Articolo estratto dal testo “Parliamoci Chiaro: il modello delle quattro distanze per una comunicazione efficace e costruttiva” copyright Gribaudo Editore e Daniele Trevisani, pubblicato con il permesso dell’autore.
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Nell’articolo a seguire continueremo a trattare l’argomento della seconda distanza, quella tra codici comunicativi, approfondendo in particolare la distanza semiolinguistica e le differenze che la compongono.
Ognuno di noi fa un’esperienza della realtà sempre leggermente diversa dall’altra persona. Questo perché ciò che vedo viene filtrato dalle mie esperienze precedenti, viene giudicato come buono o cattivo in base ai miei valori profondi e alle credenze di superficie, e persino agli stati d’animo del momento.
La percezione, in altre parole, filtra ed esclude parti di realtà, ma la lingua che usiamo è un “attrezzo” molto antiquato che può raccogliere solo un’infinitesima parte di quanto noi “sentiamo dentro” e vorremmo comunicare agli altri. I linguaggi emotivi, la possibilità stessa di far capire a qualcuno come stiamo veramente in un certo momento, avrebbero bisogno di una miriade di sfumature in più che non siamo in grado di esprimere. Per questo siamo costretti ad utilizzare termini ordinari, più vicini possibili alle nostre esperienze, anche se mai del tutto efficaci ai fini dell’espressione emotiva.
La distanza semiolinguistica riguarda la natura del linguaggio (codici linguistici e comunicativi, codici espressivi e di comprensione disponibili nel repertorio del soggetto) e i contenuti conversazionali.
Si distinguono due grandi categorie:
- la categoria dei contenuti (il tema della comunicazione, il “di cosa” si parla)
- la forma linguistica (il “come” si parla, il codice utilizzato per dare forma ai contenuti).
La polarità di codice non è tuttavia solo linguistica. Tale distanza si differenzia in distanza tra codici verbali, distanza tra codici paralinguistici e distanza tra codici non verbali.
Differenze semantiche
Il caso più evidente di differenza semantica è quello in cui una persona parla un’altra lingua, ma non si tratta solo di questo! Anzi, le distanze tra persone sotto il profilo linguistico sono ben più insidiose e toccano anche persone che abitano nella stessa casa.
Per comunicare efficacemente dobbiamo quindi avere ben chiari i significati che l’altro attribuisce a determinate parole o segni e comprendere le sue associazioni mentali sui temi inerenti all’argomento conversazionale in corso.
Al contrario, quando ciò non avviene, si possono verificare incomprensioni e rotture della comunicazione.
Differenze di contenuti
Tra i casi di comunicazione che crea distanze vi sono:
- il parlare di guai a senso unico: una persona racconta guai, l’altra ascolta ma non ha forze, energie o interessi per ascoltare un tale argomento e si crea allontanamento;
- il parlare di sé a senso unico, non lasciare spazio conversazionale, monopolizzare i turni di conversazione;
- non interessarsi alle posizioni dell’altro;
- non inserire nella comunicazione delle formule di vicinanza;
- toccare prematuramente sfere proibite del passato o del presente individuale senza avere ottenuto il grado di intimità psicologica che consente di farlo;
- attaccare valori cardine del sistema di appartenenza;
- attaccare l’immagine del sistema di appartenenza;
- attaccare le credenze più consolidate del soggetto.
Se il nostro modo di comunicare è spiacevole, per i contenuti prevalenti che tratta, provoca allontanamento. Molti comunicatori che in privato sono persone affabili e simpatiche, adottano un formato di conversazione spiacevole nelle negoziazioni e allontanano la controparte. Questo errore viene da un’errata percezione del ruolo di comunicatore come soggetto negativo, o duro e rigido, e va rimosso.
Differenze di stile comunicativo
Uno stile comunicativo diverso, sia a livello interculturale, ma anche all’interno della stessa cultura nazionale o aziendale, crea distanze: è il caso dello scontro tra uno stile “manageriale” e uno “burocratese”, o tra uno stile “volgare” e uno “colto”. Gli incroci tra stili possono essere funzionali oppure disfunzionali.
Elenchiamo qui una lista selezionata tra centinaia di possibili stili o sottocodici esistenti:
- Poetico
- Romantico
- Rustico
- Snob
- Pignolo
- Pressapochista
- Assertivo
- Conciso
- Militaresco
- …e altri centinaia di stili rilevabili nel contesto sociale e mediatico.
Differenze di focus
Il problema fondamentale del focus comunicativo è se l’attenzione al contenuto è centrata su di sé, sull’altro o su un tema esterno.
Per esempio:
- si parla per raccontarsi (tipo 1: il centro è su di sé),
- si parla per ascoltare (tipo 2: il centro è sull’altro).
- si parla per raccontare (tipo 3: il centro è su fatti o eventi esterni).
È possibile anche cambiare il tipo di focus durante la conversazione, ma occorre essere consapevoli di quale focus stiamo usando e perché.
Chi parla solo per raccontarsi rischia di diventare pesante e di allontanare l’interlocutore. Per l’efficacia della comunicazione è necessario equilibrare il focus conversazionale. In genere, il piacere della conversazione è spostato su chi ottiene l’attenzione empatica. Quindi, offrire attenzione empatica, interessarsi all’altro è un metodo per creare una conversazione piacevole per il nostro interlocutore.
Per approfondimenti vedi: