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Maggio 18, 2017

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Tecniche della preparazione psicologica per sviluppare le capacità della mente, resilienza e concentrazione, nello sport, nella vita, nella comunicazione

Di Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore, Sensei 9° Dan, formatore aziendale certificato AIF www.studiotrevisani.it

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© Articolo elaborato dall’autore, con modifiche, dal volume

Il potenziale umano. Metodi e tecniche di coaching e training per lo sviluppo delle performance

 

di Daniele Trevisani, Franco Angeli editore, Milano. – Questo articolo può essere copiato e riprodotto su siti web autorizzati, previa richiesta all’autore, purché sia mantenuta la citazione come segue: Articolo a cura di Daniele Trevisani, www.studiotrevisani.it  – Non sono ammesse modifiche al testo.

 

Per acquisire piu’ resistenza, concentrazione e coordinamento, bisogna andare oltre l’allenamento fisico

Il concetto di “preparazione fisica” è noto, ed ampiamente diffuso tra la popolazione (il solo concetto, non sempre la sua pratica).

Al contrario, il concetto di “preparazione psicologica” è un tema di confine, poco praticato con metodo, lasciato al caso, o delegato al semplice e insufficiente buon senso.

Nel nostro metodo insistiamo invece sul fatto che la preparazione psicologica sia aspetto fondamentale. Fondamentale e – sottolineiamo –  trascurato, sia nei manager, che negli atleti, e tragicamente, nella popolazione più in generale.

Serve invece preparazione psicologica anche per svolgere compiti non sportivi, come l’insegnante, il genitore, o per uno studente, o un adolescente che intende districarsi nella vita.

Tra le tecniche utilizzabili nelle arti marziali e sport di combattimento, solo per citarne alcune:

 

  • tecniche di visualizzazione;
  • training autogeno e sue varianti;
  • training mentale;
  • tecniche di analisi dei fattori di successo, es.: diagrammi di causa-effetto;
  • crisis management (gestione di crisi e condizioni difficili);
  • tecniche di concentrazione;
  • esercizi di sviluppo creativo;
  • esercizi di management emozionale;
  • esercizi di percezione e sensibilità percettiva (percezione allargata);
  • ristrutturazione cognitiva.

 

I target delle attività di preparazione psicologica, le variabili su cui agisce, possono essere numerose, citiamo tra queste:

 

  • resilienza psicologica e resistenza allo stress;
  • forza emotiva e fragilità emotiva;
  • capacità di percezione;
  • capacità propriocettive (percezione dei propri stati interni);
  • capacità di analisi;
  • capacità di concentrazione;
  • capacità di focalizzazione;
  • capacità di rilassamento;
  • capacità di meditazione;
  • capacità relazionali (es.: empatiche e assertive).

 

La domanda da porre a qualsiasi Maestro o Istruttore è: quante di queste tecniche sono parte del proprio repertorio? E se nono lo sono, come faremo mai a insegnarle agli allievi? Ad esempio, una tra le più semplici, il Training Autogeno, è fondamentale per aiutare i praticanti ad affrontare le prime gare e gli impegni più importanti con maggiore calma e non bruciare tutte le energie in una attesa snervate e in ansia improduttiva.

Tuttavia, vi sono enormi resistenze all’introduzione di tali tecniche nei programmi per istruttori e persino nei praticanti stessi che pensano, sbagliando, che basti “tirare forte” o essere più veloci o più eleganti in una forma per “vincere”.

Sono molto convinto che valga decisamente l’affermazione di uno dei più grandi Maestri di ogni tempo, sviluppatore dell’Aikido:

 

“La vera vittoria,

è la vittoria sul Sè”

O’Sensei – Morihei Ueshiba

 

Quel sé che – quanto coltivato –  rende gli atleti concentrati, che provoca presenza mentale, amore per l’allenamento, rispetto per il compagno di allenamento e per l’ultimo arrivato in palestra, e che invece, quando mal-coltivato, genera ansia, invidia, poca collaborazione, arroganza, e degenera in bullismo, dentro e fuori le palestre e i Dojo, senso di superiorità e imbecillità.

 

Non siamo mai superiori a nessuno, e anche l’ultimo arrivato ha diritto ad essere trattato con dignità.

E allo stesso tempo, anche un grande campione che pensi di non avere più niente da imparare – è istantaneamente sull’orlo del baratro non appena questo pensiero si affaccia: basta cambiare 2 regole di gara, introdurre o togliere delle mosse o zone-target, e tutto quanto si è appreso sinora può crollare come un castello di carta. Gli arroganti e prepotenti inquinano il nostro mondo, e probabilmente sono in qualche misura il calco di uno stampo difettoso, quello di Maestri che non hanno insegnato loro l’umiltà e il rispetto.

 

Per arrivare da qualche parte, entra in campo quindi un tema fondamentale, quello della costruzione psicologica e dei suoi metodi. In campo sportivo questo tema è stato accettato e riconosciuto dai trainer e coach più evoluti, come nella testimonianza che segue, mentre viene ignorato dai più.

Rimanendo nella metafora sportiva, la testimonianza seguente viene dall’allenatore di una delle più forti squadre al mondo tra le discipline estreme di combattimento, Chute Boxe e Valetudo (una tecnica in cui sono ammessi i colpi e tecniche provenienti da più arti marziali, condotti realmente e sino al ritiro di uno dei contendenti o al KO).

 

Rudimar Fedrigo conosce gli ingredienti che hanno portato al successo la sua scuola: “la disciplina, il rispetto, l’amicizia, ecco come conduco la mia accademia da 25 anni. Quando si è il leader bisogna essere fermi e anche duri con i propri atleti. Ma questo non impedisce di essere presenti quando loro hanno bisogno, per aiutarli nei loro problemi personali, sentimentali, ecc. Preparare dei combattenti curando solo ed unicamente la parte fisica e tecnica significa prepararli male. L’aspetto psicologico per me, è ugualmente importante se non di più[1].

 

E quanto più il gioco si fa duro e competitivo, tanto più il fattore psicologico è in grado di fare la differenza. Questo non solo nello sport, ma anche e soprattutto nella vita quotidiana, o manageriale, che nei contesti odierni pone sfide estremamente difficili per chi la vive a pieno, senza ritirarsi né sfuggirla.

Dott. Daniele Trevisani

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Note sull’autore:

 

dott. Daniele Trevisani, Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching in www.studiotrevisani.it  – insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione e Psicologia, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo marziale e sportivo, è preparatore certificato Federazione Italiana Fitness, praticante di oltre 10 diverse discipline, Maestro di Kickboxing, Sensei (9° Dan DaoShi® Bushido), formatore di atleti e istruttori di Kumite, Muay Thai, Kickboxing e MMA. E’ stato agonista negli USA nei trofei di Karate Open Interstile.

Ha realizzato docenze in oltre 10 Università Italiane ed estere, ed è il tra i principali esperti italiani nella ricerca sul potenziale umano e formazione.

[1] AA.VV. (2004), La Chute Boxe sarà più dura, Reportage da “Fight Sport”, n. 2, ottobre 2004, p. 44.

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Add-On, i Campi di Forza della Resilienza

Fonte: Science of the HeartNew! Exploring the Role of the Heart in Human PerformanceAn Overview of Research Conducted by the HeartMath Institute

Copyright, utilizzabile con citazione della fonte come estratto dal libro: Daniele Trevisani (2015), “Il coraggio delle emozioni. Energie per la vita, la comunicazione e la crescita personale“, Franco Angeli editore, Milano, 2015

Lavorare sulla resilienza o irrobustimento del potenziale di un sistema

I programmi di Resilience Engineering (ingegneria della resilienza, o irrobustimento del potenziale di un sistema) sono finalizzati ad individuare le falle nascoste e anticipare errori latenti, anche se per ora non stanno dando problemi.

Si tratta di un lavoro anticipatorio molto importante anche per chi opera sul potenziale umano. Ad esempio, un Coach sportivo può e deve preoccuparsi della tenuta delle articolazioni di atleti giovani e non più giovanissimi, anche se la persona non manifesta problemi nel qui e ora, e promuovere l’assunzione di integratori che aiutano la funzionalità delle cartilagini.

Lo scopo è prevenire un problema che ora non esiste, ma può presentarsi con buona probabilità e chiudere definitivamente la carriera di una persona.

Lo stesso vale in azienda per lo studio delle lingue in giovani che ora operano in ufficio, a livello Junior, ma con buona probabilità dovranno essere impegnati in attività future di contatto con clienti esteri.

Un’organizzazione ad alta resilienza sa far fronte a colpi e variazioni ambientali, mentre un’organizzazione fragile funziona solo se non subisce scossoni e colpi inattesi.

Compito del Coaching è anche quello di irrobustire persone e organizzazioni verso i colpi provenienti dall’esterno e metterli in condizione di affrontare scenari che variano, anche imprevedibili.

La resilienza non è una condizione ma un processo: la si costruisce lottando.
(George Vaillant)

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Copyright, utilizzabile con citazione della fonte come estratto dal libro: Daniele Trevisani (2015), “Il coraggio delle emozioni. Energie per la vita, la comunicazione e la crescita personale“, Franco Angeli editore, Milano, 2015, cap. 4.10

Free add-on: fattori di rischio che riducono la resilienza e fattori protettivi che incrementano la resilienza nel bambino, modello elaborato da https://www.kidsmatter.edu.au/