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Articolo estratto dal testo “Self Power, psicologia della motivazione e della performance“, copyright FrancoAngeli Editore e Dr. Daniele Trevisani Formazione Aziendale e Coaching, pubblicato con il permesso dell’autore.

Prendersi cura del proprio destino

La debolezza imputridisce, produce solo persone che si girano dall’altra parte quando qualcuno aggredisce una donna o dei bambini per strada. Molto meglio sarebbe una società ripiena di persone forti che lottano per qualcosa, come individui, e se serve, assieme, uniti.

In questo senso, il lavoro diventa training e il confine tra lavoro e preparazione sfuma, perchè ogni ora di lavoro e di preparazione conta e vale. Non è tempo gettato. Allenare la mente e non solo il corpo è fondamentale.

Fare grounding significa cercare un senso di radicamento forte, un ancoraggio, sentire una robustezza di sé nelle radici. Senza grounding siamo, letteralmente, senza base e più deboli.

Essere grounded significa sentirsi solidi e radicati nel proprio terreno d’azione e padroni del proprio territorio psicologico. Il grounding permette di ancorarsi a un senso di robustezza della causa e degli ideali verso i quali si lavora e a un senso di radicamento i nse stessi, nel proprio corpo.

Richiede ancoraggi, un forte lavoro di sviluppo e formazione, rimuovendo ogni atteggiamento banalizzante, stare alla larga dal pensiero di ricorrere alla fortuna o casualità, di cercare furbizie o astuzie improvvisate. Questo vale in ogni campo.

Chi vi propone soldi facili non ha grounding. Chi vi propone vittorie facili non ha grounding.

Serve un lavoro centrato sulla persona e sulla sua crescita, un approccio che gli psicologi umanistici chiamano rogersiano (da Carl Rogers, psicologo umanistico sviluppatore della Client-centered Therapy).

Ogni ostacolo può essere visto come una barriera davanti a noi. Ma pensiamo a quanti ostacoli abbiamo superato. E quindi giriamoci verso la luce e attraversiamo il buio, guardiamolo in faccia con una nuova consapevolezza: possiamo trovare le risorse dentro di noi per affrontare il buoi e gli ostacoli, per ridurne la complessità percepita, passarli da sopra, da sotto, di lato o persino da dentro.

Per approfondimenti vedi:

Articolo estratto dal testo “Self Power, psicologia della motivazione e della performance“, copyright FrancoAngeli Editore e Dr. Daniele Trevisani Formazione Aziendale e Coaching, pubblicato con il permesso dell’autore.

Quando aumentano le energie mentali ?

Le energie mentali aumentano quando:

  • Si accresce il grado di auto-accettazione sia attuale che nella storia personale
  • viene ricercata e raggiunta un’identità e un ruolo positivo per la propria possibilità di espressione, per i valori e ideali personali, si mettono in moto tentativi di cambiare in meglio e si supera la fase di stallo.
  • Aumenta la chiarezza sui ruoli multipli compresenti, e diventa possibile imparare a integrarli senza dissonanze irrisolte.
  • L’individuo sa distinguere i confini dei ruoli e sa gestire le energie e tempi da dedicare ai diversi ruoli; non vive più in multitasking ma gioisce di ogni esperienza vivendola nel momento.
  • Le immagini del Sé ideale o Sé ispirazionale sono maggiormente frutto di autodeterminazione e libero arbitrio, con minore dipendenza da schemi esterni; vogliamo diventare qualcuno o qualcosa che sia frutto di una nostra elaborazione libera e autonoma.
  • L’individuo sa trovare aree per la propria espressione. Abbiamo chiaro cosa significa per noi esprimerci e non ci vergogniamo a pensare e di fare.
  • Aumentano le capacità assertive per costruire e negoziare i tratti del ruolo con le controparti, per interagire senza subire, impariamo a non vivere come permanente situazioni che non sentiamo nostre e ci adoperiamo per cambiarle.
  • L’individuo affronta il problema della chiarificazione del proprio ruolo, e ricorre a supporti adeguati (coaching, counseling, terapia, dialogo profondo).

Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:

  • l’individuo non accetta l’immagine di uno o più dei suoi Sé passati.
  • L’individuo non accetta la sua identità e ruolo attuale, e non fa niente per cambiare.
  • L’individuo non ha chiarito a se stesso le sue diverse identità e ruoli coesistenti, e manca un Sé superiore in grado di unificare la nostra identità.
  • L’individuo possiede immagini di se stesso multiple e tra di loro incompatibili, dissonanti, alimentando una lotta interiore.
  • Manca la capacità di fissare confini chiari nella gestione delle energie e tempi da dedicare ai diversi ruoli.
  • Le immagini del Sé ideale sono stereotipate e mal ancorate alla realtà.
  • L’individuo non cerca o non sa dove trovare aree per la propria espressione personale, non abbiamo chiaro cosa significa per noi esprimerci veramente.
  • Mancano capacità assertive per costruire e negoziare con le controparti.
  • La chiarificazione del proprio ruolo è posticipata troppo a lungo, o mancano supporti adeguati.

Osserva, localizza, agisci

Le capacità di un’aquila sono straordinarie: guarda dall’alto, osserva, volteggia poi focalizza bene la preda. A quel punto si getta senza esitare.

Dobbiamo fare la stessa cosa: la via per assumere l’atteggiamento dell’aquila è passare dall’apatia alla “fame”,. Nella vita vieni sbattuto continuamente tra messaggi che ti dicono “riposa”, “desidera meno”, “corri”, “lavora”. In questo l’aquila ha qualcosa da insegnarci: si riposa quando deve, va a caccia quando serve.

La nostra caccia riguarda obiettivi di vita, modi di essere e stati d’esistenza. La vera emancipazione arriva quando cominciamo a cercare domande, senso, e ne troviamo alcuni brani, tracce, o semplici segnali, strada facendo.

Troviamo un sogno da inseguire, un emozione da gustare, una compagnia con cui osservare un tramonto. Cerchiamo di capire cosa sia l’universo e come funzioni, dove siamo noi e cosa fare per rendere omaggio a questo miracolo. Se hai la fortuna di incontrare una persona piena di queste energie, di questi sogni e ideali, e ancora più se questa persona sei tu, tienila stretta.

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Articolo estratto dal testo “Self Power, psicologia della motivazione e della performance“, copyright FrancoAngeli Editore e Dr. Daniele Trevisani Formazione Aziendale e Coaching, pubblicato con il permesso dell’autore.

Una parola confusa e da interpretare

Il significato comune del termine performance comprende troppo spesso concetti di fisicità estrema, alta intensità e condizioni di picco, con il chiodo fisso di andare oltre il limite. Questo è un errore. Le performance sono anche atti quotidiani, ripetitivi, azioni di bassa intensità, ma che richiedono una volontà e una forza interiore.

Ogni giorno, ogni singolo giorno, in ogni vita, si producono performance che hanno qualcosa di eccezionale. Le azioni umane sono spesso banalizzate, a meno che qualche tragedia non ci ricordi che il fattore umano è in fulcro di ogni cosa. Allora e solo allora scopriamo che la lucidità mentale fa la differenza tra la vita e la morte, tra benessere e fallimento di migliaia di persone.

E allora, quanto training si fa sulla lucidità mentale ? Poco o niente, un’incoerenza assurda. Si pensa a un formatore spesso come ad un “insegnante” che parla a degli adulti, una specie di auto-parlante. In altri casi appare cos’ ma in realtà sta compiendo una formazione attiva.

Solo chi insegna con passione sa quanta differenza ci sia tra il “parlare” e il “fare formazione attiva” e quanta attenzione serva in ogni istante, in ogni secondo, per tenere monitorati i livelli di attenzione dell’intera aula e dei singoli partecipanti, osservare gli stati emotivi.

È una performance svolgere un colloquio di lavoro o una vendita, gestire una riunione e farla diventare efficace, condurre una buona lezione, o fare una buona diagnosi di una malattia. Persino ascoltare bene è una performance.

Troppo spesso le performance sono confuse con atti puramente muscolari e con azioni di brevissima durata. Nella visione olistica le performance devono essere viste come atti soprattutto mentali e, per quanto riguarda la durata, comprendere 1) il lavoro della comunità e 2) lo scopo, la misura di quanto esso sia nobile.

La visione olistica della performance non si limita a cronometrare i risultati o misurare quanti soldi entrano nel breve termine. Ti parla della vita come di una serie di opportunità da cogliere e persino da costruire, con le tue mani, con la tua volontà, da spirito libero.

Occorre fare una sana e costante manutenzione di questi aspetti essenziali anche quando tutto sembra andare bene. Anzi, è proprio quando le cose vanno bene che i processi di potenziamento delle energie possono avere meno freni e costituire le basi per un futuro di progressi.

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La partenza del lavoro di crescita personale

Il lavoro su di sè parte con il porsi domande cui non esiste risposta facile.

  • Per cosa vivo?
  • Sto vivendo una vita di cui mi sento orgoglioso?
  • Cosa mi carica e cosa mi scarica ?

Le domande potenti sono uno strumento potente. Le domande non riguardano solo i massimi sistemi, ma anche questioni quotidiane.

  • Il mio fare quotidiano è distratto da qualcosa di cui posso fare a meno?

Solo le persone che si pongono domande e si fermano a riflettere possono trovare le risposte. Einstein ha osato porsi domande che altri non si ponevano, e ha saputo osservare l’intangibile con occhi più limpidi di altri scienziati. Come sottolinea egli stesso, quando si applicano domande potenti a temi anche apparentemente banali possono nascere grandi riflessioni.

Lavorare in profondità

Un lavoro profondo deve rifiutare modelli di coaching “da musical” dove le persone vengono sostanzialmente manipolate.. si salta, si balla e si ascolta una persona che ti insegna come diventare ricchi in dieci semplici mosse.

Serve una rivisitazione profonda di sè per liberarsi da modi di essere che non ci appartengono veramente. E per acquisirne di nuovi che prima non conoscevamo. Il “rumore” e le azioni appariscenti, forzatamente eclatanti, “tanto rumore e poca”.. non sono il nostro metodo.

A volte le risposte si trovano nel silenzio, nella quiete, nella meditazione, nella contemplazione. Ma ciò che conta è la capacità di sblocco che un’azione porta sul proprio vissuto. Vale più porsi una buona domanda che ricevere cento suggerimenti inutili.

In un coaching personale o manageriale è importante porre le persone di fronte al bisogno di dare un senso al proprio contributo.

In un coaching sportivo è fondamentale portare un atleta a chiedersi quali performance lo renderanno orgoglioso di sè.

Nello sport, nel lavoro, nella vita personale, e in ogni campo, inutile maledire i risultati che non arrivano, Molto meglio cercare aiuto, parlare con qualcuno che ti ascolti e ci capisca, per esaminare cosa sta accadendo. Sognare l’impossibile è bello, ma anche riuscire a impegnarsi per il possibile.

Dobbiamo abituare le persone a “dirigersi verso” a non accettare la stasi, lottare contro il senso di smarrimento. Vivi quella sensazione per quello che vale, respirala, sentila, non importa se ci sarà un “dopo”.

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Riconoscere le piccole cose

Esiste un enorme confusione su cosa sia una vita piena o una vita vuota. O una giornata piena e una giornata vuota. Posso trovare una spiaggia desolata “piena” di stimoli. Posso scoprire che è in realtà “vuota” di significati quando ripiena di turisti, ombrelloni, radio e caos.

Alcuni associano una vita piena ai party, alla mondanità, al glamour, alle certezze, ad un abito. Altri alla pienezza interiore, al sentimento prepotente di far parte di un flusso di energie universali e sentirle scorrere, liberandosi dal bisogno di certezza e di strutture.

Molti cadono nel tranello opposto: disapprovare qualsiasi lato della vita che abbia il sapore di essere “tangibile” e si immergono in una spiritualità sterile, a volte persino spenta, che non produce niente per nessuno. Mediatori allo stato puro ma di utilità abbastanza dubbia.

Una nuova arte è quella di pensare in modo aperto: equilibrare il tangibile e l’intangibile, abbinare il lavoro sul corpo a quello sulla mente, la spiritualità e la progettualità. Il dio denaro può essere vuoto o pieno, se diventa strumento utile per progetti che fanno bene alla vita.

Anche l’attenzione a se stessi, tacciata come egoismo, deve essere ripensata, Posso essere utile agli altri e non un peso per gli altri. Posso essere tra chi aiuta e non tra chi deve ricevere per poter sopravvivere. Essere deboli e privi di energie non è utile a nessuno, tantomeno a chi ti sta a cuore. Se ami qualcuno, potenziati e fai qualcosa per te.

Non lasciamo che l’essere incompresi fermi il nostro cammino. Se sentiamo il bisogno di progredire, facciamolo.

Self-Power è un metodo olistico che cerca di associare i fronti, cura del corpo e cura della menta, biologia e spiritualità, in un unico processo integrato. Quando siamo davvero identificati con un corpo, la nostra fedeltà deve essere assoluta verso il fine e totalmente dis-identificata con il mezzo che usiamo. Purchè ti avvicini l’anima, ti dia l’impulso verso la gioia e la voglia di vivere la vita come qualcosa di unico, un rarissimo, irripetibile miracolo.

Alcuni esempi di azione orientata al miglioramento delle energie personali:

  • Fare pulizia tra pieno e vuoto: Distinguere la povertà economica e materiale da quella morale, la ricchezza economica dal benessere, per una razza nuova di uomini permeati di ricchezza morale permeata e di spessore umano e non tanto di gioielli e di pellicce;
  • Fare una buona dieta comunicazionale, evitare di ingurgitare quanto passano i mass media e cercare attivamente contenuti che nutrono stimoli, siano essi di apprendimento o di riflessione positiva.
  • Distinguere apparenza e sostanza, maschera e persona. Non confondiamo mai il pieno e il vuoto nella facciata che le persone presentano.
  • Teniamo gli occhi puliti, in grado di riconoscere gli strumenti utili per la crescita personale e destiniamo risorse per vivere momenti di crescita.
  • Il corpo è il tuo taxi permanente, occorre fare attività quotidiana che lo tenga più in forma possibile.
  • Praticare un’attività quotidiana di training mentale

Un lavoro su di sé paga, la coltivazione del nostro potenziale umano fisico, psicologico, del nostro bagaglio di conoscenze, del nostro essere.

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Training e coaching atti a potenziare la corteccia

Si tratta della zona celebrale che ci mette in grado di elaborare le emozioni positive e cogliere il bello e il piacere degli elementi della vita e dell’ambiente che ci circondano. Se questa zona non viene allenata, come un muscolo in disuso, si riduce in termini di potenza e capacità, per cui rimaniamo in balia della sola corteccia prefrontale destra e di un continuo vissuto negativo.

Le neuroscienze ed il coaching basato sulle neuroscienze in questo sono di grande aiuto, pratico e concreto, con esercizi fattibili da chiunque. Per apprendere questi temi, la sola lettura non è sufficiente, ma serve la partecipazione ad allenamento speciali.

E anche la perseveranza non deve mancare. Se da un corso non traiamo niente, cambiamolo, senza troppe recriminazioni, finchè non troviamo qualcosa che funzioni su di noi. Se senti una pulsione verso una crescita vuol dire che quella voce va ascoltata, è una voce importante da non seppellire mai.

Ecco un paio di esempi di casi:

  • Esempio in ambito sportivo:
    Obiettivo: riprendere il gusto del ring, assaporare ogni attimo. Questo significa, per un atleta che ha già vissuto un intera vita nello sport, rinascere prima di tutto nelle emozioni, poi come atleta. Riscoprire come in ogni singolo colpo si attiva la catena muscolare dalle dita sino al capo, sentire il respiro dell’aria fresca usciti dalla palestra, il piacere del sudore, ascoltare i segnali del corpo. Far diventare il giorno della gara, tra luci e riflettori con telecamere di tv di tutto il mondo puntate addosso, come un momento di gioia, liberi dal giudizio, un momento di vita pura.
  • Esempio in campo manageriale:
    Per un dirigente riscoprire il gusto di fare un colloquio in profondità, anziché un rapido giro di telefonate. Conoscere le persone e sapere su chi poter contare cogliendo la felicità di chi sente di avere un potere di osservazione nuovo, potente e una dote nascosta finora mai usata. Divertirsi ad esaminare e se necessario smontare le argomentazioni e le riunioni, padroneggiare le riunioni anziché esserne dominato, guadagnarsi la leadership sul campo e non tramite pezzi di carta. Lavorare e vivere meglio.

In entrambi i casi, il lavoro sulla corteccia prefrontale sinistra è partito con osservazioni, di quanto ci fosse di piacevole nell’ambiente umano e fisico potenziale, per poi passare a esercizi di bioenergetica in acque termali, con esercizi di percezione aumentata dei segnali positivi circostanti, dati da immagini, suoni, luci, sensazioni interiori. Poi i role-playing, gli esercizi con “stop dell’azione” e osservazione aumentata, e tante altre fasi di training operativo e non solo teorico.

In tutti i casi si assiste ad un meccanismo unico: lo spalancarsi delle capacità di sentire, il percepire gli elementi e i momenti della vita, e un fantastico trascinamento positivo di questa capacità sia nell’azione che nella vita quotidiana.

Ri-allenare la corteccia prefrontale sinistra significa far assaporare ogni singolo boccone di vita e sentire ogni momento nella sua sacralità, anzichè vivere la giornata o una performance senza sentirne i profumi, i colori, il tatto, i suoni e le sensazioni interne che ti possono produrre.

Se non impari e ti alleni a cogliere le sensazioni positive enormi e immense nessun altro lo farà per te.

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Articolo estratto dal testo “Self Power, psicologia della motivazione e della performance“, copyright FrancoAngeli Editore e Dr. Daniele Trevisani Formazione Aziendale e Coaching, pubblicato con il permesso dell’autore.

Training mentale per accedere ai poteri della mente

Molti nostri comportamenti quotidiani sono dominati dal meccanismo stimolo-risposta. Automatismi innati che funzionano bene nel mondo animale ma meno in un mondo sociale.

Tu mi aggredisci, io aggredisco te. Qualcuno rifiuta il tuo progetto, tu ti senti svalorizzato. E magari cominci a pensare di non valere. Il passo successivo è lo stress, e l’attivazione del SNS (sistema nervoso simpatico) che determina le reazioni di attacco-fuga.

La fuga prende forma o di corsa o di blocco fisico. Un blocco comportamentale o decisionale, non riuscire più a muoversi, o a decidere, è una forma di fuga dal pericolo mossa dal SNS. L’attacco può prendere forma fisica, verbale violente o sottile.

Il sistema simpatico è anche chiamato sistema fight or flight, combatti o fuggi. È la tipica reazione dell’uomo primordiale di fronte al leone, fuggire o difendersi. Il problema è che oggi questo sistema “parte” anche quando sentiamo un pericolo non così reale, come un compito in classe, una presentazione di fronte ad un pubblico, o una discussione accesa.

È possibile apprendere a dominare meglio il proprio sistema nervoso simpatico ? Esiste un metodo di allenamento chiamato S-E-R (stimolo, elaborazione, risposta) in cui lo scopo è far si che le risposte comportamentali sfuggano al controllo obbligato del sistema simpatico.

In altre parole, diventare più padroni del proprio comportamento anche in casi estremi. Il risultato è rimanere coscienti e lucidi. Guardare in faccia i pericoli senza esserne sequestrati, bloccati o annientati perdendo di vista le opzioni possibili.

Esiste un allenamento specifico e come ogni allenamento bisogna ripeterlo varie volte sino alla completa padronanza. Questo è possibile sia per chi opera sulle performance intellettuali, sia su quelle sportive o fisiche.

Le sedute di training mentale sono in grado di muovere sia la capacità di attivazione che la capacità di rilassamento. Il vissuto del rilassamento è il territorio del sistema nervoso parasimpatico (SNP), il sistema opposto al sistema nervoso simpatico.

È lo stato del riposa e recupera, della rigenerazione fisica e mentale. Dirige il sangue verso l’apparato digerente, restringe le pupille, diminuisce la frequenza del battito cardiaco. Il training mentale può essere molto utile, rimettendo la persona in grado di rilassarsi quando vuole farlo, vivere con serenità compiti e sfide, recuperare le energie.

Il vero accesso verso il nostro vero potenziale passa attraverso una riflessione profonda ma non nega le neuroscienze, la fisiologia, la conoscenza della macchina biologica e mentale che portiamo dentro di noi e che nasconde trucchi da imparare e sfruttare.

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La performance-wellness

Esistono performance che costruiscono le persone, le migliorano e le fanno crescere, e altre che distruggono chi vi si impegna. L’obiettivo di performance può essere raggiunto con o senza wellness (benessere). Al pari, il wellness può essere raggiunto con o senza performance.

Esistono diverse condizioni:

  • Condizioni di drenaggio: le performance sono elevate ma le condizioni psicofisiche decadono, la persona si consuma, il processo è degenerativo, l’individuo consuma le proprie energie a danno di se stesso.
  • Condizioni di distruzione: lo sforzo nel raggiungere la performance non trova riscontri, i risultati non arrivano. Allo stesso tempo, l’esperienza e la condizione psicofisica sono consumanti e negative, la distruzione è rapida sia sul piano fisico che morale.
  • Condizione di relax: Viene ricercato e raggiunto uno stato di benessere (wellness), una condizione di relax, di recupero e ricarica, ma non vengono raggiunti obiettivi di performance. È una condizione di recupero, positiva per l’individuo per il periodo che serve, ma non è sostenibile per ampi periodi di tempo per un’organizzazione produttiva o nella vita di chi non abbia una rendita garantita. Non è inoltre sostenibile come condizione permanente per chi debba produrre, guadagnare, e trovare sostentamento.
  • Stato di Flusso: le prestazioni vengono raggiunte ottenendo allo stesso tempo una buona condizione di wellness, raggiungere le performance non va a discapito di una condizione psicofisica ottimale ma le due condizioni coesistono e si amplificano a vicenda.

Lo stato di flusso è possibile solo a condizione che tutte le sei celle della piramide siano in condizione di filling (carica) e la persona possa esperire un forte empowerment (sentimento di potere personale legato alle sfide e al ruolo).

La natura esplorativa dell’essere umano che vive per riuscire a raggiungere un obiettivo coesiste con il desiderio di vivere in una condizione di wellness. Questa natura non va contrastata. I risultati non arrivano solo tramite la sofferenza.

Un processo di crescita richiede sforzo ed impegno, ma è falso che lo sforzo e l’impegno debbano essere sempre e solo accompagnati da emozioni negative, e non possano invece essere vissute come uno stato di gioia, di amore e di passione.

La nuove sfida è questa: come posso arrivare a coesistere in un unico super-obiettivo? Per rispondere dobbiamo fare i conti con le emozioni.

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Riconoscerli e difendersi, poi passare al contrattacco

Possiamo ritenere che un bambino appena nato abbia in se ogni risorsa possibile per diventare una persona eccezionale. Se non lo diventa è colpa in larga parte delle culture, degli acquari esistenziali e comunicativi tossici in cui si cresce e di come questi possano amputare o ridurre la persona entro i loro schemi.

Riconoscere il potenziale, proibire la sua mutilazione, lavorare per un futuro fantastico, dove ognuno sia libero di esprimersi e si possa veramente esprimere al massimo senza amputazioni culturali. Se hai un minimo di margine di libertà, pupi decidere di impegnarti in una risalita.

O se sei già in alto, sfruttare la tua altezza per guardare dove altri non hanno ancora mai guardato, osare e avanzare ancora. E se senti di non farcela, un consiglio. Non suicidarti, combatti.

Spesso il risultato è che le persone costruiscono una corazza caratteriale anzichè diventare creature libere. Non possiamo fare a meno di notare il potere coercitivo di oppressione esercitato dalle culture, soprattutto quando queste prendono forma in religioni totalitarie.

La religione, qualsiasi credo, nel metodo HPM, è un fattore da rispettare, fintanto che essa rispetta te. Non puoi mai diventare dogma da forzare sulle persone. Lo stesso meccanismo di base viene attribuito alle istituzioni totalitarie anche da George Orwell.

Il controllo sociale, oggi, è decisamente più subdolo di quanto praticato dai regimi che lo fanno apertamente. È sufficiente far guardare abbastanza Tv commerciale ad un ragazzo, riempirlo di spot in cui impari che cosa è giusto e sbagliato dai nuovi educatori pubblicitari.

La vita di una persona che si impegna per un lavoro onesto, o nello studio, o nella ricerca, dopo decenni di dieta psicologica tossica, sembrerà davvero sprecata, banale e da evitare. La psicologia positiva deve portare le persone a gestire da sole i parametri e gli standard che utilizza per valutarsi.

Purchè non faccia male a qualche innocente, una vita che devia dallo standard locale e culturale non deve diventare sbagliata per forza. L’essere umano ha un’enorme capacità di crescere ed evolversi. Questa potenzialità di crescita travalica ogni età, stato e condizione, e un ambiente formativo adeguato permette di trovare strade e percorsi per farlo.

Anche nel proprio piccolo territorio personale, raggiungere e superare il proprio potenziale è possibile.

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Articolo estratto dal testo “Self Power, psicologia della motivazione e della performance“, copyright FrancoAngeli Editore e Dr. Daniele Trevisani Formazione Aziendale e Coaching, pubblicato con il permesso dell’autore.

Il lavoro è appena cominciato

Nel momento in cui la liberazione del potenziale individuale possa diventare un fenomeno di massa assisteremo a mutamenti positivi travolgenti, un mondo nuovo.

La sfida è enorme, il campo della crescita personale è certamente affollato da studi, ricerche e metodi, ma abbondano gli improvvisatori e i venditori di fumo, e come ambito di ricerca di certo non si può considerare concluso.

Chi sostiene che nelle scienze umane sia già stato detto tutto afferma un ipocrisia che viene smentita appena si esce dalla porta, o persino dentro casa. Se fosse vero, la realtà dovrebbe essere magicamente priva di problemi, un paradiso felice per tutti, ma non è così. Esiste un grande bisogno di performance in ogni campo.

Le performance sociali devono avere un obiettivo importante: crescere la qualità di un sistema sociale. Per chi abbia già raggiunto un certo grado di benessere materiale, se il primo problema al risveglio non diventa quello di crescere se stessi e gli altri, di contribuire a una causa, il lavoro non è finito. Finchè avremo aziende condotte in modo nepotistico, manager arroganti, o insufficientemente preparati, o privi di visione, il lavoro non è finito.

Un mondo di idioti, sarà idiota. Un mondo di persone illuminate sarà illuminato. Il presupposto di base di tuto questo lavoro è in una visione illuministica dell’essere umano e del suo sviluppo. L’aspetto più interessante dell’essere umano è nel suo potenziale ancora non espresso, la sua enorme possibilità di evolvere.

La cultura in cui cresce la persona, gli stimoli che riceve ma soprattutto quelli che non riceve, i maltrattamenti, impediscono a questi fiori di crescere, e agiscono come defolianti chimici anche su chi stia per sbocciare o lo abbia già fatto.

Sfuggire a tutto questo e andare verso l’orizzonte è più di un obbligo, è un modo per seguire un richiamo dell’anima, dire no a ogni tiranno del presente, del passato e del futuro.

Per approfondimenti vedi:

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching