Spesso dimentichiamo che la forma con cui esprimiamo un concetto o una richiesta è ciò che maggiormente colpisce le persone con cui parliamo. Il contenuto, non riguarda la relazione in senso stretto. Allora ciediamoci quando siamo attenti a non offendere, a non urtare senza bisogno. E chiediamoci come si rapportano gli altri a noi, e perchè. E cosa siamo disposti ad accettare o meno, e come cambiare le cose.

Fare comunicazione assertiva equilibrata significa non abusare di formule aggressive se non ce n’è bisogno, e nemmeno umiliarsi inutilmente e “diluire il brodo” quando c’è da dare un ordine rapido. Ma ricordare che un ordine dato a qualcuno significa implicitamente assegnare all’altro uno status inferiore, e bisogna veramente chiedersi se questo sia – nella situazione – appropriato o meno.

Significa anche non accettare di essere trattati ad un livello di cortesia che risulta tossico per noi.

Questo approfondimento ci aiuta a capire:

fonte: Treccani

…non sempre per formulare richieste, preghiere, comandi, ordini si usano enunciati di tipo imperativo, anzi spesso si utilizzano, con l’eventuale aiuto di verbi modali o del modo condizionale, le forme linguistiche della domanda o dell’affermazione. Ecco alcuni esempi (da Benincà et al. 1977) in ordine di crescente cortesia:

(9)

a. c’è da telefonare alla libreria

b. ci sarebbe da telefonare alla libreria

c. telefoneresti alla libreria?

d. ti dispiacerebbe telefonare alla libreria?

e. puoi telefonare alla libreria?

f. potresti telefonare alla libreria?

g. ti sarei grato se telefonassi alla libreria

________________

articolo a cura di: Daniele Trevisani www.studiotrevisani.it Training e Coaching per la Comunicazione

Author

Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.