendita consulenziale”. Franco Angeli editore, Milano.

Efficacia, La capacità di Accettare le Sfide

Nel mondo dinamico e competitivo degli affari, la capacità di affrontare sfide e raggiungere il successo è fondamentale per ogni azienda. Ma cosa rende veramente efficaci le persone e le organizzazioni? Uno degli elementi chiave è la capacità di accettare le sfide (Efficacia) un concetto che va oltre le competenze tecniche e abbraccia la forza interiore e la fiducia nel proprio potenziale.

Secondo la ricerca condotta da Luthans, Youssef e Avolio, l’efficacia dal punto di vista del capitale psicologico si basa su due pilastri fondamentali. Primo, la convinzione positiva nelle proprie capacità di affrontare sfide. Ogni cliente soddisfatto rappresenta una sfida da superare, e avere fiducia nelle proprie capacità di farlo è cruciale per il successo. Secondo, la fiducia nel proprio potere di perseverare nello sforzo necessario per raggiungere gli obiettivi. Questo significa essere in grado di mobilizzare la motivazione e le risorse mentali necessarie per intraprendere azioni efficaci in un determinato contesto.

Le persone efficaci sono caratterizzate dalla convinzione nelle proprie abilità e dalla sicurezza nel perseguire i propri obiettivi. Questa fiducia si traduce in una maggiore persistenza e capacità di impegnarsi nelle attività necessarie per raggiungere risultati tangibili. È un circolo virtuoso: maggiore è la fiducia nelle proprie capacità, maggiore è la motivazione a compiere azioni concrete che portino al successo.

Come mental coach e formatore aziendale, comprendo l’importanza di potenziare il capitale psicologico sia a livello individuale che organizzativo. Attraverso programmi di formazione mirati e sessioni di coaching personalizzate, aiuto le persone a sviluppare la fiducia in se stesse e nelle proprie capacità. Fornisco strumenti pratici per gestire lo stress, potenziare la motivazione e migliorare le performance, contribuendo così al successo sia personale che professionale.

Tecniche di vendita centrate sul valore: porsi prima di tutto il problema di come il nostro prodotto/servizio andrà ad aumentare la produttività del cliente, i suoi risultati, i suoi desideri, per creare valore dove conta e non disperdere la vendita su mille argomenti inutili.

© Articolo di: dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it, Direttore Studio Trevisani Formazione e Consulenza e Studio Comunicazione Aziendale, articolo estratto con modifiche dell’autore dal libro “Strategic Selling”, Franco Angeli editore.

Passare dal CD di vendita alle domande che ci permettono di inserire la nostra vendita entro il valore aggiunto che il cliente vuole essere in grado di produrre per i suoi clienti

© Articolo sulle tecniche di vendita di: dott. Daniele Trevisani

Molti venditori hanno imparato a memoria un argomentario, una presentazione e la recitano chiunque ci sia dall’altra parte, sia esso un ingegnere, un buyer, un responsabile marketing, un titolare. L’errore fondamentale consiste proprio nel “mettere su il CD di vendita” anziché fare domande al cliente per capire in che scenario opera e come gli vanno le cose, e che tipo di valore aggiunto vorrebbe veramente creare per i suoi clienti. Quando le nostre tecniche di vendita  saranno improntate a creare un valore aggiunto per la SUA vendita, le magie accadranno.

Le domande da porsi, e da porre, per vendere

Idealmente, la vendita consulenziale e la vendita complessa devono interessarsi del cliente, e non vendere ad un soggetto fantasma.

Il comportamento da adottare nelle tecniche di vendita è il contrario del “mettere su il disco” della vendita, e consiste nell’applicarsi in un ascolto attento, partecipe, empatico, forte, analitico.

L’ascolto nelle tecniche di vendita deve essere praticato anche quando il cliente “decentra” rispetto all’esplorazione delle problematiche. Se non poniamo attenzione al ricentraggio dei temi conversazionali che contano, cadremo presto nella strategia della controparte ben formata (buyer professionali) che consiste nel “far scoprire” il venditore e trovarne le lacune, per poi utilizzarle contro di esso.

Quanto più potenziale esiste nel cliente, tanta più attenzione occorre dare nell’analisi. In una analisi accurata è necessario applicare attenzione a numerosi punti, in particolare occorre presidiare e diagnosticare:

  • gli scenari del cliente: che fase vive il cliente, a quali forze e pressioni è sottoposto, che implicazioni e vincoli ci sono sui suoi acquisti; che punti di vulnerabilità ha oggi sul mercato?
  • la mission del cliente e la sua organizzazione: cosa cerca in profondità il cliente, a quali target attuali si dirige, a quali nuovi target punta; come possiamo aiutarlo a raggiungere la sua mission e i suoi obiettivi?
  • il value mix del cliente: in cosa desidera fare la differenza, in quali aspetti del prodotto, del servizio, o dei prezzi, della distribuzione, o di immagine;
  • le action lines del cliente: riguarda sia le linee di azione che adotta verso i clienti, che le linee di azione che adotta verso i fornitori. Che strategia applica verso i clienti? Che strategia relazionale applica verso i fornitori e in particolare verso di noi?
  • Il front-line del cliente: come comunica il cliente al suo mercato e ai suoi clienti? Con quale posizionamento e stile? Quali canali usa? Quali messaggi lancia, ma soprattutto, quali vorrebbe lanciare?

tecniche di vendita Solution Selling by dott. Daniele Trevisani

Capire questo ultimo punto è essenziale in termini di tecniche di vendita consulenziale: se la fornitura riesce a diventare un tassello fondamentale del messaggio che il cliente desidera lanciare al proprio mercato, essa aumenta considerevolmente di valore.

Tecniche di vendita. Per approfondimenti

Contatta il Dott. Daniele Trevisani

corso vendita copertina la psicologia dell'acquisto psicologia del marketing e della comunicazioneCorso Vendita, materiale dal libro “ La psicologia dell’acquisto: Psicologia del Marketing e della Comunicazione centrata sulle Esperienze d’Acquisto

  • Il corso vendita Solution Selling è basato sulla psicologia del marketing e della comunicazione, tema trattato nel libro “la psicologia dell’acquisto”.
  • Il corso vendita Solution Selling è un percorso formativo nel quale apprendere a trovare soluzioni per i problemi che un cliente possiede, ascoltare il cliente, creare un’esperienza di acquisto di qualità e positiva, e nel quale si realizza soprattutto un’esperienza pratica di vendita consulenziale.
  • Il corso vendita Solution Selling si tiene sia online che in aula di formazione, a Milano, ogni mese, con cadenze alternate.
  • Per informazioni sul prossimo corso vendita Solution Selling, centrato sulla psicologia del Marketing e della Comunicazione, clicca su questo link.

Di seguito, un estratto dal testo “Psicologia dell’acquisto. Psicologia del marketing e della comunicazione centrata sulle esperienze d’acquisto”

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Capire il fenomeno dell’acquisto e le sue mille sfaccettature

La psicologia del marketing e della comunicazione deve essere centrata sulle esperienze di acquisto. Fare avere al cliente esperienze di acquisto positive vale molto più di centinaia di spot.

Concetti quale “consumatore” e “cliente” sono molto recenti nella storia dell’umanità. Negli ultimi secoli la tecnologia ha permesso di produrre e scambiare prodotti come mai prima. La democrazia (in alcuni paesi) ha consentito di creare realtà imprenditoriali dove esistevano solo monopoli.

Questi processi – per nulla terminati in diverse aree mondiali – ampliano la gamma di scelta del cliente e rendono l’acquisto un atto complesso.

In questo panorama prendono forma le scelte di acquisto basate su motivazioni di identità (Identity Based Motivations[1]). In altre parole, le specifiche identità culturali del cliente (etniche, religiose, di status socioeconomico, di appartenenza politica, e altre) danno luogo a specifici “consumer goals”, atti di acquisto che vogliono rafforzare la propria identità.

Non tenere conto di questo aspetto significa trattare ogni cliente come privo di identità, una ameba pronta ad acquistare qualsiasi cosa si appelli alla ragione, mentre la ragione pura, con questo panorama, ha poco a che fare.

Ogni acquisto e atto di consumo porta con sé implicazioni socioculturali, esperienziali, simboliche, e ideologiche[2]. Ma non solo. La ricerca ci indica anche che il cliente – essendo portatore di identità multiple – deve fare forzatamente alcune scelte prioritarie di identità. Uno studente potrebbe voler acquistare una felpa e chiedersi se sia bene portare una felpa del college cui appartiene, o della città in cui vive, o di un brand in voga tra i suoi coetanei. Allo stesso modo, un buyer aziendale potrebbe cercare un consulente con cui lavorava già per l’azienda precedente (identità passata) o un consulente già attivo nell’azienda attuale (identità recente). Queste varie identità a volte confliggono, e il consumatore tenta di raggiungere equilibri di identità prima di tutto mentali per mantenere la sua coerenza interna[3].

Una delle strategie messe in atto dalle aziende e dai venditori è il “priming”, ovvero fare emergere, tra le tante identità, una specifica che va sollecitata al fine di spingere verso una determinata scelta di acquisto. Un genitore potrebbe essere sia genitore che sportivo, e nel caso di aquisto di un’auto essere tentato sia da un modello station-wagon adatto per una famiglia con figli, o da una cabrio adatta ad un uso personale e per divertimento. Il priming del venditore sul cliente consisterà nelle parole che usa per sollecitare l’una o l’altra delle identità, alla luce delle sue strategie di vendita, es. “certo che per un giovane padre come lei questo SUV è fantastico quando si tratta di fare gite con la famiglia”, oppure invece dire “certo che per uno sportivo come lei questo modello cabrio le fa fare davvero un figurone quando arriva al club!”

Il priming qui esposto è banalizzato e ridotto ad esemplificazione, tuttavia una strategia di priming deve per forza essere sempre presente in ogni messaggio aziendale, nel quale una certa “identità” del ricevente viene sempre in qualche modo chiamata all’appello. Questo vale anche nella comunicazione pubblicitaria, a quale delle tante identità del consumatore essa punta, e con chce leve simboliche punta a fare priming.

La ricerca dimostra persino l’effetto di “Salvataggio dell’Identità” (Saving Your Self) che avviene quando un acquisto o un prodotto vanno contro l’identità che una persona sente forte in sé. Ad esempio, potrei decidere di non portare mai e per nessun motivo, nemmeno se me li regalassero, dei sandali “da frate” o delle Birkenstock aperte, perché darebbero di me l’immagine di essere un vecchio o un freak, mentre le tennis della mia marca preferita, benchè faccia caldo, danno di mè quell’impressione di persona sportiva e di tendenza che voglio dare[4].

La forza delle percezioni di sé, delle identità che sentiamo vive in noi e di come queste influenzano noi come persone, i nostri acquisti e i prodotti di cui ci circondiamo, è molto potente e non dobbiamo mai sottovalutarla.

Alcuni casi pratici, aneddoti personali ricchi di possibile apprendimento

Un cliente felice è un cliente che è disposto a parlare bene dell’azienda e del prodotto, a diventarne un paladino, a fare del passaparola positivo. Un cliente infelice vaga nel mercato seminando tossine e inquinando il buon nome del prodotto e del marchio.

Ma allora da cosa dipende avere un cliente felice o infelice? Dipende da tanti fattori, ma prima di tutto, dall’avere capito la sua psicologia, i suoi meccanismi di acquisto, il perché ha acquistato, cosa cercava, e che esperienza sta avendo con l’uso quotidiano del prodotto/servizio.

Il caso del maledetto piantone centrale della mia auto

Ho comprato un’auto che mi piace molto, un’auto ibrida che prometteva e ha mantenuto di fare più di 20 km con un litro, arrivando persino a 25, oltre ogni mia più rosea aspettativa. Ma allora dove è il problema? Il problema arriva dal fatto che come essere umano, stranamente, possiedo una gamba destra, una tibia destra e un ginocchio destro. I progettisti di Hyundai sembrano essersene dimenticati. Hanno fatto un piantone centrale, che divide il posto anteriore destro da quello sinistro, smisuratamente grande, al punto che la tibia e il ginocchio desro sono in costante sfregamento e pressione contro le plastiche. Questo provoca con il passare dei chilometri un fastidio indicibile. Allora viene da chiedersi, perché l’hai comprata? L’ho comprata perché nella prova dell’auto, di pochi chilometri, non si arriva mai alla sensazione che viene dopo decine di chilometri o centinaia di chilometri, per cui tale fastidio è stato nascosto dalla brevità della prova. I poveri incapaci che hannno progettato questi interni hanno mai provato l’auto per almeno una decina di giorni e parecchie ore al giorno, di persona? L’hanno mai fatta provare ad una persona di oltre 1,80 di altezza (i mercati europei cui sono destinate, hanno questo tipo di cliente!) Verrebbe da pensare di no! In questo caso il cliente felice lo si rende tale mettendo il cliente come essere umano e corporeo al centro di tutto, anche della progettazione ed ergonomia, capendo che il marketing esperienziale è fondamentale, il marketing esperienziale coinvolge tutti i cinque sensi del cliente. In questo caso la vista è appagata (l’auto è bellissima ai miei occhi), il tatto del volante è piacevole, l’odore dell’auto mi piace, ma la pressione continua sulla tibia sulle plastiche, quella proprio non la posso sopportare. E per questo cambierò auto nonostante i suoi 25 km/litro. Perché il bisogno di ergonomia di un’auto, fattore decisivo, non può essere cancellato dalla sobrietà dei consumi.

La domanda chiave è “perché dalla Hyundai non mi è mai arrivata una chiamata per sapere se ero contento dell’acquisto fatto?” Avrebbero certamente tratto indicazioni importanti per il restyling dei nuovi modelli!

Il caso del cellulare e la rete dati che va a scatti

Ho comprato un secondo telefono per l’ufficio e ho deciso di equipaggiarlo con una SIM di Postemobile, che si appoggia alla rete Wind. La promessa pubblicitaria parla di minuti illimitati, quindi telefonate illimitate, e 50 Giga di traffico in 4G (ad alta velocità per gli standard di oggi). Ciò che non diceva la pubblicità è che questo traffico è di fatto a scatti, hai momenti o intere ore in cui non va, e altri in cui va, per giunta male. In pratica, non puoi lavorare. Il servizio clienti Postemobile mi dice che è normale perché hanno le celle sature di clienti e di provare ad abbassare le prestazioni mettendolo in 3G/2G. Fantastico penso io! Come fare entrare 100 persone in un autobus che ne tiene 50! O chiedere ad una persona che acquista un’auto a 4 ruote di usarne solo 2! E poi viene da chiedersi perché nessuno di quei cento vorrà mai più salire su quell’autobus? Da notare che nello stesso luogo ed ora, una compagnia telefonica concorrente, Tim, che uso come telefono primario – mi offre lo stesso servizio allo stesso costo, con la differenza che FUNZIONA.

La domanda inerente al titolo del libro è “perché dalla compagnia telefonica Postemobile non mi è mai arrivata una chiamata per sapere se ero contento dell’acquisto fatto?” Perché sono stato io a dover chiamare il servizio clienti? Hanno forse paura di qualcosa che non vada? E se qualcosa non va, meglio saperlo, o meglio non saperlo e fare come gli struzzi con la testa sotto alla sabbia?

Si tratta di aneddoti, di casi personali certo, ma sono sufficienti a capire quanto sia fondamentale creare un cliente felice e verificare che lo sia davvero.

Ricaviamo da questi aneddoti alcune indicazioni generale su come rendere un cliente felice.

Il caso del sacco da Kickboxing PRO

Questo è un caso decisamente breve ma istruttivo. Ieri mi metto alla ricerca di un sacco da Kickboxing lungo, almeno 1.70 o 1.80 cm, per poterlo usare anche con i calci. Ne trovo parecchi ma sono tutti esauriti, specialmente della mia marca preferita, Leone Sport. Ne scopro uno invece apparentemente disponibile sul sito, un bellissimo sacco Sphinx made in Thailand, una marca davvero garanzia di qualità.

Prima di fare l’acquisto online, giusto per sincerarmi, decido di chiamare il negozio per sapere se il sacco c’è in magazzino o no. E faccio bene, infatti il sacco non è in magazzino ma il venditore mi assicura che chiamerà la Sphinx per farmi sapere quando arriverà e che in pochi giorni in teoria dovrei avere il mio sacco.

Passa la mattina, nessuna telefonata. Passa il pomeriggio, nessuna telefonata. La mattina dopo, nessuna telefonata. A questo punto ho seri dubbi sul fatto che il sacco ci sia o no. Ma il punto centrale è: cosa costava al venditore darmi una telefonata a fine giornata dicendo ad esempio che stava facendo il possibile per farmi trovare il sacco ma non era ancora riuscito a contattare la Sphinx? Ne avrebbe guadagnato tantissimo in accreditamento e in credibilità personale, e molto probabilmente mi sarei lasciato guidare verso qualsiasi altro acquisto mi avesse suggerito. Il lavoro, la fatica, la deve fare il venditore, non il cliente.

Leggi della felicità del cliente 1 – Della felicità del corpo e della continuità del servizio

Il cliente è felice quando il suo corpo è felice, in relazione all’uso del prodotto. Pertanto, vanno esplorate tutte le implicazioni di marketing visivo, olfattivo, tattile, cinestesico, aptico (legate al contatto) gustativo, e ogni modalità di contatto tra prodotto e cliente.

Il cliente è felice quando il prodotto/servizio risponde alle aspettative con continuità, senza interruzioni di prestazione, senza cali di qualità del prodotto/servizio promesso.

La fatica legata all’acquistare, al cercare informazioni e contatti, al compiere operazioni informatiche o manuali, deve essere fatta il più possibile dal venditore e il meno possibile dal cliente, al fine di accreditarsi come “problem solver” del cliente, in ogni singola fase dell’acquisto, nel pre-acquisto, durante l’acquisto stesso, e nelle fasi post-acquisto. Quando il cliente sa di poter contare su qualcuno di affidabile che è volonteroso nel risolvere i suoi problemi, è più felice, percepisce nel venditore Caratteristiche, Vantaggi, Benefici, e Unicità (CVBU) legate al fattore umano, che fanno da collante tra il cliente e l’azienda.

 

[1] Sharon Shavitt, Carlos J. Torelli, Jimmy Wong (2009), Identity‐based motivation: Constraints and opportunities in consumer research. Journal of Consumer Psychology, Volume19, Issue3.

[2] Eric J. Arnould, Craig J. Thompson (2005), Consumer Culture Theory (CCT): Twenty Years of Research. Journal of Consumer Research, Volume 31, Issue 4, March 2005, Pages 868–882

[3] Julian K Saint Clair, Mark R Forehand (2020), The Many-Faced Consumer: Consumption Consequences of Balancing Multiple Identities, Journal of Consumer Research, Volume 46, Issue 6, April 2020, Pages 1011–1030.

[4] Daniel Sheehan, Sara Loughran Dommer (2020), Saving Your Self: How Identity Relevance Influences Product Usage. Journal of Consumer Research, Volume 46, Issue 6, April 2020, Pages 1076–1092.

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© Copyright. Materiale di formazione vendite per il corso vendita Solution Selling, basato sui concetti esposti nel  libro “Psicologia dell’acquisto. Psicologia del marketing e della comunicazione centrata sulle esperienze d’acquisto

 

Tecniche di Vendita Consulenziale – Portare fuori le nostre domande. Sito di riferimento: Medialab-Research – Formazione per la Comunicazione, le Tecniche di Vendita, la Vendita Consulenziale, la Psicologia del Marketing
3.2. © Copyright – Dal libro Strategic selling. Psicologia e comunicazione per la vendita consulenziale e le negoziazioni complesse, di Daniele Trevisani – Franco Angeli Editore, Milano

Il valore delle domande nelle tecniche di vendita consulenziale

https://youtu.be/7ArTmHhiVSo

Qualsiasi tecnica di vendita avanzata evolve verso una dinamica di rapporto sempre più consulenziale, dove diventa fondamentale la diagnosi (ascoltare e capire) prima ancora della persuasione pura (esprimersi e convincere). Oggi, appena viene colto un intento persuasivo, le persone se ne vanno. E’ così ed è bene sia così, se è vero che persuadere senza avere capito niente del quadro del cliente ha davvero poco senso.

La complessità dei mercati e degli scenari ci obbliga a sviluppare le capacità di essere attenti ed empatici (capire l’altro), condurre diagnosi del cliente, dell’interlocutore, della situazione.

E’ necessario saper portare fuori le domande, non tenersele dentro. Le domande sono uno degli strumenti più utili e fondamentali in una tecnica di vendita che vuole offrire valore vero al cliente. Senza domande, una tecnica di vendita può essere solo equivalente a “mettere su un DVD” con un disco oramai consunto.

Questo produce un forte cambio di paradigma, dove prima erano fondamentali le capacità espressive (parlare), diventano essenziali le competenze di ascolto, di diagnosi (saper ascoltare, capire), e quindi le competenze progettuali (studiare e costruire soluzioni basate sulla diagnosi).

Sapere di avere buona capacità di analisi inoltre aumenta la sicurezza nella fase di comunicazione e produce un’immagine di maggiore autorevolezza e assertività. Questo si traduce in un forte incremento della capacità comunicativa e negoziale.

Tutto ciò non è semplice. Ma non è ancora abbastanza.

3.3. Principio dello stretching comunicazionale e rottura dell’incomunicabilità

In una negoziazione avanzata troviamo tutte le difficoltà, i limiti e le barriere date dall’incomunicabilità umana, amplificate dalle barriere culturali e organizzative, dalle abitudini stratificate, dagli stereotipi, e da interessi contrapposti che spesso sembrano antagonistici, uno contro l’altro. Rompere questo circolo vizioso è un principio basilare.

Una regola fondamentale della vendita complessa è il bisogno di trovare il “Common Ground”, i valori e principi condivisi, sui quali costruire i piani successivi. Ad esempio, chiarire che per entrambe le parti sia importante non solo il prodotto ma l’affidabilità reciproca.

Dobbiamo anche considerare che esiste quasi sempre una componente “interculturale” nel fare vendita e negoziazione ad alti livelli: le persone che interagiscono tra loro hanno culture diverse e regole implicite diverse (anche entro la stessa nazione), ed ancora maggiormente quando si rapportano tra loro manager di nazioni diverse. Questo complica il quadro.

La vendita consulenziale e la negoziazione sono tra le attività più complesse e impegnative svolte dall’essere umano. Durante una interazione di vendita o una negoziazione possiamo assistere ad un incontro tra mondi mentali distanti, culture diverse, stili linguistici e manageriali antitetici, differenti psicologie, scontri tra strategie e tattiche comportamentali, e spesso – ad un livello profondo – la collisione tra visioni del mondo contrastanti, accompagnata da forte incomunicabilità.

Lo stretching comunicazionale (saper cambiare stile comunicativo, ad esempio da persuasivo ad empatico, dove le domande potenti la fanno da padrone) permette alle persone che svolgono vendita e negoziazione di diventare più flessibili dal punto di vista comunicativo, saper utilizzare un linguaggio “tecnico” quando serve, e in altri momenti un linguaggio più “manageriale”, ed in altri ancora uno più “umanistico e valoriale”.

Vendere in America Latina, il giorno dopo in Germania, e la settimana successiva in Giappone, non richiede solo un aggiustamento di fuso orario, ma anche di “registro comunicativo”. Passare da un incontro con un dirigente del marketing ad un incontro con il responsabile della produzione, entro la stessa azienda-cliente, richiede ancora una volta una capacità di cambiare rapidamente stili comunicativi e sintonizzarsi su una “modalità di ricezione” adeguata ad interlocutori diversi. Questo ancora maggiormente se più interlocutori diversi tra loro sono presenti entro la stessa stanza.

© Copyright – Tecniche di Vendita estratte dal libro Strategic selling. Franco Angeli editore, Milano

dott. Daniele Trevisani

Dott. Daniele Trevisani www.danieletrevisani.it www.medialab-research.com

percezionesoglie percettive nella venditaPrincipio della crescita del Potenziale Umano e crescita personale nella vendita

Articolo Copyright. Estratto dal volume Psicologia di Marketing e Comunicazione, di Daniele Trevisani – www.studiotrevisani.it – www.danieletrevisani.com

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La funzione di risposta del mercato definisce il tipo di reazione che il consumatore o cliente sviluppa a fronte di un certo stimolo. Nel nostro lavoro, è necessario collegare questa funzione ad alcuni meccanismi che avvengono nella percezione umana, in particolare il fenomeno delle soglie percettive.

La psicologia della percezione identifica due tipi di soglie – soglia assoluta e soglia differenziale – le quali generano altrettanti tipi di prestazione (prestazione assoluta e prestazione differenziale).

La soglia assoluta identifica la quantità minima di stimolazione sensoriale necessaria affinché un particolare stimolo (una vibrazione, un oggetto, un colore) sia percepito da un individuo.

La soglia differenziale fa riferimento al differenziale di stimolazione sensoriale che determina per l’individuo la consapevolezza di un cambiamento, l’accorgersi di una mutazione nello stato precedente. È quindi basata sul concetto di percezione della differenza di intensità.
immagina soglie percettive psicologia di marketing

Questi fattori percettivi devono entrare al centro del processo imprenditoriale di gestione della customer satisfaction. Ad esempio, produrre un miglioramento nelle vibrazioni di un volante (riduzione di vibrazioni) quando non esiste un margine per ottenere un miglioramento percepibile (condizione di ceiling-effect) è un intervento che non supera la soglia differenziale, e sostanzialmente uno spreco di investimenti.

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Articolo Copyright. Estratto dal volume Psicologia di Marketing e Comunicazione, di Daniele Trevisani – www.studiotrevisani.it – www.danieletrevisani.com

decisori nella vendita e acquisto© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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Chi sono le persone che devono saper coinvolgere i decisori chiave?

  • Sanno muoversi nelle multinazionali così come nelle periferie dei paesi emergenti e, se serve, nei ghetti. Sanno gestire incontri diplomatici e con informatori, legali e illegali.
  • Sanno muoversi anche tra i magazzini, nei reparti di produzione, nei meandri aziendali che non si vedono in genere nelle copertine patinate delle brochure istituzionali.
  • Possono tranquillamente arrivare a contattare l’amante di un dirigente per ottenere informazioni, o carpire un dato da un colloquio con un impiegato alla macchina del caffè.

Non tutte le trattative si svolgono nei grattacieli New York, al contrario di quanto si vede nei film, in tutte esiste qualche componente tribale e sotterranea con la quale fare i conti.

I venditori consulenziali Senior sono, metaforicamente, più simili a dei Samurai, o meglio dei Ninja, allenati al combattimento in ogni condizione, preparati, addestrati, forti, e capaci di usare la strategia, più che la forza bruta.

Sanno mappare i sistemi decisionali. Sanno muovere leve e strategie alternative per raggiungere il risultato.

Sono negoziatori in grado di muoversi su mercati diversi e interna­zionali, interculturali, poiché – come tutti sappiamo – i business puramente intra-nazionali sono sempre meno frequenti o destinati a chi fa pura sub-fornitura.

Le vendite semplici, o vendite distributive, diventano rare, relegate alla bottega, in via di scomparsa, alla Grande Distribuzione, al Business-to-Consumer, e nemmeno in questi campi nulla viene più lasciato al caso.

Molti nuovi business arrivano soprattutto dai mercati emergenti, paesi in via di sviluppo, o da tecnologie nuove ed ignote, in cui qualsiasi logica conosciuta può saltare, e nessun corso universitario ti può preparare abbastanza.

Servono quindi capacità trasversali: ad esempio, la capacità di mappare i sistemi decisionali.

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Nell’analisi della Power Matrix (la matrice del potere), la rete di rapporti in corso permette al Team di Vendita o al Venditore Senior di individuare dove sono gli spazi di manovra, capire che segnali lanciare e a chi; con chi è bene farsi vedere o non farsi vedere, e perché.

Un negoziatore Senior o venditore Senior dopo aver mappato i poteri, deve saper praticare attivamente Key Leader Engagement (KLE), la capacità di coinvolgere (engage) i Key Leaders o decisori chiave di una partita negoziale. Ovunque vi siano strategia e poste elevate in gioco, la capacità di Key Leader Engagement è vitale. Può anche ricorrere ad “agenti” o delegare parte del lavoro di KLE da eseguire. In questo caso, tali agenti devono essere assolutamente competenti e consci del territorio delicato nel quale si stanno movendo. Devono sapere qual è l’End-State (Stato Atteso) del loro progetto, chi o cosa devono influenzare, che impressione desiderano creare di noi, dei competitors, e delle forze in campo.

© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

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© Articolo a cura di: dott. Daniele Trevisani, Studio Trevisani Formazione, Consulenza e Coaching.- Testo estratto dal volume di Daniele Trevisani “Strategic Selling. Psicologia e Comunicazione per la vendita”, Franco Angeli editore, Milano, 2011

Occuparsi di vendita significa trattare con la psiche umana, con i suoi meccanismi di funzionamento, e in particolare:

·quelli relativi alla decisione- come gli individui e le aziende attuano le scelte che devono compiere? Quando avvengono le decisioni? Cosa conduce una persona a prendersi un impegno? Quali azioni possiamo mettere in campo per far si che una decisione venga presa?

·la comunicazione interpersonale (come le persone si rapportano tra di loro). Con che stile, con quali canali, con quali effetti?

Significa anche osservare questi meccanismi in un contesto sociale e di gruppo che può mutare da un momento all’altro (il sistema azienda è un sistema tribale e complesso) e non in un laboratorio asettico.

L’approccio della drammaturgia, le scienze del teatro e della rappresentazione, ci aiutano enormemente a dare spessore e familiarità a meccanismi di allenamento alla vendita, alla trattativa e negoziazione, che altrimenti faticano a trovare forma, ad esempio:

·il prologo e l’epilogo di una rappresentazione teatrale hanno molti meccanismi comuni con le fasi di apertura e di chiusura di una vendita;

·gli attori e i personaggi diventano maschere di una rappresentazione in real-life;

·possiamo dividere i diversi incontri negoziali come “atti” (primo tempo, secondo tempo, terzo tempo, e via così) di una grande rappresentazione;

·entrano in scena i “personaggi”: durante un atto compaiono nuovi personaggi anche inaspettati, a scompigliare l’intera rappresentazione e a modificare il quadro strategico e gli assetti ed equilibri di una trattativa in corso;

·durante una vendita (e nel teatro) va in scena un copione emotivo, possiamo trovare momenti di vissuto quali la “confessione”, l’accusa, lo sproloquio, o la disperazione;

·il tono stesso di una scena o di una intera sequenza di vendita può toccare tutta la sfera dei “generi” e stili teatrali: comico, drammatico, ironico, surreale, etc;

·lo sfondo emotivo può essere poetico, drammatico, esistenziale, psicologico e psicanalitico, amicale o ostile al protagonista, può assumere tratti duri o sfumati, può avere tempi dilatati o tempi serrati, esattamente come una rappresentazione teatrale o in un film.

Prepararsi atutto questo è essenziale per un professionista di vendita (e per ogni manager).

I paralleli tra i due mondi ci aiutano quindi a fare luce sui meccanismi sottostanti la vendita consulenziale.

Trattare la dinamica psicologica della vendita significa entrare nella psicologia della percezione (come viene decodificata la realtà), mentre trattarne l’aspetto drammaturgico significa evidenziarne gli aspetti teatrali, smontare il “gioco” in corso.

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©Copyright. Vietata la copia o riproduzione non autorizzata. Per contatti. Altri approfondimenti sul volume sono disponibili alla sezione dedicata alla Vendita Strategica sul sito Studiotrevisani e sul blog Strategic Selling, risorse per la formazione vendite.

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching