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Dicembre 2013

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Il vero cancro dell’Italia è la mancanza di meritocrazia.E’ questa è tutto ciò che conta… e la sua assenza fa marcire tutto… ne vediamo le conseguenze…

  • Sono le università dove entri ad insegnare se sei nella “corrente” giusta.
  • Sono le imprese in cui comandano i figli di senza essersi fatti il mazzo che i loro padri hanno invece subito, i Master prestigiosi, le mani senza calli, i foulard e le sciarpine.
  • Sono l’annullamento delle speranze dei giovani di trovare lavoro nella ricerca in Italia, e la fuga all’estero delle anime migliori.
  • Sono i politici che prendono ordini dai Tedeschi per una ricompensa personale a danno del Paese e del Tricolore.
  • Sono i calciatori-fighetta-tatuati-con-cerchietto miliardari e i ricercatori sul cancro e i veri scienziati disoccupati o giù di li…
  • Sono i dirigenti pubblici e i bancari con le Porsche e le ville, e gli artigiani sul lastrico.
  • Sono le stazioni in mano ai delinquenti e la polizia che non può intervenire.
  • Sono la galera per chi si difende da una rapina e la libertà per chi la fa.
  • Sono i galloni automatici e non legati a risultati oggettivi.
  • Sono i premi di fine anno a chi ci sta mandando sul lastrico.
  • Sono le aziende che chiudono e le migliori aziende comprate da stranieri di paesi che solo qualche anno fa non avevano nemmeno la carta su cui scrivere…
  • Sono la perdita dello spirito di Leonardo da Vinci a danno delle schedine, toto-tutto, i gratta e vinci…
  • Sono la TV dei concorsi idioti, delle chiappe al vento e dei cervelli in cantina…

Allora vediamo se nel discorso di fine anno del Presidente della Repubblica ci sarà la parola “merito”, o “meritocrazia”… in quella dello scorso anno non l’ho vista, spero da cittadino e patriota che chi glielo scrive non sia a sua volta un maledetto raccomandato… una di quelle zecche che si annidano nel nostro Paese e non lo vogliono lasciare crescere come invece farebbe, un fiore luminoso nell’Europa, che tutti ci invidierebbero.

Se pensi che la cultura d’impresa costi e preferisci investire in finanza e cazzate sul guadagno facile, puoi provare a vedere cosa costa l’ignoranza diffusa e capillare…

  • Se pensi che un corso di comunicazione siano soldi buttati, puoi provare a fare una buona presentazione o una buona vendita di fronte a buyer o interlocutori ben preparati…
  • Se pensi che il training mentale non serva a niente, puoi provare a convivere e assaporare la sconcentrazione e l’ansia…
  • Se pensi che il marketing sia inutile, evidentemente hai magazzini molto capienti…
  • Se pensi che investire sulla ricerca costi troppo, evidentemente ti piace scopiazzare e comunque per ultimo…
  • Se pensi che un investimento sull’organizzazione sia inutile, può provare a vedere dove si arriva con la disorganizzazione…
  • Se la tua azienda non ha un documento scritto e ben articolato sulla formazione strategica per l’anno che arriva, evidentemente puoi mettere un idraulico a fare il direttore risorse umane, non cambierebbe niente…
  • Se non hai predisposto un budget annuale per la tua formazione, evidentemente stai solo tappando dei buchi… auguri…

Daniele Trevisani

Daniele Trevisani . Coaching - Potenziale Umano - Training Mentale - Coaching Sportivo

Il lbro Il Potenziale Umano, in buone mani…. Un regalo dell’anno che sta finendo, non richiesto e non atteso, che mi ha dato enorme felicità… Il Campione Intercontinentale di Kickobxing K1 Professionisti Mustapha Haida, che ho seguito nel Training Mentale, assieme ai Coach Dimitri Monini e Fabio Iaunese, allenatori di enorme spessore ben oltre la tecnica, veramente interessati a coltivare il Potenziale Umano dei propri atleti. Un esempio per tutti…

220px-Miyamoto_Musashi_killing_a_giant_nueAll’epoca dei samurai un guerriero (bushi) aveva due spade alla cintura: la katana (spada lunga) e la wakizashi (spada corta).

Morire con una di queste armi ancora nel fodero significava non aver fatto tutto il possibile per vincere.

Per cui… usiamo le nostre capacità senza paure e senza vergogna, che siano gli altri a vergognarsi

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Più della tecnica in sé, traspare in Musashi una caratteristica fondamentale: il colpo, quale che esso sia, deve essere scagliato in una sola unità di tempo, e deve andare a segno nella propria mente, prima che nell’avversario.

Puoi dire di praticare Arti Marziali solo se fai tuoi questi principi, altrimenti sei si e no un raccontapalle e un mediocre ginnasta…

Non importa quale Maestro intendi prendere come guida, anzi… prendi tutti come guida, il loro messaggio – siano essi Karateki o Samurai – il contenuto è molto simile.

E non azzardarti a dire che pratichi Karate, o altre discipline, se non fai tuoi questi principi, altrimenti saresti un millantatore,  le anime di questi due Maestri verrebbero a cercarti, non avrai posto dove nasconderti…

Gichin Funakoshi

  1. Non dimenticare che il karate-dō comincia e finisce con il saluto. (一、空手は礼に初まり礼に終ることを忘るな 。)
  2. Nel karate non esiste iniziativa (Karate ni sente nashi), (二、空手に先手無し。).
  3. Il karate è dalla parte della giustizia (三、空手は義の補け。).
  4. Conosci prima te stesso, poi gli altri (四、先づ自己を知れ而して他を知れ。).
  5. Lo spirito viene prima della tecnica (五、技術より心術。).
  6. Libera la mente (il cuore) (六、心は放たん事を要す。).
  7. La disattenzione è causa di disgrazia (七、禍は懈怠に生ず。).
  8. Il karate non si vive solo nel dōjō (八、道場のみの空手と思うな。).
  9. Il karate si pratica tutta la vita (九、空手の修行は一生である。).
  10. Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza (十、凡ゆるものを空手化せ其処に妙味あり。).
  11. Il karate è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda (十一、空手は湯の如く絶えず熱を与えざれば元の水に返る。).
  12. Non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere (十二、勝つ考えは持つな、負けぬ考えは必要。).
  13. Cambia in funzione del tuo avversario (十三、敵に因って転化せよ。).
  14. Nel combattimento devi saper padroneggiare il Pieno e il Vuoto (十四、戦は虚実の操縦如何にあり。).
  15. Considera mani e piedi dell’avversario come spade (十五、人の手足を劔と思え。).
  16. Oltre la porta di casa, puoi trovarti di fronte anche un milione di nemici (十六、男子門を出づれば百万の敵あり。).
  17. La guardia è per i principianti; più avanti si torna alla posizione naturale (十七、構えは初心者に、あとは自然体。).
  18. I kata vanno eseguiti correttamente; il combattimento è altra cosa (十八、型は正しく、実戦は別もの。).
  19. Non dimenticare dove occorre usare o non usare la forza, rilassare o contrarre, applicare la lentezza o la velocità, in ogni tecnica (十九、力の強弱、体の伸縮、技の緩急を忘るな。).
  20. Sii sempre creativo (二十、常に思念工夫せよ。).

Musashi e il Libro dei Cinque Anelli

Musashi Miyamoto (宮本武蔵, Miyamoto Musashi?) (1584 – 19 maggio 1645), considerato il più grande  Samurai della storia.

I 9 Segreti di Musashi e lo spirito dei Samurai per la vita di ogni giorno

… quando si pensa ad un Segreto antico… si immagina qualcosa di inavvicinabile. In questo caso, non è così…

Di: dott. Daniele Trevisani – Fulbright Scholar, Formatore Aziendale esperto in Potenziale Umano. Maestro 8° Dan ed esperto in Psicologia e Formazione

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© Daniele Trevisani – dal volume “Il Potenziale Umano” www.studiotrevisani.it/hpm2 

I Segreti Semplici nascosti nel Libro dei 5 Anelli

Musashi era un Samurai. In Giappone è considerato il più grande di tutti i Samurai mai vissuti. Ha avuto il suo primo combattimento ed incontro con la morte a 13 anni, un Samurai esperto voleva ucciderlo, vendicarsi. Lo ha ucciso con un bastone. Altri dicono sia stato Mushashi stesso a sfidarlo, dopo aver vissuto due anni da solo nel bosco ad addestrarsi… fuggito di casa.

Musashi ha trascorso parte dell’infanzia in un bosco da solo, tra gli 11 e i 13 anni, ad addestrarsi… per combattere, ripetendo i gesti osservati dal padre Samurai, che gli proibiva di allenarsi… Erano altri tempi… erano altre persone, persone speciali. Forgiate tra vita e morte, neve e boschi, persone che lottavano per vivere o morire ogni giorno.

Cosa può insegnarci una persona così. Bene, immaginiamo solo che tale persona, non solo divenne il più grande Samurai della storia, ma anche uno dei più grandi pittori della storia giapponese… ops… le nostre certezze si sgretolano?

Dopo il primo duello, ebbe decine e decine di altre sfide e duelli, tutti per la vita, e mai per gioco, incontri nei quali venne affrontato anche da 10 persone contemporaneamente, che volevano sfidarlo per diventare famose o alle quali la sua presenza dava fastidio. Li uccise sempre tutti, senza nemmeno guardarli, e senza vantarsene, proseguendo per la sua strada. Qualcosa nella sua mente scattava… si trasformava in qualcosa di non umano, colpiva, nessuno è mai riuscito a colpirlo… Come funzionava la sua mente? Che segreti nascondeva?

Per noi, oggi risulta difficile pensare che un pugile professionista, un kickboxer o un karateka possa essere anche Poeta o Filosof, ma in realtà il “viaggio” vero di ricerca di un praticante della ricerca spirituale non è mai limitato, se interpretato in modo corretto, e si estende ad ogni campo e disciplina… vale per il fitness, per la ricerca interiore, nel business, nell’essere padri o madri.

La Mente di chi fuoriesce dalla norma funziona in modo diverso. Musashi ne è un esempio per tutti, e per sempre.

Il suo segreto era un abito mentale. Pochi segreti basati non su tecniche ma credenze. Quando si considerò vecchio, si ritirò in una grotta e scrisse i suoi Segreti. Nove segreti semplici, assieme ad un libretto di qualche decina di pagine “Il Libro dei 5 Anelli”, affinché si tramandassero.

Ne vorrei parlare perché oggi – di fronte alle sfide e ai problemi veri del pianeta – di fronte alle ingiustizie e prepotenze, alle arroganze, alle cattiverie – molti non reagiscono, come fece Musashi, ma si nascondono da vigliacchi, sperando che qualcun altro, in un futuro non determinato, se ne faccia carico. Non si rendono conto che i problemi non affrontati oggi ricadranno sui nostri figli entro poco tempo.

Allora, è bene parlare di chi si impegna oggi, per produrre un contributo nelle attività umane, nello sport e fuori dallo sport, nella arti ma anche nella vita, nella società, nel dare un futuro ai ragazzi, nell’insegnare qualcosa dentro e fuori le palestre.

L’insegnamento deve assumere un preciso abito mentale.

È l’assetto del guerriero, del Samurai, del combattente, del ricercatore concentrato, del missionario che crede in una causa. Di chi non si lascia distrarre dalle cose futili e dai valori di plastica.

È l’atteggiamento focalizzato di chi desidera ottenere qualcosa che reputa importante e – durante l’esecuzione – non si lascia distrarre da altro. Di chi ha un valore e lotta per esso. Di chi fa della causa una parte di sé.

Non riguarda solo enormi imprese, ma anche e soprattutto la vita di ogni giorno. Il più grande Samurai di ogni tempo, Musashi[1], così descrive l’abito mentale di chi vuole intraprendere la vita del Samurai: si tratta di segreti davvero semplici, ma per questo assolutamente attuali:

Chi voglia intraprendere la via dell’Hejò (strategia)

tenga a mente i seguenti precetti.

  • Primo: Non coltivare cattivi pensieri.
  • Secondo: Esercitati con dedizione.
  • Terzo: Studia tutte le arti.
  • Quarto: Conosci anche gli altri mestieri.
  • Quinto: Distingui l’utile dall’inutile.
  • Sesto: Riconosci il vero dal falso.
  • Settimo: Percepisci anche quello che non vedi con gli occhi.
  • Ottavo: Non essere trascurato neppure nelle minuzie.
  • Nono: Non abbandonarti in attività futili[2].

Se li rileggiamo, e vi chiedo di farlo adesso… a caldo… noterete, una cosa: è qualcosa di tremendamente attuale, di tremendamente semplice. E’ soprattutto, di una pulizia assoluta.

Per questo motivo, ho deciso come sviluppatore del Sistema Marziale DaoShi, di mettere questi principi alla base di chiunque pretenda un giorno di definirsi insegnante di Arti Marziali o di Sport di Combattimento nel Sistema Daoshi. Chi insegna solo a menare le mani e non fa crescere le menti non è degno di essere chiamato Maestro e nemmeno di insegnare nel mio nome…. E’ una posizione radicale ma almeno è chiara.

Ma torniamo a Musashi.

È eccezionale notare come anche oggi questo abito mentale sia dotato di enorme suggestività per chi intende sviluppare il proprio potenziale. Ci parla, infatti, di un atteggiamento di fondo.

  • È l’atteggiamento di serietà con cui un calciatore professionista rimane persona umile, cura alimentazione e riposo, rispetto al divo del calcio che assume atteggiamenti da star e si presenta tardi agli allenamenti.
  • È lo spirito di una ragazza che decide di sputare (esatto, sputare) sul modello proposto dai media di cosa sia una ragazza “arrivata” (fotomodella, star televisiva, protagonista di reality show, anoressica, o bambola da chirurgo plastico) e piuttosto si impegna nello studio, in una professione utile, o in campo sociale, mandando a quel paese il modello che fa coincidere carriera con arcata dentale, natiche e scollatura.
  • È il coraggio di un ricercatore che intraprende vie di ricerca e sperimentazione inusuali ma dalle quali pensa di poter dare una aiuto al mondo, piccolo o grande, anche andando contro i baroni accademici e lo status quo.
  • È la saggezza del lottatore che cura attentamente il suo recupero prima di gettarsi in una nuova battaglia, consapevole del fatto che se non avrà riposato abbastanza non potrà sostenere molte battaglie e si brucerà.
  • È la passione di chi si impegna per una causa, fatica, fa rinunce ma non le rimpiange, e si sacrifica per qualcosa di cui forse non vedrà nemmeno i frutti in vita.

Ma non tutto è solo sacrificio. Le performance sono anche contribuzione, gioia, celebrazione, divertimento, piacere, il gusto di fare qualcosa di importante, essere parte di qualcosa, di lasciare un segno, di compiere imprese assieme a qualcuno e fare team. O la voglia di essere ciò che possiamo essere.

I veri performer sanno anche celebrare i propri risultati e vivere a pieno.

Ciascun precetto di Musashi si riferisce anche oggi ad una o più aree della psicologia delle performance e mantiene una validità assoluta:

Un approfondimento e una riflessione sui 9 Segreti Semplici di Musashi

Primo: Non coltivare cattivi pensieri. L’esercizio di un atteggiamento mentale positivo, il pensiero positivo, la concentrazione su ciò che di buono e utile vogliamo ottenere, allontanarsi da pensieri negativi o dal male; la ricerca di quello che oggi chiamiamo uno “stile cognitivo” efficace.

Secondo: Esercitati con dedizione. Oggi chiamato training, formazione, tecniche di allenamento e addestramento, e soprattutto, la necessità del performer di applicarsi in un active training, cioè in esercitazioni attive e non solo analisi teorica, e farlo con dedizione, nel tempo, e con continuità.

Terzo: Studia tutte le arti. L’approccio enciclopedico, la contaminazione positiva che deriva dall’andare fuori dai propri recinti e studiare le cose più disparate, interessarsi anche di ciò che altre discipline indagano, il contrario della chiusura in un recinto professionale o disciplinare, male odierno, il contrario delle sette, e della cultura dell’egoismo.

Quarto: Conosci anche gli altri mestieri. La capacità di muoversi ed agire anche in campi esterni, l’allargamento del proprio repertorio professionale, sapersi muovere anche fuori dal proprio campo di azione limitato, essere capaci anche in altre abilità e professioni, spaziare, non chiudersi.

Quinto: Distingui l’utile dall’inutile. Concetto similare a quello che nel sistema HPM chiamiamo Retargeting Mental Energy, o ricentraggio delle energie mentali, ciò che permette alle persone di capire veramente cosa merita il proprio impegno e cosa non lo merita, dove centrarsi o ricentrarsi nel proprio focus di attenzione, e quindi verso cosa direzionare le energie personali.

Sesto: Riconosci il vero dal falso. Coltivare le capacità di analisi, la percezione pura e decontaminata da preconcetti e distorsioni, il bisogno di verità, il bisogno di pulizia psicologica, il bisogno di sviluppare le capacità di riconoscimento (detection) indispensabile ad esempio in chi svolge il mestiere di negoziatore o di comunicatore, o in chi guida le persone (leader) o in chi lavora in gruppo (team working). Ed ancora, il bisogno di distinguere fatti da opinioni, teorie accertate da ipotesi, affermazioni personali da idee condivise.

Settimo: Percepisci anche quello che non vedi con gli occhi. La percezione è il fenomeno oggi più centrale in molte forme di psicologia, e comprende sia la propriocezione (capacità di percepire se stessi), che la percezione ambientale. Il settimo precetto di Musashi indirizza verso abilità di percezione aumentata, disambiguamento dalle illusioni percettive, sviluppo della sensibilità umana e sensoriale, ricerca di significati e quadri di analisi (Gestalt), e il potenziamento delle facoltà di osservazione. Tratta quindi di una “percezione allargata”, opposta ad una chiusura percettiva.

Ottavo: Non essere trascurato neppure nelle minuzie. Il bisogno di entrare nelle micro-competenze, la ricerca dell’eccellenza, l’abbandono di un atteggiamento di pressapochismo e banalizzazione. Attenzione ai dettagli che contano, assunzione di un atteggiamento di amore per quello che si fa e per come lo si fa.

Nono: Non abbandonarti in attività futili. Capire che il tempo è prezioso, e dobbiamo veramente decidere se abbandonarci ad uno squallido clone del modo con cui le persone comuni usano il tempo (copiare il mainstream), lasciarsi andare come bastoni sul corso di un fiume di qualunquismo, assecondare la piattezza di ciò che tutti gli altri fanno, o assertivamente prendere in mano il nostro tempo e decidere di farne qualcosa, allenarci, studiare, intraprendere, esplorare, scrivere, condividere, sperimentare nuove conoscenze; ed ancora, capire che esistono diversi macro-tempi, quello della produttività, dello studio, dell’auto-organizzazione, delle relazioni sociali, e quello del recupero, della meditazione, del relax, ma non esistono i tempi delle relazioni obbligate, lo spreco di tempo con persone piatte o arroganti o prepotenti, e vanno riconosciute e rimosse le attività di pura abulia o distruzione di sé.

Le lezioni di Musashi vengono da un performer che ha passato la vita a sfidare la morte, e hanno un significato odierno assoluto.

È ancora più incredibile notare come già nel 1600 Musashi concentrasse tutta la sua analisi su aspetti di enorme attualità: sinergia tra corpo e mente, correlazione tra preparazione fisica e mentale, il fatto che la preparazione o una vittoria sia una conquista personale e non un diritto da pretendere, e che prima si debba cercare un approccio mentale e strategico valido, e solo dopo vengono i dettegli operativi. Una lezione che nel terzo millennio moltissimi sportivi e manager devono ancora imparare.

Quando si dedicano assiduamente tutte le proprie energie all’Hejò e si cerca con costanza la verità è possibile battere chiunque e ovviamente raggiungere la supremazia, sia perché si ha il pieno controllo del proprio corpo, grazie all’esercizio fisico, e sia perché si è padroni della mente, per merito della disciplina spirituale. Chi ha raggiunto questo livello di preparazione non può essere sconfitto[3].

Dobbiamo oggi riflettere sul significato profondo che queste parole assumono: dedizione, ricerca della verità, pulizia spirituale, sono il vero messaggio di fondo. La ricerca della supremazia e della vittoria appartengono ad una realtà medioevale, vengono dall’essere nati in un certo momento storico dove questo significava vivere o morire. Se, in una mattina del 1600, qualcuno si fosse presentato a noi con una spada per ucciderci, sarebbero state drammaticamente importanti anche per noi.

Oggi i nemici veri non portano spade ma, là fuori, si aggirano ringhiando.

Si chiamano miseria, ignoranza, ipocrisia, prepotenza, arroganza, dolore esistenziale, fame, violenza, bambini che soffrono, nepotismi, corruzione, sistemi clientelari – e soprattutto- fonte di ogni male, l’incomunicabilità.

I nemici possono essere anche dentro: presunzione, chiusura mentale, perdita di senso, perdita di stima in sè, perdita di valori, perdita di orizzonti, chiusura verso nuovi concetti, auto-castrazione, smettere di sognare o credere in qualcosa, chiusura della propria prospettiva temporale in orizzonti sempre più brevi e limitati, vivere solo per se stessi.

Contro questi nemici gli insegnamenti di Musashi, e lo spirito guerriero che li anima, hanno ancora enorme senso e validità.

Respirare ogni giorno a pieni polmoni uno spirito guerriero per fini positivi è un abito mentale. Alzarsi con questo spirito, andare a dormire con questo spirito, risvegliare gli archetipi guerrieri e direzionarli per costruire, è una sfida nuova, entusiasmante, che fa onore al dono di esistere.

© Daniele Trevisani, articolo elaborato sulla base delle ricerche esposte nel volume  Il Potenziale Umano, Franco Angeli, di Daniele Trevisani

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Note sull’autore:

dott. Daniele Trevisani (www.danieletrevisani.com), Fulbright Scholar, consulente in formazione aziendale e coaching (www.studiotrevisani.it) insignito dal Governo USA del premio Fulbright per gli studi sulla Comunicazione già nel 1990, è Master of Arts in Mass Communication alla University of Florida e tra i principali esperti mondiali in Sviluppo del Potenziale Umano.

In campo sportivo, è specializzato nel Training Mentale e in Bioenergetica e ha allenato 4 Campioni del Mondo di Muay Thai e 6 Campioni Italiani di Kickboxing e Arti Marziali Miste.

Formatore e ricercatore in Psicologia e Potenziale Umano, è stato inoltre consulente  per le Nazioni Unite, la NATO l’Esercito Italiano. Laureato in Dams-Comunicazione, è inoltre specializzato in Psicometria all’Università di Padova.


[1] Miyamoto Musashi, 1584-1645, giapponese, considerato nelle arti marziali come il più grande Samurai vissuto in ogni tempo. Ebbe il primo duello mortale a 13 anni, e vinse. Vagò per il Giappone come Ronin (guerriero errante) per anni, battendosi per sessanta volte ottenendo sempre la vittoria, lottando anche contro più avversari contemporaneamente o superando imboscate e duelli con decine di avversari. A 50 anni si ritirò per dedicarsi allo studio, alla letteratura e ad altre discipline artistiche risultando un maestro in molte di esse. Nel­la pittura, nella calligrafia, le sue opere oggi fanno parte del patrimonio artistico giapponese. A 60 anni si ritirò in una grotta per scrivere il suo Manuale. In Giappone oggi è leggenda.

[2] Musashi, Myamoto (1644), Il libro dei cinque anelli (Gorin No Sho), edizione italiana Mediterranee, Roma, 1985, ristampa 2005, p. 61.

[3] Ivi, p. 62.

Grazie a questa scuola e a questi mass media per i programmi educativi a base di veline e per i programmi formativi a base di dettagli sulle guerre puniche e niente sulla vita di oggi, ecco come siamo arrivati. Facile fregare un popolo che non sa nemmeno quando sia stata la seconda guerra mondiale.

(c) Daniele Trevisani. Anteprima dal volume “Motivazione e Performance”

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Le azioni umane sono spesso banalizzate, a meno che qualche tragedia non ci ricordi che il Fattore Umano (Human Factor) è il fulcro di ogni cosa. Allora e solo allora scopriamo che la lucidità mentale – es, di chi guida un mezzo – auto, bus, aereo, treno, o di chi guida un’azienda, fa la differenza tra la vita e la morte, tra benessere e fallimento di migliaia di persone.

E allora, quanto training si fa sulla lucidità mentale? Poco o niente.

Un’incoerenza assurda.

Guardiamo anche lavori meno d’azione o apparentemente – solo apparentemente più tranquilli.

Il lavoro dell’insegnare o formare non è una performance meno impegnativa del guidare un aereo, anzi, insegnare di fronte a delle persone fisiche ha meno elettronica e automatismi di sostegno di quanti ne abbia un pilota di aereo.

Si pensa ad un formatore spesso come ad un “insegnante” che “parla” a degli adulti, una specie di “altoparlante”. Spesso purtroppo è realmente così, nella realtà. In altri casi così appare, visto da fuori, ma magari si tratta di una fase di un “intervento” molto più complesso fatto di “formazione attiva” (case studies, role playing, problem solving, maieutica, videoanalisi, e tanti altri canali formativi), e per farlo serve una “razza” diversa da quella del tipico insegnante o docente.

Solo chi insegna con passione sa quanta differenza ci sia tra il “parlare” e il “fare formazione attiva”, e quanta attenzione serva in ogni istante, in ogni secondo, per tenere monitorati i livelli di attenzione dell’intera aula e di singoli partecipanti, osservare gli stati emotivi, capire se ci sono richieste non espresse, capire gli stati di interesse, osservare le micro-espressioni facciali dei partecipanti, capire se cambiare tema o stare di più o di meno in un’esercitazione o cambiarla… riprendere comportamenti sbagliati, alternare fasi teoriche a fasi esercitative, saper ascoltare, così come avere la forza di contraddire qualcuno e portar avanti un concetto.

Per non parlare del gestire se stessi, le proprie energie fisiche e mentali, il loro fluire… mantenere focusing e concentrazione, per ore e ore, saper generare nuovi esercizi e momenti di apprendimento in funzione di quanto accade, e questo solo per citare alcune delle abilità continuative che vengono portate avanti con enorme dispendio energetico dal formatore serio.

Per gli altri? Basta “buttare su” qualche PowerPoint… come fanno tanti docenti universitari e baroni della formazione, poi…  che in aula ci siano 1, 10, 100 o 1000 persone, niente cambia… non parlerei in questo caso di veri formatori, ma di oratori frontali.

Essere oratori o public speaker  non è offensivo – anzi decisamente difficile e professionale – ma non equivale assolutamente al “formare”.

È una performance svolgere un colloquio di lavoro o una vendita, gestire una riunione e farla diventare efficace, condurre una buona lezione, o fare una buona diagnosi per una malattia.

Persino ascoltare bene è una performance.

Le cose si complicano quando la performance va oltre l’istante, ad esempio gestire un intero campionato sportivo, un intero percorso formativo come un Master, un intero progetto aziendale o un business plan, con mesi o persino anni di concentrazione. Per non parlare della performance più sfidante, verso se stessi, rimettere mano alla propria vita, e tenere fede al piano, o provarci.

Troppo spesso le performance sono confuse con atti puramente muscolari e con azioni di brevissima durata. Nella visione olistica (dal greco olos: il “tutto”), le performance devono essere viste come atti soprattutto mentali, e, per quanto riguarda la durata, comprendere (1) il lavoro sulla continuità, (2) lo scopo, la misura di quanto esso sia nobile.

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(c) Daniele Trevisani. Anteprima dal volume “Motivazione e Performance”

Gli effetti del Training Mentale per la preparazione degli atleti agonisti, sportivi e persone comuni

Cliccare sull’immagine per leggere le parole direttamente della campionessa dal suo bellissimo diario

diario di simona sedute di rilassamento e visualizzazione

A questo punto cosa dire? Semplicemente che questa testimonianza è da leggere e fa bene a chi la legge.

E per chi vuole approfondire, il Master in Coaching e Training Mentale sta per partire in Terza Edizione.

Date Terza Edizione
Executive Master in ‘Mental Training & Coaching’

2014
24/25 Maggio
21/22 Giugno
19/20 Luglio

26/27/28 Settembre
25/26 Ottobre
22/23 Novembre
19/20/21 Dicembre

Fare formazione esperienziale, passare attraverso l’azione, non limitarsi a raccontarla, usare i reality check

(c) Daniele Trevisani, dal volume Regie di Cambiamento, Franco Angeli editore

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Vogliamo sottolineare con forza il valore della formazione esperienziale e dell’agire pratico, come base di un metodo registico.

Ribadiamo il fatto che la formazione vera passa attraverso l’esperienza diretta, e non è da confondere con il semplice ascolto di un concetto o la visione di un esempio, non provato e praticato direttamente.

Un direttore generale può guardare con sufficienza i dati che parlano della insoddisfazione dei propri manager verso l’azienda, se presentati tramite tabelle. Ascoltare pochi minuti di conversazione reale, registrata, può invece aprire la mente (tecnica del reality check sviluppata nel metodo ALM).

Parlare dell’importanza dell’ascolto nelle aziende lascia il tempo che trova. Fare telefonate dirette ad aziende, simulando di essere clienti, e osservare quanto poco si viene ascoltati, fa toccare con mano il problema. Il tutto può essere facilitato tramite apposite griglie e checklist di osservazione.

Il nostro metodo intende fare i conti con la realtà.

Purtroppo il problema di larga parte delle università, che preparano ottimi incapaci, è la formazione ad una via. Anche i tentativi di training interattivo in azienda, se divertono e non intaccano la profondità del management soffrono dello stesso problema, così come la consulenza che si limita a fornire report che nessuno legge, o il coaching che si disinteressa di ciò che accadrà nella vita reale, e considera conclusa l’attività con lo scadere di una sessione.

Dobbiamo passare attraverso l’esperienza e affrontare situazioni difficili.

Come è noto il solo modo per imparare a nuotare è quello di entrare nell’acqua e bagnarsi, così come nelle arti di combattimento è altrettanto vero che il sistema tutt’ora insuperato per imparare a lottare è quello di trovare un bravo partner ed iniziare a opporre la nostra fora alla sua, liberamente. Non c’è miglior esercizio dal punto di vista psicofisico che il lavoro con un partner non consenziente, in cui si possono opporre con energia massima le nostre forze e la nostra tecnica ad un altro essere pensante che cera di superarci, seppure in maniera amichevole….[1].

Lo stesso principio viene applicato nel metodo registico (sul fronte manageriale) con ampio ricorso al role-playing. Ad esempio nella formazione per le capacità di negoziazione e vendita è essenziale apprendere a gestire trattative con soggetti anche ostici, agire in situazione di stress o di affaticamento. Una palestra di negoziazione che faccia trovare un terreno completamente spianato non risulta per nulla allenante.

Lo stesso principio vale per la formazione alla leadership, in cui una palestra di leadership deve prevedere esercizi in condizioni di difficoltà.

Principio 14 – Test di realtà (reality check)

Il cambiamento positivo viene favorito da:

  • osservazioni di realtà, creata attraverso test comportamentali ancorati a momenti di vita reale (reality check: verifica delle risposte di una persona o di un sistema a stimoli o richieste reali);
  • percezione aumentata dei contenuti, delle variabili sulle quali si intende lavorare, favorita da appositi strumenti di osservazione (griglie di analisi, content analysis);
  • capacità di ancorare l’osservazione a differenze tra comportamento/atteggiamento osservato e comportamento/atteggiamento ideale (percezione del divario);
  • applicazione del principio a sé stessi: osservazione dei propri comportamenti, tramite test comportamentali nei quali verificare se il cambiamento si è radicato nell’individuo (o nell’azienda), se viene usato effettivamente un nuovo atteggiamento, o compare una regressione verso le vecchie modalità;

Il cambiamento viene bloccato o ostacolato da:

  • insistenza sulla teoria senza che sia possibile ancorarla ad osservazioni di realtà (non volere o potere osservare le risposte tramite reality check);
  • fluire anonimo della percezione (mancanza di griglie di analisi, o non sapere cosa osservare nei reality check);
  • mancanza di riflessione sulle differenze tra (1) quanto emerge dalla realtà e (2) ciò che dovrebbe emergere (secondo desiderio o secondo teoria);
  • riduzione dell’analisi all’osservazione altrui, evitare l’applicazione a sé stessi;
  • trascurare test comportamentali nei quali appurare se il cambiamento si è radicato.

[1] De Cesaris, M. (2006), “La ricetta della Muay Thai per il successo in combattimento”. In Budo International, anno IX, n. 95, aprile 2006, p. 38.

(c) Daniele Trevisani, dal volume Regie di Cambiamento, Franco Angeli editore