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Un ottimo libro di Petra Guggisberg sulla Psicosintesi, una delle principali Scuole di Psicologia e Psicoterapia, con fortissime implicazioni anche per il Pontenziale Umano e la Formazione.
Il libro è acquistabile anche su IBS al seguente link
Questo libro è un invito rivolto a tutti coloro che desiderano formarsi una visiona ampia ed esauriente dell’evoluzione della psicosintesi, a partire dai primi scritti redatti da Roberto Assagioli agli inizi del ‘900, fino ai preziosi contributi dei suoi allievi diretti e di altri psicosintetisti contemporanei.
Chi era Roberto Assagioli e in che modo le sue vicende biografiche si sono intrecciate con la formulazione del suo pensiero? Quali importanti contributi ha fornito alla nascita e allo sviluppo delle principali forze della psicologia? Come possiamo definire la psicosintesi? Che visione dell’uomo e del suo cammino autorealizzativo propone? In cosa consiste il nucleo essenziale del suo insegnamento?
Con l’obiettivo di rispondere a queste fondamentali domande, il lettore viene condotto in un interessante viaggio che presenta varie tappe obbligate:
• IL FONDATORE DELLA PSICOSINTESI – un’accurata ricostruzione della storia di vita e dell’evoluzione del pensiero di Roberto Assagioli
• LO SFONDO DELLA PSICOSINTESI – la contestualizzazione della psicosintesi rispetto al comportamentismo, alla psicoanalisi, alla psicologia esistenziale-umanistica, a quella transpersonale e alla psicoenergetica
• LA CORNICE DELLA PSICOSINTESI – le definizioni della psicosintesi, il diagramma dell’ovoide, la stella delle funzioni psichiche e le leggi della psicodinamica, le chiavi del processo psicosintetico: conosci, possiedi e trasforma te stesso, le tecniche impiegate e i differenti campi applicativi considerati
• IL CUORE DELLA PSICOSINTESI – la trattazione dettagliata delle sette esperienze fondamentali della psicosintesi, dalle originali enunciazioni di Assagioli alle evoluzioni odierne: la molteplicità dell’animo umano e le subpersonalità, la disidentificazione, l’io personale e il Sé transpersonale, la volontà, il supercosciente, il modello ideale e la sintesi
La guida più completa finora pubblicata sull’argomento.

Indice dell’opera:

INDICE GENERALE – LA VIA DELLA PSICOSINTESIPARTE I: IL FONDATORE DELLA PSICOSINTESI – Una biografia di Roberto Assagioli
 

CAP. 1 GLI ANNI DELLA FORMAZIONE

1. L’infanzia e la prima giovinezza
2. Il trasferimento a Firenze: l’avanguardia letteraria e l’inizio degli studi universitari
3. Gli interessi filosofici e spirituali: l’amore per l’oriente
4. Gli scritti e il pensiero giovanili
5. L’amicizia con Carl Gustav Jung
6. Psiche
CAP. 2 IL CONSOLIDAMENTO DELL’OPERA
1. Gli anni intorno alla prima guerra mondiale
2. Dalla psicagogia alla psicosintesi

3. La seconda guerra mondiale

4. La visione spirituale

5. La ripresa e il consolidamento dell’opera

6. Nella e Ilario

CAP. 3 LA FECONDITÀ DEGLI ULTIMI ANNI
1. Gli anni sessanta: un periodo importante per il movimento psicosintetico
2. Biopsicosintesi e la concezione psicosomatica
3. La fioritura degli ultimi anni
4. La fine e un nuovo inizio
5. Assagioli: il ritratto di un’umanità
PARTE II: LO SFONDO DELLA PSICOSINTESI – Le cinque forze della psicologia
 
CAP. 1 LA PRIMA FORZA: IL COMPORTAMENTISMO
1. Gli antecedenti del comportamentismo
2. I principi fondamentali

3. L’immagine dell’uomo e la terapia del comportamento

4. La psicosintesi e la psicologia della “superficie”
5. Una proposta di sviluppo
6. In conclusione: schema, simbolo o metafora?
CAP. 3 LA STELLA DELLE FUNZIONI PSICOLOGICHE E LE LEGGI DELLA PSICODINAMICA
1. Un confronto: le funzioni psicologiche secondo Jung e secondo la psicosintesi
2. La stella delle funzioni psicologiche
3. L’uomo stellare
4. Le leggi della psicodinamica
CAP. 4. CONOSCI, POSSIEDI, TRASFORMA TE STESSO: L’IMMAGINE DELL’UOMO E I MOMENTI IDEALI DEL PERCORSO PSICOSINTETICO
1. L’immagine dell’uomo
2. Le chiavi del processo psicosintetico
 
CAP. 5 LE TECNICHE IN PSICOSINTESI
1. L’approccio differenziale: per una visione globale
2. La classificazione delle tecniche
 
CAP 6. I CAMPI APPLICATIVI DELLA PSICOSINTESI
1. I risvolti applicativi della visione integrativa in psicosintesi
2. Psicosintesi terapeutica
3. Psicosintesi autoformativa
4. Psicosintesi educativa
5. Psicosintesi interpersonale
6. Psicosintesi sociale
7. La centralità dell’autogestione
PARTE IV: IL CUORE DELLA PSICOSINTESI – Le sette esperienze fondamentali

CAP 1. L’ANIMO MOLTEPLICE E LE SUBPERSONALITÀ

1. La molteplicità e le conflittualità dell’animo umano

2. Gli antecedenti filosofici, letterari e medici

3. L’ottica psicosintetica

4. La vita come gioco e rappresentazione

 

CAP. 2 IDENTIFICAZIONE, DISIDENTIFICAZIONE E AUTOIDENTIFICAZIONE

CAP. 2 LA SECONDA FORZA: LA PSICOANALISI1. Gli antecedenti
2. Le origini della psicoanalisi

3. Lo straordinario contributo dell’opera di Freud

4. L’immagine dell’uomo in psicoanalisi

5. La psicosintesi e la psicologia del “profondo”
CAP. 3 LA TERZA FORZA: LA PSICOLOGIA ESISTENZIALE-UMANISTICA

1. Gli antecedenti

2. La terza rivoluzione in psicologia
3. I principi della psicologia umanistica
4. Implicazioni nell’ambito terapeutico
5. La psicosintesi e la psicologia dell’“uomo”
CAP. 4 LA QUARTA FORZA: LA PSICOLOGIA TRANSPERSONALE

1. Dalla psicologia umanistica alla psicologia transpersonale

2. Stati non ordinari di coscienza e nuova visione dell’inconscio
3. La teoria dello sviluppo transpersonale e il concetto di maturità
4. Il paradigma emergente: la visione sistemica
5. Lo spettro della coscienza
6. La psicosintesi e la psicologia dell’“alto”
CAP. 5 LA “PSICOENERGETICA” E L’OTTICA INTEGRATIVA IN PSICOSINTESI

1. La “psicoenergetica”: una prospettiva ecologica e interdipendente della vita

2. Conclusioni: l’ottica integrativa in psicosintesi

PARTE III: LA CORNICE DELLA PSICOSINTESI – I luoghi e i tempi del percorso

CAP. 1 LE DEFINIZIONI DELLA PSICOSINTESI

1. Gli antecedenti
2. Un atteggiamento, un movimento, una tendenza, una meta
CAP. 2 IL DIAGRAMMA DELL’OVOIDE: LA GEOGRAFIA DELLA PSICHE E I SUOI SIGNIFICATI
1. I limiti dello schema
2. Le sue potenzialità
3. La “topica” assagioliana
4. Una proposta di cambiamento

1. Naturalità del processo di identificazione e disidentificazione

2. Disidentificazione e autoidentificazione

3. Pericoli e difficoltà nel processo di disidentificazione

4. La semplicità dell’esserci: autocoscienza e autoidentificazione

CAP. 3 L’IO PERSONALE E IL SÉ TRANSPERSONALE

1. Una premessa

2. L’io personale

3. L’asse Io-Sé

4. Il Sé transpersonale

CAP. 4 LA VOLONTÀ

1. Tra determinismo e meccanicismo: la volontà “cenerentola” della psicologia

2. Volontarismo, volontà e libertà

3. Anatomia e fisiologia dell’atto volitivo

4. Le tecniche per l’allenamento e lo sviluppo della volontà

CAP. 5 IL SUPERCOSCIENTE O INCONSCIO SUPERIORE

1. Premessa: la realtà fenomenologica dell’esperienza spirituale

2. L’inconscio superiore e gli stati di coscienza transpersonale

3. Modalità e stadi del passaggio di contenuti supercoscienti nel campo della coscienza

4. Ombre e luci dello sviluppo transpersonale

5. La scienza dei tipi umani e le differenti vie di autorealizzazione

6. Le caratteristiche dell’esperienza transpersonale

CAP 6 IL MODELLO IDEALE: CIÒ CHE POSSIAMO E VOGLIAMO DIVENTARE

1. La fase preparatoria: le immagini di sé

2. L’utilizzo del potere creativo dell’immaginazione

3. Attuazione pratica del modello ideale

CAP 7 IL PRINCIPIO DELLA SINTESI: UNITÀ NELLA DIVERSITÀ, DIVERSITÀ NELL’UNITÀ

1. La sintesi come tendenza universale

2. Le differenti sintesi contemplate dalla psicosintesi

3. La sintesi degli opposti

4. Come si attiva il processo di sintesi?

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Riflessioni e spunti per la formazione aziendale, il coaching e i percorsi di sviluppo, tratti dal volume “Il Potenziale Umano” di Daniele Trevisani
  1. Energie e competenze sono importanti, ma senza passione, senza il motore di una causa nobile, tutto è inutile. Il tuo team, e ogni persona del team, deve distinguere il valore della vostra missione.
  2. Tante persone sono come auto pronte al via, ma con il parabrezza talmente sporco da non consentire di vedere “verso dove”, andiamo. Auto senza un guidatore, viandanti senza una meta e senza un perché.
  3.  Occorre stimolare e riscoprire gli ancoraggi profondi ai valori, e ad una causa, la sacralità di una missione, persino la sacralità dell’esistenza.
  4. Le performance, le nostre giornate, le nostre ore, sono piene di atti vuoti o sono ancorati ad un disegno superiore? Esiste una “spiritualità” delle performance o del fare, un “fuoco sacro” che alimenta energie e motivazione?
  5. Diamo un senso a quello che facciamo? Ci proviamo? Possiamo cogliere un motivo denso di significato?
  6. Anche la non-azione (come la meditazione) può essere piena di valore, così come un progetto aziendale o sportivo.
  7. Credere in quello che si fa è determinante per l’auto-immagine. Se ci sentiamo inutili venditori di fumo non andremo mai da nessuna parte. Se troviamo invece il modo di essere di aiuto a qualcuno, di dare senso, o di lottare per qualcosa, diventiamo pieni di forze.
  8. Ancorare l’azione ad ideali significa riconoscere il bisogno di esistere per un fine. Le performance sono destinate a svanire nell’istante, mentre invece una causa è eterna.
  9. Vi sono persone e atleti che sperimentano il contatto con una realtà superiore ogni volta che entrano nelle quattro mura di una palestra o di un Dojo, e sanno che il loro allenamento sarà una forma di preghiera e di contatto con il proprio Dio, o anche solo con le forze primordiali della natura. Lo stesso può accadere nell’impegnarsi in un progetto sociale, aziendale o personale.
  10. Quando questo collegamento denso di valori, mistico o sacro, accade, le energie si sprigionano, i miracoli sono dietro l’angolo.

Nessuna operazione di un team arriverà mai al successo se non si accende il motore del “fuoco sacro” che lo alimenta.
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Chi sperimenta ha problemi diversi da chi produce per il mercato. Come ben evidenzia Stanislavskij nell’ambito delle sue sperimentazioni sul lavoro dell’attore e la tecnica psico-corporea:

“il lavoro di laboratorio non può svolgersi nel teatro stesso, con gli spettacoli giornalieri, in mezzo alle preoccupazioni del bilancio e della cassa, ai pesanti lavori artistici e alle difficoltà pratiche di una grande impresa”[4]. Nota: citazione tratta dal volume di F. RUFFINI: Stanislavskij e il “teatro laboratorio”. Pubblicato in Il Quaderno di Nessuno: saggi, documenti e letteratura teatrale, Marzo 2011, Volume 10, No. 56

Credo che questo concetto debba applicarsi anche alle imprese che sperimentano e innovano: poterlo fare in qualche misura (anche se non completamente), al di fuori dei vincoli rigidi di un resoconto di cassa trimestrale, fuori da una to-do-list rigida, fuori dagli schemi noti. E’ la condizione stessa del laboratorio: l’accettazione dell’incertezza del risultato, in un mondo che esige rigide previsioni e certezze che in realtà, nessuno, davvero nessuno, può fornire.

La coscienza di essere sperimentatori, e di fare laboratorio, richiede l’assunzione – in chi lo pratica – di un nuovo senso di  libertà dalla rendicontazione impossibile e irregimentata, di una misurazione immediata del ROI (Return of Investment) che nella formazione traduce in “una spesa di 100 e deve produrre 200 entro 1 mese”.

La cultura della sperimentazione formativa è una semina, è una sedimentazione progressiva di nutrimenti in un terreno, un dono che realizziamo a noi e agli altri, un regalo per le generazione che seguiranno, non solo per il prossimo trimestre.

La cultura dominante confonde l’innovazione vera con il cambiare i pc aziendali o i software. L’innovazione è una diversa modalità di pensare, prima di tutto. E come possiamo produrla, se non attraverso un laboratorio di formazione?

 

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Articolo d’opinione a cura di Daniele Trevisani, Formazione, Consulenza e Ricerca, www.studiotrevisani.it


Il senso di quello che facciamo: serve davvero sempre “motivare” gli altri?

Desidero proporre in questo spazio aperto un materiale estremamente raro, il diario personale di giovanissimi volontari Italiani (studentesse universitarie ventenni) in una associazione di volontariato con la quale collaboro, attiva soprattutto verso i bambini di strada. Il senso di questa lettura serve per:

  • per i manager: riposizionarsi, rendersi conto di quanto possa valere la motivazione al “fare”, la dove niente e nessuno paga il tuo tempo, se non la tua coscienza stessa. Questo deve far riflettere molti manager e ognuno di noi rispetto al proprio bisogno di “essere motivati da fuori, sempre e continuamente” opposto ad una capacità di “motivarsi da dentro”, andare avanti a testa bassa là dove sappiamo che un progetto è giusto, senza paura di andare controcorrente.

Credo che se adottassimo il sistema esposto nell’articolo: ne trarremo insegnamenti molto forti su come poter dirigere bene un’azienda. Sui valori qui esposti tornerò perché credo si possa apprendere più da questo decalogo, scritto da poveri e per poveri, che da baroni e professori di Harvard:

C COMPROMISO;
R RESPETTO
E SFUERZO
A AMOR
R RESPONSABILIDAD
T TRABAJO EN EQUIPE
E ESPERANZE E SOLIDARIDAD;

  • non dimenticare (Prohibido Olvidar): non dimenticare mai che proveniamo storicamente da un medioevo aziendale fatto di schiavitù e ignoranza, di sfruttamento sul lavoro e di chi acquista, di consumatori ignari e privi di potere e cultura, non dimenticare che le aziende senza coscienza sono un danno per tutti e non dimenticare il bisogno di essere diversi.
  • Non dimenticare mai che miseria sofferenza e povertà dilagano ancora in larga parte del pianeta, e un consumatore attivo è tale (Consum-Attore) anche quando prende coscienza di cosa compra, dove lo compra, da dove viene, chi sta finanziando, che valori sta finanziando.
  • Non dimenticare mai che il senso di lavorare nella cooperazione o in una qualsiasi “club di senso” il vero e unico collante deve essere connesso a questo valore di fondo reale. In caso contrario, diventiamo tutti delle Commodities.

Un ringraziamento inoltre ad Antonio Greci e Mirian Mansilla per il diario fornito, e alle ragazze volontarie per il valore umano e il coraggio di essere a contatto con il mondo vero, che i media tradizionali nascondono dietro a reality e anestetici culturali.

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02-03-2011

Diario argentino 2011 di tre studentesse volontarie di “Mateando” [I, II e III puntata]

di Eleonora, Vincenza e Arianna *

* – Diario dell’esperienza di studio e volontariato di tre studentesse dell’Università di Ferrara – Eleonora Trevisan, Arianna Sermonesi, Vincenza Cicciopastore – a Escobar (Argentina) per l’associazione ferrarese Mateando (http://www.mateandoargentina.com/).

[Argentina – 14 marzo 2011 – III puntata]

IL GUSTO DI SAPER ASCOLTARE “L’ALTRO” – Nel tardo pomeriggio siamo stati a visitare a Garin una struttura dove il volontariato riesce a coprire i bisogni di circa 100 famiglie. Qui il volontariato è profondamente vissuto e sentito, abbiamo conosciuto il presidente di questo centro sociale (il signor Umberto), uomo dotato di grande profezia nel riscatto sociale e nella speranza di un miglioramento futuro nelle condizioni di vita di questa gente. L’associazione chiamata “luz esperanza pureza” è una struttura dove esistono diversi valori che se applicati, potrebbero rendere la quotidianità più serena e meno frustrante. Contrariamente a quella che troviamo in Italia.
Questi valori si riassumono in:
C COMPROMISO;
R RESPETTO
E SFUERZO
A AMOR
R RESPONSABILIDAD
T TRABAJO EN EQUIPE
E ESPERANZE E SOLIDARIDAD;
Come si nota sono tutti valori che nella vita di tutti i giorni molto spesso vengono ignorati oppure non considerati.
Cosa si può trovare di migliore se non educare il prossimo ad essere rispettoso con un suo simile, donarsi e concedersi in tutto e per tutto attraverso l’amore. Sforzarsi di comprendere l’altro in un’ottica diversa dalla propria, oppure essere fiduciosi e solidali con chi ti chiede un aiuto e una mano.
Oggi giorno la società è priva proprio di questo ultimo elemento, la solidarietà è qualcosa di inutile e superfluo, è più comodo pensare a se stessi e a come evitare che l’altro ci calpesti.
Quanto sarebbe più facile e semplice se ognuno di noi assumesse coscienza e responsabilità. Concentrarsi sul fatto che se vogliamo cambiare il mondo o meglio, se intendiamo migliorarlo, sta a noi decidere di farlo.
Per quanto mi riguarda, e per quello che continuo a comprendere giorno dopo giorno da questa fantastica esperienza, che “Mateando” mi sta facendo vivere ,è sapersi mettere sempre in discussione e non dare mai niente per scontato.
Lo vedo in continuazione anche quando esco dalla nostra struttura, la gente con poco cerca di alleviare le difficoltà di chi non ha il necessario per sfamarsi …
Dal povero non possiamo che imparare, sono persone che cercano di IMPROVVISARE e dare vita in qualche modo ad un sistema che non li faccia sentire inutili.
Ad esempio c’è una famiglia nel nostro quartiere che un giorno a settimana distribuisce latte gratis a tutte quelle mamme e famiglie che non hanno nulla per nutrire i propri piccoli.
Vedere la fila di queste povere donne mi fa veramente male, sorge nella mia mente un riferimento spontaneo all’Italia, dove per fare del volontariato è necessario passare attraverso rigide tappe burocratiche, senza comunque ottenere ciò di cui necessita il bisognoso.
Qui c’è tanto da imparare e da capire, la differenza tra il nostro paese estremamente globalizzato e questo, in cui l’unica cosa che conta ( e a mio parere è l’unica a essere valida) è proprio il provare ad “APPRENDERE da chi non ha nulla tra le mani”.
Mettersi in gioco ed essere sempre creativi nella vita è ciò che ci serve, non essere convinti che solo i libri possono insegnarci qualcosa di utile, quelli servono solo ad approfondire la nostra conoscenza e il nostro modo di rapportarci con l’altro.
Penso che il “CUORE” di ognuno sia l’unica strada che riesce a portarci avanti nel nostro cammino di solidarietà, e in particolar modo il “SAPER ASCOLTARE” chi ci sta vicino. Posso confessarvi che è una qualità che non molti hanno, anzi molto spesso si pensa di voler fare del bene, provocando solo danni. La mancanza di sensibilità e il non essere abbastanza empatici con l’altro è ciò che toglie il gusto all’apprendere grazie alla relazione con l’altro. (Eleonora Trevisan, Vincenza Cicciopastore)

PROHIBIDO OLVIDAR – Durante questa settimana abbiamo visitato il Centro dei Veterani della Guerra delle Malvinas. Una struttura questa che accoglie i sopravvissuti del conflitto e fornisce loro uno stabile nel quale riunirsi. Eravamo attese dalla signora Cristina, consigliere comunale ed organizzatrice dell’incontro con due veterani. Inizialmente eravamo un po’ timide perché non sapevamo come comportarci né cosa chiedere, la guerra d’altronde è sempre un argomento delicato. Sergio Munos (che prestò servizio come Soldado Conscripto en el Regimiento de In fanteria Mecanizado N° 3 de la Tablada, combattente nel Porto Argentino) e Daniel Pereira (Soldato conscripto en el grupo de Artilleria de Defensa Aerea 601 (GADA 601) del Esercito Argentino, combattente nel Porto Argentino, Ganso verde e fatto prigioniero in San Carlos), non si sono mostrati imbarazzati ed hanno iniziato a raccontare il loro passato militare, entrambi arruolati all’età di 18 anni, nel 1982.
La guerra scoppiò a causa dell’egoismo inglese che spinse il proprio esercito alla conquista di un territorio naturalmente ricco.
Successivamente si è aggiunto alla conversazione anche un altro veterano, Juan Carlos Monti, un uomo basso e muscoloso, più anziano degli altri, di origine siciliana. Monti svolse nella guerra il ruolo di Cabo Segundo Maquinista en el Destructor A.R.A. “Bouchard”.
Questa guerra, secondo le parole di Monti, fu uno degli insuccessi della dittatura militare e il suo fallimento non fece altro che contribuire a screditarla. In tutte le province argentine esistono centri come questo e tutti hanno la medesima funzione, mantenere viva la storia e la memoria di una guerra che è costata la vita a migliaia di innocenti. Una cosa che mi ha particolarmente colpito sono le sedie presenti in questa struttura, con impresse le immagini delle isole Malvinas accompagnate dalla scritta “PROHIBIDO OLVIDAR”.
Il signor Monti, ha voluto sottolineare il fatto che neppure una volta terminata la guerra, tantomeno oggi sentono riconosciuto il loro valore dal governo statale.
Il centro dei veterani di Escobar, per esempio, è stato costruito senza alcun supporto statale, grazie soprattutto a fondi popolari. Su un milione di pesos circa lo stato ha donato per la sua costruzione solo 6000 pesos! E’ normale che queste persone, obbligate a prendere parte ad atrocità fin da giovanissime (dai 18 anni) avvertano la necessità che venga riconosciuto il loro valore.
Lo Stato glielo deve, perché si prese la loro gioventù e nella maggior parte dei casi, la loro vita.
Ma lo Stato è anche lo stesso a non voler ricordare (…).
Juan Carlos ci ha anche parlato delle conseguenze che questa guerra (come tutte le guerre) ha portato: tantissimi ex soldati si sono suicidati per il trauma posteriore e moltissimi dei veterani soffrono di problemi psichici. Anche per questo motivo il centro mette a disposizione uno psicologo. Mi è piaciuto molto sentire parlare queste persone, come tutte quelle che ho incontrato fino ad ora, sono state veramente accoglienti e sinceramente contente della nostra presenza, tanto da invitarci il giorno seguente a prendere parte a un pranzo fatto apposta per noi nella loro struttura, a base di “asado”, carne buonissima alla griglia tipica argentina.
Come ricordo del loro passato e come gesto di orgoglio, di amicizia e di accettazione, hanno donato a Mirian una delle loro sedie con scritto “Prohibido olvidar”. Questo è stato un gesto di ringraziamento per quello che Mateando fa sul loro territorio.
Concludo con questa frase di Penalba Julio Cesar: “Malvinas: El orgullo de haber formado parte de la Historia de quienes defendieron las Islas y un vacio en el alma, porque una parte mia quedò para sempre junto a los que no volvieron”. (Arianna Sermonesi)