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La legge dei ritorni accelerati

Abbiamo visto precedentemente come la Legge di Moore definisca una curva esponenziale di sviluppo ma ciò rappresenti solamente un caso particolare di una legge più generale: la legge dei ritorni accelerati. Tale legge afferma come la curva descritta dalla prima legge di Moore in realtà sia doppiamente esponenziale. Questo significa che a mano a mano che il nostro progresso tecnologico avanzerà, diminuirà anche il tempo per nuove scoperte.

Quanto detto è stato espresso da Ray Kurzweil in The Law of Accelerating Returns[1]. L’adozione di una nuova tecnologia da parte dell’essere umano determina, all’interno del grafico dello sviluppo, un gradino, su cui si ergerà un’ennesima curva esponenziale. Analizzando quest’ultimo grafico ed estrapolando la velocità d’evoluzione attuale, potremmo iniziare a considerare cosa potrebbe aspettarci da qui a dieci o cento anni a questa parte. Ray Kurzweil ha proposto sei diverse epoche[2], basandosi su quali invenzioni sono state fatte nell’epoca precedente per ipotizzare (o confermare) cosa è stato creato nell’epoca successiva.

Le sei epoche di Kurzweil

La prima epoca è determinata da una massa di informazioni semplice e generale: energia e materia. Si parla di milioni di anni fa, in cui erano presenti strutture atomiche che immagazzinavano informazioni di vario tipo. Dopo il Big Bang (milioni di anni dopo) gli atomi hanno iniziato a formarsi e successivamente è nata la chimica: dall’incontro di atomi, sono nate le molecole. Doveroso menzionare il carbonio, che grazie alle sue caratteristiche atomiche e molecolari, è in grado di combinarsi con altre molecole creando così strutture complesse tridimensionali.

La seconda epoca è invece caratterizzata dallo sviluppo di organismi a partire dal carbonio: il DNA è l’apice di sviluppo di questa epoca, permettendo di trasmettere un numero informazioni sempre maggiore. La terza epoca, seguendo il meccanismo delle precedenti, parte dal DNA per arrivare allo sviluppo di organismi complessi, dotati di organi sensoriali e capacità di memorizzazione delle informazioni raccolta dai sensi stessi: si ha così lo sviluppo di cervelli e sistemi nervosi.

Questa ultima fase ha avuto inizio quando ha avuto inizio, da parte degli organismi, il pattern recognition, ovvero il riconoscimento degli “oggetti” nell’ambiente circostante. Tra tutti gli organismi, l’essere umano è riuscito a compiere dei ragionamenti logico-razionali su ciò che lo circonda, ed applicare in futuro tali pensieri. La quarta epoca si differenzia dalle altre dal momento che il progresso biologico è terminato ed è arrivato al culmine con l’uomo.

D’ora in avanti lo sviluppo riguarderà principalmente la tecnologia: da piccoli e semplici congegni meccanici siamo arrivati oggi a sofisticate apparecchiature elettroniche in grado di gestire e memorizzare una quantità impressionante di dati. Volendo paragonare lo sviluppo biologico e quello “tecnico”, è chiaro come il secondo sia avvenuto in maniera rapida e veloce: sono passati due miliardi di anni circa dall’origine della vita alle cellule, solamente quattordici anni dal primo computer portatile al World Wide Web.

La quinta epoca dovrebbe essere orientata indicativamente da oggi ad un futuro prossimo ed all’interno di essa avremmo la cosiddetta “fusione” tra l’intelletto umano e la tecnologia. Avverrà l’unione definitiva uomo-macchina, la singolarità tecnologica, come è stato spesso raccontato in molte pellicole cinematografiche e romanzi. Questo ci permetterà di ampliare gli orizzonti sia intellettuali che tecnologici, superando così i limiti imposti dal nostro sistema biologico.

Infine, l’ultima epoca delle sei descritte da Kurzweil, prevede un ulteriore evoluzione che permetterà sulla base delle tecnologie della singolarità tecnologica di superare i limiti dell’universo per come è conosciuto oggigiorno. Saremo in grado di trasformare l’intero universo in un complesso sistema intelligente. Sulla base della divisione proposta da Ray Kurzweil è interessante l’argomento portato dall’astronomo russo  Nikolaj Kardašëv, per la classificazione della civiltà umana sulla base della tecnologia che è in grado di produrre.

3.2.1 La scala di Kardashev

Tale scala è divisa in tre diversi tipi, sulla base dell’energia che l’uomo è in grado di produrre nell’ordine dei Watt; ed è utilizzata come base di partenza per il progetto SETI, volto alla ricerca di forme di vita extra terrestre. Una civiltà di tipo I sarebbe in grado di utilizzare tutta l’energia proveniente dal pianeta d’origine (nell’ordine dei 4×1016 watt), una civiltà di tipo II riuscirebbe ad usufruire di tutta l’energia di un intero sistema solare (4×1026 watt), infine una civiltà di tipo III capace di usare tutta l’energia presente all’interno della galassia in cui risiede (4×1036 watt).

Carl Sagan, astronomo e divulgatore scientifico, ha applicato una formula per poter calcolare a che livello si trovi la civiltà umana: ovviamente non siamo ancora una civiltà di primo livello, ma ci siamo molto vicini considerando che il valore corrisponde a 0,75! Magari arrivati al tipo I saremo in grado di usufruire di tecnologie tali da espandere esponenzialmente le nostre capacità, sia all’interno del sistema solare, sia all’interno della Via Lattea.

Iosif Šklovskij, uno dei principali collaboratori di Kardashev, ha affermato, come riportato da Ray Kurzweil in “la singolarità è vicina[3] che è impossibile non aver incontrato nel corso del progetto SETI una qualsiasi civiltà di tipo II o tipo III. Questo viene anche definito come il paradosso di Fermi, attribuito al fisico italiano Enrico Fermi: «Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutte quante?».

© Cpyright. Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Materiale pubblicato per fini didattici e di ricerca con il permesso dell’autore. Riproducibile solo con citazione della fonte originale.


[1] Ray Kurzweil, The Law of Accelerating Returns, su kurzweilai.net, 7 marzo 2001. URL consultato in data 20 agosto 2020.

[2] Ray Kurzweil, The Law of Accelerating Returns, su kurzweilai.net, 7 marzo 2001. URL consultato in data 20 agosto 2020.

[3] Ray Kurzweil, La singolarità è vicina, Apogeo Education, 2005, p.608.

Quanto manca prima della prima singolarità tecnologica?

Gli approcci e i processi relativi alle intelligenze artificiali visti fino a questo momento potrebbero portare (o porteranno) all’avvento di quella che prende il nome di singolarità tecnologica: si identifica con il momento in cui la tecnologia sarà intellettivamente uguale o addirittura superiore all’uomo.

Le possibilità dell’avvento di tale tecnologia sono ancora oggi materia di discussione, tuttavia si sono delineate due diverse correnti di pensiero: un primo approccio considera la singolarità come l’inizio di una nuova era per l’uomo, garante di numerosi vantaggi; ed un secondo approccio che considera invece uno scenario apocalittico, che porterà alla progressiva estinzione dell’uomo.

L’approccio positivo considera l’avvento di una tale tecnologia come un punto di partenza per uno sviluppo uomo-macchina che seguirà un approccio esponenziale. L’ipotesi più probabile di tale avvento sarà quando un’intelligenza artificiale avrà a disposizione (per mano dell’uomo o per apprendimento automatico) una rete neurale artificiale al pari dell’uomo, sia dal punto di vista della capacità di memoria, sia da quello della velocità di calcolo.

Contando che il cervello di un essere umano è una rete neurale che conta al suo interno ben cento milioni di miliardi di connessioni neurali, l’impresa di riuscire a creare una tecnologia simile può essere scoraggiante. Nel 2014 in Giappone, Fujitsu K ha faticato non poco per “tenere testa” al cervello umano: dotato di 82944 processori ed un petabyte di memoria (equivalente a circa milleventiquattro terabyte, per poter fare un paragone con misure più quotidiane) ha impiegato circa quaranta minuti per simulare un solo secondo di attività celebrale[1].

Al quanto scoraggiante, ma siamo solo all’inizio. Il concetto di singolarità tecnologica è stato coniato da un matematico e scrittore, Vernor Vinge. Egli pubblicò un saggio chiamato a Technological Singularity[2], pubblicato nel 1993. All’interno, troviamo un’affermazione secondo la quale entro trent’anni l’uomo avrà a disposizione una tecnologia tale da creare un’intelligenza sovraumana e successivamente andremo incontro alla nostra estinzione.  

Tale singolarità viene definita erroneamente come un progresso infinito, che tende a seguire l’andamento di una singolarità matematica (o isolata): in realtà il termine singolarità è stato scelto dalla fisica e non dalla matematica. Il motivo è molto semplice: ogni qual volta il progresso tecnologico si avvicina alla singolarità, le previsioni sui modelli futuri diventano imprecise e di conseguenza inaffidabili.

Tuttavia, in ambito informatico e elettronico, possiamo prevedere oggigiorno dove potremmo arrivare in determinati ambiti informatici grazie alla prima e alla seconda legge di Moore. La prima legge afferma che «La complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi (e quadruplica quindi ogni 3 anni)». 

Può sembrare incredibile, tuttavia questa prima legge ha un grosso limite: quello spaziale. Non possiamo ridurre all’infinito le dimensioni dei transistor all’interno dei processori, e questo problema è comune a tante branche dell’informatica e della robotica moderna. La seconda legge di Moore invece afferma che «il costo di una fabbrica di chip raddoppia da una generazione all’altra».

Questo significa che all’aumentare della tecnologia a nostra disposizione (in questo caso in ambito di processori) aumenterà di conseguenza anche il costo di produzione dei singoli componenti. Questo potrebbe sancire, in un determinato tempo futuro, la morte della legge di Moore per come l’abbiamo intesa fino ad ora. Ma per Ray Kurzweil e Jim Keller non potrà mai morire idealmente, ma dovremmo reinterpretarla in maniera più ampia e complessa.

Estratto dalla tesi di Laurea in Filosofia, Teorie e sistemi dell’intelligenza artificiale, a cura di Federico Malpighi. Alma Mater Studiorum Università di Bologna.


[1]https://www.repubblica.it/tecnologia/2013/08/05/news/il_cervello_batte_sempre_il_supercomputer_per_replicare_un_secondo_servono_40_minuti-64320827/, consultato in data 10 agosto 2020.

[2] (EN) Vernon Vinge, The Coming Technological Singularity: How to Survive in the Post-Human Era (PDF), in Vision-21 Interdisciplinary Science and Engineering in the Era of Cyberspace, Proceedings of a symposium cosponsored by the NASA Lewis Research Center and the Ohio Aerospace Institute and held in Westlake, Ohio, 1993, p. 11-22. URL consultato 10 agosto 2020.

Le idee secondo il pensiero di Platone

Secondo la teoria delle idee in questo mondo le cose non sono mai identiche perchè mutano nel tempo. La conoscenza che deriva dal mondo esterno è quindi instabile, le cose sono suscettibili di cambiamento, sono condizionato inoltre dalla soggettività.

Dovremmo avere accesso ad un livello superiore di realtà, che Platone ci spiega attraverso l’esempio del rapporto che sussiste tra la realtà e la geometria. I teoremi geometrici sono enunciati universali e necessari. Ad esempio, il teorema di Pitagora vale per l’idea di triangolo, universalmente considerata. Così come il triangolo ideale non presenta variazioni nello spazio e nel tempo.

L’idea di triangolo fa riferimento ad oggetti ideali: Platone introduce il teorema della partecipazione: le idee vengono concepite come modelli in cui le realizzazioni della nostra realtà altro non sono che copie, imperfette ed instabili.

Esistono tre tipi di idee:

  • Idee valore: Ad esempio, bello, buono, giusto.
  • Idee degli enti matematici: Ad esempio, uno, quadrato, angolo
  • Idee dei relativi: Ad esempio, uguale/diverso, piccolo/grande.

Reminiscenza ed immortalità dell’anima

La prima conoscenza delle idee avrebbe avuto luogo tramite l’anima immortale che le avrebbe conosciute nella sua vita extra corporea. Di queste avrebbe conservato un ricordo confuso, anche se con un opportuno lavoro di dialettica sarebbe riaffiorato dando luogo alla reminiscenza.

Al vertice delle idee troviamo l’idea del bene, che è concepita come causa dell’essere e della verità delle idee stesse. La conoscenza che abbiamo delle idee è descritta da Platone come un atto di pensiero analogo all’atto della visione di qualcosa.

Ad esempio, tramite l’allegoria della caverna, il prigioniero qualora riuscisse a liberarsi e potesse risalire la caverna, vedrebbe il mondo reale, illuminato dalla luce del Sole: il mondo delle idee. Per suo dovere morale, e per rispetto verso gli altri prigionieri, egli dovrebbe poi ridiscendere lungo la caverna per poterli liberare, e cercare di condurli fuori verso la vera conoscenza delle cose.

Vita e pensiero del filosofo ateniese

Nacque ad Atene nel maggio del a.C. da una famiglia aristocratica. La vicenda politica che aveva riguardato Socrate ha sicuramente influenzato Platone e il rapporto che teneva con la politica di Atene. Egli decide infatti di allontanarsi dal governo democratico, nonostante ne facciano parte degli esponenti famigliari.

Platone si è convinto che la città sia ammalata dal punto di vista politico, e questo malessere può essere sconfitto solamente insediando i filosofi al potere, o rendendo i governanti abitutati all’esercizio filosofico. Egli decide quindi di dedicare tempo e risorse nella costruzione dell’Accademia, che diventa un punto di raccolta per la riunione dei migliori giovani intellettuali della Grecia.

Malattia e cura della città e dell’anima

Secondo Platone, all’interno della città, non si è mai creata una vera comunità politica unita, in grado di fungere da luogo di identificazione del cittadino. Questo a causa del fatto che esistono ancora troppe suddivisioni legate sia al ceto sociale che divisioni e lotte tra famiglie.

La Polis è sempre stata divisa tra ricchi e poveri, e ogni gruppo è poi diviso in altre piccole fazioni. Le principali forme di potere derivanti da queste separazioni sono la democrazia e l’oligarchia.

L’oligarchia è il governo esercitato dai ricchi con l’obiettivo di mantenere il proprio potere ed arricchirsi ulteriormente. Non utilizzano la politica come servizio per la comunità, ma solo come strumento personale. La democrazia invece è il governo in cui i governanti blandiscono gli elettori con false promesse che non riusciranno a mantenere. È un governo di incompetenti, eletto da persone ancora più incompetenti.

Oligarchia e democrazia sono esempi di finalità degenerata della politica: entrambe fanno un uso distorto del potere, e come conseguenza di ciò l’esito sarà la malattia terminale della città rappresentata dalla Tirannide, il potere nelle mani di una sola persona ed il sopruso di tutta la comunità.

La malattia della città altro non è che lo specchio per la malattia dell’anima.

Il governo dei filosofi

La prima riforma che bisogna affrontare è quella di sradicare nelle opinioni comuni tutti quei fattori che inducono a fare un uso del potere in funzione degli interessi personali prima di quelli della comunità: si provvederà ad abolire la proprietà privata, abolire i patrimoni e liberarsi dai vincoli famigliari.

I governanti avranno il privilegio di essere mantenuti dalla comunità, nella quale i figli saranno cresciuti in modo comunitario e le unioni riproduttive saranno temporanee. In questo modo tutti saranno considerati madri e padri agli occhi di un bambino e viceversa.

Le donne riceveranno un educazione simile a quella degli uomini. La loro inferiorità apparente è dovuto solamente all’educazione inadeguata che hanno ricevuto precedentemente all’interno della Polis.

Se nella città prevarrà la parte razionale (grazie al potere dei filosofi) l’aggressività diventerà finalizzata al servizio della comunità, come ad esempio l’ambito militare. La parte desiderante sarà posta sotto controllo in una società che prevede una corretta distribuzione dei ruoli di comando. In questa Polis, ogni individuo svolgerà la funzione per la quale è più portato.

I filosofi saranno in grado di fare ciò quando converteranno un potente alla filosofia, o quando riusciranno a dargli consigli e farsi ascoltare.

La maieutica

Socrate è nato a Sofronisco nel 470/469 a.C. circa. È uno dei filosofi maggiori che non ha lasciato nulla di scritto, dato che a suo avviso era uno strumento inadeguato alla trasmissione del sapere e non idonea nel sostituire il dialogo. Egli è l’ispiratore del dialogo filosofico come genere innovativo: il dialogo socratico.

Riceve l’educazione tradizionale e si avvicina al mondo della filosofia tramite la lettura degli scritti di Anassagora. Dopo aver esaminato la filosofia della natura decide di abbandonarne lo studio, dato che essa non teneva conto nella sua indagine la ricerca del bene.

Socrate muore nel 399 a.C. condannato a morte, con l’accusa di aver introdotto nella Polis nuovi dei, non aver riconosciuto quelli presenti ed aver corrotto i giovani.

L’oracolo di Delfi

Una vicenda particolare della vita di Socrate riguarda sicuramente la sua visita all’oracolo di Delfi avvenuta nel 430 a.C. All’oracolo viene chiesto se esista qualcuno più sapiente di Socrate, ma egli risponde che non esiste.

Questo lascia perplesso il filosofo, perchè l’oracolo non mente mai. Allo stesso tempo, è consapevole di non sapere nulla. Decide così di trascorrere intere giornate alla ricerca di qualcuno più sapiente di lui, interrogando ogni persona che incontra ad Atene.

Il significato dell’oracolo in realtà evidenzia come nessun uomo sia sapiente. Il vero sapiente è colui che sa di non sapere, colui che è dotato di una dotta ignoranza. L’unico vero sapere che esiste è quello divino, che non ha nulla a che fare con l’ambito umano.

Maieutica

Socrate caratterizza i suoi dialoghi con domande e risposte brevi e ben precise. Inizialmente concede al proprio interlocutore di affermare le proprie tesi, successivamente inizia ad interrogarlo, impedendogli di negare delle premesse che riguardano la vita comune e sono irrinunciabili.

A questo punto l’interlocutore si trova in una posizione dove deve compiere una scelta: o sostenere la sua tesi, o rinunciare a delle credenze basilari (impossibile). Questo metodo smaschera i falsi saperi e le false credenze, liberando gli uomini dalla presunzione di sapere qualcosa, mostrandogli l’ignoranza in cui sono immersi.

Lo scopo di questo metodo di indagine è la ricerca della virtù, ed adottare uno stile di vita che sia coerente con le proprie credenze.

I sofisti fanno parte di una corrente filosofica sviluppatasi nella Grecia della seconda metà del V secolo a.C.. Essi non facevano parte di una vera e propria scuola, ne di un movimento: i sofisti mettono a disposizione il proprio sapere (dietro compenso) e si vantano di essere in grado di insegnare la capacità di eccellere nella condotta che riguarda sia la vita privata che quella pubblica.

Protagora

Protagora è nato ad Abdera nel 480 a.C. circa ed è morto nel mar Ionio nel 411 a.C. circa. Un evento che ha segnato la sua vita è stato sicuramente la lettura del suo scritto “Sugli Dei” presso la città di Atene: a causa dei contenuti dello scritto fu accusato di empietà e successivamente esiliato.

La tesi principale del filosofo è la seguente : “L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono”.

Il significato sottolinea come l’uomo sia misura di ciò che è in grado di percepire con i sensi, e non esiste assolutamente una differenza in termini di verità o falsità per quel che riguarda ciò che percepisco. Riguardo all’argomento divino, tenendo a mente la tesi appena esaminata, l’uomo non può avere sicurezza riguardo al fatto che essi siano o non siano, in quanto non ha nessuna esperienza nei loro confronti.

Protagora considera la città greca come un complesso apparato educativo, dove ancora prima delle leggi devono essere insegnati i valori della giustizia e del rispetto.

Gorgia

Nato a Siracursa nel 480 a.C. circa e morto nel 380 a.C. circa. Due dei suoi scritti fondamentali si intitolano “Sulla natura” e “Sul non essere”.

La tesi del non essere è cos’ articolata:

  • L’essere non è
  • Se anche fosse, non sarebbe conoscibile
  • Se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile

Gorgia conclude il suo discorso ammettendo che l’essere non è, partendo dalla dimostrazione secondo cui l’essere non è ne uno, né molti, né generato, é ne ingenerato. Se non possiamo attribuirgli nessuna proprietà, necessariamente esso non può essere.

Egli afferma inoltre come “nulla sia conoscibile“: il contenuto del pensiero, a detta del filosofo, non esiste; perciò egli conclude che ciò che esiste non è oggetto o contenuto del pensiero. Conseguentemente, non è possibile comunicare con il linguaggio ciò che è, perché il linguaggio non ha influenza nel campo della verità.

La sfera d’azione del linguaggio è la persuasione, la retorica: più ci rendiamo conto della situazione psico-fisica del nostro ascoltatore, più riusciremo a creare delle condizioni nelle quali saremo in grado di orchestrare e persuadere chiunque.

I semi di Anassagora

Anassagora è nato a Clazomene nel 500 a.C. circa ed appartiene a quella corrente filosofica dei Pluralisti: secondo loro, al di sotto delle incessanti trasformazioni che permeano il mondo, si nasconde qualcosa che non muta: i semi. Essi sono eterni, impercettibili ed infiniti.

All’origine di tutto, Anassagora ritiene che tutte le cose che possiamo osservare, una volta fossero una cosa sola. Ad un certo punto è stato dato inizio alla mescolanza di questo insieme di cose da parte di un’entità cosmica indipendente che prende il nome di Nous (o intelletto o intelligenza divina).

Il movimento messo in atto dall’intelletto ha dato inizio alla mescolanza dei semi che si sono aggregati successivamente secondo un meccanismo di attrazione tra elementi aventi le stesse caratteristiche. Il modello proposto da Anassagora presente un forte dualismo tra la mente umana e la natura.

Gli atomi di Democrito

Democrito è nato ad Abdera nel 460 a.C. circa. Secondo la sua teoria il mondo naturale è composto principalmente da due diversi elementi: gli atomi ed il vuoto. Già il suo maestro, Leucippo, aveva introdotto una teoria atomistica, a cui successivamente Democrito aggiungere notevoli dettagli.

Gli atomi, secondo il filosofo, sono composti dalla stessa materia, sono infiniti, cambiano solamente posizione nello spazio e forma. Essi si muovono all’interno del vuoto, che ha appunto il compito di separarli. Il dualismo tra gli atomi ed il vuoto vuole contrapporre l’essere (degli atomi) al non essere (del vuoto).

L’aggregazione avviene secondo somiglianza, come succedeva con i semi di Anassagora. Gli atomi danno luogo a diverse combinazioni a cui corrisponderanno poi gli oggetti del mondo sensibile. Essi saranno soggetti successivamente ai processi di generazione e distruzione.

Democrito, inoltre, distingue due diversi livelli della realtà:

  • Realtà oggettiva: quella composta dagli atomi
  • Realtà sensibili (o soggettiva): data dall’interazione tra i miei sensi corporei e gli atomi che si staccano dalla superficie delle cose.

Sia per Anassagora che per Democrito, i processi di trasformazione che avvengono nell’universo osservabile derivano in verità da un livello di realtà che è sottostante ad i sensi.

Le radici e la cosmologia

Empedocle nacque in SIcilia, ad Agrigento, nel 490 a.C. circa. Durante il suo periodo di attività, scrisse due opere in prosa intitolate rispettivamente “Sulla natura” e “Purificazioni”. Entrambe le opere si interrogavano e cercavano di dare spiegazioni riguardanti il mondo fisico ed empirico.

Gli uomini comuni commettono l’errore di trattare il nascere ed il perire delle cose senza porsi la domanda di cosa si nasconda al di sotto di tali trasformazioni.

Secondo Empedocle, dietro al nascere ed al perire delle cose materiali e visibili, rimangono costanti e indistruttibili delle cose ben precise, che egli definisce come radici e che successivamente prenderanno il nome di elementi. Questi sono quattro e comprendono: terra, acqua, aria e fuoco.

Gli elementi possiedono due caratteristiche fondamentali: possono muoversi e possono aggregarsi e disgregarsi secondo due determinati principi. Il primo principio (quello di aggregazione) avviene qualora sia presente l’uniformità. Il secondo principio (quello di disgregazione) avviene, invece, qualora sia presente il caos.

Attraverso le mescolanze dei quattro elementi in modo proporzionato, si andranno a formare gli oggetti che osserviamo e con cui interagiamo. Le differenti capacità che intercorrono tra gli oggetti e gli esseri viventi sono determinate dalla maggiore o minore presenza di uno degli elementi.

Empedocle è un naturalista che si interessa dei fenomeni riguardanti il “vivente“, e ritiene necessario che per conoscere il mondo naturale l’uomo debba farlo attraverso la conoscenza del simile.

All’interno della cosmologia di Empedocle possiamo notare come per il filosofo ci sia un qualcosa che rimane invariato durante i processi di aggregazione e disgregazione: l’anima. Questa non è da intendere tanto come anima in senso religioso. Il filosofo prende come riferimento il tema della metempsicosi: esiste una legge di natura che fa scontare agli uomini le proprie colpe attraverso un’anima che trasmigra da un essere vivente all’altro in una serie di reincarnazioni.

Questa concezione permette di affermare che sacrificare animali o esseri umani sia un peccato incredibile, in quanto al loro interno era sicuramente presente un’anima che stava compiendo un ciclo di purificazione (o reincarnazione). Se nel corso del ciclo l’anima si è comportata giustamente, potrà tornare nella sua condizione divina.

L’ignoranza dei molti ed il sapere dell’uno

Eraclito nacque ad Efeso nel 540 e morì nel 470. Egli avrebbe depositato un libro, scritto in prosa, presso il tempio di Artemide. Il motivo dello scritto era dovuto al fatto che un suo caro compagno, Ermodoto, era stato esiliato.

Eraclito si scagliò così contro i suoi concittadini, producendo questa opera scritta. È importante sottolineare come la scelta del tempio sia ben ricercata dal filosofo: egli lo considera l’unico luogo in grado di poter conservare un elaborato di quel tipo.

Il tema principale dello scritto è il logos, che possiede significati multipli: significa discorso dotato di senso, ma è da intendere anche come la ragione, comune a tutti gli uomini. Il logos, quindi, si presenta come universale ed accessibile a tutti. Tuttavia, per Eraclito, la maggior parte degli uomini, invece che fare affidamento ai mezzi che possiedono (la ragione), presta eccessiva attenzione ai discorsi di poeti e di scrittori, che si vantano di avere un enorme sapere da condividere.

Tuttavia, sapere tante cose non si traduce nell’essere saggi. Eraclito afferma come la saggezza sia una caratteristica umana legata all’anima, che possiede un logos talmente profondo da non poter essere colto nella sua interezza.

Egli paragona queste persone, che fanno affidamento sugli altri, a coloro che dormono, in contrapposizione a coloro che sono svegli.

Altro tema fondamentale dello scritto di Eraclito riguarda l’origine di tutte le cose: egli ritiene che il mondo non sia tanto il prodotto degli dei, ma di un fuoco con la particolare caratteristica di essere sempre vivo. Il fuoco è stato scelto in base al suo comportamento: si accende e si spegne secondo una misura, un ritmo.

Il divenire delle cose, la produzione di esse, è il risultato del conflitto che si esprime nella continua lotta che avviene in tutto l’universo senza sosta. Ogni cosa è in lotta e trasformazione con il suo opposto.

Talete

Talete nacque a Mileto nel 625 a.C. circa, dove soggiornò ed operò fino alla sua morte nel 550 a.C. circa. Nessuna opera scritta è pervenuta a noi, tuttavia ci sono giunte diverse testimonianze: Aristotele affermò all’interno della Politica, delle capacità tecniche di Talete. La più famosa riguarda l’aneddoto dei frantoi: grazie alle sue conoscenze in ambito astronomico, riuscì a predire un importante raccolto di olive.

Durante l’inverno, egli riuscì ad acquisire, tramite prestiti, quasi tutti i frantoi presenti a Mileto e nella vicina isola di Chio. Con l’arrivo del periodo di raccolta, egli riuscì a fissare un prezzo sull’affitto dei frantoi, come se possedesse una sorta di monopolio.

Nonostante la prova evidente delle sue spiccate capacità e conoscenze, Talete non fu mai a capo di una scuola. Uno delle sue più importanti credenze riguarda il principio di tutte le cose: è l’acqua. Essa garantisce la vita, sia per l’uomo che per gli altri esseri viventi, quindi bisogna considerarla come principio di tutte le cose.

Anassimandro

Anassimandro nacque a Mileto nel 610 a.C. circa e morì nel 540 a.C. circa. A differenza di Talete, scrisse un’opera di prosa intitolata Sulla natura. La scelta della prosa è caratteristica, perché a differenza della poesia, permette all’autore di articolare al meglio il proprio pensiero, di essere più chiaro e libero nell’espressione.

Anassimandro compie un altro passo in avanti fondamentale: è il primo uomo a disegnare la Grecia ed a introdurre l’orologio solare. Sembra una cosa da poco, ma questo permette una fissazione sia spaziale che temporale. Spazio e tempo hanno una misura. Inoltre, egli crede che tutto quello che possiamo osservare e che viviamo, non possa avere principio da un entità visibile, ma deve essere qualcosa dalla quale le cose visibili fuoriescono.

Egli la definisce come “Apeiron” che significa letteralmente “privo di limiti”. Si colloca al di fuori dell’universo, che è di forma sferica. Al centro dell’universo troviamo il pianeta terra, che invece è di forma cilindrica.

Come accennato precedentemente, nell’Apeiron si generano tutte le cose, ma in primo luogo si generano i contrari: caldo e freddo, secco ed umido. Ogni cosa che è generata è caratterizzata dal limite verso un’altra cosa.

Per quanto riguarda l’essere umano, è necessario prestare attenzione sull’origine degli uomini secondo il filosofo di Mileto: egli infatti afferma che gli esseri umani sono generati nel ventre dei pesci. Non si hanno certezze a riguardo, ma questo potrebbe essere un chiaro riferimento a Talete, ed all’acqua come principio di tutte le cose.

Anassimene

Nacque a Mileto nel 586 a.C. circa e morì nel 528 a.C. circa. Anche egli scrisse un opera in prosa intitolata “Sulla natura”. Alla base della sua concezione filosofica, egli credeva che il principio di tutte le cose fosse l’aria.

L’aria era (ed è) fondamentale per i processi vitali, sia degli esseri umani sia degli animali e delle piante. Basti pensare alla respirazione. Il ragionamento di Anassimene di Mileto, si basa sul fatto che se l’aria è tanto importante per la vita all’interno della Terra, allora così deve essere anche per l’intero universo.

Tutte le cose visibili ed osservabili, viventi o no, hanno avuto origine tramite dei processi di condensazione e rarefazione, e possiedono diversi gradi di densità proprio a partire dall’aria.

Dr. Daniele Trevisani - Formazione Aziendale, Ricerca, Coaching